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Autore: Mary P_Stark    14/12/2017    3 recensioni
Inghilterra - 1830
Il regno viene scosso dalla morte di re Giorgio IV e, più nel personale, per l'improvvisa malattia di Whilelmina, la madre di Christofer Spencer. Questo richiama a casa tutta la famiglia che, in quel momento, si trovava a Londra per la sessione estiva in Parlamento. Al gruppo si unisce un amico di Maximilian, Samuel Westwood, molto affezionato alla nonna di Max. Questo rientro anticipato a York consente alla coppia di amici - oltre che rassicurarsi sulle condizioni di Whilelmina - di conoscere una coppia di sorelle, Cynthia e Sophie, che colpiranno in modo travolgente i due giovani.
Ne seguiranno sorprese a non finire, un inseguimento rocambolesco e un finale inaspettato, che metterà di fronte Max a una verità che, fino a quel momento, aveva rifuggito come la peste. (3^ parte della trilogia Legacy - riferimenti alla storia nei racconti precedenti) SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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14.
 
 
 
 
 
Le braccia ingombre di libri e il mento poggiato sull’ultimo della pila per reggerli tutti, Lorainne Phillips si bloccò a metà della sua corsa per salutare Maximilian.

Il giovane appariva bellissimo come sempre, anche se vagamente nervoso.

Lorainne ne conosceva i motivi e, se fosse stata un po’ più simile a Violet, avrebbe soprasseduto, ma la sua naturale curiosità la spinse a ficcare il naso.

“Buongiorno, Max. Come stai?”

“Buongiorno a te, Lorainne. Dove te ne vai con tutti quei libri?” le domandò il giovane, curiosando con lo sguardo la sua flessuosa figura.

A sedici anni, Lorainne era già divenuta alta come il padre e, grazie alla sua magrezza, la sua statura risultava più che evidente a tutti.

La ragazza, però, non se ne curava per nulla e, anzi, pareva divertirsi a guardare gli uomini dall’alto al basso.

“Sto salendo da Lettie per una lezione di ingegneria navale…” gli spiegò lei, ammiccando divertita. “… perché, onestamente, voglio capire come faccia del semplice legno a navigare per migliaia di miglia senza gonfiarsi e scoppiare.”

“Vedo che lo studio ti da sempre più soddisfazioni. E’ buona cosa che tu segua questa attitudine, se ti rende così felice” assentì orgoglioso il giovane, dandole una pacca sulla spalla.

Ironica, allora, Lorainne celiò: “Pentito di non avermi sposata a suo tempo?”

Max scoppiò a ridere, di fronte a quel commento, rammentando più che bene le settimane che avevano seguito il rocambolesco fidanzamento di Andrew e Violet.

Sia Lorainne che Sarah lo avevano inseguito per casa Chadwick cercando di dispensargli baci non voluti, il tutto per prenderlo platealmente in giro.

Se, fino a qualche tempo fa, avrebbe visto quasi con favore lo sposare Lorainne o Sarah, pur di evitare certe nobildonne a caccia di marito, ora non la pensava più così.

Adesso che conosceva le pene d’amore, e sapeva cosa desiderava il suo cuore, sapeva anche di non potersi accontentare della semplice amicizia.

Tornando serio, perciò, Max le disse: “Saresti una donna meravigliosa, come sposa e compagna di vita, e non lo dico per scherzare. Chi pensa che l’intelligenza di una donna sia un ostacolo, è solo un idiota.”

Lorainne assentì, tornando seria a sua volta.

“E’ ciò che penso anch’io, perciò degnerò di uno sguardo solo colui che apprezzerà queste mie doti” sottolineò la giovane.

“E fai bene… nel mio piccolo, cercherò di portare a più miti consigli colei che amo, tentando di farle capire una volta per tutte che la voglio per ciò che è, e non per qualche stupido codice d’onore.”

“Allora, ti faccio tutti i miei migliori auguri, Maximilian” gli sorrise lei, dandogli un affettuoso bacetto sulla guancia prima di riprendere la sua corsa lungo le scale.

