Anime & Manga > BeyBlade
Segui la storia  |       
Autore: Kseniya    07/12/2017    5 recensioni
[...]Il suo sguardo scivolò sulle mani di Julia.
Il tempo si fermò.
Avvertì i primi ed inconfondibili sintomi dell'infarto.
No, un momento... era troppo giovane per un attacco di cuore.
O forse no. Diamine, che importanza aveva?
SpecialGuests: Kai Hiwatari - Mao Cheng.
Genere: Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Julia Fernandez, Yuri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~ . LE CINQUE FASI DI UNA GRAVIDANZA. ~

5.

Fase quattro (prima parte): L'effetto sorpresa, gli amici ritrovati e L'Operazione Valchiria


Image and video hosting by TinyPic



SpecialGuest: Kai Hiwatari – Mao Cheng


Si scoprì, per puro caso, che Boris godeva di doti culinarie da far invidia persino allo chef Cannavacciulo in persona. Incredibile ma vero, il russo era predisposto ad avere un palato sopraffine, caratteristica che gli forniva l'innata abilità di preparare pietanze squisite senza il minimo impegno. Anche un semplice piatto di pasta risultava essere talmente buono da crearne quasi una dipendenza, spingendo a desiderarne nell'immediato un secondo piatto e poi un altro ancora. E ancora. Sino a sentirsi esplodere. Così, quel giorno, si era organizzato per pranzare con Yuri e Julia nel loro appartamento. I due, la mattina presto, si erano recati all'ospedale per i controlli di routine. Avevano preferito non conoscere il sesso del bambino, sfruttando l'effetto sorpresa a loro favore. Tuttavia, malgrado si fossero trovati miracolosamente concordi sotto quel frangente, riuscirono a discutere per tutto il tragitto in macchina per un altro e pungente motivo: il nome.
Yuri aveva proposto una lista infinita di nomi russi, sia maschili che femminili, tutti rigorosamente bocciati da Julia, la quale preferiva di gran lunga quelli di origine europea.
«I nomi russi sono freddi.» esordì, aprendo la porta di casa. «E poi è impossibile trovarci un soprannome... prendi per esempio il tuo, Yuri: non si sa mai come chiamarti, se non per intero!»
«Yura.» rispose lapidario lui, entrando nell'appartamento e sbottonandosi la giacca.
«Tremendo. E Boris, invece? Come si abbrevia?»
«Borja
«Brrrr...» fece la madrilena, imitando i fremiti causati dal freddo. «Se è maschio potremmo chiamarlo come mio fratello, Raul.»
Yuri la incenerì con lo sguardo, trasmettendo tutto il suo disappunto.
«Chi ti dice che i nomi spagnoli siano più belli, invece?»
«Sicuramente hanno il loro perché!»
«Tanto vale chiamarlo Ugo, allora.»
Boris fece capolino dalla porta della cucina, afferrando il proprio telefono dal mobiletto vicino e sorridendo beffardo ai due.
«Oppure Uga.» disse poi, facendo manforte all'amico. Questi ricambiò il sorriso.
Julia alzò le mani in segno di resa: già era difficile sopportarne uno preso singolarmente, figuriamoci due nello stesso momento.
«Siete due cretini!»
Yuri si avvicinò alla finestra, si accese una sigaretta e si appoggiò al davanzale. La primavera era giunta alle porte: il cielo era limpido, i raggi del sole cominciarono a sciogliere i pochi residui di neve rimasti e i fiori sbocciarono belli e forti come non mai.
Boris lo imitò, posizionandosi dinanzi a lui. «Allora? Cosa vorresti che fosse?»
L'altro scrollò le spalle, indifferente. «Non ho preferenze.»
«Se è femmina, prima o poi, dovrai metterti il cuore in pace.»
Inarcò un sopracciglio, incapiente e confuso al contempo.
«E perché?»
Gli angoli della bocca di Boris si curvarono all'insù, dando origine ad un sorrisetto maligno.
«Quando sarà abbastanza grande, te la scoperanno.»
Yuri si irrigidì, senza parole. Rimase imbambolato ad osservare Boris, perso nei suoi pensieri. Fu scosso da un fremito, sentendosi improvvisamente infastidito dalla faccenda.
«Non credo proprio!»
«E' la natura, amico mio. E' normale.»
I muscoli facciali si tesero, i nervi fecero altrettanto. L'impulso di mettere le mani addosso al russo di fronte divenne irresistibile. Decise di pensare ad altro, onde evitare di finire in galera prima di poter stringere suo figlio tra le braccia.
«La chiuderò in un convento. Cintura di castità.»
Boris non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata. Yuri era una persona controllata, capace di inibire ogni istinto. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di cedere alle sue provocazioni e appunto per questo rendeva il tutto inevitabilmente più divertente.
Prima che potesse riaprire bocca, il suo telefono squillò. Sbloccò lo schermo, leggendo il messaggio appena inviato da Kai.
«E' arrivato.» annunciò successivamente, senza riuscire a nascondere quanto poco lo entusiasmasse il ritorno in Russia di Hiwatari. I due si erano sempre sopportati a vicenda, senza provare un vero e proprio sentimento confutabile all'amicizia. L'uno aveva imparato a convivere con l'altro, senza concedersi troppa confidenza. Senza ricadere oltre il lecito. Sbuffò, spegnendo la sigaretta e tornando ai fornelli: il pranzo era quasi pronto.
Yuri lo fissò di sottecchi, ridacchiando rallegrato nello scorgere il viso imbronciato di Boris.
«Sprizzi felicità da tutti i pori.»
«Amico tuo, non mio.»


