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Autore: Son of Jericho    06/12/2017    1 recensioni
Sequel di "How can I know you, if I don't know myself?"
Sono trascorsi due anni da quando il sipario è calato sullo spettacolo alla Hollywood Arts. La vita per i ragazzi sta andando avanti, tante cose sono cambiate, e sta arrivando per tutti il momento di affrontare responsabilità, problemi e sorprese.
E mentre impareranno cosa significa crescere, si troveranno faccia a faccia con il tormento più profondo: i sentimenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andre Harris, Beck Oliver, Cat Valentine, Jade West, Tori Vega
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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XII - iFeelSelfishInThisWorld

 

 

Era scattata una scintilla tra loro, che non trovava spiegazione, ma alla quale non erano riusciti a resistere.

Non era più una questione di perdono, di bugie, di giustizia o di rabbia. Era solo l’istinto, un impulso primordiale, che aveva catturato i cuori di entrambi e non sembrava intenzionato a lasciarli andare.

Tori, al di là di quello che la ragione le suggeriva, si era riscoperta attratta da Thomas in maniera quasi incontrollabile, inerme e in balia delle sue pulsioni.

Lui vedeva soltanto lei. La faceva sentire unica al mondo, la sola cosa buona dei suoi giorni, come se tutto il resto fosse soltanto un errore da cancellare. Quando stavano insieme, vedevano qualcosa di più importante del semplice tradimento.

Egoisti, forse, ma senza dubbio persi l’uno negli occhi dell’altra.

L’appartamento di Thomas era diventato il teatro dei loro inconfessabili incontri. Approfittavano di qualsiasi momento disponibile per accedere alla loro intimità, lasciando il resto del mondo fuori.

Una dipendenza che si sviluppava forte e incontrollata nelle loro membra, una via d’uscita verso il loro personale paradiso.

Da un paio di settimane, Tori e Thomas sembravano aver ricominciato da zero, passando sopra ai propri errori, alle menzogne e al senso di colpa. Nessun timore nelle occhiate cariche di trepidazione che si lanciavano a lavoro o per la strada, in attesa solamente di lasciar sfogare la loro voglia.

Un pomeriggio di inizio Novembre, avevano approfittato del turno mattutino al supermarket per organizzare l’ennesimo rendez-vous a casa del ragazzo. Sua moglie non sarebbe tornata da lavoro prima di sera, e i bambini erano ancora a scuola.

Tori si era lasciata afferrare con vigore da Thomas, permettendo alle sue mani esperte di esplorarla, mentre il desiderio cresceva in lei. Il tocco non era delicato, ma impetuoso, avido della sua carne, eccitante. Avevano avuto un rapporto intenso, profondo, fino a che i loro corpi non erano stati così stanchi da tremare per lo sforzo.

Raggiunto il culmine del piacere, si abbandonarono esausti tra le coperte. Tori posò la testa sul petto del ragazzo che, poteva sentirlo, pareva sul punto di esplodere. Thomas le cinse la spalla e si lasciò inebriare dal profumo dei suoi capelli, mentre il cuore batteva ancora all’impazzata.

Rimasero abbracciati, immobili e persi nella loro gioia, per degli interminabili secondi. A un tratto, lo sguardo di Tori cadde ai piedi della finestra, su una maglietta rosa, troppo piccola per appartenere ad una donna adulta.

Le sfuggì un sottile sorriso. – Quella non è tua, vero? –

Thomas si voltò di scatto. – E’ di Lisa, deve essere caduta dalla cesta del bucato. –

- E’ molto carina. –

- Già. – mormorò tornando a fissare il soffitto.

Nessuno dei due aveva intenzione di muoversi dal letto. Sapevano di avere ancora almeno un’altra ora per concedersi coccole ed effusioni.

Eppure, nella testa di Thomas, quella maglietta era una visione che avrebbe volentieri evitato.

 

*****

 

Immersa nel suo incontro con Thomas, Tori aveva finito per perdere la cognizione del tempo, e con essa gli impegni che aveva preso per quel pomeriggio.

Andre, allo studio di registrazione con Cat, guardò per l’ennesima volta l’orologio: le cinque e dieci. Il sole era in piena fase discendente, e a poco a poco si stava nascondendo dietro i palazzi più alti e lontani.

La rossa infilò timidamente le mani nelle tasche. - Vuoi che riprovi a chiamarla? -

- Ormai non verrà più. – sibilò Andre, visibilmente seccato.

La stavano aspettando da quasi due ore, ormai. Si erano dati appuntamento per le tre, per continuare a lavorare alla clip e, soprattutto, verificare se la nuova canzone poteva funzionare o no. Le idee erano ancora poche e da sviluppare, e per ottenere un buon risultato, l’unico modo era dedicargli quanto più tempo possibile.