Max la osservò salire di fretta e, in cuor suo, sperò che Lorainne potesse davvero trovare un uomo così intelligente da apprezzarla.
 
***

Reggendo le redini del calessino con una mano mentre, con l’altra, tamburellava le dita su una coscia, Maximilian domandò con ironia: “In questo momento, quanto mi sta odiando, vostra figlia?”

Ridendo sommessamente, Adelaide si sistemò distrattamente la cuffietta di pizzo bianco prima di dire: “Oh, beh, credo che, se fosse un giovane baldanzoso, vi avrebbe già sfidato a duello.”

Soddisfatto, Max asserì: “Confido che, prima o poi, esploderà come un vulcano, lasciando finalmente andare ciò che ha nel cuore. E’ l’unico modo per conoscere veramente ciò che vuole per sé, e ciò che pensa di me.”

“State giocando una partita pericolosa. Non temete possa arrivare a dirvi cose che, magari, non pensa?”

“E’ un rischio che voglio correre, per vederla ancora come l’ho vista quel giorno, nella stalla, quando venne a cercarmi per chiedere il mio aiuto. Decisa, pronta a tutto, determinata a portare a termine ciò che voleva” le sorrise Max, con ancora nella mente quella scena. “Ora, è solo controllata, spenta… vuota.”

“Temo di sì… anche se sta raggiungendo in fretta la saturazione” convenne Adelaide. “Vi devo ringraziare, comunque.”

“Oh, e di cosa?” si interessò Max.

Adelaide arrossì leggermente e disse: “Per mio marito. Abbiamo parlato molto, ieri sera. Non lo facevamo da tempo e… mi ha detto di ciò di cui avete parlato, e di ciò che prova lui ora. E’ stato bello.”

Sorridendo lieto, Maximilian mormorò: “Tenere tutto dentro non fa bene, così come lo smussare troppi angoli. Si finisce per essere chi non si è realmente, anche se all’esterno si può apparire più… piacevoli. Ognuno deve avere i propri angoli, e la gente ci deve anche sbattere contro, se serve.”

“Mi trovate d’accordo, e io tenterò di essere meno accomodante e più decisa, visto che il risultato del mio silenzio è stato l’allontanamento di coloro che più amo. A volte, fa bene un bel pianto, così come una bella e sonora discussione” assentì Adelaide.

Maximilian ridacchiò, asserendo: “Domandate a mio cognato Alexander, quante volte discute con mia sorella Lizzie. Potrebbe sorprendervi. Eppure, ci sono ben poche coppie che io reputo più innamorate di loro. Forse, solo i miei genitori.”

Adelaide sorrise calorosa, a quelle parole, ammettendo: “I vostri genitori sono davvero una coppia affiatata, come se ne vedono poche, e sono delle persone squisite. Ma siete assolutamente certo che loro non avrebbero problemi, se Sophie accettasse la vostra richiesta? Non mi offenderei di certo, se mi diceste di no, davvero.”

Maximilian esitò un attimo, prima di rispondere. Voleva ponderare bene le parole, prima di esporle.

Quando infine parlò, usò il cuore, perché voleva essere certo che quel problema non sorgesse una seconda volta.

“Non posso negare che fu un dubbio che sorse anche me, Mrs Adelaide, per cui lo posi subito a mio padre, prima di venire da voi con la mia proposta. Perciò, vi ripeterò testualmente ciò che lui disse a me.”

La donna assentì, e lui ripeté le esatte parole del padre, cercando di trasmetterne anche il tono, la profondità, la sincerità.

Quando ebbe terminato, il giovane lanciò un’occhiata dubbia alla donna ma, nei suoi occhi chiari, lesse soltanto ammirazione, oltre a un pizzico di commozione.

Adelaide non chiese altro.
 
***

Erano fuori da ore!

Ma che diamine stava combinando, Maximilian?

Se solo avesse potuto, lo avrebbe preso a schiaffi, per l’insolenza che stava dimostrando!

