Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: DameVonRosen    07/12/2017    2 recensioni
Un Sandor Clegane crudele e spietato, ma anche incoerente, sofferente e combattuto, che mai vorrebbe fare i conti col proprio passato e con le proprie paure, ma che col tempo si renderà conto dell'inevitabilità di questo scontro.
Storia ambientata nel contesto di GOT, con personaggi nuovi e completamente scollegati rispetto ai libri o alla serie TV; solo alcuni sono stati estrapolati, cercando di farlo nel modo più fedele possibile, mantenendo inalterato il loro Background, la loro storia e il loro carattere.
Amo le storie in stile SanSan, ma in giro ce ne sono davvero molte e il rischio di ripetere quanto già prodotto da altri, o anche scadere nel banale e nel "già letto" era alto. Ho quindi optato per qualcosa di differente :) adoro il personaggio del Mastino, adoro quella sua profonda complessità che ogni tanto emerge.
Non temete se all'inizio il nostro amato Sandrone è apparentemente posto in secondo piano rispetto alla storia, non sarà sempre così ;)
Attenzione: possibile (probabile) linguaggio volgare, scene violente o contenuti forti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bronn, Nuovo personaggio, Sandor Clegane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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SANDOR



Il tragitto è più lungo di quanto credessi, cazzo; pensavo fossimo all’altezza di Alto Giardino, invece tra un po’ ci ritrovavamo a Capo Tempesta. I dolori alle cosce e al culo sono insopportabili, ma voglio arrivare il prima possibile, senza dover passare un’altra notte seduto sui sassi. La ragazza non si lamenta, mangia poco e beve ancora meno, ma lo vedo che ne ha piene le scatole pure lei, si lamenterebbe da qui a Lancia del Sole, ma è troppo impegnata a dimostrarmi gratitudine per aver posticipato la sua prigionia. La sento tesa, nervosa, non si addormenta mai a cavallo, anche quando Stranger tiene un ritmo più lento: ha paura che la riporti a casa.
Ogni tanto però si concede il lusso di appoggiarsi al mio petto, troppo stanca di stare dritta con la schiena per delle ore probabilmente; mi irrigidisco quando lo fa, non so perché. Mi sento un coglione, ma mi mette in tensione il fatto che per brevi attimi di quotidianità si fidi di me; è davvero stupida come cosa perché ora come ora non ho intenzione di riportarla a Starfall, quindi è giusto che Nymeria possa rilassarsi. Ciononostante quando lo fa sono a disagio.

“Non dovresti fidarti di me, ragazza. Nemmeno quando mantengo le mie promesse.”

<< Ma non c’è vostro fratello a Clegane’s Keep? >>

<< Secondo te se ci fosse mio fratello ci andrei?! Ovvio che non c’è, è il primo cavaliere del re, lascialo là dove è. >> le rispondo secco e brusco, forse troppo, facendola ammutolire. Cala nuovamente il silenzio e inspiegabilmente mi da fastidio, sento che vorrebbe parlare e chiedermi un sacco di cose, ma sta zitta.

<< Non ti aspettare giardini pieni di fiori e frutti, fontane e caldo: il mio castello è quanto di più inospitale ci sia. >>

<< I vostri genitori… loro ecco, sanno del mio arrivo? >> sento il nervosismo nella sua voce.

<< Non ce n’è bisogno, sono morti da un bel po’ ormai. >> Nymeria si volta verso di me di colpo, non si aspettava una risposta simile, mi guarda con degli occhi sorpresi e dispiaciuti.

<< Oh io, mi dispiace, non volevo… >>

<< Risparmiati le scuse, è passato tanto tempo. Faccio fatica pure a ricordarmi le loro facce. >>
Un altro silenzio. Evidentemente non sa come rispondermi, non sa rispondere a qualcuno che parla schiettamente, anche se poco dopo si sforza di parlare.

<< Già, vi capisco. Mia madre è morta quando ero molto piccola, ma non ricordo quasi nulla di lei, solo dei gesti e delle brevi scene nella mia infanzia. >>

<< Mmh già. >> ecco, di nuovo a corto di parole. Che conversazione del cazzo, tra l’altro.

Mi concentro sul percorso e mi rendo conto che non manca molto a casa, forse un’ora a cavallo. Appoggio una mano sulla gola di Stranger e la picchietto.
<< Forza bello, un ultimo sforzo. >> e lo tallono ai fianchi, facendolo galoppare.

