Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: DameVonRosen    12/12/2017    1 recensioni
Un Sandor Clegane crudele e spietato, ma anche incoerente, sofferente e combattuto, che mai vorrebbe fare i conti col proprio passato e con le proprie paure, ma che col tempo si renderà conto dell'inevitabilità di questo scontro.
Storia ambientata nel contesto di GOT, con personaggi nuovi e completamente scollegati rispetto ai libri o alla serie TV; solo alcuni sono stati estrapolati, cercando di farlo nel modo più fedele possibile, mantenendo inalterato il loro Background, la loro storia e il loro carattere.
Amo le storie in stile SanSan, ma in giro ce ne sono davvero molte e il rischio di ripetere quanto già prodotto da altri, o anche scadere nel banale e nel "già letto" era alto. Ho quindi optato per qualcosa di differente :) adoro il personaggio del Mastino, adoro quella sua profonda complessità che ogni tanto emerge.
Non temete se all'inizio il nostro amato Sandrone è apparentemente posto in secondo piano rispetto alla storia, non sarà sempre così ;)
Attenzione: possibile (probabile) linguaggio volgare, scene violente o contenuti forti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bronn, Nuovo personaggio, Sandor Clegane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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NYMERIA


Dopo quasi una settimana passata a dormire sulla terra umida, mi sveglio ben riposata e di buonumore.

<< Rosamund perdonatemi, Sandor Clegane dove è? >> le chiedo mentre scendo con lei verso la sala da pranzo.

<< È uscito presto, mia signora, probabilmente è a caccia. Mi ha detto di dirvi che potete fare quello che volete al castello, fintanto che lui non c’è. >> dentro di me sento un po’ di delusione, anche se non so comprenderne il motivo, ma le rivolgo comunque un sorriso cordiale.
Dopo colazione faccio una passeggiata nel cortile, che non dura molto a causa del freddo e della pioggia che inizia a scendere copiosa. Ho visto talmente poche volte un temporale in vita mia, che ogni volta resto meravigliata: non so perché mi piace così tanto, ma non so perché mi rilassa, mi aiuta a svuotare la testa dai pensieri e sentirmi leggera.

<< Mia signora, vi prenderete un malanno! Venite dentro! >> la vecchia serva di casa Clegane non mi abbandona un attimo, ha paura per la mia incolumità più di me stessa e la cosa mi fa sorridere.

<< Non so cosa fare, Rosamund. Mi sto solo annoiando. >>

<< Oh mi dispiace, mia signora. Se volete posso procurarvi dei tessuti per cucire degli abiti, se amate farlo. Oppure posso portarvi alla serra, o nella biblioteca, è davvero piena di libri molto inter… >>

<< Serra? >> chiedo disorientata.

<< Oh si, signora. La serra della signorina Elinor è ancora perfettamente intatta, su specifica richiesta di Sandor: viene curata e mantenuta quotidianamente. >>

<< Ehm si, ma io… non so cosa sia. >> a quel punto la serva mi guarda sorpresa, per poi sorridermi.

<< Seguitemi. >>

Ci impieghiamo un po’ ad arrivare, questo luogo è in uno dei punti più nascosti della fortezza, probabilmente inaccessibile se non si conoscono bene queste mura. Quello che mi ritrovo davanti mi fa aprire la bocca e spalancare gli occhi, facendomi comprendere finalmente cosa sia una serra.

<< Purtroppo Clegane’s Keep è in un territorio ostile, dove piante e fiori non crescono spontaneamente. Ma Elinor amava le piante esotiche, quindi fece costruire questa serra, per tenerle al caldo e riparate e farle crescere anche qui. >> davanti a me c’è un’immensa stanza completamente in vetro, piena di piante e fiori di ogni genere; la pioggia battente crea un suono ovattato ma melodioso e la temperatura è umida e calda, da poterci stare tutto il giorno.