Stava deliberatamente mettendo a rischio la salute mentale della madre, facendola illudere che la figlia avrebbe potuto in qualche modo diventare una lady, e lei era stanca di permetterglielo!

Non appena fossero tornati a casa, si sarebbe fatta sentire e, per il giorno seguente, lord Spencer avrebbe dovuto trovarsi un’altra attività, oltre a quella di disturbarli con le sue pretese assurde.

Era mai possibile che non capisse che lo stava proteggendo da se stesso, negandosi come stava facendo?

Possibile che non si rendesse davvero conto di cosa avrebbe affrontato, se avesse portato nei salotti bene di Londra una come lei?

Torcendosi le mani, Sophie si sentì rimescolare il sangue al solo pensarlo, ma doveva innanzitutto badare alle apparenze.

Per salvare il buon nome di quello sciocco e vanesio giovane dal cuore troppo generoso, doveva passare sopra al suo amore per lui.

Sospirando, Sophie tornò a guardare fuori dalla finestra per non perdersi il rientro della madre, ben decisa ad affrontare una volta per tutte Maximilian.

Non gli avrebbe permesso di andare oltre, con quella farsa.

Per il suo bene, per quello di sua madre e, Dio non volesse, perché lei non poteva permettersi di credere che, forse, lui la voleva davvero.

Non appena intravide il calesse rientrare, perciò, si catapultò fuori dalle sue stanze ma, nel corridoio, venne bloccata dal padre che, appena uscito dal suo studio, le domandò: “Dove corri, così agitata? Intendi brandire una spada contro quel povero giovane?”

Bloccandosi sui suoi passi, Sophie mormorò compita: “Padre… non vi sapevo a casa. Comunque no, non brandirei mai una spada contro lord Spencer, visto che non ne posseggo una.”

Ferdinand sorrise a mezzo, di fronte al contegno a stento trattenuto della figlia e, in quegli occhi di colomba, scorse quel fuoco che tanto Maximilian gli aveva decantato.

Oh, sì, la sua figliola stava davvero trattenendo una rabbia indicibile, dietro quei modi perfetti, ed era ormai pronta a esplodere ma, di certo, non le avrebbe permesso di farlo dinanzi a lord Spencer.

Era così sovraeccitata e nervosa che, quasi sicuramente, avrebbe detto – e fatto – cose di cui si sarebbe pentita per tutta la vita.

Se c’era una cosa che conosceva bene di Sophie, era che il suo orgoglio era così forte che, mai nella sua esistenza, sarebbe tornata sui suoi passi, pur sbagliati che fossero.

Era perciò necessario, vitale, che le impedisse di commettere un errore fatale.

Si interpose così tra lei e le scale, dicendo: “Vorrei parlare un po’ con te, figliola. Visto che ho delegato un po’ di impegni al mio socio, perché non entri nel mio studio e discorriamo un poco?”

Sophie fece per ribattere, ma si rimangiò ancora la parola e assentì con gesto rassegnato del capo corvino.

Ferdinand le fece cenno di entrare, e così Sophie vide sfumata l’ennesima occasione per allontanare da sé Maximilian.

Mentre, all’esterno, il rumore degli zoccoli del cavallo le dissero che il giovane Spencer stava avviandosi verso casa, Ferdinand si accomodò alla sua scrivania, si massaggiò la gamba dolente e le domandò: “Sophie, posso chiederti come stai, in questi giorni?”

“Oh… bene, padre” mormorò atona, irrigidendosi un po’ sulla poltrona.

In realtà, non passava notte senza che ella inveisse contro la sorella, piangesse per il suo desiderio di dire di sì a Maximilian, e cercasse di trattenere tutti quei sentimenti repressi per non farli pesare sui genitori.

“Sai, ieri ho fatto una chiacchierata con il tuo lord Maximilian…”

“Non è mio” sottolineò acida Sophie, ma il padre non la ascoltò minimamente.

“… e devo dire che ha le idee molto chiare su ciò che vuole, oltre a essere molto umile e gentile.”

Sophie assentì cauta, mormorando: “Lord Spencer è indubbiamente un gentiluomo, di nome e di fatto.”