Finalmente intravedo il paese sotto al castello e non sono sorpreso nel constatare che non sia cambiato niente: il solito ambiente freddo e putrido, le solite facce, le solite persone. Arriviamo finalmente al ponte levatoio.

<< È ser Clegane, abbassate il ponte! >>

<< Non sono un cazzo di ser, fottuti idioti. >> borbotto tra me e me, intanto che imbocco il ponte. Improvvisamente Nymeria si irrigidisce, cacciando un urlo.

<< Oh per gli Dei! >> si appiattisce contro il mio petto inconsapevolmente e mi stringe i polsi, richiamando la mia attenzione. I suoi capelli mi sono finiti per metà in faccia e per l’altra metà in bocca.

<< Che cazzo c’è? >>

<< Un dirupo! Non c’è nulla sotto! >> sta guardando terrorizzata il vuoto che divide il castello dalla cittadina. Mi viene da ridere mentre mi tolgo la sua chioma dalla faccia, imprecando.

<< Non hai mai visto un ponte levatoio, ragazza? È fatto per proteggere il castello in caso di invasione. >> sembra calmarsi, ma continua a guardare giù, più incuriosita che spaventata ora.

<< Quindi in caso di guerra il ponte viene tirato su come era prima? >>

<< Esattamente. >>

<< Geniale. >> dice dopo un po’, ancora meditabonda.

Entriamo nel cortile e cerco la prima guardia nei paraggi.
<< Gregor c’è? >>

<< No, mio signore. >>

<< Bene, fate preparare la cena per due stasera. >>

<< Come desiderate, mio signore. >>

Scendo da cavallo e faccio scendere Nymeria che si guarda attorno, stringendosi quei vestiti luridi addosso. Gli occhi sono di un viola molto chiaro, quasi lilla, le pupille invisibili; mi rendo conto che in base al suo stato d’animo, non mutano solo le pupille ma anche le iridi, assumendo tonalità diverse.

<< Preparate anche la camera degli ospiti e portate dei vestiti puliti per… >> cazzo, non devono sapere il suo nome, nessuno deve saperlo.

<< Talia, Lady Talia. >> mi volto e vedo Nymeria fare un tranquillo sorriso alla guardia, che le sorride a sua volta e si allontana con un leggero inchino.

<< Mmh bene, ricordati che qui nessuno deve sapere chi sei. >>

<< Non vi preoccupate, so tenere un segreto. >> e mi sorride, è tesa ma è felice di essere qui, sebbene il castello sia tutto l’opposto rispetto a dove sia cresciuta.

<< Bene, venite, vi accompagno dentro. >> non finisco la frase che i miei cani mi saltano addosso per salutarmi. Sono felice di vederli dopo tanti anni, è bello sapere che al mondo a qualcuno non importa dell’ustione che ho in faccia o delle persone che ho ucciso.
Mi volto verso Nymeria e la vedo impietrita, bianca come un cencio, mentre Arlan le abbaia contro; non lo sta facendo con cattiveria perché capisce che lei non è pericolosa, ma probabilmente la ragazza non ha mai visto un cane in vita sua.
Lo prendo per il collare e lo allontano.

<< Forza Arlan, via. >>

<< Questi sono… sono i tuoi cani? >> alzo lo sguardo verso di lei, intanto che cerco di tenerli fermi.

<< Già, il mio elmo non è l’unico motivo per cui mi chiamano Mastino, i cani li abbiamo nel simbolo della nostra casata. >> ma lei non accenna a tranquillizzarsi, è visibilmente terrorizzata e sinceramente fatico a capirne il motivo, dopotutto sto tenendo a freno queste bestie, dovrebbe aver capito che non le faranno del male.

<< Non vi fanno nulla, non preoccupatevi, sono addestrati. >> le dico seccamente, a quel punto ella sembra rinvenire un po’ e mi guarda in volto.

<< No ehm, scusate, è solo che somigliano molto al cane che mi ha azzannato quando ero sola nella foresta, quella notte, prima che arrivaste voi. >>
Non ci avevo pensato, cazzo. Sono sicuro che non siano stati loro, ma comprendo la sua fobia per i miei animali, visto quel che le è accaduto. Mi ci rivedo rispetto alla mia paura per il fuoco e non riesco a incazzarmi con lei.

