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Autore: Nana_13    06/12/2017    1 recensioni
Prof. McGranitt: Molto bene. Tutti sapete, naturalmente, che Hogwarts è stata fondata più di mille anni fa dai due maghi e le due streghe più famose dell'epoca: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Cosetta Corvonero e Salazar Serpeverde. Ora, tre dei fondatori vivevano in grande armonia tra loro. Uno, invece no...
Cosa è successo realmente? Perché Salazar ha lasciato il castello?
Scopriamolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cosetta Corvonero, Godric Grifondoro, Salazar Serpeverde, Tosca Tassorosso
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 2 - Helga Hufflepuff


“O forse è a Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale:  qui la pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale.”

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Anno Domini 954, Valle Di Mallerstang, Cumbria, Inghilterra
 
La taverna era piena quella sera e la cosa non poteva che deliziare la sua proprietaria. Helga Hufflepuff amava la sensazione di calore e affiatamento che si andava a creare nella sua locanda. Servire i clienti, scherzare con loro, la rendeva felicissima. Inoltre la sua era la taverna più rinomata della valle, venivano da ogni dove per assaggiare i suoi piatti e ne era molto orgogliosa. Viveva per la sua locanda e per i suoi clienti e questo si riscontrava nella sua cucina.
C’era un’unica cosa che temeva e che rischiava di farle perdere tutto. Che i babbani scoprissero il suo segreto.  Sì perché anche i babbani venivano dai villaggi vicini per godere dei suoi piatti e delle sue famose bevande speciali, capaci di curare i malanni o di restituire la felicità, ed Helga aveva fatto di tutto per farli sentire i benvenuti. Non che facesse discriminazioni, diciamo solo che metteva più riguardo nelle loro pietanze… e ogni tanto qualche erba magica che li rendesse più accomodanti. Fino a quel momento nessuno si era lamentato di lei e non avevano avuto il minimo sospetto che fosse una strega. Quando le veniva chiesto se le dicerie sui poteri delle sue pietanze fossero vere, lei rispondeva che doveva tutto all’amore che metteva nei suoi piatti e soprattutto alla maestria con cui accostava gli ingredienti. La gente sembrava crederle e a lei andava bene così.
Andava tutto benissimo.

“Come osate!”

Helga alzò i suoi occhi castani al cielo, sospirando. – Pace finita. - pensò. Allungando il collo vide che le grida provenivano dal fondo della sala.

“Mi dispiace moltissimo signore… non era mia intenzione…”

“Silenzio! Dovrei sfidarvi a duello per questo affronto!”

A quel punto Helga decise di intervenire. “Nessuno sfiderà nessuno! Non nella mia locanda.” Sentenziò, avvicinandosi a quegli uomini con aria decisa. Poteva sembrare una ragazza piccola e minuta, ma tutti sapevano che era meglio non farla arrabbiare.

L’uomo tarchiato, il cui onore era stato macchiato, aveva già la mano sulla spada, ma si bloccò alle parole della strega.

“Madama Helga, perdonate il mio comportamento, ma questo insolente…” disse indicando il giovane ragazzo, alto, rossiccio e dall’aria un po’ goffa, alla sua destra. “Mi ha profondamente insultato!”

Helga era abituata a situazioni come quella, non era certo la prima volta che le capitava. Sapeva anche chi era l’uomo disonorato, Messer Clovis, un cavaliere errante e alle volte davvero seccante, che ultimamente vedeva spesso da quelle parti.

“Vi prego messere, prima di arrivare alle maniere forti, vediamo di capire come sono andate le cose.” Propose Helga, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi rappacificatori.

“Vi assicuro che si è trattato solo di un incidente.” Si scusò il ragazzo. La sua tunica era per metà fradicia di birra, così come il mantello del cavaliere.

“Ma l’affronto è stato comunque subito!” esclamò l’altro con ira.

“Di che affronto stiamo parlando esattamente?” domandò Helga, che immaginava già cosa potesse essere accaduto e cominciava a spazientirsi dell’insistenza del vecchio cavaliere.

“Costui ha rovesciato la sua birra sul mio mantello, ecco di che affronto parlo!”

“Questo è vero, ma non sarebbe successo se voi vi foste accorto della mia presenza e non vi foste alzato da tavola proprio mentre stavo arrivando.” Replicò il ragazzo con atteggiamento sfrontato.

