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Autore: dreamlikeview    10/12/2017    4 recensioni
Cosa succede, quando improvvisamente sette anni della tua vita svaniscono? Cosa succede quando dimentichi la persona che ami? Gli incidenti possono accadere, ma l'amore può sopravvivere?
[Destiel, human!AU, mini-long]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: La storia è scritta senza alcun fine di lucro, io non ci guadagno assolutamente nulla (al massimo ci perdo la faccia); niente di tutto ciò è finalizzato a offendere in alcun modo i personaggi (perché dovrei, se li amo uno ad uno?) e non mi appartengono in alcun modo (ma desidero un Castiel o un Dean o un Sam tutto mio, ma dettagli).

Avviso: Le mie competenze mediche si limitano alla visione di Grey's Anatomy e Doctor House, e un po' di wikipedia. Ho cercato di essere più precisa possibile, e ho fatto molte ricerche, ma non si può mai sapere, potrei aver sbagliato qualcosa, consideratela una licenza poetica in quel caso.

________

Incomplete.

I've tried to go on like I never knew you
I'm awake but my world is half asleep
I pray for this heart to be unbroken
But without you all I'm going to be is incomplete
 
Sette anni, erano questi gli anni che aveva perso. Quando si era risvegliato in ospedale, dopo un’operazione chirurgica, Dean aveva scoperto di aver perso i ricordi degli ultimi sette anni della sua vita. Sette. Non riusciva ancora a rendersi conto di quanto fosse grave la cosa, perché non riusciva a quantificare la quantità di ricordi della sua vita che aveva perso, era una fetta enorme del suo passato. Doveva avere circa trentun anni, ma lui ricordava di averne ventiquattro,  a quanto pareva non viveva più con Sam, e Sam si era laureato in medicina e lavorava nell’ospedale dove lui era stato ricoverato ed operato. Cazzo. Sam gli aveva detto del tumore, del fatto che fosse stato rimosso, e il dottor Crowley gli aveva spiegato che avrebbe seguito delle terapie e, se il suo organismo avesse risposto bene, in pochi mesi, sarebbe anche riuscito a tornare a casa. Il suo ultimo ricordo era una sfrenata serata karaoke, poi il nulla. Era tutto così assurdo, non poteva credere di aver perso la memoria, di aver perso una parte così cospicua di anni; cosa era successo in quel tempo che non ricordava? Sapeva che Sam si era laureato, e ora viveva in un appartamento vicino all’ospedale, per essere qui quando hanno bisogno di me – aveva spiegato, ma sapeva che c’era anche un’altra motivazione, una che non voleva dirgli, anche se aveva perso la memoria, conosceva suo fratello meglio delle sue tasche. C’era qualcosa che Sam non gli diceva, e doveva essere qualcosa di importante, a giudicare dal suo atteggiamento. Decise che gliel’avrebbe chiesto quando si sarebbe sentito un po’ più in forze, nella sua situazione non sarebbe riuscito a sostenere una discussione con Sam, non senza perdere il confronto. Sbuffò rassegnato e lasciò cadere la testa sul cuscino.
Quindi, aveva trentun anni, viveva non con suo fratello – con chi diavolo viveva? – era stato operato al cervello, e il suddetto intervento aveva danneggiato – non in modo permanente secondo il dottor Crowley – la sua memoria, perché il tumore era vicino all’ippocampo. Era rimasto scioccato, quelle erano troppe notizie da digerire, e lui non era affatto pronto, cosa diavolo era successo in quegli anni che aveva perso? Cosa non ricordava? Ma soprattutto, chi? Fin dal suo risveglio, aveva sentito la mancanza di qualcosa o qualcuno, di cui non ricordava affatto. Sam gli chiedeva spesso di concentrarsi sull’ultimo ricordo che aveva per ricostruire le cose, ma l’ultimo ricordo che aveva era la serata karaoke, la gente che gli faceva fischi contrariati, e tanto, tanto alcool, e tutti sapevano che lui, dopo aver bevuto tanto non ricordava nemmeno il suo nome. Quindi l’ultima cosa che ricordava era la più inutile. Ricordava tutto ciò che era accaduto prima di quella serata, sua madre che lo chiamava improvvisamente, dicendogli di aver deciso di divorziare da suo padre, John, perché qualche settimana prima lo aveva trovato a letto con un’altra, ricordava di averne parlato con Sam, che gli avesse detto che lei faceva bene a liberarsi di quell’ubriacone di John, ricordava suo padre che lo chiamava per rivelargli di aver iniziato a bere a causa delle pressioni del suo matrimonio con Mary, lui che si lamentava del fatto che lei volesse il divorzio, perché dannazione doveva essere il figlio maggiore e di conseguenza quello su cui scaricare tutto? Ricordava persino la sbronza presa con Sam, quando avevano saputo che effettivamente Mary aveva contattato un avvocato, ricordava persino il giorno in cui avevano firmato le carte del divorzio, e l'espressione distrutta sul volto di sua madre. Sospirò e scosse la testa, doveva occupare il tempo che avrebbe trascorso lì dentro in modo costruttivo, cioè cercando di recuperare i ricordi che aveva perso. Anche se sembrava un’impresa impossibile, lo avrebbe fatto, perché non poteva pensare che in quei sette anni fosse rimasto la stessa testa di cazzo che era stato per tutta la vita. Beh, non gli era mai dispiaciuta la sua vita, ma possibile che fosse ancora lo stesso? Non era maturato o cambiato in qualche modo?
