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Autore: FatSalad    10/12/2017    3 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Il finestrino aperto lasciava entrare un po’ di vento, ma l’aria era ugualmente calda e afosa e le previsioni presagivano lo stesso clima per una buona metà del mese di agosto. Spartaco aveva la mente completamente rivolta alle vacanze, che si stavano avvicinando e anche se aveva insistito un po’ sulla possibilità di progettare un itinerario in montagna, in quel momento era felice di andare al mare. Lui e Giovanni avevano trovato un posticino abbastanza economico per andare in campeggio e Spartaco immaginava di essere già immerso nell’acqua fresca quando l’afa gli mandava in tilt il cervello.
L’auto fece una sterzata piuttosto brusca e Spartaco afferrò la maniglia sopra al finestrino in un gesto automatico.
«Mi dici di cosa hai paura? Non ti fidi della mia guida?» chiese Irene, indispettita.
«Non è che non mi fidi, è solo che me la faccio sotto per il modo in cui prendi le curve.»
Irene sbuffò.
«Non hai visto che c’era una macchina che veniva nel senso opposto?» chiese Spartaco, per chiarire la propria posizione.
«Era lontana.» disse la ragazza scrollando le spalle.
Spartaco allora decise che era inutile discutere e che non avrebbe più accettato passaggi da Irene in vita sua.
«Eccoci, questo è il posto.» annunciò la ragazza, accingendosi a parcheggiare davanti ad un bar.
Il locale aveva le pareti di vetro ed era illuminato a giorno, dentro si potevano scorgere diverse persone che ridevano e bevevano cocktail coloratissimi.
«Ah.» fece il ragazzo leggendo il nome scritto in un elegante corsivo sull’insegna luminosa.
«Lo conosci?» chiese Irene.
«Non proprio.»
Non stava mentendo, anche se era entrato in quel bar non avrebbe saputo dare un giudizio di sorta sulla qualità del cibo o del servizio. L’unica volta che ci aveva messo piede era una mattina di qualche settimana prima e se n’era andato prima di poter assaggiare anche solo un caffè: era il bar in cui aveva visto Lilla l’ultima volta.
Mentre scendeva dalla Twingo di Irene, ben felice di poter ritornare coi piedi per terra, fece mentalmente qualche calcolo.
Lilla era partita? Era già tornata? Si stava rilassando in Norvegia?
La vocina più timida della sua testa chiese: “mi manca?”, ma Irene sbatté la portiera con decisione e il rumore scacciò via tutti quei pensieri.
«Guarda che bel parcheggino che ti ho fatto!» esclamò la ragazza, orgogliosa.
«Almeno quello…»
Irene ruotò gli occhi al cielo, come faceva ogni volta che non era d’accordo ma non voleva iniziare una discussione e Spartaco sghignazzò.
Sì, era meglio tornare a non pensare a Lilla. A dir la verità fino a quel momento ci era riuscito anche piuttosto bene. Tra l’euforia per le nozze di Giulia con tutti i preparativi da affrontare, il lavoro da sbrigare in quella calura spossante e la “nuova” amicizia con Irene doveva ammettere che Lilla era stata l’ultimo dei suoi pensieri, se non meno.
Passare del tempo con Irene era la cura perfetta per un presunto cuore infranto, avevano sempre di che parlare, a volte anche tanto su cui discutere e con lei Spartaco aveva la testa sempre occupata su qualcosa che non era Lilla o il suo status di single. Di questioni amorose non parlavano mai e il ragazzo ne era sinceramente grato. Se solo si fosse fermato un po’ di più a rifletterci, infatti, si sarebbe reso conto che stava passando il periodo più lungo della sua vita senza una ragazza da quando aveva quattordici anni e probabilmente al suo super-ego sarebbe preso un infarto.
Spartaco seguì Irene all’interno del locale e si guardò intorno alla ricerca di due posti liberi. Una voce interruppe la sua ricerca, costringendolo a voltarsi.
«Guarda chi si rivede: lo Spartano!»
«Oh, ciao Michele!» salutò Spartaco, alzando una mano con un sorriso.
Era sorpreso di vedere l’attaccante in quel bar, non c’erano mai stati insieme con il gruppo di amici e d’istinto guardò dietro alle spalle del compagno di squadra alla ricerca di altri volti noti.