<< Oh Rosamund, è meravigliosa! >> la serva è compiaciuta e mi lascia sola in quel piccolo giardino che tanto mi ricorda casa. 
Ci resto molto dentro la serra: questo posto è in grado di darmi pace, di ricordarmi la serenità che c’era a casa mia, prima che Qoren vi entrasse e la stravolgesse. Mi domando se Sandor mi parlerà mai di sua madre Elinor, anche se ne dubito: mi è bastato ieri notte avere un piccolo assaggio di cosa significhi rievocargli il passato per desistere da qualsiasi idea avessi in testa. Se vorrà parlarmene lo farà lui.
Torno nel cortile principale e, passando accanto alle scuderie, vedo Stranger, il che significa che finalmente Sandor è tornato a casa.
Mi soffermo un attimo ad osservare il suo cavallo, pensando di non averne mai visto uno così grande e imponente, che trasmetta forza e potenza, un po’ come il legittimo proprietario. Pensare al calcio che gli ho piantato sul collo qualche giorno fa mi fa vergognare molto, se penso al male che devo avergli fatto. Mi avvicino cautamente, allungandogli la mano: come previsto nitrisce e scalcia con fare agressivo, tanto da farmi allontanare spaventata; i miei occhi si posano su una cesta con dentro delle carote e delle mele, probabilmente il suo cibo.

<< Mia signora, stategli lontano! Questo cavallo è molto pericoloso. >> lo stalliere mi guarda preoccupato, come se fossi una bambina che vuole saltare da una scogliera. Prendo una carota e la spezzo in due, avvicinandomi lentamente a Stranger.

<< Mia signora! >> ma io non lo ascolto, è una cosa tra me e Straniero ora, devo portarla a fondo. Lo vedo scalciare rabbioso, se potesse probabilmente mi taglierebbe la mano, ma lentamente inizia ad annusare la carota a pochi centimetri dal suo muso; la annusa per un po’ e poi la mangia voracemente, rischiando di mangiarmi anche un dito.
Finalmente lo stalliere se ne sta zitto e io posso concentrarmi su quel momento. Gli do l’altra metà della carota e stavolta la mangia più lentamente, poi passo alla mela: ne prendo una tagliandola a pezzo e pian piano gliela do, avvicinandomi sempre di più.

“È il momento, non avere paura” dico a me stessa intanto che allungo la mano verso la sua testa: come un fulmine smette di mangiare e mi scruta duramente, pronto a tirarmela via a morsi. Eppure resta calmo, mi scruta nervoso ma non mi attacca, così da permettermi finalmente di sfiorargli il pelo del muso e accarezzarlo, dapprima delicatamente e poi con più tranquillità. Stranger sembra calmarsi mentre lo sfioro e mi avvicino, con un sorriso che mi balena sulle labbra; decido di dargli altra mela e lentamente scendo con la mano al punto dove gli ho dato quel calcio, all’altezza della gola.

<< Mi dispiace Stranger, perdonami… >>

<< Lo metterai all’ingrasso se vai avanti in quel modo. >> la possente e roca voce del proprietario mi fa sussultare e voltare di scatto. Sandor Clegane è proprio davanti a me, con le gambe leggermente divaricate, la tenuta da caccia e le braccia conserte, il viso piegato leggermente di lato e un’espressione corrucciata ma divertita allo stesso tempo. I possenti muscoli delle spalle e del torace sono ben visibili anche sotto i vestiti di cuoio e io vi indugio qualche istante, prima di riprendere il controllo della realtà.

<< Mi avete spaventato! >>

<< Mai quanto Stranger, mi pare. >>

<< Oh, non più, abbiamo fatto pace! >> gli dico con un sorriso esageratamente compiaciuto sul volto; credo di sembrare una bambina felice in questo momento, ma non mi importa. Il mio interlocutore scuote la testa, intanto che ride, lasciandomi per un attimo interdetta: è la seconda volta in vita mia che lo vedo rilassato, quasi felice, e il pensiero che sia stata io la fonte della sua momentanea risata mi fa piacere, anche se è a causa del mio atteggiamento ridicolo.