Ad atterrare sul suolo moscovita non era stato solo Kai, bensì anche Mao.
Avvolta nel suo cappotto, cercò conforto dall'aria fredda ed ostile della Russia. Sebbene fosse arrivata la primavera, il termometro sfiorava appena gli otto gradi centigradi. Si tirò il cappuccio sulla testa, iniziando a percorrere con passi spediti l'immenso spazio dell'aeroporto. Giunta dinanzi ad uno specchio, scorse la propria immagine riflessa: aveva deciso di abolire completamente la tinta rosa, ritornando al suo colore naturale di capelli che le conferiva un aspetto decisamente maturo. Aggiustò il ciuffo con una rapida passata di mano, per poi frugare nelle proprie tasche alla ricerca del telefono. Passò in rassegna i contatti salvati sulla rubrica, sino a selezionare quello di Julia. Rimase in attesa, ascoltando distrattamente il monotono segnale acustico. Al quarto squillo, la voce della madrilena risuonò dall'altoparlante del cellulare con il suo consueto e singolare accento spagnolo.
«Mao!» esclamò con voce allegra, «Sei arrivata? Mando Yuri a prenderti?»
Lei sorrise, ancora incredula di poter rivedere l'amica dopo così tanto tempo. Quanti anni erano passati? Sette? Le sembrò di vivere un sogno. Non era riuscita a presenziare al suo matrimonio a causa di problemi economici ed inevitabilmente se ne era fatta una malattia, passando notti insonni a fare a pugni con il senso di colpa.
Ma ora, finalmente, avrebbero recuperato il tempo perso. Aveva così tante cose da raccontarle... alcune belle, altre un po' meno, ma l'importante era condividerle con lei.
«Sì, grazie.» rispose, raggiante. «Dove mi faccio trovare?»


… Ma Yuri non riuscì a schiodarsi dal bagno neanche per la frazione di un secondo.
Boris aveva abbondantemente esagerato con la salsa piccante. Ne arguì dopo la seconda forchettata, cominciando ad avvertire gli inconfondibili sintomi del mal di pancia e del bruciore di stomaco. Non ricordò di aver mai provato crampi tanto forti come in quel momento.
Lo maledì in tutti modi possibili, gridando oltre la porta del bagno come un ossesso.
«Mi hai avvelenato!»
Boris e Julia si guardarono, trattenendosi dal ridere. Nessuno dei due aveva accusato gli stessi sintomi, ma per un motivo ben preciso: nel piatto di Yuri, di nascosto, era stata aggiunta una quantità doppia se non tripla di peperoncino.
«Forse abbiamo esagerato un pochino...» bisbigliò Julia, pentendosi di aver ridotto in quello stato il povero marito.
Boris scosse la testa, esibendo un sorriso a trentadue denti. «Ma no! Vedrai che poi gli passa!»
«A te dovrebbe passare sopra un treno, maledetto!» rispose Yuri sentendolo, tirando lo sciacquone ma senza osare di oltrepassare la soglia di quella stanza divenuta come una sorta di rifugio sicuro. Aprì lo sportello sopra il lavandino, nella disperata speranza di trovare qualcosa che gli alleviasse i dolori. Ma, a parte qualche aspirina, non trovò altro. Iracondo, afferrò la maniglia della porta e la spalancò con irruenza.
«Tu!» disse, indicando Boris. «Adesso vai in farmacia e mi prendi qualcosa che mi aiuti a stare meglio. E tu...» rivolse lo sguardo a Julia, «Trovati qualcun altro che vada a prendere la tua amichetta in aeroporto.»
E senza fornire ai due il tempo per rispondere, richiuse la porta scandendo un “vaffanculo” che a momenti fece tremare le pareti della casa. Era su tutte le furie.
Non si arrabbiava così da anni, oramai. Entrambi erano a conoscenza di quanto fosse permaloso il russo, ma non si sarebbero mai aspettati che se la prendesse così tanto.
Julia incrociò le braccia sopra al pancione, pensierosa.
«Dovrò chiedere a Mao di prendere un taxi, non me la sento di guidare.» disse poi, sul procinto di telefonare all'amica.
«Se vuoi, posso andare io.» si propose Boris, «Visto che mi tocca andare in farmacia, tanto vale che vada in quella vicino all'aeroporto.»
«Oh, no!» rispose lei, «Non voglio che vi mettiate a litigare come a vostro solito! Non credo di potervi sopportare, questa volta.»
«Tranquilla! Farò il bravo!»