“E viene da una famiglia altrettanto nobile, di nome e di fatto” aggiunse il padre, meditabondo. “Sai, l’altro giorno ho ricevuto una lettera da lord Sendringham. Lord Patrick Sendringham.”

A quel nome, Sophie si irrigidì ancor di più ma, ancora, non disse nulla, non lasciò trapelare il suo furore represso.

“Voleva sapere di te e Cynthia, per informarsi sulla vostra salute” le spiegò ancora Ferdinand, lanciandole un’occhiata curiosa e indagatrice.

“Il barone è stato molto cortese a chiedere. E ditemi, il figlio e la moglie sono in salute?”

“Il figlio è morto tre mesi addietro, assieme alla compagna, durante un viaggio in nave. Sono stati dati per dispersi al largo di Madera, e dubito proprio che possano essere sopravvissuti” le spiegò lui, sorprendendola non poco.

Perdendo parte del suo livore, mormorò: “Oh, mi spiace. Non ne ero al corrente. Immagino che il barone e sua moglie siano devastati dal dolore.”

Intrecciando le dita in grembo, Ferdinand assentì lentamente, prima di dire: “Il barone chiede molto spesso di voi. Da più di tre anni, a dire la verità.”

Del tutto sconcertata, Sophie esalò: “In… in che senso?”

“Il barone non apprezzò il gesto del figlio di abbandonare Cynthia e, fin da quando ci trasferimmo qui, lui mi chiese di tenerlo sempre informato sulla vostra salute. Era preoccupato per voi, a causa del comportamento irriguardoso del figlio” le spiegò il padre, notando lo sgomento e la contrizione comparire sul viso della figlia.

Sophie cercò di parlare, ma dovette lapparsi le labbra più volte – improvvisamente secche – prima di riuscire a balbettare: “E’ stato molto… molto… cortese.”

“Rimase assai colpito dalle tue parole, dal modo in cui difendesti tua sorella” aggiunse Ferdinand, prima di udire bussare alla porta dello studio. “Entra pure, Adelaide.”

Sophie si riscosse un poco e lanciò un’occhiata alla madre che, con un sorriso, entrò nello studio e si sorprese non poco nel notare il pallore della figlia.

“Oh… caro, le hai detto delle lettere?”

“Era tempo che sapesse. E capisse” assentì Ferdinand.

“Voi sapevate, madre?” esalò la giovane.

“L’ho scoperto ieri sera” le sorrise la donna, andando ad accomodarsi al suo fianco, sul divanetto di broccato color amaranto.

Ferdinand e Adelaide, così, parlarono finalmente a cuore aperto alla figlia che, attimo dopo attimo, sentì sgretolarsi dinanzi al viso la sua maschera fatta di segreti, di ribellioni trattenute, di parole non dette.

Senza accorgersene, le sue mani iniziarono a tremare e, prontamente, quelle di Adelaide si strinsero intorno a quelle della figlia per placarne le ansie.

A quel tocco, però, Sophie sgranò gli occhi, fissò la madre e, senza poterle trattenere, due calde lacrime rotolarono sulle sue gote rosse, mentre la voce ridotta a un sussurro gracidava: “Non sapevo… non volevo…”

“Oh, cara…” mormorò Adelaide, stringendola a sé in un dolce abbraccio.

Scoppiando in un pianto dirotto, Sophie gorgogliò senza più freni il suo desiderio di non vederla più soffrire, di rendere orgoglioso il padre, di non causare a nessuno dei due alcun pensiero, come invece aveva fatto Cynthia.

Disse loro della sua paura, di fronte alla richiesta di Maximilian, e del suo terrore che si trattasse solo di buon cuore, ma non di reale amore.

Ammise anche del loro bacio, e di come si fosse sentita quella notte, sul balcone, nell’udire, per bocca di Max, che lei non era sua sorella, pur sentendosi come Cynthia.

Per tutto il tempo, Adelaide la cullò contro la sua spalla, mentre dolci lacrime le baciavano le guance e Ferdinand, in piedi accanto al divano, carezzava il capo della figlia.