<< Vorian! Portate via i mastini, legateli. >>

<< Si signore. >>
Le allungo una mano, cercando di farla rinvenire.

<< Venite, entriamo. >> Nymeria mi guarda, prendendomi la mano con un’espressione più rilassata, seppur sia fredda come il ghiaccio.

<< Grazie, davvero. >>
La accompagno nella sua stanza e le faccio preparare un bagno, per poi avviarmi verso i miei alloggi. Stasera dovrò vestirmi decentemente presumo, come un cazzo di damerino di corte? Che palle.
Mi guardo intorno: in ventisette anni queste mura non hanno mai rappresentato una casa per me, non mi sono mai sentito al sicuro, non finché ci fosse Gregor nei paraggi, comunque. Torturava gli animali e i bambini dei contadini, provava piacere nel fare del male a chiunque fosse indifeso e nessuno mai lo punì per questo, neppure mio padre. Chiunque aveva una qualche paura di lui.

<< Mio signore. >> mi volto verso la donna che mi ha chiamato.

<< Mio signore, ho preparato la stanza per la vostra lady e il bagno, ma non sapevo quali vestiti procurarle. Purtroppo al momento al castello ci sono solo gli abiti di vostra madre o di vostra sorel… >>

<< Mia madre, datele gli abiti di mia madre! Dategliene un paio così sceglie quello che le piace di più, ma non datele nulla che sia appartenuto a mia sorella, niente! >>

La donna, intimorita, annuisce e se ne va via svelta; faccio un profondo respiro e ricomincio a camminare.

“Finalmente potrò farmi un bagno anche io, dopo tanti anni.”
 




NYMERIA


Fa freddissimo qui dentro, sebbene sia acceso il fuoco. Il sole ormai è tramontato e le luci che fanno le candele riescono a malapena a farmi vedere per terra quando cammino. La gentile serva di prima mi ha portato due abiti per la cena e ora li ho davanti a me, incerta su quale scegliere. Da brava esperta di vestiti quale sono, mi rendo conto che sono di ottima fattura, seppur un po’ vecchi: devono essere quelli di sua madre, realizzo; inutile dire che opto per quello più vistoso e giovanile, color crema con lunghe ed ampie maniche.
“Un giorno mi vestirò da vecchia, ma non ancora.” penso divertita.
La stessa serva di prima entra per acconciarmi i capelli e io accetto felice, sperando di cogliere l’occasione per scambiare due parole.

<< Perdonatemi se non riesco a farvi un’acconciatura molto elaborata mia signora, ma sapete: sono anni ormai che non ho più l’onore di sistemare i capelli di una lady, sono un po’ vecchia e arrugginita. >>

<< Oh, non preoccupatevi! È da molto che siete al servizio della famiglia Clegane? >>

<< Da più di cinquant’anni. Ricordo ancora il matrimonio tra Lord Clegane e sua moglie, così come la nascita dei loro figli; oh, sono passati tanti anni! Negli ultimi tempo questo castello ha visto sempre meno i suoi proprietari, ma prima era un susseguirsi di banchetti e feste, quando ancora la famiglia era unita. >>

<< I suoi proprietari? Io credevo che ser Gregor fosse l’unico padrone ed erede della tenuta. >>

<< Lo è. Ma credo che anche Sandor meriti di starci quanto il fratello. Ha sofferto molto nella sua vita, spesso per mano di Gregor. Per quanto mi riguarda, questa è e sarà sempre casa sua. >>
La guardo e ci sorridiamo debolmente a vicenda.

<< Ecco fatto. >> mi dice, riferendosi all’acconciatura ormai terminata. È vero, non è elaborata come quelle che mi facevano a Starfall, ma poco mi interessa.

<< Vi ringrazio. Potete chiamarmi Talia se vi fa piacere, ma io non conosco il vostro nome. >> la serva pare esitare un attimo, prima di rispondere.

<< Rosamund, mia signora. >> le sorrido.

<< Grazie dell’acconciatura, Rosamund. >> e la serva fa un leggero inchino, prima di congedarsi.

<< Vi chiamerò all’ora di cena. >> ed esce chiudendo la porta, non prima che le abbia chiesto di portarmi altre candele per la stanza.