Oramai non aveva più dubbi: l'universo aveva puntato il dito contro di lei.
Vi erano sette miliardi di persone al mondo ed ovviamente doveva capitarle tra i piedi proprio quell'arrogante, presuntuoso ed antipatico di Boris. Proprio non era riuscita a dimenticare il due di picche che le servì durante l'ultimo campionato di Beyblade, scoppiando quasi a riderle in faccia dopo essersela portata a letto. Ai tempi si era sentita talmente umiliata da cominciare a provare un'avversione atroce nei confronti del moscovita, tanto da desiderare di vederlo agonizzante in una pozza del suo stesso sangue. 
Si sentì nervosa e a disagio, agitandosi sulla sedia in attesa dell'arrivo di Boris.
Ok, Mao, concentrati: puoi farcela!”, pensò. “Firmi contratti e affronti il mare degli squali del business tutti i giorni, Boris è solo un pesciolino in mezzo all'oceano.”
Sì, un pesciolino molto aggressivo. Affetto da rabbia.
E dannatamente sexy, con quei suoi modi di fare burberi da uomo duro.
Spalancò gli occhi, sentendo le guance avvampare di calore.
«Oh, Dio mio! Sono impazzita!»
Mosse le gambe di scatto, alzandosi in piedi e tornando seduta dopo poco. Non riusciva a stare ferma, si sentiva agitata e il corpo aveva smesso di obbedirle. Si impose di calmarsi, di mantenere i nervi saldi. Se non per se stessa, doveva farlo per Julia. Era lì per lei, aveva attraversato un migliaio di chilometri solo per poter riabbracciare la sua amica del cuore. Doveva concentrarsi esclusivamente su questo, il resto era solo contorno. Doveva esserlo.
Si tolse il cappotto, accaldata com'era. L'agitazione la faceva sudare, mettendola ulteriormente a disagio.
Una figura alta ed imponente le passò affianco, senza degnarla di uno sguardo.
Era Boris, ma non si era fermato. Probabilmente non l'aveva vista. Lo seguì, cercando di raggiungerlo.
Accidenti! Cammina veloce!”
Riuscì ad afferrargli un braccio, costringendolo a voltarsi in sua direzione.
«Sono qui!» ansimò, in preda al fiatone. «Fermati.»
Lui la squadrò da testa a piedi, poi aggrottò la fronte.
«Mao?» domandò, confuso. «I capelli...»
«Colora naturale, questa volta.»
«Ah, bene.»
Rimasero in silenzio, lei in imbarazzo. Lo osservò: il trascorrere del tempo lo aveva reso un uomo più bello, più affascinante. Le sorrise beffardo, evidenziando le rughe d'espressione ai lati della bocca.
«Non ti avevo riconosciuta.» susseguì, «Mi aspettavo di vederti con quel rosa accecante in testa.»
Lei sbuffò, spazientita. Malgrado gli anni passati, non aveva ancora smesso di prenderla in giro. Tutto nella norma, insomma.
«Possiamo andare?» chiese, senza aspettare una risposta. Lo sorpassò, dirigendosi verso l'uscita. Il russo le camminò accanto, senza spiccicare parola. In effetti non aveva niente da dire. Quando raggiunsero il parcheggio, l'aiutò a caricare i bagagli nel cofano della macchina. Poi presero posto all'interno, sempre immersi nel silenzio.
Boris accese il motore, ingranò la prima e svoltò verso il centro.
«Prima devo passare a prendere una cosa.»
Mao annuì, appoggiando la testa al finestrino. Il viaggio l'aveva stancata.
«Fai pure.»
E di nuovo silenzio.
Che imbarazzo. Possibile che non ci fosse proprio niente di cui parlare?
Mao si morse le labbra, cercando di stare comoda sul sedile diventato, tutto d'un tratto, rigido. Prese il cellulare e cominciò a sfogliare la home di Facebook, giusto per alleviare la tensione. Boris, d'altro canto, guidava tranquillo e beato. Non sembrava pensieroso e nemmeno a disagio in quella situazione. L'orientale lo invidiò, avrebbe pagato oro pur di avere solo una piccola parte della sua sicurezza.
Si fermò davanti ad una farmacia, la cui insegna si illuminava ad intermittenza di verde.
«Arrivo.» le disse, scendendo dalla macchina e richiudendo la portiera.