<< Non pensavo in effetti che ti avesse perdonato per quel calcio, ma a quanto pare si sta rammollendo. >> è ancora divertito, ma gli scocco comunque un’occhiataccia, per poi raggiungerlo mentre entriamo a palazzo.

<< Dove siete stato? >>

<< A caccia, oggi si mangia cervo. L'hai mai mangiato? >> chiede mentre si sfila i guanti.

<< Non credo in effetti, forse solo una volta. >> dico, leggermente imbarazzata; mi sento una straniera in questo posto, è tutto molto lontano dalla mia realtà. Tutto tranne Sandor.
E la serra.

Mi si illuminano gli occhi a quel pensiero e gli appoggio una mano sul braccio; lui risponde a quel gesto con un’alzata di sopracciglio.
<< Oh Sandor! Stamattina mi hanno fatto vedere la serra del vostro palazzo, non avevo mai visto una cosa così bella, ma perché non me ne avete parlato prima? >>

Il mastino si ferma di colpo, guardandomi confuso.
<< Cosa? >>

<< La serra! Quel giardino segreto pieno di fiori e di piante! È meravigl… >> con una mossa fulminea mi prende il braccio e mi sbatte contro un muro, provocandomi un dolore lancinante alla schiena. Mi guarda in un modo che mi fa gelare il sangue.

<< Chi te lo ha mostrato?! >> urla, le sue parole sono cariche di odio e mi spaventa. Cosa ho fatto di sbagliato?

<< Io.. n-non volevo offendervi Sandor… >>

<< CHI TE LO HA MOSTRATO?! >> sono terrorizzata, mi accorgo che sto tremando. Faccio fatica ora a guardarlo in viso, temo possa uccidermi da un momento all’altro; mai prima d’ora ho avuto paura di lui, mai ho pensato potesse farmi del male.

<< Rosamund… >> immediatamente lui lascia la mia presa e prende a camminare velocemente, probabilmente cercando la serva in questione.

<< Aspettate! Non è successo niente Sandor! >> ma lui non mi ascolta, cammina a grandi falcate e per stargli dietro devo correre; provo a prendergli un braccio ma in confronto a lui ho la forza di una piuma e non riesco nemmeno a rallentarlo.
Entriamo nelle cucine e appena vede la vecchia la prende di peso e la solleva contro a un muro.

<< Perché glielo hai fatto vedere!! >> è furioso, non l’ho mai visto così arrabbiato.

<< Sandor vi prego, lasciatela stare! >> la vecchia d’altro canto è terrorizzata quanto me, forse di più; non riesce a parlare o a esprimersi in nessun modo.

<< Perché?! >> e continua a urlarle contro, mentre io lo riempio di pugni che non lo smuovono di un millimetro.

<< Sandor basta, le fate male! Non è colpa sua, non volevo mancare di rispetto a vostra madre! >> come pronuncio quelle parole lo vedo bloccarsi di colpo e voltarsi nella mia direzione, con uno sguardo interrogativo e confuso, ancora furente.

<< Mia madre? >>

<< Si! Elinor, vostra madre! Non volevo mancarle di rispetto, mi dispiace. >> ho il fiato corto mentre parlo, non so il perché: sono preoccupata di aver detto l’ennesima cosa che lo faccia imbufalire e che ora se la prenda con me. Sandor mi guarda a lungo, poi si volta verso Rosamund e la lascia andare lentamente; tiro un sospiro di sollievo a quel gesto, spero che forse si sia un po’ calmato. I suoi occhi tornano sui miei, confusi e arrabbiati, fino a che improvvisamente non inizia a camminare nella mia direzione, con passo deciso; sono ancora impaurita, spaventata, non so cosa mi possa fare onestamente, mi aspetto qualsiasi cosa.
I miei occhi cadono su una mannaia piantata in un tagliere e la prendo in mano, brandendola in sua direzione: ho paura e l’istinto mi ha detto di difendermi, da un uomo che forse non conosco così bene. Appena vede quello che sto facendo si arresta e sul suo volto appare un’espressione confusa, quasi offesa, per poi tramutarsi in tristezza; senza pensarci due volte indietreggio e, sempre con il coltello in mano, corro verso la mia stanza senza guardarmi indietro e mi chiudo dentro. Non faccio in tempo a sbarrare la porta che sento le lacrime scendere dal mio viso, mi accascio a terra e piango con il viso tra le ginocchia e la mannaia ancora tra le mani.
 