Il tempo sembrava non passare mai, anche se si trovava relativamente da poco tempo, era trascorso appena un mese dal suo risveglio, e secondo i medici stava rispondendo bene alle terapie. Sì, certo, ma ancora non ricordava niente. Fin da quando si era risvegliato, non aveva ricordato assolutamente niente, nemmeno un piccolo ricordo, un dettaglio significativo, niente di niente. Era come se mancasse qualcosa, e si sentiva spezzato.
«Ehi Dean» lo salutò il fratello entrando nella sua stanza, con una cartellina «Come ti senti?»
«Stanco» mormorò «Sempre nervoso e odio non ricordare. Non ci riesco, Sam, non ricordo niente… non puoi farmi avere, che ne so, delle foto, o qualcosa di simile?» chiese. Sam alzò gli occhi al cielo, perché, nonostante non ricordasse più il suo volto, lui e Cas erano ancora in perfetta sintonia, perché era stata la prima cosa che Cas aveva proposto quando Dean si era risvegliato e non lo aveva riconosciuto, tuttavia i medici che si stavano occupando di lui, avevano suggerito di non turbarlo subito con troppe notizie, che già quelle che aveva ricevuto sul motivo per cui era ricoverato in ospedale erano state sconvolgenti, e per la sua salute era meglio non turbarlo troppo.
«Adesso no, prima pensa a guarire completamente, okay?» Dean sospirò, avrebbe solo voluto uscire da quell’ospedale, andare a casa sua – sperando che fosse ancora quella che ricordava – e cercare con le proprie mani tracce del suo passato, non era un bambino, non doveva essere protetto, quanto poteva essere negativo il suo passato? Non quanto quello che ricordava, tante grazie, quindi perché tanta riservatezza? Era un serial killer o cosa?
«Stronzate» borbottò, Sam scosse la testa e dopo avergli controllato i parametri e altre cose, gli disse che sarebbe passato dopo, e si raccomandò con lui di riposare; tuttavia Dean non riusciva a riposare, la sua mente era tormentata da domande e dubbi a cui non riusciva a trovare risposta e soluzione. Cos’era che non ricordava? Una delusione d’amore? No, di certo, lui non era mai stato innamorato, era sempre stato un tipo molto libertino, amava flirtare con donne e uomini, portarseli a casa – senza dar troppo fastidio a Sam che studiava chiuso in camera sua – e farci sesso. Tutto qui. Quindi, no, non era di natura sentimentale la sua mancanza. Ma allora di che natura era? Cos’era che mancava nella sua vita? Perché avvertiva che ci fosse qualcosa di sbagliato in quella situazione, come se lui fosse solo in quel momento, ma non avrebbe dovuto esserlo? Sam non si sbilanciava, e nemmeno gli lasciava il cellulare, sostenendo che le radiazioni nocive che esso emanava fossero dannose per le sue condizioni fisiche – stronzate – diceva la stessa cosa per qualsiasi strumento elettronico gli chiedeva. Dean era frustrato, non capiva perché non potesse avere neppure una foto, giusto per rendersi conto di cosa mancasse. Erano sette anni, d’altra parte, non uno o due giorni, quelli che aveva dimenticato, ed era frustrante non poter sapere cosa fosse accaduto in quegli anni. In molti erano andati a trovarlo durante quelle infinite quattro settimane, Bobby era andato ancor prima di suo padre, per assicurarsi che stesse bene e per rassicurarlo che non importava quanto tempo avrebbe impiegato a guarire, il posto all’officina sarebbe sempre stato suo, anche se per sostituirlo in quel periodo aveva dovuto prendere un sostituto, aveva anche velatamente insultato il sostituto perché non lavorava nello stesso modo in cui lavorava lui. Dean si scusò con lui per il disagio che aveva creato, e chiese anche a lui informazioni su quei sette anni. Cosa devo dirti ragazzo? Sei il miglior meccanico che abbia mai conosciuto, lo sei anche un po’ smemorato – fu la risposta che ottenne. La mancanza che cercava, quindi, non era nemmeno lavorativa, aveva lo stesso lavoro, conosceva le stesse persone, e aveva la sua cerchia di amici, gli stessi che si portava dietro dai tempi della scuola superiore. O aveva conosciuto qualcuno di nuovo, in quei sette anni? Nessuno glielo diceva, e lui era sempre più irritato dalla cosa.
