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Autore: FatSalad    30/12/2017    2 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Spartaco aprì il rubinetto e con le mani a coppa raccolse quanta più acqua possibile per immergervi la faccia. Ripeté l’operazione e massaggiò vigorosamente per togliere ogni residuo di sonno dal volto, poi alzò il capo di scatto, chiuse il rubinetto e si passò una mano tra i capelli. Valutò se asciugarsi o meno, poi una gocciolina d’acqua fredda scese tra le sue scapole facendogli il solletico e si decise ad utilizzare l’asciugamano che aveva portato con sé.
“Rimpiangerò questa frescura, lo so” pensò tra sé, memore dei gradi che la temperatura raggiungeva in quei giorni.
Lasciò il bagno ciabattando e si imbatté in due ragazze biondissime con i capelli arruffati. Una delle due gli sorrise e accennò un “Morning”.
«Ehi!» rispose Spartaco accennando un saluto con il capo.
Cercò di fare mente locale e di ricordare se le avesse già viste la sera prima o se si fossero mai presentati, ma Giovanni interruppe i suoi pensieri uscendo dalla tenda.
«’Giorno.» disse non appena lo vide, prima di stiracchiarsi la schiena e sbadigliare.
«Buongiorno bell’addormentato.» rispose Spartaco.
«Ma sono appena le otto! – si lamentò Giovanni – Sei tu che d’un tratto sei diventato mattiniero perché deve arrivare la tua amica!»
«Più tardi c’è fila al bagno – si giustificò il moro – e poi non eri tu che mi avevi implorato di fartela conoscere?»
«Non mi pare di averti mai “implorato”…» borbottò l’amico.
Rientrò nella tenda mentre Giovanni di dirigeva sbadigliando verso i bagni del campeggio e si accinse a riempire uno zaino con tutto l’occorrente per la giornata. Controllò che ci fosse la crema per il sole, il telo ancora un po’ umido dal giorno prima, la borraccia da riempire, il portafogli. Quando prese in mano il cellulare si bloccò. Forse, in effetti, era un po’ in fibrillazione per quella giornata, giusto un pochino. Controllò che non ci fossero chiamate o messaggi sul telefono, poi aumentò il volume della suoneria al massimo e lo gettò nello zaino. Il fatto era… che era un po’ preoccupato, ecco tutto.
Pochi giorni prima aveva presentato Giulia e Nathan a Irene e la serata era andata sorprendentemente bene. Sebbene, infatti, per una buona mezz’ora sua sorella non avesse fatto altro che parlare di ristoranti e menù per il ricevimento di matrimonio, fiori bomboniere e altre quisquilie concernenti il suo grande giorno, dopo essersi sfogata a sufficienza riguardo ai prezzi assurdi dei parrucchieri per una semplice acconciatura, sembrava che fosse andata molto d’accordo con Irene.
La sua collega, d’altro canto, non era rimasta zitta e seria per tutto il tempo come una parte di lui aveva temuto e Spartaco era rimasto a dir poco sorpreso quando, prima di salutarsi, Giulia aveva invitato Irene ad unirsi a lei e Nathan la settimana seguente.
«Andiamo a trovare mio fratello e Giovanni, ci facciamo un giorno di mare e cerchiamo di dimenticare tutto il resto!» aveva proposto Giulia.
La cosa più sorprendente, però, era che Irene non avesse detto di no. Non aveva neanche detto di sì, in effetti, ma le due ragazze si erano scambiate i numeri di telefono e a quanto pareva la sua amica era stata convinta.
«Ho detto a Emily e Kate che ci vediamo sulla spiaggia!» esclamò un Giovanni raggiante facendo irruzione nella tenda.
«A chi?» chiese Spartaco corrugando la fronte.
«Emily e Kate, le due australiane con due paia di gambe da capogiro! Le ho incontrate che uscivano dal bagno.»
«Giova… tu non parli una parola d’inglese.»
«Spartaco, - cominciò lui imitando il tono pretenzioso dell’amico – tu sottovaluti il linguaggio del corpo.»