 
SANDOR


Sono così furente che abbatterei le mura di questo castello a mani nude; odio tutto di questo castello e odio me stesso. Odio sapere che la persona che sono è così a causa della vita passata qui.

Come cazzo ha potuto pensare che sarei arrivato a farle del male? Perché ha preso in mano quel cazzo di coltello e me l’ha puntato addosso per difendersi? Perché è scappata via terrorizzata?
Lo so perché è successo, certo che lo so, e il motivo mi fa infuriare: ha visto la mia reazione con Rosamund. Ma lei non sa il motivo per cui me la sono presa.
Non voleva mancare di rispetto a mia madre? Mia madre, cazzo!
Come siamo arrivati a questo? Perché anche lei? Anche lei è terrorizzata da me, perché cazzo, perché?! Nymeria è l’unica che mi ha sempre visto come una persona e non come un cane, ha sempre cercato di vedere il lato migliore in me, non le ho mai fatto paura.

Era bello, cazzo, era bello parlare con qualcuno che non lo fa perché gli incuti timore o perché gli tocca farlo; era bello avere qualcuno che dicesse la propria opinione senza avere paura di essere ammazzato per questo. Era bello e io ho distrutto tutto, ho rovinato tutto, cazzo; solo gli dei sanno quanto mi odio.
Mi rendo conto di non riconoscermi più: tempo fa me ne sarei altamente sbattuto del fatto che un’altra persona abbia paura di me, un’altra goccia nell’oceano. Ma con lei era diverso, il nostro rapporto era diverso; mi importa di quello che pensa di me, mi importa di lei. Forse è questo il problema? Mi sono affezionato alla rompiscatole? Bella merda.

Vorrei sistemare le cose, ma non so come. Quella vecchia è la solita impicciona che non sa tenere la bocca chiusa, cazzo; se non le avesse fatto vedere la serra niente di tutto questo sarebbe accaduto. Ma questo Nymeria non lo sa, non sa niente; forse le devo delle spiegazioni.
Arrivo alla sua stanza, ovviamente chiusa a chiave, bussando.
Nessuna risposta.
Busso nuovamente.

<< Andate via! >>

Un’imprecazione esce dalla mia bocca prima che possa trattenermi; mi rendo conto che a insistere non otterrei niente, allora resto fermo lì, incapace di andarmene. Non so che cazzo fare, non vuole parlare con me e non posso farci nulla, è esasperante.
La chiave nella porta gira e lentamente vedo aprirsi la stanza, Nymeria mi guarda con uno sguardo truce, ma anche impaurito. Mi ritrovo a corto di parole.
Mi squadra da capo a piedi, traendo un profondo respiro e socchiudendo gli occhi, per poi farmi strada dentro la stanza: il camino è acceso e sta bruciando moltissima legna, infatti nella stanza fa un fottutissimo caldo.
Ma fa segno con la mano di accomodarmi su una delle poltrone vicino al fuoco, intanto che va a prendere del vino; mi sorprendo del fatto che voglia offrirlo anche a me, ma accetto volentieri: l’alcool semplifica le cose.

<< Non è male il vino del nord, Sandor. Anche se è caldo, è piacevole da bere, avevate ragione. >> alzo gli occhi su di lei e mi rendo conto che deve essere sbronza, o comunque deve averne bevuto un po’. Questo spiega perché mi abbia rivolto la parola e mi abbia fatto entrare: è ubriaca. Non so perché ma mi innervosisce quell’idea, il fatto che non sia completamente lucida e che sicuramente, se lo fosse, non sarebbe così gentile con me.

<< Già. >> le rispondo secco.