Charlie, la sua vicina di casa, o almeno ex vicina, visto che viveva nell’appartamento accanto a quello che non condivideva più con Sam, andò a trovarlo portandogli dei fumetti e dei libri per fargli passare il tempo, ma lui voleva risposte, le chiese qualcosa riguardo quei sette anni, ma anche da lei ricevette una risposta criptica e indecifrabile. Ritentò con Benny, il suo migliore amico storico, quello con cui aveva marinato la scuola ai tempi dell’High School e con cui aveva un rapporto fraterno, simile ma non uguale a quello che aveva con Sammy, tuttavia anche lui non si lasciò sfuggire nulla. Sua madre era stata assidua frequentatrice della camera di Dean, e forse l’unica a dargli qualche risposta sensata. Certo, lo shock che ebbe quando la vide con i capelli ondulati e corti, con un sorriso smagliante sulle labbra, non l’avrebbe mai dimenticato, ma era bello vederla sorridere di nuovo, dai suoi ricordi, non era molto felice dopo il divorzio con John. Gli raccontò della laurea di Sam, del discorso che aveva fatto durante la festa, di come lo avesse ringraziato per averlo sempre supportato, gli raccontò di aver trovato un uomo che la rendeva felice – non come quel pezzo di merda di tuo padre che ancora si giustifica per avermi tradita – e che si aspettava che guarisse in tempo per il matrimonio. Dean le sorrise in modo tranquillo, felice che finalmente qualcuno gli stesse raccontando cosa si fosse perso. Era triste pensare ai suoi genitori separati, quello era un ricordo che non avrebbe mai dimenticato, purtroppo, ma era felice che lei avesse trovato qualcuno con cui stava bene, e la faceva sorridere anche in situazioni tragiche; lei gli promise che glielo avrebbe ripresentato e Dean promise che non lo avrebbe ucciso, non subito almeno. Le sue visite erano sempre positive per lui, forse perché loro due avevano sempre avuto un ottimo rapporto, era solo che il malumore sembrava passare quando lei trascorreva del tempo con lui. Succedeva anche quando Sam andava da lui non in vesti di dottore, ma solo di fratello, e ogni tanto si lasciava sfuggire qualche racconto, erano solo briciole, ma sapeva accontentarsi. Successivamente, quando iniziò a portargli delle foto, credette di amare davvero suo fratello in modo spasmodico. Cercava in quelle di individuare qualunque dettaglio che potesse aiutarlo con la memoria, che potesse essere d’aiuto al fatto che non ricordasse nulla dei passati sette anni. C’erano foto di lui in montagna, al mare, dove rideva, alcune in cui le lentiggini si vedevano così tanto perché era arrossito – qual era il motivo, però non lo sapeva – e c’erano anche quelle in cui riparava auto, le sue preferite. Non chiese a suo fratello chi le avesse scattate, e lui non gli disse nulla, ma era un inizio. Non sapeva che Sam avesse scelto di proposito le foto senza Cas, anche se erano state palesemente scattate da lui. Era certo che di quel passo, avrebbe recuperato la memoria, doveva solo avere un po’ di pazienza e aspettare di finire di seguire le terapie – davvero, ignorava come potessero permettersi quel tipo di cure, lui non navigava nell’oro, anche se aveva un lavoro di tutto rispetto, ma Sam gli aveva detto di non preoccuparsi, che avrebbe pensato a tutto lui, giustificandosi con tu ti sei preso cura di me quando ero piccolo, è ora che io mi prenda cura di te – perché i medici dicevano che stava rispondendo bene alle cure, e che presto sarebbe uscito dall’ospedale, odiava stare lì senza fare niente, il massimo che era riuscito a fare, era stato corrompere un’infermiera molto carina, e farsi accompagnare in giro per l’ospedale per una sgranchita alle gambe, ma quello era tutto. Sapeva di essere stato fortunato, sebbene avesse perso la memoria, sapeva che non sempre le persone con la sua malattia si salvavano, che doveva tutto a Sam che lo aveva soccorso quando era svenuto a causa di una delle emicranie, ma sapeva anche che mancasse una fetta importante, una parte che nessuno voleva raccontargli e non capiva quanto potesse essere brutta quella parte. Cos’era che non ricordava? Chi era che non ricordava? C’era qualcosa che poteva fare per ricordare? Perché non gliene parlavano? Tutto ciò che Dean era in grado di ricordare, erano due occhi blu, di un blu impossibile da spiegare, che lo fissavano. Nient’altro. A chi appartenevano quegli occhi? Tutto ciò di cui aveva bisogno, erano delle risposte, non chiedeva altro. Un infermiere carino andò a controllarlo e gli ordinò di riposare, e Dean, ovviamente, lo ascoltò, si sistemò sul letto in posizione fetale, come se fosse abituato a dormire così, con qualcuno che lo stringeva da dietro, in una sorta di spooning che non capiva. Aveva smesso di farsi domande, perché non avrebbe avuto risposte, semplicemente chiuse gli occhi, stringendo il cuscino tra le braccia, cercando di immaginare chi potesse essere la persona con cui era abituato a dormire in quel modo. Si addormentò solo per stanchezza, con tanti piccoli pensieri che frullavano nella sua memoria come piccole mosche – sento i tuoi pensieri ronzare fin qui, Dean – era una voce sconosciuta, quella che ricordò, ma così familiare… a chi apparteneva?
 