«Fa’ vedere…»
L’amico lo interruppe prendendogli il capo tra le mani e facendolo piegare un po’ per ispezionargli la nuca.
«Che stai facendo?!» disse Spartaco divincolandosi, irritato e divertito insieme.
Che scemenza avrebbe tirato fuori Michele, stavolta?
«Beh, – fece lui – è così tanto che non ti si vede a giro che credevo ti fossi fatto monaco, eppure hai ancora tutti i capelli…»
A Spartaco si congelò un mezzo sorriso sul volto. Accennò una risatina e chiese:
«Ma che dici?!» sperando ancora che l’amico stesse scherzando.
L’espressione di Michele però si era fatta strana, sorrideva, ma non sembrava affatto divertito. Lo stava davvero rimproverando?
«Non so, dimmelo tu: non sono io lo stronzo che di punto in bianco è troppo impegnato per farsi vivo. Che c’è? Ti sei fatto una nuova ragazza? – chiese poi scrutando un punto alle spalle di Spartaco – oh… pensa un po’…» aggiunse stupito, dopo aver notato Irene.
«Ciao…» mormorò la ragazza accennando un saluto con il capo.
«Se hai un problema con me d’accordo, ma non mettere in mezzo lei.» disse Spartaco a Michele, assumendo di colpo un’espressione dura.
«Io… vado a prendere un posto…» annunciò Irene, dileguandosi in fretta.
Probabilmente aveva notato il cambio di tono di Spartaco e non doveva essergli piaciuto.
«Ho capito perché facevi tanta resistenza per presentarmela, ma se piaceva a te bastava dirlo!» esclamò Michele scuotendo il capo.
«Se non sbaglio te l’ho presentata, se poi sei un coglione non dovresti dare la colpa a me!» si difese il moro.
Michele fece una risata forzata.
«Ma dico io: che ci voleva a dire che hai una nuova tipa e vuoi passare il sabato sera a rotolarti tra le lenzuola con lei, eh? Che ci voleva?»
A quelle parole Spartaco serrò la mascella. Gli aveva appena chiesto di non mettere in mezzo Irene e Michele aveva fatto esattamente il contrario. Ed aveva fatto male. Non era più disposto a giocare pulito, adesso. Fece un passo in avanti, arrivando a pochi centimetri dal suo volto, fissandolo negli occhi per qualche istante. Poi d’un tratto fece una smorfia, alzando un angolo della bocca.
«Non prendo lezioni d'amore da uno patologicamente innamorato di una ragazza, che cambia partner ogni settimana perché non ha il coraggio di farsi avanti con lei.»
Aveva detto la cosa più crudelmente vera che potesse dirgli con la voce più calma che era riuscito a trovare ed aveva fatto centro. Michele, sorpreso da quell’attacco, non trovava parole per rispondere e spostava lo sguardo da un punto all’altro del suo viso, diventando sempre più irrequieto e arrabbiato. Spartaco ebbe il modo di chiudere la questione.
«Sai che ti dico? Vaffanculo! Parli come se sapessi tutto, ma lasciatelo dire: tu non sai niente, non provare nemmeno a fare supposizioni, perché non sai niente.»
Il moro fece per voltarsi e raggiungere Irene.
«Che pezzo di…»
Spartaco guardò oltre la propria spalla per vedere un Michele furente, come non l’aveva mai visto, il volto rosso e l’espressione ben lontana dal suo tipico sorriso da monello. Era in procinto di raggiungerlo, ma un amico lo tratteneva. Spartaco udì che gli diceva “Lascia perdere…” mentre lo teneva per un braccio.
«Tranquillo – disse allora nella loro direzione – ce ne andiamo.»
E, raggiunta Irene, la prese per un braccio e la condusse fuori dal bar senza una parola.
Lei non gli chiese spiegazioni, guidò per qualche tempo in silenzio e Spartaco non domandò dove stessero andando. Quando la ragazza parcheggiò e scese dall’auto, il ragazzo, che non si era nemmeno spaventato per la sua guida, tanto era concentrato su ciò che era appena accaduto, si guardò intorno cercando di capire dove fosse.