Ma nonostante questo, Tori non si era fatta vedere.

- E’ già la seconda volta questa settimana, la terza nelle ultime due. – pensò ad alta voce.

Nel tempo a disposizione aveva lavorato con Cat, esercitandosi su diverse tonalità e mettendo su carta possibili concetti per il video. Ma per tutto il pomeriggio, il crescente ritardo di Tori proprio non era riuscito a superarlo. Lo infastidiva profondamente sapere che la sua migliore amica si era dimenticata, o peggio, disinteressata di ciò che avrebbero dovuto e potuto fare insieme.

Lei sa quanto questo progetto sia importante per me”.

Andre conosceva perfettamente il motivo della sua assenza. E ad essere sinceri, sapere che in quel momento Tori si trovava in compagnia di Thomas, lo disturbava ancora di più. C’era ancora qualcosa, in quel ragazzo, di cui non si fidava. Aveva visto Tori passarci sopra e tornare da lui nonostante tutto, ma Andre no, non riusciva a vedere altro che le menzogne che aveva raccontato.

- Ne ho abbastanza. – sbottò alla fine, chiudendo lo schermo del portatile e afferrando il giubbetto.

Cat gli lanciò un’occhiata tenera e stranita. – Perché non la proviamo noi la canzone? –

Il ragazzo si fermò e scosse il capo. Non era dell’umore giusto per sopportare l’ingenuità della rossa. – Pensaci bene, Cat. Come facciamo a provare la canzone principale del video, senza la protagonista che dovrebbe cantarla? -

 

*****

 

Fu notevole la sorpresa negli occhi Robbie, quando scoprì di essere stato aggiunto da un nuovo contatto su Skype.

Non succedeva così spesso. Lui non era esattamente tra i più popolari sui social. Non lo era stato al liceo, quando il più fedele compagno era un pupazzo, e doveva ammetterlo, la situazione non era cambiata neanche all’università.

La sua timidezza, la sua riservatezza e, perché no, pure la sua stravaganza, lo rendevano poco adatto a confraternite o cose del genere.

Era principalmente per questo che la sua lista di contatti su Skype comprendeva soltanto Kendra, Stefan e Cat.

Insistere con persone di cui in fondo non gli importava un granché, solo per andare incontro a un rifiuto o pure peggio, non faceva per lui.

E soprattutto, non abituato ad avere qualcuno che mostrasse interesse nei suoi confronti, oltre alla sua cerchia ristretta di amici.

Robbie si sedette davanti al computer e si mise ad analizzare la richiesta ricevuta. Trovò subito qualcosa di strano: proveniva da un certo J.W. Black, un nominativo chiaramente fasullo, non c’erano messaggi allegati, e nemmeno sulla scheda del profilo era presente alcuna foto o informazione personale.

Da prima pensò di rifiutarla, temendo chissà quale bot o frode fantasma potesse circolare su Internet. Ma appena ebbe un secondo per studiare meglio quel nome, ci trovò qualcosa di stranamente familiare che lo spinse ad accettare.

E l’interlocutore, dall’altra parte, non si fece attendere.

Pochi minuti dopo, Robbie ricevette una videochiamata da J.W. Black, ma titubò di nuovo prima di rispondere.

Lo sconosciuto contatto, di fronte alla sua indifferenza, mostrò di non volerlo mollare. “Rispondi”, gli scrisse.

A quel punto, spinto forse più dalla curiosità che da altro, Robbie accese la webcam e cliccò sulla cornetta.

E il nome J.W. Black assunse finalmente un significato.

Il volto severo di Jade comparve al centro del monitor, con la parete della cucina a farle da sfondo, e lo sguardo di ghiaccio che pareva voler attraversare oceano e schermo.

- Ciao Robbie. –

Il ragazzo non riuscì a nascondere lo stupore. – Jade! Che… -

- Come stai? – aveva esordito con tono pacato, impassibile.

- Io bene, bene. Indaffarato, sommerso dagli esami e con appena un paio d’ore al giorno libere, ma tutto sommato mi sto trovando alla grande. Mi hai fatto una bella sorpresa, sono veramente contento di rivederti. Voi come state? –

Jade non replicò il largo sorriso che si era disegnato sulla bocca dell’amico. – Il solito, in fondo lo sai anche tu come sta andando qui. –

Robbie capì a cosa si riferiva. Sapeva di lui e Cat, delle loro lunghe chiacchierate, e di come lei gli raccontasse tutto ciò che era accaduto a Los Angeles da quando se n’era andato.