Mao ne approfittò per telefonare Julia. Questa rispose praticamente subito.
«Perché cavolo mi hai messa in questa situazione?!»
Sentì la madrilena esitare e poi dire: «Perdoname, Mao. Non avevo alternative.»
«L'alternativa era il suicidio!»
«Non essere così tragica
Dovette chiudere la comunicazione, perché Boris risalì in macchina. Ansimante ed agitato, si affrettò a rimettere in moto, guardandosi continuamente intorno.
«Ma che ti prende?» chiese lei, «Sembra che tu abbia visto un fantasma!»
«Peggio!»
Cercò di procedere in retromarcia, quando una bionda, iraconda, si lanciò contro di loro, colpendo il finestrino dal lato del guidatore con irruenza.
«Bastardo! Scendi subito!» gridò poi con occhi iniettati di sangue. 
Il russo schiacciò fino in fondo l'acceleratore, rimettendosi in strada e svoltando l'angolo a tutta velocità. Rallentò solo in prossimità di un incrocio, per poi riprendere a correre tanto da far stridere le gomme.
Mao si teneva saldamente alla maniglia della portiera, evitando di dare facciate contro il cruscotto che le avrebbero garantito un trauma cranico.
«Rallenta, rallenta!» strillò in preda al panico, «Fottuto pazzoide!»
Boris guardò lo specchietto retrovisore: la bionda era scomparsa – ma questo già parecchi chilometri prima. Rallentò, tirando un sospiro di sollievo.
«Ma che cazzo ti è preso?!»
Sentì il cuore salirle in gola, il respiro corto ed irregolare. Giurò a se stessa che non sarebbe mai più risalita in macchina con quel folle.
«Quella mi vuole morto.» rispose semplicemente Boris, senza fornirla di ulteriori informazioni o dettagli. Mise la freccia e girò a sinistra, senza però smettere di controllare gli specchietti. “Con quella valchiria nei paraggi, non si è mai al sicuro!” pensò poi, frugando nelle tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette.
Mao gli rifilò uno sguardo maligno. «Avrà le sue buone ragioni, come tutte.»
Il moscovita respirò il fumo a pieni polmoni sentendo i nervi rilassarsi.
«Non dirmi che ce l'hai ancora con me.»
Serrò le labbra, non sapendo come rispondere. Non voleva dargli una simile soddisfazione, non lo meritava. Avvampò, non aveva più freddo. Era in difficoltà, Boris aveva vinto ancora prima di cominciare. Non poté fare a meno di sentirsi piccola ed insignificante dinanzi a lui. Impotente.
Le sorrise beffardo, intuì il suo disagio. Ne fece un cavallo di battaglia.
«Ops! Tasto dolente.»
L'istinto di sopravvivenza si risvegliò dentro di lei, lo ascoltò e le disse di contrattaccare. Incrociò le braccia al petto e lo fissò determinata.
«Ti hanno mai detto che sei un bastardo?!»
Niente. Non lo scalfì.
«Alla fine, è vero. Non ho un padre.»
Ed ora svincolava il discorso sul vittimismo. La sua era una mente diabolica, era sempre un passo avanti a tutti. Sapeva che a lui piaceva giocare con la certezza di vincere. In caso contrario, avrebbe evitato lo scontro. E lei era alla sua mercé, precipitando nel baratro dei suoi complessi interiori. Non conosceva la ragione per la quale la trattò in quel modo osceno, ai tempi. Aveva solo delle ipotesi in merito, tutte legate ad un unico filo conduttore: i suoi capelli rosa. O forse Rei.
Sì, la ragione doveva essere Rei. Senz'altro. O forse si era semplicemente divertito con lei, etichettandola come una delle tante da una botta e via.
Ripensandoci, ritenne più plausibile l'ultima opzione.
«Non mi fai pena.»
«Tu sì.»
Sadico, cinico e spietato pezzo di merda. Non trovò le forze per rispondergli a tono.
Quindi ci rinunciò, decisa a non perdere ulteriormente tempo con lui.
«Okay.» disse solamente, voltandosi dall'altra parte a guardare il paesaggio sfrecciarle accanto.
Boris si accorse di aver esagerato, ma non si scusò. Non si sentiva in dovere di farlo.
Trascorsero il resto del viaggio senza rivolgersi la parola, ognuno immerso nei propri pensieri.