Quel suo modo di fare irritò ancora di più il cavaliere che mise di nuovo mano all’elsa della spada pronto a farsi valere. Helga notò come la mano del ragazzo guizzò subito nella piega del suo mantello e intuì le sue intenzioni.

“Va bene basta! Non ammetto certi comportamenti nella mia taverna.” Si sbrigò a dire per fermarli, prima che commettessero qualche sciocchezza. Se c’era una cosa che proprio non sopportava era la violenza come risoluzione dei problemi.

I due uomini la fissarono in attesa che dicesse altro, così Helga trovò una soluzione che sperava andasse bene per entrambi. “Bene, è chiaro che si è trattato solo di uno sciocco incidente ed entrambe le parti ne sono responsabili, perciò ora voi messer…”

“Godric. Godric Griffyndor.”

“Messer Gryffindor, porgerete le vostre scuse a Messer Clovis, che a sua volta le porgerà a voi. Una volta conclusasi questa faccenda, io stessa vi offrirò una pinta della mia birra migliore e brinderemo alla pace ritrovata.” Concluse tutto d’un fiato. "Che ne pensate?"

I due uomini sembrava stessero riflettendo sulle sue parole, guardandosi ancora in cagnesco. Si sentiva però che la tensione nell’aria era scesa e infatti di lì a poco annuirono. Si scambiarono parole di scuse e conclusero la diatriba con una stretta di mano.
Helga, sollevata, li invitò a sedersi ai loro tavoli mentre lei andava a prendere la birra speciale che teneva nel retro. Ovviamente non si trattava proprio di una birra “speciale”, più che altro di una mistura aromatizzata con alcune delle sue erbe magiche, capaci di calmare perfino gli animi più rissosi come quello di Messer Clovis.
La serata proseguì in allegria, Helga era riuscita nel suo intento e gli ospiti rimasero contenti di come si erano concluse le cose. Rimasero fino a tarda sera e quando ormai era ora di chiusura, Helga dovette gentilmente invitare gli ultimi rimasti ad andare via. Come ad ogni fine giornata si sentiva soddisfatta del suo lavoro e andò nel retrobottega per rassettare le ultime cose, prima di andare a letto. Con un colpo di bacchetta ordinò alle stoviglie di pulirsi da sé, mentre lei si occupava di riporre le erbe magiche in un sacchetto che poi avrebbe riposto all’interno di un armadietto nella dispensa.

“Lo sapevo.”

Una voce alle sue spalle la fece trasalire e la bacchetta le cadde di mano, rotolando fin sotto il mobile. Presa alla sprovvista, Helga si sbrigò a nascondere le sue erbe alla vista del cavaliere, ma c’erano comunque i boccali e i piatti a mezz’aria, immersi nel sapone, e per quelli non poteva fare niente.

“Voi! N-non potete stare qui... i-il locale è chiuso e…” balbettò poco convincente, ma Messer Clovis aveva già visto tutto e si fece più vicino.

“Vi ho sempre trovato troppo bella e troppo tenace per essere una insulsa locandiera. Sapevo che c’era di più. Ho sentito puzza di stregoneria non appena ho messo piede in questa topaia.” Sputò velenoso.

Helga maledisse la sua goffaggine che le aveva fatto perdere la bacchetta. Le sarebbe bastato un solo incantesimo per liberarsi di lui.

“Sono settimane ormai che vi spio, madama Helga” proseguì l’uomo. “Ora finalmente posso provare che avevo ragione sul vostro conto.” Disse, dando un’occhiata disgustata alle stoviglie autopulenti; poi con un gesto del braccio allontanò Helga dalla dispensa e trovò il sacchetto di erbe magiche, che lei disperatamente stava tentando di nascondere.
Il cavaliere si portò alcune di quelle erbe al naso e poi le rivolse uno sguardo trionfante.

“Nessuno vi crederà! Quelle non sono altro che erbe aromatiche che uso per cucinare, nulla di più.” Provò Helga a giustificarsi, ma un ghigno malvagio si dipinse sul viso dell’uomo, mentre si avvicinava a lei sempre più minaccioso.

