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Autore: Yugi95    11/12/2017    1 recensioni
Quando si perde l’unica cosa al mondo che abbia davvero importanza; quando si perde una parte di sé che mai più potrà essere ritrovata; quando si perde l’amore della propria vita senza poter fare nulla per impedirlo… è in quel momento, è in quel preciso momento che si cede lasciando che il proprio cuore sia corrotto dalle tenebre. Si tenta il tutto per tutto senza considerare le conseguenze, senza pensare al dolore che si possa causare. Se il male diventa l’unico modo per far del bene, come si può definire chi sia il buono e chi il cattivo? Se l’eroe, che ha fatto sognare una generazione di giovani maghi e streghe, si trasforma in mostro, chi si farà carico di difendere un mondo fatto di magia, contraddizioni e bellezza? Due ragazzi, accomunati dallo stesso destino, si troveranno a combattere una battaglia che affonda le proprie radici nel mito e nella leggenda; una battaglia che tenderà a dissolvere quella sottile linea che si pone tra ciò che è giusto e ciò che è necessario.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III – Benvenuti ad Hogwarts
 
«Eccovi qui! Finalmente vi abbiamo trovate.»

«Era ora!» replicò Alya con tono acido, voltandosi verso i due ragazzi. «Sono dieci minuti che vi aspettiamo. Cosa diamine stavate facendo?!»

«Scusateci, non avevamo intenzione di…» sibilò imbarazzato Adrien ma Nino, frapponendosi tra lui e la ragazza, lo interruppe quasi subito. «Ehi sorella, placati! Dovevamo incontrarci a metà strada, siete voi ad essere in ritardo.»

«Sei il solito buzzurro! Una vera signora non è mai in ritardo, sono gli altri ad essere in anticipo.»

«Dì la verità: ti brucia il fatto che Marinette abbia dato la figurina di Gabriel a me e non a te.»

«Figurati… le hai fatto così tanta pena che non ha saputo resistere ai tuoi occhioni da cucciolo bastonato» starnazzò la figlia del Signor Césaire cercando di convincere più se stessa che il suo interlocutore.

Marinette e Adrien, senza riuscire a nascondere un sorriso o una risata di tanto in tanto, assistettero in disparte a quel bisticcio infantile che si protrasse fino a quando il treno non si fermò. Folle chiassose di studenti si riversarono nei corridoi dei vagoni. Il capostazione diede l’ordine di aprire le porte in modo tale da consentire agli occupanti di scendere. Nino e Alya, sballottati dall’improvvisa calca, furono separati dai loro amici.

Questi furono spinti all’indietro. La ragazza, in procinto di cadere rovinosamente sul tavolino di uno scompartimento, fu afferrata all’ultimo istante dal suo compagno. Le sorrise: non poteva permettere che si facesse del male. Tenendosi per mano al fine di non essere ulteriormente separati, si fecero largo tra la folla e con non poca fatica raggiusero la banchina del binario.

«Grazie. Questa è la seconda volta che mi salvi oggi» biascicò Marinette arrossendo vistosamente sulle guance. Abbozzò un timido sorriso, mentre il suo viso continuava a colorarsi di rosso. Non riusciva a capirne bene il perché, ma ogni volta che si trovava da sola con Adrien percepiva una piacevole sensazione di smarrimento.

«Adesso cerchiamo Alya e Nino» esclamò il ragazzo facendole l’occhiolino, «Non vorrei che quei due si maledissero a causa di una figurina.»

La stazione di Hogsmeade era gremita di persone: studenti, insegnanti e abitanti del villaggio affollavano la stretta banchina in muratura. A differenza di King’s Cross il binario si trovava all’aperto ed era privo di qualsiasi copertura. Gli edifici, al cui interno erano posti i diversi uffici e la biglietteria, erano fatti di pesanti e consumati mattoni grigi che tradivano l’età complessiva della struttura. Dai comignoli che si alzavano dallo spigoloso tetto della stazione fuoriuscivano dense e scure nuvole di fuliggine.