Il moro roteò gli occhi, poi afferrò gli occhiali da sole e uscì dalla tenda ridacchiando: gli era mancato il suo migliore amico.
L’arrivo delle ferie era stato quasi provvidenziale per Spartaco, che aveva bisogno, oltre che di staccare dal lavoro e dall’afa del suo ufficio, di ripensare un momento al proprio comportamento con gli amici. Conoscere Irene in maniera più approfondita l’aveva portato a trascurare tutte le altre amicizie, adesso lo capiva e non ne andava fiero. Da quando i due ragazzi erano arrivati al villaggio turistico, però, Spartaco aveva scoperto che niente era cambiato nel suo rapporto con Giovanni, erano i vecchi amici di sempre e questo l’aveva rassicurato non poco.
Mentre sbirciava divertito attraverso le lenti scure l’amico che si fingeva interessato ad una lezione di aquagym solo per flirtare con qualche tipa, Spartaco intuì che aveva fatto una battuta poiché la ragazza accanto a lui si mise a ridere e gli diede un bonario pugnetto sul braccio. Spartaco sorrise di riflesso.
“Un tempo sarei stato anch’io lì con lui a fare lo scemo” pensò.
Già, che cosa era cambiato da “un tempo”, allora?
«Devo aspettare nel caso in cui mia sorella mi chiami.» aveva detto poco prima a Giovanni e fu quello che ripeté anche a sé stesso cercando di non rimanere turbato da quell’improvviso pensiero.
«Non sai che è pericoloso addormentarsi con gli occhiali da sole sulla spiaggia?» disse una voce vicinissima al suo orecchio, facendolo sobbalzare.
Di riflesso Spartaco si portò gli occhiali sopra la testa prima di voltarsi.
«Siete riusciti a trovarci, allora!» esclamò salutando sua sorella.
Lei ammise che era stata sul punto di chiamare, ma che Nathan, alla guida, l’aveva convinta a fidarsi di lui.
«Voleva fermarsi per chiedere indicazioni… ma dico io: tua sorella non ha un po’ di senso dell’orientamento?» disse Nathan facendo irritare Giulia che cercò di difendersi in tutti i modi.
Spartaco sghignazzò, dando perfettamente ragione al ragazzo, poi cercò con gli occhi dietro alla coppia.
«Ehi… tutto bene il viaggio?» chiese una volta incrociato lo sguardo di Irene.
Lei annuì e Spartaco le si avvicinò per darle due bacini, poi si bloccò all’ultimo secondo e le fece un buffetto sul mento.
«Mi auguro che non siano stati così per tutto il tempo…» disse il ragazzo accennando ai due fidanzatini che bisticciavano.
Per tutta risposta Irene fissò Giulia e Nathan con aria trasognata e dopo qualche secondo sussurrò: «Sono una bella coppia.»
«Ehi, promessi sposi, – disse Spartaco per interrompere il buffo litigio – che ne dite di andare a salutare Giova? Credo che abbia tonificato a sufficienza le lonze…» aggiunse indicando con il capo l’amico ancora intento a fingere di fare esercizi, ignaro dell’arrivo dei tre ragazzi.
Lo chiamò a gran voce e dopo aver salutato la vicina di aquagym ammiccando, venne verso di loro tutto sorridente. Salutò Nathan con un abbraccio, diede due baci a Giulia e Spartaco trattenne il fiato quando si fermò davanti ad Irene.
«Piacere, Giovanni.» le disse con un sorriso aperto tendendole la mano.
Spartaco tornò a respirare e poi si diede dello stupido: aveva forse temuto che Giovanni, proprio il suo migliore amico, potesse peccare di invadenza o eccesso di affetto?
«Se volete vi accompagniamo a montare la tenda.» propose Spartaco per pensare ad altro.
«Grazie. – cominciò sua sorella – Voi uomini potete andare a montare la nostra tenda mentre noi signore ci accingiamo a prendere il sole.»
Concluse il tutto con un sorriso così angelico che Nathan, dopo averle dato della despota, le schioccò un bacio sulla tempia e si avviò insieme a Giovanni e Spartaco, lasciandosi alle spalle una Giulia dall’aria assai soddisfatta.