<< Non sono ubriaca, se ve lo steste chiedendo, ho solo bevuto mezzo bicchiere prima, da sola. >>
Se quella risposta avrebbe dovuto farmi star meglio, il risultato è l’opposto: perché questa cazzo di ragazza sa sempre quello che mi frulla in testa?
Mi scolo un bicchiere d’un fiato, riempiendomene subito un secondo, che bevo poco dopo; mi appoggio i gomiti sulle ginocchia, chinando la testa.

<< Non ho mai bevuto vino a Starfall finché non ho conosciuto Bronn, sapete? Un pomeriggio caddi dalla scogliera, lui mi salvò e la sera me lo offrì per festeggiare il fatto che tutto fosse finito bene. Ma poche ore prima ho davvero creduto per un momento che sarei morta: le onde erano fortissime ed io ero incastrata tra un ammasso di pietre, senza potermi muovere. Avevo sempre amato l’acqua, ma in quel momento mi terrorizzava; quella forza devastante, il modo in cui si schiantava contro la roccia e contro il mio corpo era inaudita. Credo di essere svenuta a un certo punto, perché mi sono risvegliata sputando acqua putrida, con il viso di Bronn a due passi dal mio. Non dimenticherò mai quello sguardo preoccupato, lo stesso che aveva quando è morto. >>
Alza lo sguardo dal fuoco e lo rivolge a me: i suoi occhi ora hanno assunto una tonalità diversa dal solito, sembrano quasi rossi.

<< È grazie a lui che non sono stata terrorizzata dal mare, perché nei giorni a venire mi ha spiegato il perché mi sono ritrovata tra quegli scogli e cosa avrei dovuto fare per evitarlo. Mi ha insegnato tutto: i venti, le maree, come orientarsi, come governare una barca, e come pescare; non ero molto brava a capire, ma lui aveva pazienza, non so perché: mi ripeteva le cose cento volte, ogni volta in un modo diverso. È stato capace di insegnarmi come affrontare una paura, come comprenderla ed esorcizzarla, mostrandomi la realtà per quello che è. Ora non posso odiare il mare, ma anzi lo amo più di prima, perché l’ho compreso. Grazie a Bronn. >>

Un debole sorriso si estende sul suo volto, un sorriso triste, malinconico, nostalgico.
<< Era un brav’uomo. >>

<< Già. >> tira su col naso e beve un sorso di vino; lo sguardo è ora rivolto verso il fuoco. È forte, mi rendo conto: è dura come gli scogli del mare e testarda come le onde che si infrangono. Dovrei dire quel che ho da dire ora, ma è come se non mi venissero le parole: mi sento un coglione, a lei probabilmente non importa un cazzo di me, perché cazzo le voglio parlare?
Come ad avermi letto nella mente, mi versa un altro sorso di vino.

<< Non mi dovete spiegazioni, Sandor. >>
A momenti mi va di traverso.

<< Cosa? >>

<< Non mi dovete spiegazioni per quanto è accaduto prima, non dovete giustificarvi con me. >>

<< Perché cazzo hai fatto così, eh? >> Nymeria mi guarda con un’espressione confusa.

<< Di cosa parlate? >>

<< Piantala con ste cazzo di formalità! Perché hai preso in mano la mannaia? Cos’è, pensavi che ti avrei aggredita? Pensavi che ti avrei ammazzata o stuprata? >>
E mi guarda di nuovo, con quei cazzo di occhi enormi che non fanno altro che mettermi in difficoltà.

<< Ero spaventata! Non ti avevo mai visto così arrabbiato! Temevo avessi potuto fare del male a Rosamund, cosa ti ha fatto di male? >>

<< Non doveva portarti alla serra, cazzo. >>

<< Ho insistito io, non è colpa sua! >>

<< …Beh, non avrebbe comunque dovuto portarvi. >>

<< E si meritava di essere presa e sollevata in quel modo, terrorizzandola? >>
Dannazione, ragazza, dannazione.
Sbuffo spazientito, mettendomi la faccia tra le mani e cercando qualcosa su cui controbattere, senza trovare nulla; forse basterebbe solo dirle la verità, ma ne vale la pena? Il livello di fiducia che si da alle persone è direttamente proporzionale alla nostra propensione al rischio: dipende tutto da quanto vogliamo sfidare la sorte.