Un lungo abbraccio unì le due amiche, ritrovatesi dopo tanto tempo. Boris le guardò schifato, chiedendosi per quale assurda ragione le ragazze dovessero quasi sentire il bisogno fisiologico di scambiarsi tante smancerie in ogni circostanza. Tutta quella dolcezza spropositata... per cosa? Bleah!
«Sei bellissima con il pancione!» esordì Mao, sorridendo a trentadue denti all'altra.
«Grazie, tesoro! Tu, invece, stai benissimo con il tuo colore naturale di capelli.»
Il russo gesticolò con fare gaio con l'intento di prenderle in giro.
«Oh, ragazze!» esclamò con un tono effeminato, «Vorrei restare a chiacchierare con voi, ma mi aspetta una lunga manicure e devo proprio scappare.»
Mao lo trafisse con lo sguardo, traspirando attraverso questo un odio che andava oltre ogni immaginazione. Julia, sentendosi tra incudine e martello, provò a smorzare la tensione.
«Bravo, Boris. Gli uomini curati piacciono sempre.»
Questi la salutò con un sbrigativo cenno del capo, varcando la soglia del suo appartamento e richiudendosi la porta alle spalle.
«Lo-detesto.» sibilò velenosa l'orientale, stringendo i pugni. Le nocche sbiancarono per la pressione e le unghie le ferirono i rispettivi palmi delle mani. Julia la prese per un braccio, trascinandosela dietro. Si accomodarono sul divano.
«Metti da parte il rancore e raccontami tutto sulla tua nuova vita.» susseguì a dire la madrilena, prendendo le mani dell'amica e stringendole.
Mao sospirò, iniziando a fare mente locale. «Da dove comincio? Dalla causa di divorzio con Rei?»
«Speravo potessimo iniziare da cose più allegre.»
«Al momento preferisco iniziare da quelle brutte per poi passare a quelle belle.»
Julia annuì, sebbene non fosse del tutto convinta.
«Ma il motivo della vostra separazione qual è?»
«Beh, Boris direi.» rispose l'altra, fissandosi le punte delle scarpe. «Da quando ha saputo della nostra scappatella, le cose non sono più andate bene. Ha cominciato ad essere paranoico, sospettando anche delle cose più stupide.»
Intrecciò le mani, ponderando sulla dinamica del suo matrimonio andato in rovina.
Rei era stato il suo primo ragazzo, il primo in assoluto ad averle fatto provare sensazioni meravigliose. La trattava come una principessa, eppure ciò non servì per impedirle di tradirlo senza troppi scrupoli. Aveva tutto dalla vita, ma si sentiva come incompleta. Come se qualcuno le avesse portato via qualcosa di fondamentale per vivere. Dunque si era lasciata andare, dando ascolto al proprio istinto e finendo per rovinare tutto. I sacrifici di anni di fidanzamento frantumati in mille e piccoli pezzi persi nel vuoto di un baratro senza via d'uscita. E lei era lì, in fondo a questo vortice oscuro di rimorsi, incapace di riemergere. Il calore delle lacrime le salì agli occhi.
Perché era stata tanto stupida?
«La situazione era diventata ingestibile, insopportabile. Siamo partiti con l'idea di separarci per un po', senza ricorrere alle vie legali. Ma poi c'è stata quella ragazza, quella Ayumi. E da lì è cambiato tutto. Non si è degnato neppure di dirmi che aveva conosciuto un'altra, ma d'altro canto mi ha semplicemente ripagata con la stessa moneta. Dovrei solo tacere, ma qualcosa dentro di me grida e m'impone di non arrendermi.»
Julia annuì comprensiva, poi chiese: «Ma tu come stai senza di lui?»
Mao si morse le labbra. «In realtà molto meglio. Ho di nuovo la mia libertà, la testa è più sgombra e questo mi ha aiutata a migliorare sul lavoro. Insomma, ho avuto la mia dose di soddisfazione. Ma la consapevolezza di essere stata io a rovinare tutto, mi fa sentire costantemente in difetto.»
«Forse dovresti cominciare a guardare avanti, Mao.»
«Lo sto facendo, ma è difficile.»
«Comincia con il perdonare te stessa e Boris. Ti assicuro che non è poi così male, mi è sempre molto vicino quando ne ho bisogno.»
Lo sguardo dell'orientale si incupì. Sbuffò seccata, incrociando le braccia al petto e voltando la testa dall'altra parte.
«Solo perché sei la moglie del suo migliore amico. In caso contrario, avrebbe provato a fotterti come con qualsiasi altra donna su questo pianeta.»
«Ti sbagli.» disse severa la madrilena, accarezzandosi il pancione. «Quando io e Yuri abbiamo cominciato a... frequentarci? Vederci? Non so neppure io, a dire il vero. Comunque, a parte questo, lui era all'oscuro di quello che ci fosse veramente tra di noi. Per Boris sarei potuta essere tranquillamente una con cui Yuri si divertiva e basta, eppure non ha mai provato a fare niente oltre il lecito. Si è sempre comportato bene. Anzi, credo che abbia anche provato ad aiutarci. A modo suo, certo, ma comunque l'ha fatto.»[*]
Mao non si convinse, proprio non riusciva ad avere una visione diversa da quella corrente sul russo. Lui era la causa di tutto, punto. L'apice di tutti i suoi mali.
Niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea, testarda com'era. Difficilmente si ricredeva delle proprie opinioni, Julia questo lo sapeva. Tuttavia Boris era diventato, oramai, un membro della sua famiglia a tutti gli effetti. Non riusciva neppure ad immaginare la propria quotidianità senza di lui, senza i suoi dispetti e gli scherzi di cattivo gusto messi in pratica dalla sua mente diabolica. Valeva la pena, pertanto, di tentare almeno, di persuadere l'amica da quel giudizio negativo.
«Perché non gli dai almeno una possibilità? Potremmo chiedergli di passare la serata con noi.»
Mao aggrottò la fronte, confusa.
«Non raggiunge Yuri e Kai?»
L'altra scosse la testa, poi disse: «Diciamo che Kai non gli va molto a genio.»
«Comunque no, grazie. E' stata già abbastanza dura sopportarlo durante il tragitto dall'aeroporto a qui. E siamo stati anche aggrediti da una donna.»
«Come?»
«Te lo giuro! Questa è uscita dalla farmacia gridando come una pazza, poi si è lanciata contro la macchina. E' stato terrificante, sembrava di essere in un film dell'orrore.»
Julia, alla fine, capì. Non poté fare a meno di ridacchiare divertita.
«La valchiria!» esclamò solamente, non riuscendo più a trattenersi dalle risate. «La stalker!»
«Ma chi è?»
«Una ragazza ossessionata da Boris. Lui non l'ha più richiamata e...»
Mao alzò le mani, interrompendola. Si issò sulle proprie gambe e fece finta di raggiungere la porta d'ingresso. «Dove la posso trovare? Potremmo allearci.»
«Oh, non ti conviene! Quella ha qualche rotella fuori posto, credimi.»
«Ma perché la chiami “valchiria”?»
«Non l'hai vista? Sarà alta quanto lui.»
«Pfff...» fece Mao, alzando gli occhi al soffitto. «Lo spietato Boris Huznestov terrorizzato da una donna. Patetico.»