Una fitta nebbia rendeva alquanto difficile riconoscere cose e persone in lontananza. I due ragazzi, continuando a mantenersi inconsciamente per mano nonostante non ve ne fosse più il bisogno, impiegarono alcuni minuti prima di trovare i loro amici. Nino e Alya, ormai troppo stanchi e privi di voce per continuare a litigare, si erano riuniti al gruppo degli studenti del primo anno. Quest’ultimo si era isolato dalla restante parte dei ragazzi radunandosi intorno ad una longilinea figura maschile.

L’uomo, alto quasi un metro e novanta e vestito con un pesante pastrano marrone, stava radunando tutte le matricole al fine di accompagnarle all’interno del castello. Adrien e Marinette, dopo aver lasciato Plagg e Tikki alle cure degli addetti della stazione che avrebbero provveduto a trasferirli all’interno della scuola come da regolamento, si ricongiunsero con i loro compagni. Una volta che tutti gli studenti interessati si furono concentrati in quella piccola parte della banchina, il responsabile di quell’assembramento improvvisato si rivolse loro. «Primo anno! Il primo anno mi segua, forza.»

I ragazzi, guidati dall’uomo, s’incamminarono per uno stretto sentiero in pietra che s’inoltrava in un boschetto a ridosso della stazione. Giunsero sulle rocciose sponde di un vasto lago. La liscia e scura superficie dell’acqua era di tanto in tanto increspata da piccole onde che terminavano la loro “corsa” infrangendosi sulla riva. Tra gli antichi alberi posti a ridosso dello specchio d’acqua spirava un freddo vento d’autunno che costringeva i ragazzi ad avvolgersi il più possibile nelle loro lunghe cappe al fine di riscaldarsi.

Un lungo pontile si prolungava nel lago per una decina di metri. Ai massicci tralicci della struttura in legno erano ormeggiate una cinquantina di barche nere da cinque posti ciascuna, sulla cui prua era posta una luminosa lanterna di vetro. «Dividetevi in gruppi di cinque e sedetevi all’interno delle barche. Raggiungeremo Hogwarts in men che non si dica!»

Sui volti dei ragazzi si dipinse un’espressione di stupore mista ad eccitazione ed impazienza. Senza farselo ripetere due volte, si precipitarono alle imbarcazioni e presero posto all’interno di esse. Queste, contrariamente a quanto ognuno degli studenti credesse, iniziarono a muoversi da sole. Lasciarono lentamente il pontile e, facendosi cullare dal placido movimento dell’acqua, navigarono verso Hogwarts.

Le luci del castello, così come i suoi possenti torrioni e le ampie vetrate erano ormai ben visibili. La struttura era arroccata su un massiccio basamento di roccia irregolare che dalla terra ferma si allungava sulla superficie del lago. Gli studenti, raggiunta la rimessa per le barche, si arrampicarono per l’infinita scalinata in marmo che li avrebbe condotti al cortile principale del castello. Il maestoso orologio aveva appena rintoccato le otto di sera quando i ragazzi giunsero al portone principale.
«Siamo arrivati! A breve un insegnante vi accompagnerà all’interno della Sala Grande, dove avverrà la Cerimonia dello Smistamento. Una volta completata, sarete considerati a tutti gli effetti studenti d Hogwarts.»

Improvvisamente, alle spalle dell’uomo apparve dal nulla un’esile e slanciata figura femminile dai capelli rossi, raccolti in un ordinato chignon posto dietro la nuca. Avanzò lentamente verso l’accompagnatore degli studenti, lasciando svolazzare per l’aria i lembi della sua lunga veste bianca. La figlia del Signor Dupain e quella del Signor Césaire, a differenza dei presenti, la riconobbero subito e si sentirono sollevate nel sapere che fosse proprio lei ad accompagnarli.