Quando, finalmente, lo scoppio di pianto fu terminato, Sophie levò due occhi roventi di lacrime sul padre e mormorò roca: “Cosa devo fare?”

Lui, però, non rispose e, guardando la moglie, domandò: “Adelaide, cosa pensi debba fare?”

Lei gli sorrise e, nel dare un bacio sulla fronte alla figlia, le chiese: “Cosa vorresti, ora?”

“Maximilian” riuscì a dire Sophie, non trovando altre parole per esprimersi.

“Allora, vallo a prendere” la incoraggiò Adelaide, stringendo le mani sulle sue spalle.

Sophie sbatté le palpebre, lanciò diverse occhiate ai genitori per essere certa di aver capito bene ma, quando non vide altro che amore e orgoglio, capì di non avere scusanti.

Se lo voleva, doveva andare a prenderselo. Era compito suo, adesso, non più di Maximilian.

Lei lo aveva rifiutato per paura.

Paura di non essere alla sua altezza, paura di essere solo un ‘dovere da portare a termine’, quando avrebbe dovuto avere più fiducia in se stessa e in Maximilian.

Lui non l’aveva mai trattata da semplice commoner, ma da pari a pari. Era stata lei a mantenere le distanze, e perciò avrebbe dovuto essere compito suo, ridurle.

Ed era ciò che avrebbe fatto.
 
***

Il tramonto era ormai agli sgoccioli, pronto a lasciare il posto a una serata limpida, che prometteva cieli stellati e un esile spicchio di luna a fare da cornice.

Tutto molto interessante, se Maximilian fosse stato dell’umore giusto.

Samuel, seduto sulla poltrona nella stanza dell’amico, lo fissò dubbioso per diversi secondi, prima di domandargli: “Sei sicuro che perseverare a questo modo ti faccia bene? Mi sembri assai provato.”

Max gli sorrise da sopra una spalla, grato per quelle attenzioni.

Da quando erano tornati, Sam si era fatto assai taciturno e pensieroso e, spesso e volentieri, passava il suo tempo accanto al divanetto ove si accomodava nonna Whilelmina.

Samuel le aveva confessato ogni cosa, ritrovandosi così a sottostare al suo dolce rimbrotto, così come alle sue calde attenzioni.

Di questo, Max era felice, perché desiderava riavere indietro il suo vecchio e scanzonato amico.

Poco gli sarebbe importato, se avesse dovuto ricominciare a tenerlo d’occhio assiduamente e senza sosta.

Rivoleva il suo sorriso e la sua spensieratezza.

“Sarah dice che hai la testa tra le nuvole, e pare che ti abbiano preso a bastonate in testa” ironizzò a quel punto Samuel, scrollando le spalle. “Onestamente, comincio a darle un po’ di credito, anche se ho sempre l’impressione che esageri le cose col solo intento di farmi ridere.”

“Sarah è una burlona fatta e finita” dichiarò Maximilian, ripiegando su una sedia il suo panciotto di seta azzurra.

Sì, era distratto, non poteva negarlo, e anche tentare di far finta che i continui rifiuti di Sophie non gli dessero fastidio, stava cominciando a diventare faticoso.

“Sei sicuro che non finirai col farti del male? Non voglio vederti col cuore sanguinante” mormorò turbato Samuel.

Maximilian si affrettò a raggiungerlo alla poltrona e lì, con un sorriso, replicò: “Sono convinto di essere sulla strada giusta, Sam… solo che è un po’ più tortuosa di quanto avrei immaginato all’inizio.”

“In questo, voi Spencer siete unici” sorrise un poco Samuel. “Tua sorella ha rischiato uno scandalo di proporzioni bibliche – e un buco in testa – per avere il suo uomo, mentre tuo fratello ha vissuto nell’angoscia per anni, prima di dichiararsi a una donna che, a sua volta, lo aveva spasimato in silenzio per la paura di parlare.”

Max assentì, ridacchiando, e ammise: “Poi arrivo io, lo scapolone timoroso della stessa parola ‘matrimonio’, e vado a incapricciarmi di una commoner che, a quanto pare, non mi vuole.”