Era sul palco del karaoke, si dimenava come un forsennato sulle note di una canzone che non aveva mai sentito in vita sua, ma che secondo lui si adattava bene alla sua personalità. Stava ballando e cantando, in modo a dir poco imbarazzante, le persone gli urlavano di smetterla, di far silenzio, ma lui continuava imperterrito. La canzone cambiò, e Dean restò lì, con il suo boccale di birra, da cui ogni tanto prendeva un sorso per dissetarsi – cantare in quel modo, in fondo stancava – e si lasciò andare nella sua bellissima performance.
Quando alzò gli occhi, notò un paio di occhi azzurri, magnetici, bellissimi, fissarlo dal fondo della sala. Si sforzò di mettere a fuoco un volto, a cui potessero appartenere, ma era troppo buio. Fece per scendere dal palchetto, ma era bloccato. Voleva raggiungere quegli occhi che lo fissavano e chiedere al proprietario chi fosse, perché continuasse a fissarlo in quel modo, ma quando riuscì a raggiungere quel punto, gli occhi erano già svaniti.
 
Dean spalancò gli occhi improvvisamente, e si passò una mano sul volto stanco. Era la quarta volta in due settimane che sognava quella scena. Lui sul palco che cantava, e quegli occhi che lo fissavano, avrebbe davvero voluto sapere a chi appartenessero, ma era impossibile, non riusciva a focalizzare un volto. Era un ricordo o solo un sogno? Non riusciva a capire, l’ultima volta che ne aveva parlato con Sam, lui gli aveva detto che fosse un buon segno, che molto probabilmente avrebbe recuperato i ricordi che aveva perso, anche se sarebbe stato un processo lungo. Sospirò e guardò il soffitto, l’orologio segnava le quattro del mattino, e lui non aveva più sonno. Ogni volta che sognava quegli occhi, si sentiva spezzato a metà, come se gli mancasse un pezzo importante per essere completo. Ma perché? Cos’era che mancava? O chi era? Dean voleva solo risposte, ma nessuno sembrava intenzionato a dargliene. Maledizione.
 
 
Castiel era a casa, disteso nel letto che, fino a poco tempo prima, aveva condiviso con Dean. Era mattina presto, Cas doveva andare a scuola, lo sapeva, ma non prima delle dieci, quello era il giorno in cui lui e Dean indugiavano a letto più del solito, perché Cas iniziava il lavoro a scuola alle dieci ed usciva alle nove e trenta, e Dean si lasciava convincere tutte le mattine a restare di più, per non separarsi subito. Solo che lui era da solo in quel momento, come lo era stato la settimana prima, lo stesso giorno, e quella prima ancora. Avrebbe solo voluto tornare a quelle piccole abitudini che avevano. Avrebbero dovuto sposarsi, di lì a qualche mese, stavano organizzando tutto, sul comò c’era anche un catalogo di un negozio di abiti da sposo, Dean aveva detto a Cas che lo avrebbe visto bene con un completo blu scuro, che avrebbe fatto risaltare il colore dei suoi occhi, mentre Cas avrebbe visto bene Dean in grigio o in nero. E poi tutto era svanito, gli sembrava di vivere in uno di quei film assurdi dove improvvisamente uno dei due veniva a mancare, tuttavia Dean era vivo e vegeto, senza memoria. Era assurdo quanto facesse male il fatto che non lo avesse riconosciuto. Castiel si era visto guardare con uno sguardo che non conosceva, Dean aveva sempre avuto quel luccichio particolare negli occhi quando lo guardava, e ora non c’era più. Castiel avrebbe voluto piangere, aveva promesso a Dean che gli sarebbe stato accanto, che non lo avrebbe abbandonato, e ci aveva provato con tutto se stesso a non svanire; era andato spesso da lui, in ospedale, ma Sam lo aveva pregato di non farsi vedere, perché avrebbe potuto scioccare Dean, allora lo aveva osservato da lontano, era stato accanto a lui mentre dormiva e aveva indugiato un paio di volte sfiorandogli la mano, lo aveva fatto per due settimane consecutive, ma poi non era più riuscito a farlo, perché faceva troppo male.
Lì, nel letto della loro camera, si rigirava tra le dita l’anello di fidanzamento che Dean gli aveva dato prima dell’operazione, e si era fatto promettere che gliel’avrebbe restituito subito dopo.
 
«Cas, prendi questo» gli disse Dean, porgendogli l’anello «Voglio che lo tieni tu durante l’operazione, così potrai restituirmelo quando uscirò da lì» continuò, senza smettere di guardarlo negli occhi, allungò una mano verso il suo viso, accennando un sorriso. Cas appoggiò la guancia contro il suo palmo e annuì.
«Risparmia le forze, e cerca di riposare prima dell’operazione» gli disse premurosamente, accettando l’anello.
«Cas, non voglio dimenticarmi di te» sussurrò piano, abbassando lo sguardo «Ho paura, Cas…»
«Se accadrà, farò in modo che tu ti ricordi di me, Dean» gli promise Castiel, lasciandogli un tenero bacio sulla tempia «Te lo prometto, farò di tutto per riportarti da me» disse ancora «Non aver paura, io sono qui. Ci sarò sempre» promise. Sapeva di dover essere forte per entrambi, ma non aveva mai visto Dean così spaventato da qualcosa.
«Mi aspetto che sia così, signor Winchester» disse con il tono più leggero, forse un po’ meno spaventato.
«Chi dice che io sarò il signor Winchester e non tu il signor Novak?» chiese Cas inclinando la testa, strappando un sorriso a Dean, sì, era così che voleva vederlo.
«Potremmo sempre unire i cognomi. Novak-Winchester?» domandò in risposta Dean, sorprendendo Cas.
«Perché non Winchester-Novak?»
«Perché tu vieni sempre prima, Cas» mormorò, arrossendo. Cas sorrise davanti a quella visione di Dean, perché non era incline a mostrare le sue emozioni.
«Ti hanno dato qualche droga? Sei troppo affettuoso» scherzò abbassandosi su di lui, sfiorando le sue labbra con le proprie «Comunque io sono d’accordo, signor Novak-Winchester, ti restituirò l’anello di fidanzamento appena uscirai da lì» promise. Poi suggellò la promessa con un lento e dolce bacio sulle labbra, a cui Dean rispose con trasporto, mettendogli una mano dietro il collo e avvicinandolo di più a sé. Poi degli infermieri arrivarono, dicendogli di lasciare la stanza, perché dovevano preparare il paziente all’intervento, e Cas uscì dopo un altro bacio a stampo, con la muta promessa che al suo risveglio, sarebbe stato lì, a sorridergli e a dirgli “Te l’avevo detto che sarebbe andato tutto bene”.
 
