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Autore: Mel96ly    10/12/2017    2 recensioni
Derek sapeva che non avrebbe dovuto accettare quella scommessa quella sera, ma lui non rifiutava mai le sfide. Isabelle non sapeva di doversi trovare un giorno a rendere pubblica la propria vita e i propri scheletri nell'armadio. Un programma televisivo e due persone che non vogliono parteciparvi: questo è il modo in cui si sono conosciuti Derek e Belle.
Lei una bambolina bionda più simile a una barbie che a un'essere umano. Così eterea da sembrare un angelo. Non è però la solita ragazzina svampita: è intelligente, schietta e decisa, ama divertirsi ed è felicemente single. Le sue coinquiline però non la pensano allo stesso modo...
Lui è il tipico playboy del college che si porta a letto una ragazza diversa ogni notte. È ricco, egocentrico, simpatico e incredibilmente attraente. Astinenza, amore e monogamia non sono parole che fanno parte del suo vocabolario, ma Derek ha perso una scommessa, una scommessa che lo obbligherà a partecipare ad "A fairy-tale love", un programma televisivo per ragazzi universitari in cerca dell'anima gemella.
Due personalità simili, due passati diversi, due ragazzi che non credono di essere fatti per stare insieme e che non vogliono alcun partner, eppure sono obbligati a conoscersi.
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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12 Novembre

L'aria è frizzante e continuo a essere percossa da brividi lungo la schiena. Dal condizionatore esce aria fredda e non capisco proprio perché la mia macchina abbia deciso di farmi congelare proprio stasera. Gli altri dovrebbero essere già a letto a quest'ora, perché mi sono attardata più del solito, quindi spero vivamente di avere le chiavi in borsa perché altrimenti non saprei proprio come entrare e svegliare una delle mie coinquiline potrebbe essere pericoloso per la mia incolumità. Stasera a casa ho rivisto la puntata con la mia famiglia e Charles, che a quanto pare è una presenza fissa ora. Sembra un brav'uomo e tra mamma e lui sta andando tutto bene, quindi credo che possa anche piacermi, ma un giorno di questi lo prenderò da parte in cucina e gli metterò in chiaro che se dovesse farle qualcosa dovrà vedersela con me. Insomma, aver imparato a sparare dovrà pur servire a qualcosa. Ho imparato per autodifesa l'anno scorso, quando Bryan mi perseguitava dopo che lo avevo lasciato, ma la cosa potrebbe tornarmi utile in qualsiasi momento, così come la kickboxing. Per fortuna stasera non c'era la figlia. Ecco, lei la brucerei volentieri sul rogo subito stante, come le streghe. Ultimamente mi sento particolarmente violenta, e non riesco a capire a cosa sia dovuto. Sento vibrare il cellulare da dentro la borsa e so che non si dovrebbe fare, ma con una mano lo cerco e butto l'occhio per vedere almeno chi mi ha scritto. È un numero che non conosco. La cosa non mi stupisce. Da quando sono al programma mi arrivano un sacco di messaggi da gente della quale non ho il numero, ma che stranamente ha il mio ed è pronta a consigliarmi, farmi i complimenti o insultarmi. È una cosa un po' inquietante, ma dopo una settimana ci si fa l'abitudine. Non leggo il messaggio e ributto l'iPhone in borsa. Vedo dallo specchietto l'auto dei miei cameraman che mi segue. Anche questo è inquietante. Mancano solo un paio di quartieri e poi potrò cercare le chiavi e andare a dormire. Mi dispiace che loro non possano andarsene fino a che io non vada a letto perché sicuramente sono stanchi e seguirmi ovunque non deve essere per niente divertente. Entro nella mia stradina e posteggio la macchina davanti al marciapiede. Vedo qualcuno seduto all'ombra sulla panchina lì vicina. È tutto buio, la lampadina del lampione deve essersi bruciata, di nuovo. Dovrei scendere e tornare in casa, ma chiunque sia su quella panchina è un uomo, si vede dalle spalle larghe e dal portamento, e mi sta guardando. O almeno, sta guardando verso di me, verso la mia macchina. Controllo che ci sia il camioncino dei miei cameraman. C'è. Prendo il cellulare, ignoro il messaggio che mi è arrivato e cerco invece il numero di Scott. Sapevo di aver fatto bene a chiederglielo l'altra mattina. Lo chiamo e aspetto. Uno, due, quattro squilli e poi, grazie a Dio, risponde.

-Pronto.-

-Scott, sono io.-

-Belle?-Sembra incredulo e stupito. Sicuramente non si era segnato il mio numero lui.