C'era qualcosa di strano nel silenzio del suo appartamento. D'istinto controllò che tutto fosse al suo posto, non riscontrando grosse divergenze: la coperta di pile era rimasta appallottolata sul divano esattamente come l'aveva lasciata, i piatti da lavare alla rinfusa nel lavandino e la basculante lasciata aperta. Tutto come di consueto, niente di strano. Eppure una sensazione di inquietudine lo attraversò, come a volerlo allertare della presenza di un intruso. Così, per scrupolo, controllò anche la camera da letto ed il bagno, senza trovare nessuno. Scosse la testa, dicendosi di essere stanco e di dover cominciare ad andare a dormire prima la sera.
Rasserenato, aprì il rubinetto della doccia e – mentre attendeva che l'acqua si riscaldasse – si spogliò, riponendo il tutto nel cestino della biancheria sporca.
Devo assolutamente fare una lavatrice...” pensò osservando il cumulo di vestiti che giacevano all'interno. A stento riuscì a chiudere il coperchio.
Il vapore emesso dall'acqua calda si condensò sui vetri del box-doccia e sullo specchio appeso sopra al lavandino, riscaldando l'ambiente circostante.
Poi, all'improvviso, sentì un rumore, come il suono emesso da una porta chiusa con irruenza. Si irrigidì, rimanendo in ascolto per qualche istante: non percepì altro di strano. Pensò alla finestra della cucina, doveva essere stata la corrente.
Sorrise di sé, dandosi del fifone. Entrò finalmente nella doccia, lasciandosi attraversare dal getto dell'acqua. Avvertì il corpo rilassarsi, i nervi e i muscoli si distesero. Iniziò persino ad avere sonno.
Afferrò lo shampoo e se ne versò un poco su una mano, insaponandosi i capelli.
Un altro tonfo sordo. Si bloccò, insospettito.
Una volta va bene, ma due...”
Si risciacquò in fretta e furia, uscendo dalla doccia e mettendosi l'accappatoio addosso. Infilò le infradito ai piedi ed aprì la porta, guardando con estrema attenzione all'esterno del bagno. Non volava una mosca.
Eppure...
Fece per rientrare, quando una donna gli si piazzò davanti con uno sguardo truce in volto.
«Ciao, Boris.»
Il russo balzò all'indietro per lo spavento, rischiando di cadere in terra. La valchiria era entrata in casa sua, ma come?!
«Irina!» pronunciò a denti stretti, «Come sei entrata?!»
«Non ti riguarda.»
Avanzò di un passo, sovrastandolo con la sua imponente stazza fisica. Boris si accorse solo in quel momento di cosa teneva in mano: una corda e del nastro isolante.
«Trasformiamo i tuoi continui “no” in dei sexy “mmh-mmh”.»
Senza fornirgli il tempo di rispondere, gli si lanciò addosso. Riuscì ad evitarla per miracolo, sgattaiolando fuori dall'appartamento. Suonò con insistenza il campanello di Julia, picchiando contro la superficie in legno.
Questa aprì la porta, spalancando gli occhi nel ritrovarselo davanti con solo un misero accappatoio sgualcito addosso. Mao, dietro di lei, rimase imbambolata a fissarlo a bocca aperta.
«Boris, ma che...»
«Presto! La valchiria è qui!»
Lo sguardo della madrilena lo oltrepassò, distinguendo la sagoma giunonica di Irina correre in loro direzione.
«¡Ay, caramba!»
Lo afferrò per un braccio, tirandolo verso di sé, ma la valchiria – attraverso un balzo repentino – lo afferrò per l'altro.
«Non lasciatemi con questa pazza!!!» strillò Boris in preda alla disperazione.
Julia cercò di strapparglielo di mano con tutta la forza di cui disponeva, senza risultati. Mao l'aiutò, spingendo la porta in modo da chiuderla.
«Non riuscirete a salvarlo!» disse Irina, la cui voce risuonò bassa e tenebrosa come se fosse appartenuta ad un demone malvagio e non ad una persona.
«Fottiti, brutta psicopatica!» le rispose Boris, strattonando la sua presa e riuscendo a liberarsi e avanzando nella direzione di Julia. Mao, nel frattempo, chiuse la porta, dando quattro giri di chiave. Si accasciò con la schiena appoggiata ad essa, respirando affannosamente. Alzò lo sguardo, pentendosene subito dopo: l'accappatoio di Boris si era slacciato sul davanti, lasciando in bella mostra ogni ben di Dio. Arrossì, sentendosi sprofondare nella vergogna. La mente proiettò immagini del passato, precisamente risalenti a quella notte di pura follia attraverso la quale si era lasciata andare. Aveva distrutto ogni freno, infranto ogni limite ed aveva concluso quella sfrenata libertà finendo a letto con lui. Ebbene, in quella circostanza, ricordava l'attributo maschile del russo ben diverso. Decisamente.
Assurdo come le emozioni influiscano sulla virilità di un uomo”.
«Dios mìo, Boris!!!» gridò Julia, coprendosi gli occhi e girandosi nella direzione opposta. «Vai in camera e prendi qualcosa di Yuri da metterti, por favor!»
Il russo, in un primo momento, non capì. Poi, quasi meccanicamente, guardò lungo il suo corpo, capendo il motivo di tanto trambusto.
«Oh, cazzo! Scusate!»
«Già, in tutti i sensi...» gli fece eco l'orientale, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
«Ahora!!!»
«Sì, sì! Vado!»
Mao si portò le ginocchia al petto, ancora incredula di quanto fosse accaduto poco prima.
Sono finita in una gabbia di pazzi!”
 