Al ricordo, a Cas si strinse il cuore, e qualche lacrima sfuggì al suo controllo. Non avrebbe dovuto ascoltare i medici che gli avevano detto di non raccontare tutto a Dean subito, e avrebbe dovuto mandare a quel paese lo stesso Sam che aveva promesso di aggiornarlo sulle condizioni del suo compagno, ma che aveva ignorato i suoi messaggi e le sue chiamate per le prime settimane in cui Dean aveva seguito le terapie. Avrebbe voluto fare di più, essere più presente, aiutare Dean in tutti i modi, ma si sentiva impotente, e non sapeva che cosa fare, era come bloccato in limbo da cui non c’era via di scampo. Lui per Dean era diventato un estraneo e non sapeva come comportarsi. La madre di Dean, invece, aveva cercato di stargli vicino come poteva, spesso lo chiamava e si assicurava che avesse tutto ciò di cui aveva bisogno, spesso era andata anche a trovarlo e avevano cenato insieme, parlando un po’ di Dean. Dopo un mese di latitanza, finalmente Sam si era fatto vivo, e gli aveva detto di non avergli risposto prima, perché voleva avere delle risposte esatte e non riempirlo di false speranze. Dean stava guarendo, rispondeva bene alle terapie e probabilmente presto sarebbe uscito dall’ospedale. Però, quella mattina, era ancora solo e Dean ancora non ricordava niente della loro vita insieme, della loro relazione, del loro amore, e questo era qualcosa a cui Cas non sapeva trovare risposta, non riusciva a capacitarsi. Il suo telefono squillò, era la sveglia mattutina, erano diverse settimane che, dormendo male, si svegliava ancor prima che essa suonasse. Improvvisamente, un altro ricordo investì la sua mente, e dovette ricacciare indietro le lacrime, perché faceva male pensare a ciò che avevano avuto, e che non avevano più.
 
«Cas, dannazione!» esclamò Dean, annoiato «Dove hai messo la mia schiuma da barba?» domandò irritato.
«L’ho nascosta» rispose il ragazzo serafico, alzandosi dal letto e giungendo alle sue spalle «Sei più sexy con la barbetta» spiegò con ovvietà, sorridendo e strofinando il naso contro il suo collo, sentì un brivido di piacere scivolare lungo la spina dorsale del compagno e ridacchiò compiaciuto, amava l’effetto che aveva su di lui.
«Oh andiamo, devo andare in officina!» esclamò. Castiel gli mise le braccia attorno ai fianchi e gli diede un bacio sul collo scendendo lentamente sulle spalle, il biondo sotto al suo tocco si rilassò, e si morse le labbra. Maledizione – imprecò mentalmente.
«Di sabato?» si lamentò il moro, borbottando «Nessuno lavora il sabato, Dean» disse ancora con tono lamentoso «Perché non resti un po’ con me, oggi? Non ti senti un po’ stanco?» sussurrò passandogli le mani sul torace, iniziando a muoverle lentamente dall’alto verso il basso mentre con le labbra gli lambiva la pelle delle spalle. «Un po’ influenzato?» chiese ancora, lasciandogli un piccolo morso sulla spalla «Non vuoi restare qui con me?» sussurrò lascivamente, dandogli un bacio sotto al lobo dell’orecchio, facendolo tremare d’eccitazione. Dean sapeva che Cas in quel modo avrebbe potuto convincerlo a fare qualunque cosa, ed era convinto che ormai il moro lo avesse capito bene. Perché ci provava gusto ed era proprio evidente.
«Cas…» sussurrò Dean, ad occhi chiusi, reclinando la testa all’indietro «Mi stai proprio tentando…»
«Il mio scopo è tenerti con me tutta la giornata…» mormorò continuando con quella lenta tortura, lasciandogli un piccolo succhiotto sul collo, facendolo gemere un po’ più forte. «Ci sto riuscendo?» domandò maliziosamente, mordendogli appena il lobo, sentendolo gemere ancora.  Colpito e affondato, Winchester.
«Le tue argomentazioni sono molto valide…» gemette in risposta, infatti, per fortuna che a Bobby sarebbe bastata una telefonata in cui Dean gli chiedeva la giornata libera, altrimenti sarebbe stato nei guai seri. Perché aveva ceduto.
«Nessuna obiezione?» domandò divertito il moro.
«No…»
«Bene» mormorò Castiel, immediatamente afferrò il compagno per i fianchi e lo fece voltare verso di sé, lo baciò con passione, mettendogli le mani sotto ai glutei e sollevandolo verso di sé, mentre l’altro gli allacciava le gambe attorno alla vita, e le braccia attorno al collo per reggersi e trovare l’angolazione perfetta per baciarlo. Castiel sapeva di poter vivere solo dei sospiri di piacere che Dean gli rimandava nell’orecchio, e la sua salda presa sul suo corpo «Ce ne hai messo di tempo a cedere» mormorò, infatti, lui sulle sue labbra, prima di baciarlo ancora, prima di  far cadere tutti i prodotti dal mobiletto del bagno, e far sedere lì il suo compagno, mentre con foga lo baciava ancora e gli mordeva le labbra «Che disastro» commentò divertito, sfilandogli la maglia scura, gettandola da qualche parte sul pavimento.
Dean rise contro la sua bocca, prima di baciargli il collo nel medesimo modo in cui il suo ragazzo aveva fatto con lui. Senza pensarci troppo, fecero l’amore proprio lì, nel bagno, travolti dalla passione e dall’amore che li legava. Subito dopo, Cas prese delicatamente Dean in braccio, anche se non era in peso piuma nel suo metro e ottanta di muscoli tonici, portandolo nella loro camera da letto, e appoggiandolo sul letto, stendendosi accanto a lui prima di prenderlo tra le braccia e iniziare a coccolarlo dolcemente, mentre l’altro era vicinissimo a fare le fusa, Dean era semplicemente adorabile nel post-sesso. Castiel amava quel ragazzo con tutto se stesso.
 