-Sì. Lo vedete anche voi quell'uomo giusto?-

-Dove?-

-Sulla panchina.-

Aspetto un minuto. -Oh, sì, visto.-

-Io scendo, ma scendete subito anche voi, okay? Se volesse farmi qualcosa dovrei sapermi arrangiare, ma preferisco non essere sola.-

-Vuoi chiamare la polizia?-

-No! Cioè, magari è solo un vicino.-

-Allora quando apri la portiera, scendiamo anche noi.-

-Perfetto, a tra poco.- Rimetto il cellulare in borsa e mi tolgo la giacca perché, se necessario, sarò più libera di difendermi senza impedimenti. Guardo ancora una volta l'uomo, raccolgo il mio coraggio e apro la portiera. Faccio kick da qualche anno ormai, e, non per vantarmi, ma sono davvero brava, e ho seguito delle lezioni di autodifesa. Non mi era ancora capitata una situazione del genere e sono agitata, ma devo solo mettere in pratica quello che so, giusto? Scendo dall'auto, ma non sento aprirsi la portiera dietro di me. Alzo la testa e mi incammino con fare deciso verso il mio condominio. I miei cameraman non sono ancora scesi e non capisco proprio cosa li stia trattenendo. Magari quest'uomo è qui per rapirmi e i suoi scagnozzi sono saliti sul furgoncino e hanno immobilizzato i miei amici. Aumento il passo, e vedo un'ombra affrettarsi dietro di me. Okay, è il momento. Rallento e aspetto che l'uomo si avvicini. Pian piano lo sento sempre più prossimo, finché mi coglie preparata quando mi tocca la spalla con la mano. Sono pronta. Faccio un passo indietro verso di lui, piegandomi gli tiro una gomitata nello stomaco, poi mi giro e senza pensarci due volte alzo il ginocchio decisa a castrarlo a vita. L'uomo, o meglio, il ragazzo, fa un verso davvero strano e poi si piega in due e inizia a ansimare. Faccio per correre via, quando mi sembra di riconoscere il tono di voce con cui mi chiama. Sa il mio nome? Mi fermo di colpo e spero davvero di non aver appena fatto ciò che penso di aver fatto. Guardo i riflessi bronzei della luce lunare sui capelli del mio "aggressore" e poi mi avvicino un po'. Mi abbasso, per vedere se il mio intuito ha ragione e purtroppo la ha. 

-Ti fa ancora tanto male?- Gli chiedo stringendogli la mano che poggia sul tavolo. Con l'aiuto di Scott e Eugene lo ho fatto entrare e poi gli ho dato del ghiaggio. Ormai è qualche minuto che se ne sta lì piegato in due sulla sedia e digrignando i denti.

-Sta passando.- Mi risponde con un filo di voce. 

-Scusa.-

-Sì, lo hai già detto. Una quindicina di volte.-

-Lo so, ma... mi dispiace davvero Caleb.-

-Volevi uccidermi?-

-No, solo castrarti. Non si arriva così alle spalle di una donna. Specialmente di una donna che sa come difendersi.- Lo vedo sorridere nonostante abbia il viso piegato verso il basso. –Che ci facevi li fuori?-

-Ero venuto a parlarti, ma sapevo che eri dai tuoi e allora ho aspettato qui fuori.-

-Potevi entrare.- Lo rimprovero.

-E disturbare il sonno delle coppiette felici? No grazie. Ci tengo alla vita.- Lo guardo e ci mettiamo a ridere. Ha ragione. Per fortuna ho trovato le chiavi in borsa, ma già so che se alziamo ancora un po' la voce tra poco arriverà Malissa con una mazza in mano. –E poi volevo pensare un po', schiarirmi le idee.- Sembra pensieroso e ritorna serio. Appoggia il sacchetto col ghiaccio sul tavolo, e con il pollice della mano che tiene ancora nella mia mi accarezza dolcemente il dorso. Mi nasce spontaneo un sorriso vedendo quanto può essere dolce anche dopo che lo ho torturato.

-Cosa volevi dirmi?- Gli chiedo mentre torno al presente.

-Prima di tutto vorrei chiederti scusa.- 

-Chiedermi scusa?- Non capisco proprio a cosa si riferisce. A fatto qualcosa di brutto che non mi ricordo?

-Per ieri sera. Dai Belle, vengo a chiederti scusa e tu mi dici così? Era meglio se me ne stavo zitto.- Lo guardo, seria nel ricordarmi il suo comportamento e il fastidio che anche ora mi suscita il ricordo, ma poi lo riguardo e non riesco a trattenere un sorriso. Se ne sta lì, ancora dolorante, con la fronte corrugata e la sua espressione preoccupata.

-Perché ridi?- Mi chiede ancora più preoccupato. Sorrido ancora di più.

-Perché sei carino.- Mi allungo e gli stampo un rumoroso bacio sulla guancia. Lui diventa paonazzo e guarda le telecamere. Ovviamente Scott e Eugene stanno riprendendo tutto e sono certa che questa sarà una delle scene madre del video della mia settimana, ma non mi importa granché.

-Quindi sono perdonato?- È incerto ed è chiaro che ha davvero paura che io non lo perdoni. Non abbiamo mai litigato ma dovrebbe sapere come sono fatta, io non tengo il muso.