«Mille grazie per averli condotti fin qui, Signor Haprèle» sibilò, dolcemente, la donna, mentre con i suoi vivaci occhi verde acqua scrutava la folla di ragazzi che si trovava a poca distanza da lei.

«Dovere, professoressa Bustier» replicò l’altro con forse un po’ troppa dolcezza.

Il Signor Haprèle, prima di congedarsi e raggiungere l’interno della scuola, rivolse un’ultima occhiata agli studenti del primo anno. In particolare, concentrò tutta la propria attenzione su una bassa e paffuta ragazzina. Indugiò per alcuni secondi sul suo profilo, finché quest’ultima, resasi conto di essere osservata, gli fece un rapido e impercettibile occhiolino. Solo allora l’uomo, le cui labbra si erano increspate in un sorriso compiaciuto, eseguì una specie di inchino per poi sparire tra i colonnati del cortile.

La professoressa Bustier, schioccando semplicemente le dita della propria mano destra, fece spalancare il portone in bronzo. I ragazzi, seguendola silenziosamente e ordinatamente, entrarono nel castello ritrovandosi in una spaziosa e luminosa sala. «Al dì là di queste porte avverrà la Cerimonia dello Smistamento. Tuttavia, prima di farvi entrare, devo essere sicura che gli altri siano pronti a ricevervi. Per questo motivo vi chiedo ancora alcuni minuti di pazienza.»

Nello stesso istante in cui la donna terminò la frase, una nuvola di fumo l’avvolse da capo a piedi facendola sparire. Gli studenti, rimasti da soli, ruppero quel surreale silenzio che aleggiava sulle loro teste iniziando a parlottare tra di loro. Anche Adrien era in procinto di discutere tranquillamente con i suoi nuovi amici quando una voce a lui familiare richiamò la sua attenzione.

«Adrienuccio caro, come mai prima non mi hai salutato?»

Non ebbe neanche il tempo di girarsi che le braccia di Chloé Bourgeois gli si erano già avvinghiate al busto. Marinette, Alya e Nino rimasero alquanto sconcertati nel vedere tutta quella confidenza tra i due. La figlia del Signor Dupain, nonostante non le fosse ancora ben chiaro il motivo, fu molto infastidita da quelle attenzioni e soprattutto da quell’atteggiamento d’intimità. «C-c-ciao Chloé» balbettò, imbarazzato, il giovane, mentre cercava invano di staccarsela di dosso. «Perdonami, è che non ti avevo vista. Sai… ultimamente sono un po’ distratto.»

«Beh… poco importa adesso. Su, vieni con me: allontaniamoci da questa plebaglia.»

La figlia del Primo Ministro prese il biondo sottobraccio, ma prima che potesse allontanarsi Alya le sbarrò la strada. Le due si scambiarono rapide occhiate minacciose, mentre Marinette, Nino e tutti gli altri studenti le osservavano con il fiato sospeso. Soltanto Adrien sembrava non essere molto interessato alla cosa. Il suo unico desiderio era quello di non esporsi troppo, ma sapeva bene che con Chloé nei paraggi ogni suo tentativo di non dare nell’occhio sarebbe stato vano.

«Spostati!» esclamò la ragazza assottigliando lo sguardo «Mi sei d’intralcio. Non vedi che io e il mio amico dobbiamo passare?»

«Tu puoi anche andartene, ma lui resta qui!»

«Dì un po’: non ti è bastata la lezione di prima? Vuoi che ti schianti oltre la vetrata questa volta?!»

«Quando vuoi vecchia ciabatta antipatica, sono pronta! Sono sicura che adesso finirà diversamente!»