“Non sono un cavaliere come vi ho fatto credere, ma un cacciatore di quelli della vostra razza. Sono anni che svolgo questo mestiere e non sarete certo voi a ingannarmi. Ne ho viste di erbe e intrugli magici nella mia vita e so bene come riconoscerli.” Dichiarò, mentre estraeva un pugnale dalla cintura. “Voi siete una strega e io avrò il mio bel guadagno mettendo fine alla vostra vita.”

Helga era scioccata, gli occhi le si colmarono di lacrime e credette che ormai non ci fosse più niente da fare, quando qualcuno irruppe nella stanza urlando “Stupeficium!”
Un lampo di luce rossa illuminò il retrobottega e colpì in pieno petto il cacciatore, che crollò subito a terra inerme.

Lo sguardo sconvolto di Helga si piantò negli occhi color ambra del suo salvatore. “Voi…Voi mi avete salvata.” Mormorò col fiato grosso per via dello spavento. Ero lo stesso ragazzo che quella sera si era scontrato con il finto cavaliere.

“Seguivo quell’uomo da giorni e speravo mi conducesse da un altro mago o strega. Non potevo permettere che vi facesse del male.” Disse il ragazzo dai capelli rossi riponendo la sua bacchetta.

Helga rimase sorpresa. La sua voce era calda e il suo atteggiamento spavaldo, sembrava tutt’altra persona rispetto a prima. “Come avete detto di chiamarvi?”

“Godric Gryffindor.”

Helga si riprese e gli si avvicinò. La semplice gratitudine non sarebbe mai stata abbastanza nei suoi confronti, perciò decise di presentarsi, prima di offrirgli qualcosa da mangiare.

“Helga Hufflepuff.”
 
-O-
 
“Amicitia concero omnis”
(L’amicizia unisce tutti) - HH
 
Anno Domini 998, Scozia
 
“Helga!”

La voce tonante di Godric risuonò per tutto il corridoio del seminterrato. Alcuni studenti terrorizzati sgattaiolarono via sentendo le sue grida.

“Helga dove sei?”

“Per le brache di Merlino, Godric! Stai spaventando gli studenti.” La testa di Helga sbucò dall’interno di un grosso dipinto che raffigurava un cesto di frutta. Più esattamente da una pera.

“Ah, eccoti qua!” esclamò Godric, contento di averla trovata.

Helga sospirò, scuotendo la testa con un sorrisetto. “Dai vieni dentro. Ho la zuppa sul fuoco.”

Godric non se lo fece ripetere due volte, troppo ansioso di comunicarle la sua idea.

“Cos’è tutta questa insistenza? Non ti vedevo così allegro dall’ultimo torneo tre maghi.” Sghignazzò la strega mentre tornava ai fornelli.

“Ho fatto come mi hai detto tu, sono andato da Sal.” Iniziò lui, prendendo posto su uno sgabello, mentre nella cucina gli elfi domestici andavano di qua e di là, preparandosi per la cena.

“E questo ti ha fatto tornare il buonumore? Un altro po’ di sale Ferdy.” Ordinò a uno degli elfi che l’aiutava.

“A dire il vero sì. Insomma lo sai com’è Sal, il solito tronfio, musone, bastardo…”

“Godric!” esclamò Helga, indignata. Non gradiva l’uso di certe parole, soprattutto di fronte agli elfi.

“Perdonami.” Si scusò in fretta, troppo ansioso di continuare. “Comunque, quando gli ho detto di Rowena… beh in realtà mi ha letto nel pensiero, non ho avuto modo di dirglielo io… Fatto sta che ho sentito una vibrazione.” Disse tutto d’un fiato.

Helga alzò un sopracciglio, scettica. “Una vibrazione.”

“Esatto! C’è stato un momento in cui ho sentito che eravamo di nuovo affini proprio come un tempo! E ho capito una cosa.”

Helga scese dallo sgabello che l’aiutava ad arrivare all’enorme calderone contenente la zuppa e, facendo attenzione a non rovesciarla, fece assaggiare un cucchiaio a Godric.

Gli occhi di Godric si chiusero in estasi non appena assaporò. “Caspita se è squisita! L’avremo per cena?”

Helga annuì contenta che gli piacesse. “Stavi dicendo?”

“Ah sì. Ho capito una cosa Helga.” A quel punto si alzò in piedi e la raggiunse prendendole le mani. I loro occhi si incontrarono e per un momento a Helga tornò in mente il loro primo incontro, tanti anni prima, quando le salvò la vita. Quando si innamorò di lui. L’intensità del suo sguardo la mise a disagio e involontariamente arrossì. “Godric…” mormorò imbarazzata distogliendo gli occhi.