Qualche ora più tardi, Julia guardò attraverso lo spioncino della porta di casa: il pianerottolo era vuoto, ma dalla fessura sottostante alla porta di Boris si intravedeva il bagliore fiocco di una luce accesa. Irina era ancora dentro casa ad attenderlo. Rabbrividì.
Dovevano escogitare un modo per liberarsi di lei una volta per tutte. Quella storia doveva giungere ad una conclusione, non poteva inoltrarsi ancora. Irina era una pazza, non conosceva limiti o freni – e questo aveva avuto modo di constatarlo lei stessa, sulla sua pelle. Una donna che si intrufola armata di nastro isolante e corde nell'appartamento di un uomo con il quale ha avuto una storia durata una notte non si può certamente ritenere normale. Così, inquieta, entrò in cucina, raggiungendo Boris e Mao. I due erano intenti a compiere azioni diverse: uno fumava accanito quella che, in base ai mozziconi nel posacenere, doveva essere la sesta sigaretta consecutiva; l'altra sfogliava svogliatamente le pagine di un giornale qualsiasi. L'espressione lasciò trapelare incapienza: il cirillico era illeggibile per l'orientale. Si arrese dopo qualche minuto, chiudendo la rivista ed allontanandosela come se fosse stato un oggetto sporco od infetto.
Julia rimase sulla soglia della stanza, senza osare di addentrarsi oltre. L'odore del fumo stava cominciando a nausearla. «Dovremmo chiamare la polizia.» disse poi, facendo segno a Boris di spalancare completamente la finestra.
«NO!» ringhiò Boris, «Quella è dell'esercito e suo padre è un ufficiale. Secondo te a chi crederebbe? A noi o alla sua adorata e dolce figliola?»
«Pfff...» fece Mao, incrociando le braccia sopra al tavolo e poggiandoci sopra la testa. «Quella di dolce non ha nemmeno il buco del...»
Si trattenne prontamente. Da quando aveva cominciato a vivere da sola, non faceva più caso al modo di parlare o di comportarsi. Boris la guardò incredulo.
I loro sguardi si incrociarono, lei deglutì. «Insomma, avete capito.»
«E allora che cosa facciamo?» domandò Julia, «Non può restare segregata in casa tua per sempre!»
«Senti, io un'idea ce l'avrei.» rispose Boris, ghignando.
«E quale sarebbe?»
«Uccidiamola, un peso in meno. E' meglio per tutti.»
«Troviamo una soluzione LEGALE, per favore.»
Mao intervenne: «Scusate, ma lei, di preciso, cosa vuole da te?»
Il russo smise di respirare per qualche istante: dover ammettere di aver paura delle intenzioni di una donna nei suoi confronti era umiliante, se non peggio. Si fece coraggio, dicendosi che, in fondo, non c'era niente di male.
«Temo voglia prima divertirsi con me, poi torturarmi.»
«Wow...» fece di rimando lei, senza commentare oltre.
«Io rimango dell'idea che chiamare la polizia sia la cosa più utile da fare.» riprese il discorso Julia,
«Ti ho già spiegato che non servirebbe.»
All'improvviso, la luce si spense. I tre, d'istinto, alzarono gli occhi al soffitto. Era saltata la corrente e l'eco di pugni che picchiavano insistentemente contro la porta d'ingresso fece raggelare il sangue a ciascuno.