Mi siedo sul letto e finalmente mi concedo un momento per pensare. Sono felice di non essere a Starfall, davvero felice; però temo che prima o poi Sandor mi riporterà lì, l’oro che gli ho promesso gli fa troppa gola. Penso che farebbe gola a chiunque e giustamente a lui non importa della mia felicità.
Dove sarei ora se fossi con Bronn? Se Bronn fosse ancora vivo, dove saremmo? Forse in una locanda a mangiare disgustosi pasticci e a bere birra fetida, oppure su una nave diretti al continente orientale; quel che è certo è che sarei al sicuro, davvero al sicuro. Mi ritrovo a domandarmi se mai possa sentire i miei pensieri, ora. Chissà se riesce a sentire le mie preghiere e le mie urla, se riesce a sentire quanto gli ho voluto bene e quanto avrei bisogno di lui. Mi domando se ha mai saputo quanto fosse importante per me; ho talmente tante cose che avrei voluto dirgli che il pensiero di non poterlo più fare mi angoscia. Mi fa paura il fatto che forse non rivedrò mai più il suo viso, non sentirò mai più la sua risata, non lo abbraccerò mai più.

Un sordo bussare alla porta mi fa sussultare e mi rendo conto che ho pianto copiosamente per tutto il tempo.
<< Arrivo! >> cerco di non far trapelare la voce rotta e mi pulisco il viso, avviandomi verso la porta.

<< Eccomi Rosamund, sono pron… >> non termino la frase, perché davanti a me non trovo la serva di prima, ma il Mastino, che mi guarda con i suoi soliti occhi indagatori, occhi troppo attenti per non vedere il mio viso gonfio dal pianto. Mi da fastidio il fatto che possa intuire la verità, perché temo possa pensare che io non sia altro che una ragazzina viziata che piange tutto il tempo. Cerco di ricompormi e nel mentre osservo la persona che ho davanti: mi rendo conto che non lo avevo mai visto senza armatura, se non con vestiti malconci e puzzolenti; il fisico è davvero imponente e muscoloso e da quanto ricordo è tipico della sua famiglia. Gli accenno un sorriso che sia il più possibile sincero e tranquillo.

<< Buonasera Sandor. Non mi aspettavo di trovarvi qui. >> lo vedo guardarmi con uno sguardo indecifrabile: un misto tra stupore e tristezza, intanto che mi squadra da capo a piedi. 

<< La cena è pronta. >> e mi avvio insieme a lui, verso i freddi e bui corridoi di casa Clegane. Per tutto il tragitto non proferiamo parola, non so se per l’imbarazzo della situazione o perché non c’è granché da dire; in ogni caso il mio interlocutore non mi è mai parso un uomo particolarmente loquace, quindi in un modo o nell’altro me ne faccio una ragione.
La cena è buona, a base di carne e verdure stufate; mangio molto e bevo birra scura, sentendomi meglio. Non parliamo molto, ma l’alcool in circolo mi permette di essere meno imbarazzata.

<< Ho conosciuto Rosamund prima, una donna molto gentile. >>

<< Una delle poche, qui: sia come donna, sia come persona gentile. >>

<< Beh, ogni tanto anche voi lo siete, anche se raramente. >> e sorridiamo entrambi.

<< Mi ha raccontato di come prima si facessero delle grandi feste e ricevimenti qui. >> Sandor alza gli occhi su di me mentre mastica.

<< Già, vi sarebbero piaciute. Piene di lady e di cavalieri profumati di rose. >> colgo il disprezzo ma non riesco ad arrabbiarmi, infatti rido. Probabilmente è per il vino, ma fatico a smettere.

<< Sei ubriaca. >> dichiara lui, con uno sguardo di scherno.

<< No! Non lo sono! Non posso ridere? >> lo ammutolisco, ma vedo che scuote la testa con disappunto. Cerco di continuare la conversazione.

<< Da quanto non facevate ritorno qui a casa? >>

<< Da più di cinque anni. >>

<< Oh... deve esservi mancata in questo tempo. >>

<< Non più di quanto a voi manca Starfall. A proposito: chi ha scelto quel nome di merda per la vostra città?! Me lo chiedo da un bel po’ ormai. >>
Sorrido nuovamente al suo linguaggio scurrile, ormai credo di esserci abituata. Rifletto per un po’ su quanto ha detto, incerta se dirgli la verità o meno.