- Credi che quest’anno tornerai a trovarci? – proseguì lei.

Di nuovo quella domanda. Robbie si accigliò, ma cercò anche di non darlo a vedere. – Non lo so, Jade. Non credo di riuscire a liberarmi per quei giorni. Ho sempre tanti impegni, tante cose da fare… Posso provarci, ma non ne sono sicuro. –

Jade annuì. – Già, Cat mi aveva detto che avresti risposto così. -

Lui aggrottò ulteriormente la fronte. – Che intendi? -

- Che forse dovresti rifletterti allo specchio, prima di guardare me o lei. -

– Io non capisco… - balbettò sconcertato.

- Cat tiene ancora a te, e dovresti essere uno stupido per non essertene accorto. Lo vedo come parla di te, so cosa pensa e cosa prova. Lei forse non lo ha ben chiaro, ma io sì. E spero anche tu. –

Robbie abbassò il capo sulla tastiera. – Sì, lo so. –

- Bravo. – il tono si stava indurendo. – Eppure, tu sei dall’altra parte dell’oceano, a un mondo di distanza. Per questo ti chiedo di guardare in faccia la realtà, e pensare bene a quali siano le tue vere intenzioni. –

- Io… -

- Non mi interrompere. So come funzionano queste cose, sono sempre complicate, se nessuno ci mette il cervello. Cat è una ragazza dall’animo dolce e sincero, ma è anche ingenua e testarda. Io non voglio che si illuda, e soprattutto, che venga illusa. Non lo saprebbe riconoscere fino alla fine, e non riuscirebbe a sopportarlo. Lei ti vuole bene, ma se un giorno dovessi scoprire che la stai ingannando, salterò sul primo aereo e verrò a cercarti fino in capo al mondo. –

Robbie ricambiava lo sguardo della ragazza in assoluto silenzio, ma non sembrava in grado di reggerlo. Lo costringeva a riflettere, ad affrontare pensieri che già affollavano la sua mente.

- Ascolta e tieni a mente le mie parole. – concluse Jade. - Se la farai soffrire, giuro che te ne pentirai così tanto da desiderare di scappare ancora più lontano. –

 

*****

 

Il computer era tenuto occupato dagli aggiornamenti di sistema, e a quanto indicava la percentuale di progresso, ne avrebbe avuto ancora per una buona mezz’ora.

Freddie ne approfittò per riposare la vista, e lanciò un’occhiata liberatoria fuori dalla finestra.

Ecco la parte che odiava di più dell’ambiente informatico: aspettare che Windows facesse i propri comodi. Se mai un giorno fosse riuscito a entrare al quartier generale della Microsoft, e a parlare con il responsabile di questa funzionalità, gliene avrebbe cantate quattro.

Questa inoperatività, tuttavia, portò istintivamente la sua mente a navigare tra un mare di pensieri. E dovunque svoltasse, ce n’era sempre uno più assillante degli altri, quello che in fin dei conti aveva dettato le sue azioni in quel periodo.

Nelle ultime due settimane, la situazione con Sam non era cambiata affatto. Freddie aveva sempre l’impressione di star procedendo su due strade sì parallele, ma destinate infine a due universi lontanissimi l’uno dall’altro.

Fino alle cinque del pomeriggio, finché si trovavano nei locali della Crystal-Tech, il nastro pareva riavvolgersi di qualche anno, fino a mostrarli migliori amici.

Ma appena il sole tramontava, e nelle loro serate rientravano Gabriel e gli altri, lei spariva dal radar.

Non c’era più la confidenza che condividevano a lavoro, non c’erano più le chiacchiere e le battute che si scambiavano. Non c’erano più loro, e basta.

Tornò ad osservare lo schermo per un secondo, notando come la percentuale fosse cresciuta di un misero 10%.

Scosse il capo in maniera impercettibile. Aveva sperato di distrarsi rimanendo in azienda a fare degli straordinari, ma evidentemente la cosa gli era riuscita solo in parte.

Pesava, domandarsi ogni singolo giorno che trascorreva lì, vicino a Sam, cosa dovesse realmente pensare o vedere, o a quale versione di lei credere.

Tornò a fare capolino anche la voce di Beck.

Ricordi le nostre conversazioni a Seattle?”, gli aveva chiesto una sera.

Sì, le ricordava perfettamente. La paura che lo aveva bloccato a lungo, troppo a lungo. Quella di non sapere più cosa potesse essere nella vita di Sam. Poi il grande passo, lasciando i timori alle spalle e saltando su quell’aereo verso la scoperta di un nuovo ruolo, di un significato, di una ragione. Adesso conosceva tutto questo, ma non riusciva ad accettarlo. Era e sarebbe rimasto soltanto “l’amico di Seattle”?