Doveva alzarsi, o sarebbe impazzito. Castiel lo sapeva. Doveva fare assolutamente qualcosa, perché non poteva starsene con le mani in mano, mentre il suo compagno era solo, in ospedale, privo di memoria, gli aveva promesso che non lo avrebbe lasciato solo. Come avrebbe potuto stargli accanto e ignorare l’impulso di stringerlo forte e baciarlo con tutta la passione di cui disponeva? Doveva essere forte, trovare un modo per poter mantenere la sua promessa e aiutare Dean a stare meglio, poi avrebbe pensato a come fargli recuperare la memoria. Senza pensarci due volte, prese il cellulare e digitò il numero di Sam, attese diversi istanti, prima di sentire la voce di suo cognato attraverso l’apparecchio telefonico.
«Buongiorno Cas» lo salutò l’altro.
«Ciao Sam» disse in un sospiro «Come vanno le cose?» chiese. Non voleva sembrare troppo insensibile, chiedendo solo di Dean, in fondo, voleva bene a Sam e sapeva che nemmeno lui stesse troppo bene.
«Io sto bene, e anche Dean, sta sempre meglio, rompe le scatole come al solito» gli disse, Castiel sentì il cuore più leggero, sapere che il biondo iniziava a stare meglio, a guarire, lo riempiva di felicità.
«Vorrei poter fare di più per lui» disse, sospirando «Mi manca così tanto…» mormorò «Non posso venire a trovarlo? Non si ricorda chi sono… se gli dico di essere un suo amico? O un tuo amico? Ho bisogno di vederlo, Sam, di parlare con lui, ti prego, come posso fare?» lo pregò, Sam dall’altro lato della cornetta capì lo stato d’animo dell’altro, e sospirò. Sapeva quanto Cas soffrisse da quando suo fratello aveva perso la memoria, ma non aveva potuto far nulla per aiutarlo, vedeva anche suo fratello soffrire, perché avvertiva la mancanza dell’altro, ma non poteva fare niente. Era impotente di fronte alla loro sofferenza, dovevano solo essere pazienti e aspettare che Dean iniziasse a ricordare.
«Senti, amico, puoi venire, basta che non gli riversi addosso tutti i sette anni che ha dimenticato. Per lui è già difficile così» gli rispose Sam, sconfitto. Dean aveva bisogno di vedere Cas, magari vedendolo avrebbe iniziato a ricordare.
«Okay, posso farlo, okay. Grazie Sam» mormorò Cas, sorridendo appena. Solo dopo aver interrogato ancora Sam sulle condizioni fisiche del suo fidanzato, ed essersi assicurato che stesse davvero migliorando, Cas riuscì a chiudere la telefonata, ad alzarsi dal letto e ad iniziare la giornata. Era dura, senza Dean, fin da quando si erano incontrati quella sera, in quel locale e si era risvegliato nel suo letto con un leggero mal di testa post-sbronza, aveva capito quanto quel ragazzo fosse speciale, e che probabilmente non lo avrebbe mai lasciato andare via da sé.
 