<< In realtà ci sono alcune cose che mi mancano di casa. >> come potevo immaginare, Sandor solleva un sopracciglio e mi guarda come se fossi pazza.

<< Un attimo, non sto dicendo che voglio tornare a casa! Solo che ho nostalgia di alcune cose, cose che non torneranno più
in ogni caso. >> mi fermo un attimo, presa dai pensieri.

<< Scene di quotidianità, cose molto semplici. Mi manca quando giocavo con le bambole insieme a mia sorella, da piccole; mi manca quando correvo per le colonne bianche insieme ad Adrian e Finn; mi mancano le battute di Bronn sulle ospiti dei ricevimenti. >> e rido a quel pensiero, a quei momenti felici e senza pretese, per poi sentirmi sciocca a rimuginare sul passato. Alzo lo sguardo e incontro quello di Sandor, in ascolto e finalmente serio.

<< Non mi manca Starfall, mi mancano le persone con le quali mi sentivo a casa, con le quali sentivo di far parte di una famiglia. Queste persone non esistono più ormai. >>
Restiamo in silenzio per un po’, continuando a bere. Ormai l’alcool sta prendendo il sopravvento e io muoio dalla voglia di chiedergli della sua cicatrice, anche se ho paura che possa arrabbiarsi, che non voglia dirmelo. Ma non mi importa, in quel momento non è importante.

<< Come vi siete procurato quella cicatrice Sandor? >> chiedo senza mezzi toni, senza mezze misure. Il mio interlocutore si blocca di colpo e mi guarda, sorpreso da quella domanda, ma anche visibilmente irritato.

<< Non sono cazzi tuoi. E ora credo sia ora di andare a letto. >> si alza di colpo e, prendendomi per un braccio, mi trascina dritta nella mia stanza, ignorando le mie proteste.

<< Ma come vi permettete, lasciatemi stare! Non potete fare così! >>

<< Qui siamo in casa mia e si fa come dico io, se non vi sta bene potete anche andarvene. >> sono arrabbiata con lui, è davvero maleducato.

<< Siete odioso! Perché vi comportate così ora? Per una stupida domanda? Bastava non rispondere! >> al che il mastino si ferma di colpo e mi guarda fisso negli occhi, in un modo talmente minaccioso da spaventarmi.

<< Non sai proprio quando chiudere quella cazzo di bocca, vero? Si vede che non le hai mai prese da piccola, altrimenti avresti imparato che ogni tanto è meglio restare zitti. >>

E così facendo apre la porta e mi sbatte in camera, chiudendola con un tonfo. Io perdo l’equilibrio e mi ritrovo a terra, stordita. Non capisco il perché del suo atteggiamento, sono ancora nervosa per come si è comportato, ma forse ho fatto una domanda troppo sconveniente. Immagino quello che potrebbe dire Mia in merito: immagine le sue prediche infinite su quanto io non sappia minimamente essere una vera lady e quant’altro.
Rimugino un bel po’ sull’accaduto, per poi alzarmi in piedi e avviarmi alla porta.



 
SANDOR


“Perché cazzo sta venendo qui? Vuole prendere due schiaffi in pieno volto, forse?” i passi che sento non possono essere che i suoi, la sento arrivare alla porta e fermarsi, incerta sul da farsi.

“Vattene via, non ho voglia di parlare.”

Come se mi avesse ascoltato, puntualmente sento bussare delicatamente alla porta; impreco a bassa voce e mi accingo ad aprire.

<< Io ehm… posso entrare? >> è nervosa e tesa, glielo leggo negli occhi e nel modo in cui si mordicchia il labbro inferiore. Le apro la porta e la faccio passare, per poi chiuderla alle mie spalle. La vedo camminare a passo incerto fino al camino, passeggiando timorosamente ed elaborando un discorso.

<< Sono venuta qui per scusarmi per quanto ho detto prima. Non sono stata discreta e nemmeno decorosa a porre una domanda del genere con quella sfacciataggine, me ne rendo conto. Avete tutto il diritto di essere arrabbiato con me, ma spero possiate perdonarmi, non era mia intenzione ferirvi o farvi arrabbiare. >>

<< Ferirmi? Credi davvero che basti così poco per ferire me?! >> ma con chi crede di avere a che fare questa qui?