Sei sicuro di sapere cosa vuoi veramente?”

Forse. Voleva stare con lei, voleva costruire qualcosa. Voleva fare di tutto per non perderla di nuovo.

Era stato accecato dai sentimenti. Si era lasciato trasportare così lontano da non riuscire più a vedere le cose con la giusta prospettiva.

Aveva permesso a Sam di approfittare di lui, di prendersi gioco delle sue emozioni. Di servirsi del suo aiuto con il lavoro, quando ne aveva avuto bisogno, per poi scaricarlo come un vecchio straccio. Come aveva sempre fatto.

Tu non sembri innamorato. Sembri confuso. E stai cercando a tutti i costi una ragione per restare a Los Angeles.”

Forse. Stava ancora inseguendo un futuro a cui aggrapparsi. Un futuro che ormai iniziava ad apparire sempre più distante, sfocato, indefinito. Un futuro che, forse, non era mai esistito.

Con il sospetto di aver sì trovato una ragione per restare, ma quella sbagliata.

Perché, forse, prima o poi avrebbe capito di essere innamorato di un ideale, appartenente a tanti anni prima, e non della vera Sam.

- Freddie! – si sentì riportare al presente.

Guardò prima il monitor, con la percentuale di avanzamento che continuava a prenderlo in giro, poi si voltò alla sua sinistra. Il ragazzo alla postazione accanto gli stava indicando lo smartphone posato sulla scrivania. – Ti stavano cercando. –

Probabilmente aveva tentato di avvertirlo più di una volta, ma Freddie, perso nelle sue riflessioni, non si era accorto di niente.

Il giovane Benson afferrò svogliatamente il telefono.

1 chiamata persa.

Sam.

Quel pomeriggio non si era fatto vedere nell’ufficio della ragazza, rifugiandosi dietro il muro degli straordinari. Evidentemente, adesso lei voleva sapere dov’era stato. Perché non si era lasciato sfruttare, perché non aveva perso un’ora del suo lavoro per stare dietro al suo.

Decise di spengere il display e ignorare la notifica. La domanda però che non poteva evitare era: sarebbe sempre stato così difficile con lei?

 

*****

 

- Ma è sempre così difficile con Freddie? – Gabriel, sul divano a guardare la tv, si girò oltre lo schienale in direzione della cucina. C’era un velo di rimprovero nel suo tono, soprattutto nei confronti del giovane Benson, e un pizzico anche della sua ragazza.

Sam posò rassegnata il cellulare sul tavolo. – Non risponde. –

Non si spiegava perché nell’ultimo paio di giorni, Freddie avesse smesso di raggiungerla in ufficio, a fine turno, per lavorare al progetto di marketing, ormai prossimo al completamento.

Lui le aveva detto di avere del lavoro arretrato da sbrigare, ma la scusa dello straordinario non era risultata del tutto convincente. Sam aveva l’impressione di vederlo distante, quasi insofferente. E adesso stava anche evitando la sua chiamata.

- Lasciatelo dire, Freddie è un po’ strano. – riprese Gabriel. – Da come ne avevi parlato, me lo immaginavo in tutt’altro modo. Un tipo sveglio, un mezzo genio… uno giusto, insomma. –

Sam sollevò un sopracciglio, e lanciò un’occhiata distratta allo schermo scuro dello smartphone.

Sentire il suo compagno esprimersi in quei termini, giudicare un suo vecchio amico con sufficienza, a tratti persino con arroganza, avrebbe dovuto infastidirla, o quantomeno metterla a disagio.

Eppure, lo fece meno di quanto immaginasse.

Gabriel, ad ogni modo, non aveva finito. – Non lo capisco proprio, quel ragazzo. Voglio dire, faccio davvero fatica a inquadrarlo. Per esempio, hai idea del perché oggi non sia venuto ad aiutarti? No, e nemmeno io. Lo vedo sempre in disparte, si isola, non racconta mai niente. Parla solo con Beck e Andre. Io non sono mai riuscito ad avere un’intera conversazione con lui. E’ come se la nostra compagnia non gli interessasse affatto. –

Lei scrollò le spalle e si sedette al tavolo della cucina.

- Freddie è fatto così, è un solitario. Lo è sempre stato, fin da quando eravamo bambini. –

- Però adesso non lo siete più. –

Sam ripensò alla parte della storia che Gabriel ancora non conosceva.

– Già. E forse è pure per questo che, in fondo, va accettato così com’è. -

 
   
 
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