“Volete complicarvi la vita” annuì Samuel, ridendo sommessamente.

Nel giro di qualche attimo, i due amici stavano ridendo della grossa, come ai vecchi tempi e, se non fosse stato per il delicato bussare alla porta, avrebbero continuato ancora per diversi minuti.

Asciugandosi una lacrima di ilarità, Max andò ad aprire e, nel ritrovarsi davanti Peter, uno dei garzoni di stalla, si stupì non poco… e trovò la cosa decisamente curiosa.

Era stato Peter, diverse settimane addietro, ad avvisarlo della presenza di Sophie nelle stalle di Green Manor… e ora tornava alla sua porta con la stessa espressione preoccupata e tesa.

“Peter… cosa succede?”

“Scusate il disturbo, milord, ma… beh, ecco… la signorina dell’altra volta. Miss Withmore, insomma, lei è… lei è nella stalla. Ancora.”

Quel ‘ancora’, sgorgato dalla sua bocca con tono quasi terrorizzato, fece sorridere divertito Maximilian che, nel dargli una pacca sulla spalla, asserì: “Non ha altre sorelle da recuperare, non temere.”

“Chiede se potete raggiungerla” lo mise infine al corrente il giovane.

Samuel, in piedi accanto a Maximilian, gli sorrise incoraggiante e disse: “Se ti propone di fuggire, dille di no. Non si sa mai.”

Max rise brevemente, annuendo e Sam, nel dargli una spintarella verso l’esterno, asserì: “Ti aspetterò qui, ma vorrò da te notizie fresche, è chiaro?”

“Limpido” annuì Maximilian, uscendo di gran carriera dalla sua stanza e precedendo Peter lungo le scale.

Che diavolo aveva in mente, questa volta, Sophie?
 
***

Che diavolo le era venuto in mente, questa volta?

Non era bastato giocarsi quella carta la prima volta, quando aveva avuto bisogno del suo aiuto, rischiando uno scandalo di proporzioni epiche?

No, l’unica cosa che le era venuta in mente per riparare ai suoi torti, era stata quella di ripetere lo stesso errore che l’aveva portata a innamorarsi di Maximilian.

E dire che si riteneva un tantino più intelligente di così.

Passeggiando nervosamente avanti e indietro per la stalla, mentre i cavalli la seguivano curiosi con lo sguardo dai loro box, Sophie sobbalzò leggermente quando udì la porta di legno aprirsi.

Illuminato dalla fioca luce all’esterno – una lanterna appesa alla parete d’ingresso – il viso di Max appariva solcato di ombre lunghe e profonde, che ne mascheravano i lineamenti.

Impossibile comprenderne l’umore, finché non fosse entrato.

La brezza della sera penetrò dalle sue spalle, portando odore di umidità notturna e di fiori.

Sophie ne inspirò gli aromi e, mentre Max si richiudeva il portone alle spalle, la ragazza si disse che, se il garzone avesse anche solo accennato a quel secondo incontro segreto, sarebbe stata ben più che rovinata.

Ma tant’era, ormai ci si era infilata completamente, in quel guaio, e doveva portare a termine quel piano traballante e insicuro.

Lappandosi perciò le labbra con fare nervoso, Sophie mormorò: “Grazie per essere venuto.”

“Pare che le stalle di Green Manor vi piacciano molto. Ad averlo saputo, vi avrei proposto un tour esplorativo” ironizzò Max, rimanendo a distanza di sicurezza.

Stringendo le mani tra loro per impedire che tremassero, Sophie accennò un sorriso e asserì: “Oh, sono tenute in buon ordine, e i cavalli sono splendidi…”

Spartan nitrì a quel commento e Max, storcendo il naso, borbottò: “Cavallo vanitoso. Gli basta sentire i complimenti di una donna, e non capisce più niente.”

Sophie allargò maggiormente il suo sorriso e, con tono ilare, dichiarò: “Ha ben d’onde di essere orgoglioso… è uno stupendo esemplare.”