Entrambe erano sul procinto di estrarre le bacchette, in modo tale da darsi battaglia fino all’ultimo incantesimo. I presenti erano stati totalmente rapiti dalle figure delle due contendenti. Le loro bocche erano spalancate e gli occhi si muovevano in continuazione da una parte all’altra. La piccola Bourgeois fu la prima a tirare fuori la bacchetta, ma Alya recuperò immediatamente puntandole la propria al viso. Erano pronte a combattere, ma il provvidenziale ritorno della professoressa Bustier le fece desistere. «Bene, siamo pronti ad accogliervi. Seguitemi!»

Adrien, invece, approfittando del momento di panico che l’arrivo dell’insegnante aveva scatenato, si divincolò dalla presa di Chloé e, al fine di sfuggirle una volta per tutte, si nascose dietro Marinette. Quest’ultima, facendosi coraggio e superando la propria timidezza, gli strattonò delicatamente la manica della giacca per richiamare la sua attenzione. «Cosa c’è, Marinette?»

«E-e-ecco… vorrei sapere per quale motivo conosci quell’antipatica.»

«Siamo vecchi amici d’infanzia, tutto qui» fu la secca e sbrigativa risposta dell’altro.

La figlia del Signor Dupain, benché avesse preferito insistere, mimò un poco convinto “sì” con la testa; poi, affiancandosi ad un confuso Nino, si aggregò alla massa di studenti. La Sala Grande di Hogwarts era stata addobbata a festa per l’inizio del nuovo anno scolastico. All’interno dei massicci camini, posti su entrambi i lati dell’enorme stanza, vivaci fiamme rosse dalle sfumature dorate crepitavano vivaci.

La professoressa Bustier si fermò ai piedi di una scala in pietra che consentiva l’accesso al tavolo degli insegnanti. Alla destra della donna, più o meno in direzione della grande sedia occupata dal Preside, era stato appena posizionato dal Signor Haprèle uno sgabello in legno, sul quale troneggiava un vecchio e logoro cappello a punta beige.  «A turno chiamerò il nome di ciascuno di voi; verrete avanti e vi siederete sullo sgabello. A quel punto vi posizionerò il Cappello Parlante sulla testa e scopriremo finalmente a quale casa apparterrete.»

Un “ohhh” di stupore misto ad eccitazione si levò dal gruppo delle matricole. Anche i ragazzi degli altri anni di corso e i loro insegnanti erano ansiosi di assistere alla cerimonia. In particolare, il nervosismo del Signor Césaire e del Signor Haprèle era evidente. Soltanto il Preside, un anziano omino dai tratti del volto orientaleggianti, sembrava mantenere il controllo di sé e di ciò che stava accadendo: avvolto nella sua confortevole veste porpora, scrutava attentamente la fisionomia dei nuovi studenti sorridendo e massaggiandosi di tanto in tanto la barba.

«Qualsiasi cosa accada, in qualsiasi casa finiremo… noi quattro saremo sempre amici, intesi?» bisbigliò improvvisamente Alya agli altri tre, mentre Chloé e Sabrina la osservavano con indifferenza. Marinette e Nino annuirono immediatamente, al contrario Adrien, che sembrava essersi completamente alienato da quella situazione, si limitò ad un’involontaria scrollata di spalle, che non lasciò indifferente la figlia del Signor Dupain. Fu così che ebbe finalmente inizio la Cerimonia dello Smistamento: i ragazzi del primo anno erano chiamati uno ad uno e, una volta sedutisi sullo sgabello, veniva posto sul loro capo il Cappello Parlante.

Quest’ultimo, allora, iniziava a parlottare in maniera impercettibile per chiunque fuorché lo studente che doveva smistare. In alcuni casi tra i due si stabiliva una sorta di fitto dialogo che, dopo una manciata di secondi, terminava sempre allo stesso modo, ovvero con l’assegnazione dello studente alla sua casata. Solo in quel preciso momento la voce del cappello risultava udibile agli occupanti della Sala Grande che, a prescindere dal risultato, applaudivano con gioia ed entusiasmo i nuovi arrivati.