“Voglio che tutto torni com’era prima.” Disse lui deciso.

Helga tornò a guardarlo, confusa. “Che vuoi dire? Prima quando?”

Un sorriso si allargò sul viso di Godric. “Prima delle nostre incomprensioni, quando eravamo tutti uniti per un unico scopo!” La lasciò andare proseguendo con entusiasmo. “Oh Helga! Non vedi cosa ci è successo? Non ci parliamo quasi più, pensiamo solo al lavoro, che è importantissimo, bada bene, non sarò certo io a sminuirlo. È che siamo così abbattuti…” sospirò. “So che abbiamo bisogno l’uno dell’altro per ritrovare la nostra armonia. E ora che Rowena è tornata riusciremo a rimettere a posto i pezzi e riaggiustare le cose.”

Helga pendeva dalle sue labbra. Era davvero divertente vedere Godric appassionarsi a qualcosa e non succedeva da tempo. Sembrava come se un nuvolone nero di pioggia fosse rimasto fisso sulle loro teste fino a quel momento, mentre ora Godric cercava di ridare spazio a un po’ di luce. Come poteva dirgli di no? La sua allegria era contagiosa.

“In effetti anche a me manca quell’atmosfera spensierata che c’era prima…”

Un sorriso smagliante si allargò sul viso dello stregone. “Allora mi aiuterai? Parlerai con Rowena? Sono sicuro che anche lei sarà d’accordo.”
Helga non voleva dargli false speranze, dopotutto lei era la sola che aveva visto le condizioni della strega quando era arrivata e non le sembrava il caso di affaticarla ulteriormente. “Ti prometto che ci proverò, ma Rowena ha bisogno di riposo e non voglio metterla sotto pressione.”

“Certo, certo.” Bofonchiò lui pensieroso, che come al solito era già partito con il suo manico di scopa. “Ovviamente faremo le cose con calma, d’altra parte io stesso dovrò impegnarmi a convincere Salazar. Impresa che, come ben sai, non sarà alquanto facile, testardo com’è. Non importa, io ce la metterò tutta.”

La ringraziò ancora per il suo aiuto e fece per andarsene, quando ad Helga venne un pensiero in testa che non riuscì proprio a reprimere. “Godric.” Lo richiamò. “Per quanto riguarda quello che è successo tra te, Salazar e Rowena… Insomma mi domandavo come stessi, ecco.”

L’entusiasmo di poco prima si spense a poco a poco sul viso del mago. Dalla sua reazione Helga immaginò che la questione fosse ancora aperta, nonostante fosse passato diverso tempo.

“Ci sono ferite che guariscono più lentamente di altre, mia cara Helga. Però alla fine guariscono.” Disse; poi se ne andò. Helga non era del tutta convinta della sua risposta, ma se la fece andar bene. Magari ne avrebbero ridiscusso più in là.

Dopo la chiacchierata con Godric, Helga decise di salire di sopra e andare in infermeria a trovare Rowena. Le aveva promesso la sua zuppa e una vera amica mantiene sempre le promesse. Quando arrivò la trovò sveglia che chiacchierava con Madama Flint, l’infermiera della scuola. Alla vista di Helga le lasciò sole.

“Come ti senti?” le domandò. Il viso di Rowena era smunto e pallido, che metteva in risalto il blu dei suoi occhi. In tutta la Scozia, Rowena Ravenclaw era rinomata per la sua bellezza oltre alla sua intelligenza, ma a Helga sembrò che una parte di quella bellezza fosse svanita.

Con uno sforzo incredibile, Rowena riuscì a concederle un sorriso tirato. “Meglio ora.” Mormorò con voce roca.

Helga annuì con aria contenta mentre le porgeva la zuppa, che era ancora calda e fumante grazie a uno dei suoi incantesimi, ma non appena l’odore giunse al naso si Rowena, quella si sporse dal letto e vomitò a terra.
Helga preoccupata mise via la zuppa e si affrettò a chiamare l’infermiera.

“No! Ti prego. Non ce n’è bisogno.” La implorò Rowena.

“Ma tu stai male! Devi essere visitata.”