Le luci del locale erano abbaglianti ed intermittenti, ferivano gli occhi di Castiel, che era lì solo per distrarsi e festeggiare con i suoi amici fidati la fine degli esami del primo semestre, che aveva superato in modo eccezionale. In quel locale era stata organizzata una serata karaoke, a cui sia lui che i suoi amici, pur essendo abbastanza stonati, adoravano partecipare. C’era già qualcuno sul palco, un uomo abbastanza ubriaco che si dimenava su una canzone che Castiel non aveva mai sentito in vita sua. Poi venne il turno di una ragazza abbastanza intonata, su cui Gabriel mise gli occhi, e si defilò dal gruppo dopo aver bevuto una prima birra, per trovare il coraggio di avvicinarsi. Cas era un tipo abbastanza serio, studiava molto, ma sapeva anche divertirsi, anche se non era un gran bevitore d’alcool. Al terzo giro di drink alcolici, già sentiva la testa vorticare come un ottovolante impazzito. E fu in quel momento che un ragazzo biondo, dall’aria decisamente ubriaca, salì con un boccale di birra sul piccolo palco. Gli occhi di Castiel furono immediatamente su di lui, aveva delle movenze scoordinate, e non era un gran cantante, la gente presente nel locale stava già fischiando, ma a lui non importava, si stava semplicemente divertendo, ed era davvero sexy mentre lo faceva. A Cas venne da ridere guardandolo e, preso altro coraggio liquido, si alzò dal suo posto, sentendo i suoi amici ridacchiare e incoraggiarlo a farsi avanti. Bevve in un sorso quello che doveva essere un liquore molto forte, e con la testa in un posto migliore, si avvicinò al palco e ammiccò al ragazzo che continuava a cantare. Fu un attimo, i loro sguardi si incontrarono e immediatamente scattò la scintilla. Il ragazzo sul palco sorrise e gli porse la mano, invitandolo ad unirsi a lui in quello spettacolino davvero imbarazzante. Castiel forse era troppo ubriaco per rendersi conto delle sue azioni e accettò. Iniziarono entrambi a cantare, in modo stonato, un’altra canzone, udendo le risate e i fischi della gente, che cercavano di farli scendere, perché davvero non ne potevano più.
«Ciao» urlò il biondo alla fine della performance «Posso offrirti da bere, sexy?» gli chiese, anticipandolo.
«Certo!» esclamò Castiel. Quando scesero dal palco, il biondo gli porse la mano e si presentò, sorridendogli in un modo che fece girare la testa di Castiel, aveva delle labbra meravigliose e invitanti, e Castiel non vedeva l’ora di baciarle e morderle. Presero dei bicchierini di scotch e brindarono al loro incontro, e poi tutto divenne confuso, le loro bocche si scontrarono, spinse Dean contro il muro più vicino e osservò il suo volto da vicino, aveva il naso spruzzato da tante piccole e bellissime lentiggini, gli occhi di un verde magnetico e le labbra più belle che avesse mai visto. Tutto divenne caotico e sfrenato, si ritrovarono nell’auto di Dean, e poi nella sua stanza, come ci erano arrivati, era un vero e proprio mistero. Tra di loro c’era una passione bruciante, dettata dall’alcool, Castiel ammirò il corpo del giovane sotto di lui, restandone affascinato, era incredibilmente bello, e non esitò a fargli notare quanto apprezzasse ciò che stava guardando. Fecero sesso tra le lenzuola di Dean, e crollarono insieme in uno stato comatoso post-sbronza micidiale.
Quando si risvegliò la mattina dopo, non ricordava esattamente cosa fosse accaduto, ma si sentiva incredibilmente felice di essere lì, e di aver incontrato proprio quel ragazzo la notte precedente.
E non si pentì mai di aver seguito quello sconosciuto quella notte, perché in poco più di tre mesi, divenne l’unico amore della sua vita.
 