<< Beh, visto il modo in cui vi siete infuriato, direi che ho toccato un tasto dolente. >> e nuovamente mi zittisce, nel modo più odioso e meno sopportabile per me: dicendomi la verità.

<< Tolgo il disturbo, buonanotte Sandor, e grazie per la cena: era davvero ottima. >> fa per andarsene, vedo sul suo viso una strana delusione.

<< Quello che ho sul volto è il motivo per cui non tornavo a casa da quando avevo vent’anni, ed è il motivo per cui questa non sarà mai davvero casa mia. >> le dico d’un fiato, arrabbiato e nervoso, più con me stesso che con lei. La vedo girarsi e guardarmi a lungo, per poi riavvicinarsi con uno sguardo calmo e comprensivo.

<< Mi dispiace molto. Certe ferite non guariscono mai del tutto. Capisco il vostro dolore. >>

<< Non ne sarei così convinto. >> le rispondo secco, cercando di non essere maleducato.

<< Avete ragione, forse nessuno dei due conosce davvero quello che ha passato l’altro e forse non lo sapremo mai, ma credo che entrambi abbiamo conosciuto il dolore della perdita e il dolore del tradimento. Dolori che poi non sono così diversi, vero? Sembra che uno sia l’altra faccia dell’altro, come se si completassero a vicenda. >>

Le sue parole mi colpiscono come una martellata: ha ragione, dannatamente ragione.
La guardo meglio e non riesco ad essere arrabbiato con lei: quando mi parla, quando mi guarda, è come se mi conoscesse da tutta una vita. Conosce il mio dolore senza mai averlo vissuto, sembra che conosca la mia persona e, benché a volte risulti inappropriata, sa sempre come farsi perdonare.

<< Si completano a vicenda. >> ripeto io guardandola.

<< E distruggono chi li porta con sé. >> termino la frase chinando la testa. La vedo avvicinarsi lentamente e, sempre con lo sguardo fisso su di me, mi prende una mano e se la stringe nelle sue, che in confronto sembrano quelle di una bambina.

<< Vi sono vicina Sandor, ricordatevelo. Non dimenticherò mai ciò che avete fatto per me a corte e vi devo la vita per avermi aiutata quando stavo morendo. Non sentitevi in obbligo di parlarmi della vostra vita ed io cercherò di essere meno invadente con il mio continuo parlare, però ricordatevi che potete contare su di me, d’accordo? Per qualsiasi cosa. >>

Mi ritrovo a guardarla come mai mi era capitato di fare prima: riesco a vedere quanto sia forte nelle sue fragilità, quanto sia bella nelle sue insicurezza e quanto mi sia vicina, senza sapere nulla di me.
Mi sorride sinceramente, come la prima volta con cui le parlai, quando il suo ex mercenario ci presentò. Non ha mai avuto paura di me, nemmeno per un attimo; non si è mai soffermata sulla mia cicatrice, non ha mai avuto schifo di me. È tanto da digerire in una volta sola, mi sento inadeguato e a disagio: non è lei ad avere un debito con me, ma il contrario.

Si volta e se ne va, sta per arrivare alla porta quando si ferma, guardando in direzione del mio letto. Seguo il suo sguardo e capisco cosa sta guardando: non so se sperare che ignori e passi oltre, piuttosto che si fermi a osservarla meglio. Lentamente la vedo avviarsi verso il comodino e prendere tra le mani l’oggetto della sua curiosità, portandoselo al volto. Si volta verso di me e con stupore mi accorgo che ha gli occhi lucidi., sono certo però che non sia tristezza quello che sta provando.

<< Questa è… è quella che vi ho dato io? >> la guardo e annuisco lentamente, cercando di sorriderle.

<< Certo, è la vostra rosa. >> un profondo senso di gratitudine si piazza sul suo viso, facendola arrossire e chinare il capo; rimettendo la rosa secca al suo posto, va verso la porta e, regalandomi un ultimo sorriso, esce e se ne va verso le sue stanze. 


 
NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti/e!

Grazie per continuare a leggere questa storia, spero vi stia piacendo! Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Finalmente si vede un po' di avvicinamento tra Sandor e Nymeria, sono molto diversi tra loro, ma forse non così tanto ;)
Alla prossima!
M

 
   
 
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