Rowena scosse il capo, pulendosi la bocca con un fazzoletto. “So esattamente cos’è e, perdonami cara Helga, non dipende dalla tua zuppa che sono sicura sia ottima.”

Helga era confusa. “E allora cosa? Hai contratto qualche strana malattia mentre eri nei boschi? Non sarà vaiolo di drago mi auguro!” disse con aria preoccupata.

“Niente del genere, rilassati.” Sghignazzò, vedendola così agitata; poi si fece subito seria. “Sono incinta.”
 
-O-
 
Anno Domini 989, Scozia
 
“E dunque, se manteniamo gli incantesimi in questo modo…”

Rowena stava concludendo le sue teorie sulla costruzione del castello proprio in quel momento ed Helga ne era completamente rapita. Provava profonda ammirazione per lei sin dal loro primo incontro. All’inizio Rowena era sembrata fredda e con la puzza sotto al naso, ma Helga sapeva che se Godric e Salazar l’avevano scelta c’era molto di più in lei. Infatti, con non poche difficoltà era riuscita a farsi accettare da lei e diventare finalmente amiche.

Quando concluse sia lei che i ragazzi rifletterono a lungo sulle sue parole. Salazar fu il primo a spezzare il silenzio. “C’è da dire che le tue teorie sono impeccabili come sempre, ma secondo me…”

“Oh andiamo Sal! Sono ore che siamo chiusi qui dentro a discutere dell’argomento, è ora di uscire e trovare un posto dove costruire questo dannato castello, tanto per cominciare.”

Rowena ed Helga non riuscirono a reprimere un sorriso. Godric era sempre il solito barbaro, rispetto alla compostezza di Salazar.

“Non ha tutti i torti. Le mie teorie sono inutili se non abbiamo modo di metterle in pratica.” Dichiarò Rowena, al che Salazar non poté che desistere. Così lui e Godric decisero di prendere i cavalli e farsi un giro nella zona per trovare il posto migliore.

In quel periodo alloggiavano nel grande maniero di proprietà dei Ravenclaw. Rowena aveva convinto suo padre ad ospitare i suoi amici per tutto il tempo necessario all’ideazione del castello. Helga le era molto grata e ricambiava destreggiandosi in cucina.
Ed è lì che si diressero lei e Rowena, dopo aver discusso con i ragazzi.

“Non dobbiamo dimenticare le cucine. Vorrei che fossero molto grandi, in grado di ospitare miriadi di elfi domestici…”

“Elfi domestici?” a Rowena scappò una risatina.

“Certo! Sono i migliori lavoratori e poi meritano un lavoro e un rifugio dove stare. E quale posto migliore di Hogwarts?”

“Quindi abbiamo optato per Hogwarts…”

“Piaceva anche a te, no?”

“Sì e no.” Disse con aria annoiata e lo sguardo altero. “Comunque, la faccenda degli elfi domestici va rivista. È giusto che anche gli altri esprimano il proprio giudizio.”

Helga alzò gli occhi al cielo, mentre iniziava a cucinare. “Non vedo cosa ci sia da discutere. Tutti quei poveri elfi costretti a lavorare per i loro padroni che li maltrattano anche. A Hogwarts noi gli daremmo un posto dove vivere e lavorare onestamente e potranno darmi una grossa mano quando la sala grande sarà piena di studenti.” Le brillavano gli occhi al solo pensarci.

Rowena alle sue spalle ridacchiò. “Sai ti ci vedo proprio in questo ruolo. Sarai un’ottima professoressa, Helga.”

Helga si voltò per ringraziarla e notò come il suo sguardo si era fatto triste all’improvviso. “Rowena che hai?”

Lei sospirò. “Non lo so io… pensavo. Tu, come Godric e Salazar sembrate così bravi e portati per questo lavoro. Non so se sarò all’altezza.”

Helga attizzò la fiamma sotto il calderone e si avvicinò all’amica, prendendole le mani per darle conforto. “Rowena Ravenclaw, tu sei la strega più dotata e intelligente che conosca. Sarai bravissima, ne sono sicura.” Le parole sincere e il suo sguardo deciso risollevarono il morale di Rowena, che le sorrise a mezza bocca.

“Credo proprio che un giorno sarai anche un’ottima madre.”

Helga le sorrise di rimando ed entrambe scoppiarono a ridere.

 
   
 
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