Aveva concordato con Sam che avrebbe detto a Dean di essere un suo amico, e di essere stato presente quando era svenuto, e di essere andato a fargli visita, per assicurarsi che stesse meglio. Poteva funzionare, se lui avesse mantenuto un certo autocontrollo, poteva farlo, per Dean, per stargli accanto, per essere presente come aveva promesso. Si presentò all’ospedale all’orario di visita, e attese in trepidazione che gli dessero l’okay per entrare.
«Ehi Dean, c’è una visita per te» annunciò un infermiere. Probabilmente Dean annuì, e l’infermiere gli disse di entrare. Cas tremò appena, stringendo tra le mani la rosa che aveva preso per lui, non era niente di eclatante, solo un piccolo gesto, che lui sperava riportasse alla mente del ragazzo un loro ricordo. Entrò a passi lenti e tremanti, e poi alzò lo sguardo su di lui, in trepidazione. Gli sembrò di tornare a respirare quando finalmente incontrò di nuovo quegli occhi verdi, che fin dal primo momento lo avevano stregato – sembrò che anche l’altro avesse avuto la stessa reazione alla sua vista, Cas lo vide trattenere il fiato, quando i loro sguardi si incrociarono, ma non poteva esserne certo.
«Ciao, Dean» lo salutò, la voce un po’ incerta «Sono Castiel, un amico di Sam…» cercò di spiegare.
«Mi ricordo di te» disse Dean, il cuore di Cas ebbe un sussulto «Eri qui quando mi sono svegliato, vero? Eri con Sam».
«S-Sì» disse, varcando finalmente la soglia della stanza e avvicinandosi a lui «Ero… uhm, presente quando sei svenuto e, beh, volevo sapere come stavi» gli disse, poi gli porse la rosa, e il suo cuore fece una capriola quando Dean gli sorrise in quel modo che gli faceva sempre girare la testa, aveva sempre sostenuto che il suo compagno avesse un sorriso mozzafiato. Era strano vedere Dean in quelle condizioni, in un letto d’ospedale, il volto infossato, con i capelli cortissimi e l’aspetto deperito e dimagrito, le lentiggini erano sbiadite, e poco evidenti su quel volto, adesso reso pallido dalla malattia, era l’ombra del suo Dean, ma lo amava nello stesso identico modo in cui lo aveva amato prima, se non di più. Sapeva, grazie a Sam, che stava rispondendo bene alle cure, e Dean era uno che recuperava le energie in fretta. Sarebbe tornato quello di prima molto presto.
«Grazie per essere venuto, fa bene vedere un viso nuovo ogni tanto» lo ringraziò Dean, facendogli stringere il cuore a quelle parole, un viso nuovo, avrebbe voluto dirgli che no, non era affatto un viso nuovo, ma quello che conosceva meglio di qualunque altro, perché stavano insieme da sette anni e stavano per sposarsi, ma…non poteva rivelare niente, non ancora, Sam aveva ragione, Dean non era ancora nelle condizioni fisiche per sopportare tutto ciò che aveva vissuto negli anni che aveva dimenticato. Dovevano aiutarlo a ricordare passo dopo passo, prima o poi, i suoi ricordi sarebbero riemersi, o almeno così sperava dentro di sé. Se così non fosse stato, si promise, avrebbe fatto di tutto per far innamorare di nuovo Dean di lui e ritornare con lui a casa. Anche se non fosse avvenuto subito, avrebbe aspettato Dean per tutta la vita, se necessario, perché per lui ne valeva la pena, eccome se valeva.
«Potrei venire, di tanto in tanto, se ti va» propose con mezzo sorriso sul volto «Sempre se ti fa piacere vedermi».
«Mi farebbe piacere, Cas» rispose sorridendo nel suo modo adorabile «È okay se ti chiamo Cas?» chiese. Castiel si ritrovò a sorridere leggermente. Quando si erano conosciuti, sette anni prima, Dean lo aveva chiamato Cas automaticamente, senza chiedergli il permesso, per lui era andato subito bene, perché gli piaceva che Dean gli avesse già trovato un soprannome. Istintivamente portò una mano sulla sua, e poi annuì, davanti al suo sguardo un po’ perso.
«Cas va più che bene» rispose intenerito, vedendolo distendersi di nuovo in un prezioso sorriso. Restò con lui per un’ora, poi un’infermiera gli disse di andare via, perché il paziente doveva riposare. A malincuore, Cas si alzò dalla seggiola e guardò Dean rammaricato, avrebbe voluto restare di più, abbracciarlo forte e baciarlo, magari. Ma sapeva di non potere, non ora, non subito. Prima o poi, lui e Dean avrebbero realizzato tutti i loro progetti, ma in quel momento, la priorità era la salute di Dean, Cas se ne rese conto quel giorno, vedere Dean in quello stato, gli fece aprire gli occhi, non poteva essere egoista, doveva mettere davanti la salute dell’altro.
«Ehi, Cas» lo chiamò, prima che varcasse la porta «Verrai domani?» chiese Dean, speranzoso.
«Certo, Dean, verrò domani, te lo prometto» promise «Porterò anche delle carte, così passeremo il tempo a giocare» scherzò. Il biondo ridacchiò portandosi una mano alla bocca, mormorando che non era ancora diventato un pensionato. A Cas venne semplicemente da ridere, poi lo salutò con un cenno della mano, ed uscì dalla stanza con il cuore più leggero, poteva dire di star costruendo dei nuovi momenti con lui, e che prima o poi l’altro avrebbe recuperato tutti quelli che aveva perso.
 
Dean, quando vide quel ragazzo strambo, amico di suo fratello, dalla voce troppo profonda e roca, decisamente sexy per essere un suo coetaneo, che aveva passato quel tempo con lui, sentì alcuni pezzi del suo cuore tornare al proprio posto, come se avessero trovato la parte mancante. Non diede peso al sorriso idiota che aveva sul volto quando lo vide andare via, ed ignorò il magone che lo travolse, quando uscì. Era stato così bene con lui, che non vedeva l’ora di rivederlo, magari con lui, era certo, avrebbe recuperato qualche ricordo, o ne avrebbe costruiti di nuovi. Quando lo aveva visto, aveva avuto la sensazione che tutte le preoccupazioni che aveva avuto, che tutti i dubbi e le incertezze che aveva, fossero svanite nel nulla. Aveva avuto un effetto positivo su di lui l’incontro con quell’amico di Sam, e non vedeva l’ora di incontrarlo di nuovo.


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Hola people! Buona sera/notte a tutti!
Tecnicamente è domenica, visto che è passata mezzanotte, ma domani sarebbe stato un casino aggiornare - motivazioni come albero di Natale, e simili, a questo proposito, spero prima delle feste o durante, di riuscire a pubblicare una One shot natalizia che ho solo abbozzato, ma shhh, vedremo più avanti - quindi eccoci qua. Il terzo capitolo è arrivato, e siamo giù a metà storia, che tristezza cosmica....
Il capitolo è un po' triste, ma vi avevo avvisato che l'angst sarebbe stato presente in questa storia. Vi assicuro che ho quasi finito di scriverla, ho appena finito la prima parte dell'ultimo capitolo, quiiindi. 
Spero che vi sia piaciuto, e che non ci siano errori, come al solito, quando beto da sola, mi sfuggono, soprattutto a quest'ora.
Io ora vi lascio, e vado a guardare il nuovo episodio di SPN. Aw. 
Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia, le mie lettrici abituali, che per mia fortuna non mi lasciano mai, e chiunque spenda un solo click per leggere le mie storielle. Grazie a tutti, stay tuned, a sabato o domenica prossimi! 
   
 
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