“Lo sa, purtroppo, e me lo ricorda costantemente” asserì Max, avvicinandosi al suo cavallo per carezzarne il muso nero e lucido.

Il suo sguardo si addolcì, nell’affondare nelle profondità corvine degli occhi del suo cavallo e, con tono sommesso, Maximilian aggiunse. “Ho amato questo cavallo fin da quando è nato e, se non avessi avuto i miei fratelli, avrei sicuramente avuto lui, al mio fianco.”

“Si vede che gli volete molto bene” annuì Sophie, arrischiandosi ad accarezzarlo a sua volta.

Ora, erano vicinissimi, spalla a spalla, e quasi si sfioravano.

Sophie non faticò a intercettare il suo profumo di maschio, nonostante gli odori penetranti di quel luogo e, nel volgere appena lo sguardo verso di lui, mormorò: “Cynthia non è mai stata una sorella affettuosa, o anche soltanto interessata un poco a me.”

Maximilian assentì, rimanendo in silenzio per lasciarla parlare.

“Nella nostra infanzia, abbiamo conosciuto i patimenti di una vita semplice e con poche risorse. Prima che nostro padre diventasse l’imprenditore di successo che è ora, vivevamo in una casa molto piccola, con ben poche comodità o agi.”

Ciò detto, Sophie prese a carezzare il lungo e muscoloso collo di Spartan, che si piegò in avanti per agevolarla.

Pareva che, il solo coccolare il cavallo, le permettesse di essere più franca, meno timorosa di ciò che voleva dire.

“Cynthia non ha mai apprezzato quella vita, ha sempre voluto di più. Nostro padre si è impegnato per farci vivere al meglio delle sue possibilità, e non era insolito che si privasse egli stesso per farci avere qualcosa in più ogni volta… ma non bastava mai, per Cyn” sospirò Sophie, scuotendo il capo.

Ancora, Maximilian rimase in silenzio. Era vitale che lei facesse pace con il suo passato, se volevano avere la speranza di vivere un futuro sereno assieme.

Il fatto che lei desiderasse parlargli dei suoi trascorsi, era di per sé un successo su molti fronti, perciò intendeva lasciarle tutto lo spazio di cui aveva bisogno.

Gli occhi socchiusi e concentrati sullo sguardo calmo di Spartan, Sophie aggiunse: “Quando gli investimenti di mio padre diedero i suoi frutti, e potemmo comprare una casa lussuosa, abiti eleganti e permetterci qualche domestico, per lei fu come risvegliarsi da un incubo. Ma ancora non bastava e, oserei dire, non sarebbe mai bastato.”

A quel punto, si volse verso Maximilian e terminò di dire: “A me non interessavano i merletti o le stoffe costose… mi bastava sapere che mio padre e mia madre erano in salute, o che i debiti non gravavano più sulle loro spalle, permettendo loro di vivere più sereni. Certo, apprezzavo – e apprezzo – il nostro stile di vita rispetto agli albori, sarei un’ipocrita a negarlo, ma…”

“… ma non è quello che conta, per voi” assentì Maximilian, terminando per lei.

“Esatto.”

“E cosa conta, Sophie?”

“Voi. E molto, anche se ho voluto farvi credere il contrario” mormorò contrita la giovane, reclinando colpevole il viso.

“Come mai avete voluto ingannarmi… e ingannarvi sulle mie reali intenzioni?” le domandò ancora, cercando con tutto se stesso di non toccarla.

Per come si sentiva al momento, se avesse sfiorato una parte qualsiasi di lei, foss’anche solo una guancia, avrebbe perso la battaglia con se stesso e l’avrebbe fatta sua, lì, in quell’istante.

Lui contava molto, per lei. Aveva capito bene e, soprattutto, non si era ingannato sui sentimenti che aveva ipotizzato Sophie provava per lui.

Sophie rialzò lo sguardo, e Max poté finalmente tornare a scorgere quel fuoco, quell’ardore che tanto l’avevano colpito.