-Certo, stupido.- Il volto gli si illumina e gli occhi quasi brillano. –Però non trattarmi più come se fossi una stupida. Lo so che tu vuoi solo proteggermi e che mi vuoi bene, ma io posso fare quello che voglio e tu non devi preoccuparti per me.-

-Belle, il punto è... Sì, insomma...- Si ferma e guarda le telecamere. Gli da fastidio parlare di cose serie davanti a loro, ma dovrà abituarsi, proprio come ho dovuto fare io. –Io... io ci tengo a te. Ci tengo molto.- Afferma guardandomi serio. -Capisci?- Mi chiede poi con uno strano cipiglio.

-Certo.-

-Davvero? Perché per me sei più di una semplice amica.-

-Sì.- Rispondo un po' confusa dal suo sguardo. Ma che ha? -Anche io ci tengo a te Caleb. Dovresti averlo capito ormai.- Gli stringo di più la mano.

-Bhè, non è facile come credi interpretare i tuoi modi di fare. Non so neanche se hai capito cosa intendo.- 

-Tengo a te più di quanto tu creda probabilmente.- Ed è vero. io tengo moltissimo a lui. Lo preferirei a chiunque altro, sempre e comunque, e so che a volte non ne do l'impressione e che posso essere poco esplicita, ma non sono proprio brava nell'esprimere i miei sentimenti.

-Allora... vorresti uscire con me? Solo io e te insomma. Magari andiamo a mangiare da qualche parte.- Mi chiede improvvisamente raggiante.

-E perché dovrebbe essere un problema?- Non capisco dove sia la novità, ma è probabile che sia il dolore appena provato a fargli avere queste idee strambe. Mangiamo insieme quasi tutti i pasti. -Certo. Ti va bene per domani a pranzo? Tra una lezione e l'altra dovrei essere libera. Magari mi aiuti a ripetere la lezione per l'esame.-

-A pranzo?- Non sembra molto convinto.

-Hai già degli impegni? Se no possiamo vederci più tardi per la corsa e semmai rimandiamo il pranzo a venerdì.-

-La corsa... Certo.- Non mi guarda negli occhi e sembra quasi distratto. Ha più sbalzi d'umore di una quindicenne mestruata. –No, va benissimo il pranzo per domani. Pensavo di andare...-

-In mensa. Sai che ho l'esame dopo, è meglio se non andiamo troppo lontano.- Lo prevengo io. Non posso permettere che l'esame mi vada male e devo ripassare prima, quindi, per quanto non sia ansiosa di mangiare cibo irriconoscibile e schifoso, devo restare in università. Caleb sembra stanco e non è più entusiasta come prima, ma non lo sarei neanche io se volessi andare a mangiare in chissà quale ristorante e invece dovessi cambiare programmi per la mia amica noiosa. –Hey.- Gli dico non sentendolo rispondere e appoggio anche l'altra mano sulla sua. Lui mi guarda, come se lo avessi appena svegliato da un sogno. –Se non hai voglia lasciamo perdere e mangiamo insieme un altro giorno, mi porterai dove vuoi tu.-

-No, no, scusa, va benissimo domani in mensa.-

-Ascolta, sei troppo stanco per guidare fino al dormitorio, resta qui stanotte. Ti porto il mio secondo cuscino e una coperta, il divano è comodo, lo sai.- Gli offro io. Non mi sembra in gran forma, è un po' pallido, le spalle sono ricurve e il viso è proprio stanco e forse persino triste. Mi fissa un attimo, poi toglie la mano da sotto la mia e si alza in piedi.

-No, non voglio essere svegliato con una mazza puntata contro la schiena come l'altra volta, grazie.-

-Ma dai è successo solo una volta. Lissa neanche ti conosceva, e ormai è passato un sacco di tempo.- Mi alzo anche io.

-Lo farebbe ancora.-

-Non lo ha più fatto.-

-Con lei non si è mai al sicuro.- Mi sorride ancora un attimo, poi mi poggia le mani sulle spalle. –No, davvero, ho voglia di farmi una camminata al fresco.-

-Come vuoi.- Lo abbraccio alzandomi sulle punte dei piedi e gli do un bacio sulla guancia, per poi farmi stringere ancora un secondo e lasciarlo andare. Mi depone un bacio sulla fronte.

-Buona notte Caleb.-

-Notte Belle.- Lo guardo chiudersi la porta alle spalle e dopo aver salutato Scott e Eugene faccio uscire anche loro e chiudo a chiave la porta. Sono quasi le due di notte. Considerando che domani ho la prima lezione prestissimo e che vorrei svegliarmi prima per ripassare è il caso che io vada a letto. Vado in camera, mi metto il pigiama rosso e cerco il cellulare per andare a ricontrollare il misterioso messaggio. Il numero ha il prefisso dell'Oregon. Non conosco nessuno in Oregon, se non i miei nonni paterni, ma non penso che siano capaci di usare un cellulare e, se anche fosse, sicuramente non avrebbero il mio numero. È un messaggio semplice, niente consigli, niente complimenti o insulti, niente di niente.

Ciao 

   
 
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