«Ehm… sicura che per te vada bene non dormire con Nathan?» chiese titubante Irene mentre si spogliavano per rimanere in costume.
«Tra poco ci passerò insieme tutta la vita, credo di poter resistere per una notte lontano da lui. – la rassicurò Giulia – E poi i tre bambini avranno tanto di cui parlare…»
Irene si voltò un’ultima volta verso le tre figure che si addentravano nella pineta dietro la spiaggia, vide i tre ragazzi che scherzavano, ridevano e si davano qualche pacca e parve convincersi che Giulia avesse ragione. Poi sospirò e si chiese per l’ennesima volta se la sua presenza non fosse di troppo. Quando parlava con Giulia, quella ragazza così minuta e dall’aria innocente, si sentiva tranquilla, come se la conoscesse da anni, ma se rifletteva razionalmente sulla situazione non poteva fare a meno di ricordare che aveva accettato di fare un viaggio con due persone che conosceva da circa una settimana, un collega che fino a pochi mesi prima detestava ed un perfetto sconosciuto.
“Di male in peggio!” pensò poche ore dopo, quando si ritrovò incastrata in un torneino di beach volley.
I giocatori erano tre ragazzi abbronzati che parevano usciti da un negozio di Abercrombie e due straniere con un sorriso smagliante e il fisico da modelle. L’unica consolazione era che almeno Giulia era vergognosamente bianca come lei, ma, ahimè, anche lei aveva un fisico perfetto.
Irene fece resistenza per giocare con loro, spingendo sul fatto che, oltre a non essere capace di giocare, la sua presenza avrebbe reso il numero di giocatori dispari. Per fortuna Spartaco non insistette troppo e così rimase seduta a bordo campo, a stringersi le ginocchia e guardare la partita.
Poi Nathan e Spartaco presero Giulia a tradimento e la gettarono in acqua e quando il collega si voltò verso di lei Irene ebbe paura che potesse capitargli la stessa sorte. Gli avrebbe fatto molto male se solo si fosse azzardato.
Spartaco le si avvicinò sorridendo e forse perché notò l’atteggiamento circospetto della ragazza o forse perché non aveva mai avuto intenzione di gettarla in acqua, le chiese:
«Che fai? Non vieni?»
Irene farfugliò qualcosa, indecisa, poi seguì gli altri immergendosi cautamente.
«Allora – la sorprese una voce alle sue spalle – com’è lavorare con Spartaco?»
Irene incontrò il volto di Giovanni, osservò i suoi capelli scuriti dall’acqua e la fossetta che si formava su una sola guancia quando sorrideva, poi distolse lo sguardo.
«Non lavoriamo proprio insieme. – rispose – Stesso edificio, uffici diversi.»
Giovanni non si scompose per quella risposta fredda.
«Quando eravamo ragazzi sognavamo di lavorare insieme, poi, si sa, la vita è imprevedibile.» disse il ragazzo guardando la linea dell’orizzonte.
Irene aprì la bocca per dire qualcosa, colpita dal tono di Giovanni, ma qualcuno venne loro incontro e li schizzò copiosamente. La ragazza sentì formarsi la pelle d’oca e rivolse uno sguardo truce a Spartaco, colpevole dell’attacco.
«Tanto eri già bagnata… quasi…» si giustificò il collega con un sorriso malandrino.
Ebbe inizio una feroce lotta a suon di schizzi, spruzzi e tentativi di annegarsi gli uni gli altri e Irene dovette ammettere che, passata l’irritazione iniziale, stava cominciando a divertirsi.
 
«Dai, vieni a ballare!»
«Non dirmi che sai anche ballare il latino americano! – esclamò Irene, sgranando gli occhi – Io non so ballare!»
«Nemmeno io! Basta muovere il bacino, no?» disse Spartaco producendosi nella parodia di un balletto che la fece ridere.