Nino fu il primo dei quattro ad essere invitato ad accomodarsi, nonostante si sforzasse di mantenere i nervi saldi, risultò a tutti evidente che era letteralmente divorato dall’ansia. Il Cappello Parlante non impiegò molto tempo ad assegnarlo alla Casa di Tassorosso, assegnazione della quale il ragazzo sembrò essere contento. Seguirono Sabrina e Chloé, le quali furo entrambe smistate nella Casa di Serpeverde.

Poi fu la volta di Alya, assegnata alla casa di Grifondoro; dei due ragazzi incrociati dalla figlia del Signor Césaire e dall’amica nel treno, smistati rispettivamente nella Casa di Corvonero e Grifondoro; della studentessa bassina che aveva sorriso al Signor Haprèle, assegnata a Tassorosso. A quel punto fu il turno di Marinette, la quale, in seguito ad un lungo ed insolito dibattito con il Cappello Parlante, fu smistata in Corvonero.

Ormai erano rimasti poco più che una decina di studenti da collocare e la tensione di Adrien cresceva secondo dopo secondo. Non mancava molto prima che i presenti scoprissero il suo segreto; prima che i suoi amici cambiassero radicalmente opinione su di lui. La professoressa Bustier controllò il rotolo di pergamena sul quale erano segnate le generalità delle matricole, poi esclamò il seguente nome dell’elenco… un nome che nessuno si sarebbe mai aspettato. «Adrien Agreste!»

La Sala Grande piombò in un silenzio surreale, gli occhi di tutti si concentrarono sul gruppo del primo anno al fine di capire a chi appartenesse quell’identità; al fine di capire chi fosse il figlio del famoso Gabriel Agreste. Marinette, Alya e Nino si scambiarono fugaci occhiate confuse e, soprattutto, amareggiate. Le uniche a non essere sorprese della cosa erano Chloé e Sabrina che, quasi avessero già previsto l’esito dello smistamento, avevano riservato al giovane un posto sulla loro panca. Adrien, incalzato da una seconda chiamata, si fece avanti e, tenendo la testa bassa per evitare lo sguardo incuriosito dei presenti, si accomodò sullo sgabello.

Non appena la professoressa Bustier gli appoggiò il Cappello Parlante sul capo, una voce roca, a tratti irritante iniziò a ronzargli nelle orecchie. «Ahhh… cosa abbiamo qui? Sei forse il figlio del grande Gabriel, non è così?» Il ragazzo, non sapendo cosa rispondere, biascicò un timido “sì”. Il cappello, allora, riprese a parlargli con un tono quasi canzonatorio. «Sai? Mi risulta abbastanza difficile trovare una giusta collocazione per te. Sono alquanto indeciso.»

«Ti prego…» sibilò, inconsciamente, il giovane all’oggetto che portava sulla testa «Ti prego, mettimi in Serpeverde. Per favore, anzi no ti scongiuro: non farmi deludere papà.»

«Serpeverde dici? Certo, sarebbe la scelta più logica: la tua famiglia appartiene da secoli a questa casata. D’altronde in te ci sono molte doti che Salazar avrebbe apprezzato… molte caratteristiche che ti accomunano a tuo padre.»

«Quindi mi accontenterai? Sono davvero…» esclamò il giovane pieno di gioia, ma il Cappello Parlante lo interruppe.

«Sei curioso, ragazzo mio. Faresti di tutto pur di uscire dall’ombra di tuo padre e spezzare quel filo indissolubile che lega voi tre; ma allo stesso tempo sei disposto a rinunciare al tuo stesso “io” pur di soddisfare le sue aspettative. Vedi in te c’è molto di un Serpeverde, ma c’è anche dell’altro… un qualche cosa che devi ancora imparare a conoscere. Un giorno mi ringrazierai per aver preso questa decisione, quindi per il momento dico… Grifondoro!!!»

Un boato, proveniente dalla destra della Sala, si levò verso l’alto, mentre gli occhi di Adrien si riempivano di lacrime.
   
 
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