 

[*]Piccolo omaggio alla FF di Blue13, intitolata “Sul Tetto del Mondo”.
La storia parla di Julia e Yuri che intraprendono una relazione altalenante, dove sentimenti e passione riemergono un poco alla volta, unendo i due i modo indissolubile. In particolare, nell'ultimo capitolo pubblicato, i due riescono a chiarire alcune divergenze grazie all'intervento di Boris. Non voglio rivelarvi altro, in modo tale che chi non l'avesse letta possa godersela a pieno.

NdA: Eccoci qui, miei amati lettori! :D
Dunque, ad essere sinceri, questo è il capitolo che mi convince meno per ora. Diciamo che è più transitorio rispetto agli altri, poiché ho deciso di suddividerlo in due parti: la prima quella che leggete e la seconda quella che verrà pubblicata successivamente. Ho introdotto due personaggi, quali Mao e Kai. Quest'ultimo farà la sua apparizione nella seconda parte di questa fase quattro.
Tra Mao e Boris, come si evince, è successo qualcosa in passato, una scappatella. E il rancore dell'orientale per il russo è piuttosto evidente XD... non so ancora cosa deciderò per loro, credo che improvviserò. Potrebbe continuare a battibeccare e a litigare, come potrebbero rifinire avvinghiati l'uno all'altra. Chissà. Lo scopriremo insieme! :D
Ora, insieme a Julia, sono alle prese di un problema decisamente più urgente: la valchiria. Ma ve lo immaginate il povero Huznestov stalkerizzato da questa pazzoide? XD Bisogna dire la verità, però: se i NeoBorg esistessero, tutte noi faremmo un po' come lei... io sicuramente XD!
Comunque nel prossimo capitolo vedremo come se la caveranno i nostri eroi.
Nel frattempo, come sempre, ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita fino a qui.
Un abbraccio,
Pich. ♥

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Kseniya