<< Sono fragili i fiori che ci sono dentro, hai una vaga idea di quanto costi portarli fino a qui e mantenerli?! Per non parlare delle piante, basta un nulla per farle morire. >>

<< Non ho toccato niente, non preoccupatevi. >>

<< Non è questo il punto! >> le dico spazientito.

<< Lo so, Sandor. So che non è quello il punto. Non ci entrerò più, ve lo prometto. >> e di nuovo mi spiazza.
Non riesco più a girarci intorno, mi fa quasi più male che parlarne direttamente.

<< Elinor li amava, era l’unica cosa che amava di questo posto, passava tutto il tempo lì dentro. Quando la cercavi, sapevi già dove trovarla; quando fuggiva da Gregor andava lì, nessuno oltre me lo sapeva, era il nostro segreto, era il nostro posto. >>
Mi verso dell’altro vino, tenendo la testa china e sentendomi lo sguardo di Nymeria su di me.

<< Finché mio fratello non l’ha trovata, un giorno, lì dentro. A quel punto non ha più avuto pace: non sapeva dove nascondersi, non voleva uscire dalla stanza… e io non sapevo proteggerla, non potevo farlo, non riuscivo nemmeno a proteggere me stesso. È stato per questo che è morta, perché non ho saputo difenderla; non ho saputo cogliere il suo aiuto e ora sta marcendo sottoterra a causa mia. >>
Mi rendo conto che le parole mi stanno uscendo di getto, non so più fermarle, non voglio fermarle.

<< “È stato un incidente! Un incidente! Non è stata colpa sua, stavano giocando” questo è quanto raccontava in giro mio padre, come con me. Lo difendeva sempre, senza motivo, senza scusanti. Secondo te sbattere una ragazzina su delle pietre è un incidente? È un gioco? Far arrostire la faccia di tuo fratello al fuoco è un gioco?! >>
Sono furente, non ci vedo più dalla rabbia. Nymeria è sbiancata, la bocca semi aperta, incapace di emettere alcun suono, lo sguardo incredibilmente serio, triste, vicino.

<< Non pagherà mai abbastanza per quello che ha fatto, per aver distrutto la mia famiglia, per tutto il dolore che ha procurato. Ogni giorno che vive è un insulto a Elinor. >>

Nymeria scende dalla sedia e si inginocchia ai miei piedi, guardandomi dritto in faccia e poggiando le mani sulle mie ginocchia; per la prima volta vedo che non sta indagando o curiosando dentro la mia anima, ma cerca solo di starmi vicino. E non mi ritiro a quello sguardo, non ne sono in grado: non può trovare dentro di me qualcosa di più doloroso o di più interessante di quanto non le abbia appena detto.
Improvvisamente fa qualcosa di inaspettato: allunga la mano destra e mi sfiora il viso, la parte non ustionata; lo fa con naturalezza, come ha fatto con Stranger, come per fare pace anche con me. Le sue mani sono petali di rosa da quanto sono delicate, ma il suo tocco mi colpisce come un fulmine a ciel sereno; si muove delicatamente, ha paura che me ne vado da un momento all’altro? Teme di potermi fare del male?
Sento le dita vicino all’orecchio e con il pollice mi sfiora sotto all’occhio: non comprendo subito cosa sta facendo, ma quando fa la stessa cosa con la metà ustionata del mio viso capisco che mi sta asciugando le lacrime.

“Mi sono pure messo a piangere davanti a lei come un ragazzetto.”