La giornata era trascorsa troppo in fretta secondo Spartaco, tra i giochi in spiaggia, il pranzo, la passeggiata in pineta, il bagno. Aveva tenuto d’occhio Irene per tutto il giorno, come un genitore preoccupato per la figlioletta, ma gli era sembrato che si fosse sentita a proprio agio. La sera, dopo che lui e Giovanni si erano esibiti con qualche brano all’ukulele sulla spiaggia, attirando un crocchio di persone intorno a sé, avevano deciso di andare a vedere cosa proponeva la serata organizzata dal villaggio turistico.
La musica suonava forte e Spartaco si sentiva leggero, forse grazie anche alla birra che aveva bevuto con gli altri. Non ascoltò le proteste della collega, la prese per un braccio e la attirò a sé, conducendola in pista. Le fece fare un paio di giravolte sbilenche, poi le prese le mani e accennò qualche passo.
«Non ci credo: mi hai mentito! Ma certo che sai anche ballare!» disse Irene ruotando gli occhi al cielo.
«Ma no... una ragazza mi ha insegnato i passi base, tutto qui.» spiegò Spartaco scrollando le spalle.
Irene immaginò che si trattasse di una sua ex, nonostante Spartaco non lo avesse specificato e pensò che il collega doveva sembrare piuttosto incapace accanto ad una ballerina professionista. Purtroppo, accanto a lei faceva decisamente una bella figura. Imbarazzata, fece per tornarsene a posto, ma lui glielo impedì.
«Dove scappi? Non è passata nemmeno mezza canzone!»
«Dai, non so ballare...» si lamentò Irene, a disagio.
Spartaco le lanciò un'occhiata che doveva essere di rimprovero e la tenne lì dov'era.
«Lasciami condurre! – disse convinto – Ero serio quando dicevo che basta muovere il bacino, sai?»
Le mostrò come contare i passi, insegnandole il ritmo e rassicurandola: la salsa e la baciata erano davvero una bazzecola! Piano piano Irene si sciolse, anche se continuava a tenere gli occhi sui propri piedi per paura di perdere il ritmo.
«Visto? È semplice. Adesso però non ci pensare troppo, rilassati!» le disse.
Per sottolineare il concetto la avvicinò di più a sé, incrociando le dita con le sue, palmo contro palmo, in modo che non avesse spazio per guardarsi i piedi.
Irene si irrigidì e Spartaco parve ricordarsi in quel momento che la ragazza non amava il contatto fisico, allora le fece fare una giravolta troppo lunga solo per farla ridere.
Irene si sentì più sicura e si lasciò un po' andare. Non si preoccupò neanche più di tanto quando le figure la portavano decisamente vicina al ragazzo.
“È bello farsi condurre” pensò di dirgli, alzò gli occhi sul suo viso sorridente, ma poi lasciò perdere.
La musica cambiò, si fece più lenta, dal microfono un animatore prese la parola e annunciò:
«A grande richiesta: un lento per tutte le coppie!»
«Questo te la senti di ballarlo con me?» chiese Spartaco con un sorriso sornione.
«Non se ne parla.»
«Brava: vai a ballare con Giova, che ne dici?»
«Cosa?! Non se ne parla proprio!» si impuntò Irene, sgranando gli occhi.
«Cos'ha il mio amico che non va, me lo spieghi? È un bravo ragazzo, te l'assicuro, non ti piace?»
«No, no, è un bel ragazzo – si affrettò a dire Irene – e sono sicura che sia bravo e intelligente e tutto il resto... solo che non... – fece una pausa, sospirò e riprese – mi sentirei troppo a disagio a ballare con un ragazzo che non conosco.»
«Va bene, va bene, non fare il labbruzzo come i bambini, ora.» le disse Spartaco, vedendo l'espressione che aveva assunto.
Le diede un buffetto sul mento, per incoraggiarla a tornare a sorridere.
«Però puoi provare a conoscerlo, no?»
Irene fece un gesto vago senza guardarlo negli occhi, poteva sembrare che avesse annuito, poi, senza preavviso, appoggiò la testa sulla spalla di Spartaco. Allora il ragazzo si rese conto che avevano continuato a ballare vicini fino ad allora.
«Scusami. – Mormorò Irene – I tuoi amici non hanno niente che non va, davvero.»