Irene l’aveva portato presso un laghetto artificiale, la superfice era ferma e rifletteva la luce dei lampioni che illuminavano qualche persona a spasso. Di giorno doveva essere un parco perfetto per far giocare i bambini e organizzare picnic familiari, a quell’ora di sera diventava un posto piuttosto romantico per una passeggiata al chiaro di luna.
Spartaco seguì la ragazza e raggiunsero un baracchino che vendeva gelati. Senza chiedere la sua opinione Irene scelse i gusti di gelato per lui e gli passò il cono. Poi cominciò a passeggiare intorno al lago e Spartaco l’affiancò.
Passarono ancora qualche minuto senza rompere il silenzio, camminando lentamente assorti entrambi nei propri pensieri, poi decisero che avevano passato abbastanza tempo senza dire una parola.
«Perché mi hai dato questo?» chiese Spartaco accennando al cono gelato.
Irene fece spallucce.
«Il gelato di solito funziona per le ragazze con il ciclo.»
«E questo che c’entra?! – chiese Spartaco aggrottando le sopracciglia – E poi io chiedevo come mai hai abbinato i gusti “cassata” e “bacche di goji”!»
«Oh. E c’è bisogno di chiederlo? – fece lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo – Le bacche di goji perché era il gusto più strano e volevo sapere se faceva schifo come sembra, la cassata… perché credo tu abbia appena fatto una cassata
Spartaco diede un morso alla cialda del cono e masticò lentamente, inghiottì e sospirò.
«Fidati: fa proprio schifo.» le disse guardando la superficie scura del lago e Irene non chiese a quale dei due gusti si stesse riferendo.
 
Quel fine settimana, dopo l’uscita con Irene, Spartaco ebbe di che riflettere.
Quando era stata l’ultima volta che era uscito con Michele e il suo gruppo di amici? Sul momento non gli veniva in mente, ma non era certo passata una vita come voleva fargli credere il compagno di squadra!
Michele… gli aveva detto delle cose davvero brutte, o meglio, gli aveva detto la verità, ma nel modo più brutale e cattivo che era riuscito ad immaginare e se ne era pentito all’istante, nel momento stesso in cui aveva pronunciato quelle parole. Non l’aveva mai visto così ferito e arrabbiato, la sua espressione solitamente ridanciana e buffa si era trasformata in una maschera iraconda.
Spartaco dubitava che avrebbero fatto pace a breve. Dubitava che avrebbero mai fatto pace, a dirla tutta. Con Michele non c’era mai stato bisogno di chiedere scusa, perché solitamente gli insulti o le litigate gli scivolavano addosso senza toccarlo veramente, ma di solito erano litigate ben più stupide, non significative come quella di sabato.
Spartaco si stropicciò la faccia con una mano. Si sentiva uno schifo. Avrebbe preferito fare a botte con Michele, così almeno avrebbe avuto qualche livido di cui lamentarsi, così invece, quando il diverbio era stato impari e a suon di parole taglienti, era difficile ammettere che gli faceva male qualcosa dentro, tra il petto e lo stomaco.
“Dunque questo è il rimorso” si disse.
Non si era mai pentito delle proprie azioni o delle proprie scelte come in quel momento e di cose stupide ne aveva fatte nella vita! Aveva comprato un paio di scarpe di un orribile giallo fosforescente, per esempio, era bocciato all’ultimo anno delle superiori, si era messo con una ragazza che piaceva a Giovanni e molto altro, eppure niente gli sembrava paragonabile al modo ingiusto in cui aveva trattato Michele.
Mentre si apprestava a preparare il pranzo cominciò a chiedersi se l’attaccante non avesse avuto in qualche modo ragione, almeno in parte.
Per una volta fu grato del fatto che i suoi non lo avessero invitato a pranzo a casa loro. Erano impegnati insieme a Giulia nella ricerca di un ristorante per il ricevimento del matrimonio, il che avrebbe determinato anche la data dello stesso, che indicativamente era fissata all’estate seguente. Con l’umore che si ritrovava Spartaco non sarebbe riuscito ad entusiasmarsi nemmeno per finta.
Consumare un pasto modesto nel silenzio del suo monolocale gli sembrò, per una volta, una buona prospettiva. Gli serviva del tempo per riflettere.