Il tocco quando sfiora le cicatrici non muta: lo fa in modo naturale e autentico, sembra che non abbia fatto altro in vita sua che sfiorare volti ustionati.
La guardo negli occhi: non ci sono tracce di disgusto, di paura, di incomprensione; per un istante non vedo altro che due pozze d’acqua, qualcosa di calmo e di tranquillo. È solo un momento, ma tutto ha un senso nella mia vita, sento che le cose possono andare in meglio, che posso cambiare qualsiasi cosa. È solo un attimo, ma non ho più la sensazione di essere un mastino, qualcuno che nella vita non può ambire ad altro che arricchirsi e servire gli altri.
Guardando quegli occhi pieni di comprensione sento che forse non è tutto da buttare via, forse c’è ancora qualcosa per cui lottare, lottare davvero.
Passiamo un tempo interminabile a guardarci senza fare niente.

<< Elinor è… tua sorella giusto? Non tua madre. >>

<< Già. >> le rispondo calmo, esausto. Mi sembra di aver combattuto cento battaglie in questi minuti, mi sento spolpato.

<< Non sarà sempre così. >> mi sento dire.

<< Non farà sempre schifo. Prima o poi le cose si aggiusteranno, anche quelle che sembrano irreparabili; credimi, arriverà un giorno in cui troverai la pace dentro di te, un giorno in cui capirai che l’unico desiderio di Elinor sarebbe di vederti felice. Lei non vorrebbe che ti sentissi in colpa per la sua morte, perché non è stata colpa tua, non sei stato tu ad ucciderla, ma Gregor. Tu sei una vittima tanto quanto lo è stata lei. >>

È come ricevere una martellata in pieno petto, sento il cuore battere forte al pensiero delle cose che mi ha detto, al pensiero di Elinor; non so cosa fare, non so se ha ragione ma mi sento confuso e so che non è per colpa del vino. La sua mano ora è ferma sul mio viso, decisa ma delicata, quegli occhi dello stesso colore del vino mi scrutano, ma non capisco cosa vogliano da me.

“Cosa cerchi da me, rompiscatole? Perché mi guardi così? Perché non hai paura di me?”

Quel momento viene bruscamente interrotto da un bussare alla porta, Nymeria ritira le mani di scatto e il silenzio si vela di imbarazzo. Cosa stava succedendo? Non lo so cazzo, però ora non riesco a guardarla in faccia, quindi vado ad aprire mentre lei si rimette seduta sulla poltrona. Sembrava di essere come in un limbo, un sogno strano in cui ci si poteva dire quel che si voleva, dove non esisteva nient’altro.
Arrivo alla porta imprecando, trovandomi davanti Rosamund: evidentemente non si aspettava di trovare me, perché è sbiancata. Mi volto verso Nymeria e vedo che mi sta guardando a sua volta, con fare interrogativo.

<< Io ehm… cercavo Lady Talia, mio signore. >>

<< Sono qui Rosamund, vieni pure. Stavo facendo una chiacchierata con Sandor. >>
Mi sento tirato in mezzo, probabilmente l’ha fatto apposta; vedo la vecchia passarmi accanto velocemente, ancora intimorita. Come biasimarla.

<< Rosamund. >> la chiamo, lei si volta di scatto verso di me.

<< Volevo scusarmi per il mio comportamento di stamane, non avrei dovuto aggredirvi. >> la guardo e sembra, se possibile, ancora più smorta di prima: non si aspettava certo che le facessi delle scuse, è ovvio, visto che non mi sono mai scusato in vita mia. China velocemente la testa in segno di riverenza e si rivolge a Nymeria.

<< Lady Talia, volevo informarla che il pranzo è pronto. >>


 
NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti, lettori e lettrici della mia storia :) Siete sempre in tantissimi e mi riempite di gioia, che ve ne pare di questo capitolo? 
Finalmente si vede un palese avvicinamento da parte di entrambi: forse il Mastino sta aprendo un leggero spiraglio nel suo cuore? Forse dietro quel suo solito atteggiamento del c**** vi è qualcosa di più profondo?
Fatemi sapere cosa ne pensate vi prego! Come sempre ogni recensione è ben accetta!
Alla prossima :)

M

 
   
 
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