Per qualche ragione si sentiva in dovere di scusarsi e sicuramente non solo per quella giornata, si sentiva in colpa per il litigio tra Spartaco e Michele.
«Proverai a ballare con Giova?»
«Proverò a parlargli... quando miss-Terra-dei-Canguri non gli terrà più la bocca occupata.» assicurò.
Spartaco allora sollevò il capo in cerca dell'amico. Vide sua sorella e Nathan che ballavano e si bisbigliavano qualcosa come una qualsiasi coppia affiatata e, all'angolo della pista, vide Giovanni, intento a baciare una ragazza altissima che lo spingeva contro un muro. Emily o Kate: non ricordava di quale delle due si trattasse.
Spartaco mormorò la propria approvazione, divertito, poi tornò a guardare Irene, o meglio, i suoi capelli, il viso era ancora nascosto contro la sua spalla. E i suoi capelli emanavano la solita fragranza di pesca.
«Che profumo porti?» chiese.
«Mh? Niente.» disse Irene, sollevando il capo.
«Profumi di pesca.»
«Oh, è il mio shampoo preferito.» disse sorridendo.
Poi gli sfiorò il braccio e Spartaco provò l'impulso di tendere i muscoli per sottolineare la linea del bicipite, ma si ricordò che si trattava di Irene, la sua collega, la sua amica Kilowatt e si rilassò.
«Hai un sacco di nei – gli disse la ragazza seguendo con lo sguardo il percorso delle proprie dita sulla sua pelle – ci si potrebbe giocare a “unisci i puntini”!»
«E che immagine verrebbe fuori?» chiese Spartaco divertito.
«Un co-...»
«No, grazie, non lo voglio sapere!»
«Stavo per dire “un corto circuito”, che credevi?! Comunque Giovanni sembra un tipo a posto. – aggiunse dopo aver represso un ghigno – Perché non mi hai presentato prima lui, invece che Michele?»
«Perché Giova di solito lavora, la sera.» rispose prontamente Spartaco.
Eppure mentre lo diceva dentro di sé si accorse con un certo fastidio che parte del motivo poteva essere un altro.
Aveva avuto paura che i due si piacessero anche troppo.
 
A Michele fischiarono le orecchie e se le massaggiò con due dita. Era irritato.
Elena l’aveva contattato con urgenza apportando come motivo una (ennesima) delusione d’amore. Elena aveva chiamato e lui era corso, pur convincendosi che se la stava prendendo con comodo, mentre indossava il primo paio di scarpe che gli erano capitate a tiro. Durante il tragitto gli era tornato in mente Spartaco e per questo era arrivato già irritato, quando poi si erano seduti al bancone di un pub e la sua amica aveva cominciato a raccontare quanto quell’idiota del suo ormai ex l’avesse trattata male gli si erano accartocciate le viscere, ma non aveva detto niente. Sapeva che Elena aveva bisogno solo di parlare e sfogarsi, non certo di sentirsi giudicata.
Poi però era arrivato proprio lui, l’idiota che aveva trattato malissimo Elena e aveva cominciato a chiedere perdono alla ragazza. Michele aveva cercato di stringere i pugni e inghiottire la bile, mentre Elena gli ripeteva che era finita, che avevano chiuso per sempre, poi però l’uomo (un vecchio bavoso vestito da ragazzino, come al solito!), aveva cominciato a cambiare il tono dal supplichevole all’arrabbiato. A Michele avevano fischiato le orecchie e aveva deciso che era ora di finirla.
Sbatté i pugni sul bancone e si alzò in piedi.
Michele era un ragazzone con le cosce tornite e due braccia così, ma la sua statura di solito non incuteva alcun timore perché era unita alla sua espressione da giocherellone. In quel momento, invece, il ragazzo gonfiò il petto e si avvicinò all'uomo oltre i limiti dell'educazione, solo per guardarlo dall'alto con sguardo di ghiaccio, facendogli capire subito chi era in svantaggio tra di loro.
«Se uno stronzo come te ha avuto la fortuna di stare con una donna come lei – disse accennando a Elena – deve solo prostrarsi per terra e ringraziare. Se poi uno stronzo come te non è stato abbastanza uomo da trattarla bene deve girare il culo e sparire. Subito e per sempre!»