“Non c’è niente di male a farsi nuove amicizie” pensava tra una forchettata e l’altra, fissando il bicchiere mezzo pieno davanti a sé.
“Io avrei anche voluto continuare ad uscire con loro insieme a Irene, non è colpa mia se non sono un gruppo accogliente!” un pensiero ed un morso al pane del giorno prima.
“Dovevo forse giustificarmi per la mia assenza nelle ultime settimane? C’è qualcuno che prende le presenze, forse?” pensava e masticava e quando il piatto fu vuoto era quasi convinto di essere in fin dei conti dalla parte della ragione.
Poi però il cellulare squillò e benché avesse avuto tutte le intenzioni di mostrarsi allegro e indistruttibile, non appena sua sorella gli chiese “Come stai?” per qualche strana ragione gli venne da riversare dentro la cornetta tutto ciò che gli era successo la sera prima.
Giulia ascoltò tutto in silenzio e quando Spartaco si chetò era tutto soddisfatto e certo del supporto della sorellina.
Invece Giulia gli disse:
«Michele ha ragione.»
«Cosa? No! Ma non hai ascoltato quello che ti ho raccontato?!»
«Ho ascoltato perfettamente e concordo con Michele: ultimamente non ci sei mai, sei sparito dalla circolazione, non ti fai sentire e non hai mai spiegato il perché.»
«Ma te l’ho appena detto: voglio conoscere meglio Irene, credo che abbia bisogno di un amico più di quanto ne abbia bisogno Michele. E viceversa.» mormorò il ragazzo.
«Il modo in cui l’ha presa lui sembra dire il contrario. Credo che anche lui abbia bisogno di te e forse, se tu volessi, potresti riuscire a far andare d’accordo la tua collega con i tuoi vecchi amici.»
Spartaco sospirò portandosi una mano a massaggiare gli angoli interni degli occhi.
«Tu non capisci! Dopo quello che lei mi ha raccontato... - scosse la tasta e si morse il labbro inferiore, indeciso su quanto svelare alla sorella. - Mi ha detto chiaro e tondo che si sente a disagio in mezzo a persone nuove, lei... ha avuto qualche brutta esperienza, ecco.»
«Va bene, ho capito, ma, magari, se tu provassi a presentarle Giovanni, per esempio, sapresti esattamente come mettere a suo agio sia lei che lui, no?»
«Non so...» fece lui titubante.
«Come “non so”?! Lo conosci da una vita! Siete partners in crimes, non ti ricordi? Voglio dire, se hai provato a gettarla in mezzo al tuo gruppo di compagnoni del sabato sera e lei si è sentita a disagio non posso biasimarla: anche io avrei reagito allo stesso modo. Ma se provi a presentarle con calma qualcuno dei tuoi amici più stretti sono sicura che li troverà simpatici come fai tu.»
Spartaco parve pensarsi su seriamente.
«Tu credi?» chiese infine, insicuro.
«Ne sono sicura.» affermò lei.
«D’accordo. Allora sei libera sabato prossimo?»
«S-sì… perché?»
«Voglio che tu e Nathan siate i primi.»
 
 
Ore 22: 05
- Scusa, Spartaco, non capisco…
- Che c’è da capire? Sabato prossimo voglio presentarti mia sorella.
- …e il suo fidanzato.
- Che è un vecchio amico, sì. Se non ti va non importa, eh…
- Sì, mi va, d’accordo. È solo che sembra un’uscita a quattro…
- Beh, se preferisci ti lascio da sola con loro due a reggere il moccolo.
- A che ci troviamo, hai detto?
 
 
Il mio angolino:
Innanzitutto chiedo perdono per la mia lunga assenza e per il capitolo non altrettanto lungo...
Poi mi accorgo solo ora di non aver mai ringraziato tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, per non parlare di chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (io? Sul serio?? *_*). Terribile mancanza da parte mia, ecco, questo Grazie Immenso è per tutti voi e un Grazie Infinite a chi trova il tempo di lasciare una recensione: siete la mia gioia!
Ehi, ehi, ehi… ma non è rimasto nessuno a fare il tifo per Lilla? Team Lilla, dove sei?? Fatti sentire! XD
Alla prossima,
FatSalad
   
 
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