L'uomo strinse la mascella, sembrò sul punto di ribattere, ma poi si decise a scegliere la prudenza e si rimangiò qualunque cosa stesse per dire. Lanciò un ultimo sguardo a Elena, si voltò e se ne andò senza aggiungere una parola.
Michele rimase impalato sul posto per qualche istante, seguendo con lo sguardo il percorso dell'uomo e solo quando fu certo che si fosse allontanato rilassò le spalle e tornò a sedere, come se nulla fosse successo.
Elena, però, notò che era ancora scuro in volto. Gli si avvicinò e si sedette accanto a lui, stava pensando a cosa dirgli, ma lui parlò per primo.
«Sai cosa mi fa incazzare? Che anche le donne migliori non sappiano scegliere in fatto di uomini!»
Proruppe senza aspettare alcuna risposta.
«E io sarei una di quelle donne migliori?»
Michele non rispose.
«Perché?»
«Perché sei spiritosa, sicura di te e non sei una gallina come tante altre.»
«No, intendevo: perché allora non mi hai mai chiesto di uscire?»
«Perché una come te merita di meglio.»
«Alzati!»
Michele la squadrò con espressione interrogativa, poi, vedendo che lei si era alzata a sua volta e lo fissava con sguardo severo a braccia incrociate, si alzò, titubante.
Elena si voltò per uscire dal locale e a lui non rimase altra scelta che seguirla.
Si bloccò solo quando fu arrivata al retro del locale, silenzioso e deserto, solo la luce fioca di un lampione illuminava i paraggi. Anche Michele allora si arrestò e non appena Elena si voltò verso di lui, lesse nella sua espressione tanta rabbia nei suoi confronti che ebbe paura che l'avesse portato in quel luogo appartato e buio per potergli dare una lezione di kickboxing, di cui era esperta, o fargli una ramanzina da manuale. Fu in quel momento che perse tutta la sicurezza che aveva ostentato fino a poco prima nel locale.
La vide fare qualche passo deciso verso di lui, raggiungerlo in due falcate e prenderlo per la maglia per urlargli meglio in faccia.
«Tu sei veramente un cretino!»
Poi lo spinse contro il muro e prese d'assalto la sua bocca con un bacio vorace e impetuoso.
Michele rimase così stordito che gli ci volle qualche secondo prima di capire cosa stesse succedendo e rispondere al bacio. Poi le sue mani corsero alla sua schiena per avvicinarla di più al proprio corpo, raggiunsero il suo collo e i suoi capelli che accarezzò con adorazione, mentre cercava di domarla con quel bacio, prendendone il comando.
«Sono anni che aspetto che tu ti decida!»
Mormorò lei ansimando, gli occhi ancora semichiusi per riprendere il controllo di sé dopo quel bacio travolgente.
«Vedi che non sai sceglierti gli uomini?»
Ribadì il ragazzo con voce arrochita, ma stavolta era con un mezzo sorriso che parlava e le sue mani stavano massaggiando i fianchi di Elena e la sua bocca era così vicina alla sua che il suo fiato caldo le sfiorò direttamente le labbra carnose, facendole desiderare un nuovo bacio che non tardò a cominciare.
 
 
Due anni prima, 23 dicembre, ore 18:20
- Brutto!
- D’accordo, Corto, dimmi un motivo, un unico motivo perché “Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera” sia un film brutto, nonostante sia un capolavoro riconosciuto. Dammi un motivo valido e ti darò ragione.
- Ma fai sul serio, Kilo? Ecco un motivo più che valido: è lento!
- Beh…
- Lentissimo
- Si potrebbe dire che…
- L-E-N-T-O
- Beh, se non lo capisci forse sei tu quello lento! u.u
 
 
Il mio angolino:
Giuro che non sono andata in letargo!
Incredibilmente riesco ad aggiornare prima che sia finito l’anno e con un capitolo piuttosto corposo (ambientato in piena estate mentre siamo nel periodo natalizio…), e questo è il mio regalo per voi! Auguri!
All’anno prossimo,
FatSalad
   
 
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