“Perché io sono una commoner, una persona qualunque, se paragonata alla vostra famiglia, e voi siete così buono e onorevole che, per non lasciarmi nei guai, vi sareste sacrificato per proteggermi!”

“Tutte baggianate, lo sapete, vero?”

“Cosa? Il fatto che io sia una commoner è una verità assodata, non potete darmi torto” sottolineò lei, storcendo appena il naso.

“Verissimo, e non me ne importa niente” scrollò le spalle lui, vedendola irrigidirsi appena.

“Oh, beh… devo prenderlo come un dato di fatto, visto che vi siete messo in testa di volermi come moglie” brontolò lei, pur sorridendo appena.

“Quanto al credermi così santo e pio, vi smentirò subito. Io ho sempre aborrito la parola ‘matrimonio’ e, se chiedete a mio padre, sono sempre fuggito a gambe levate al solo pensiero perciò, se mi sono spinto a volere voi, è perché lo desideravo veramente.”

“Siete uno di quegli uomini che, di fronte alle attenzioni di una donna, fuggono a gambe levate?” domandò divertita Sophie, coprendosi la bocca per non ridere.

Maximilian lanciò un’occhiata a Spartan, domandando al suo cavallo: “Ehi, amico… quante volte siamo scappati, io e te?”

Come a volergli rispondere, il cavallo nitrì con forza e Sophie, non potendo più trattenersi, scoppiò a ridere di gusto, coinvolgendo così anche Max nella risata.

Con quella risata spontanea si sciolsero i dubbi, le paure, i fraintendimenti l’uno dell’altra, e fu quasi senza accorgersene che Max calò sul viso di Sophie per un bacio lieve, delicato.

Lei non rifuggì dal tocco, piegò indietro il capo e sfiorò il torace di Maximilian con una mano, stringendo appena le dita sul tessuto di lino della sua camicia.

Ansimando, il giovane allora passò un braccio attorno alla sua vita, la strinse a sé e, scostandosi dalle sue labbra infuocate, lasciò scivolare la fronte sulla spalla della giovane.

“Mi sposerete, Sophie?”

“Tornate da me domani, e avrete la vostra risposta” mormorò allora lei, sorridendo, lieta della sua domanda.

Maximilian, però, non accettò minimamente quel responso e, scostandosi immediatamente da lei, la afferrò a una mano e sbottò dicendo: “Oh, no, non se ne parla. Abbiamo già giocato questo gioco, e vi sono rimasto invischiato come un fesso. Adesso andremo da mio padre e vi chiederò di sposarmi dinanzi a lui!”

“Cosa?! Ma Maximilian, vi giuro che la risposta sarà sì. Solo, vorrei farlo dinanzi ai miei genitori” esalò lei, sollevando l’orlo della gonna per meglio correre.

Lui, però, non la ascoltò minimamente e replicò: “I vostri genitori sono già d’accordo. Non ho parlato con loro solo per far irritare voi…”

“Oh, bellissimo progetto, complimenti…” brontolò allora Sophie, pur sapendo che Maximilian aveva agito al meglio, pungolandola nel solo modo che l’avrebbe fatta capitolare.

Lui le sorrise brevemente da sopra la spalla, asserendo: “Ero certo che, se avessi ignorato voi e fatto partecipi solo i vostri genitori del mio assiduo corteggiamento, sareste partita alla carica. Non amate essere messa da parte, ormai l’ho capito.”

“Mi piace essere la protagonista della mia vita. E’ un errore?”

“No, affatto, e lo apprezzo molto, ma molti non sono in grado di farlo, e lasciano che siano sempre gli altri ad agire in vece loro” le ricordò lui, tornando ad accelerare il passo.

“D’accordo, apprezzate il mio modo di fare, ma non c’è bisogno di staccarmi un braccio per dimostrarlo!” gli ricordò lei, facendolo nuovamente scoppiare a ridere.

Nell’aprire una delle porticine laterali, solitamente usate dalla servitù, Maximilian la scortò infine all’interno, incrociò un paio di cameriere sorprese e, infine, si involò verso i piani superiori.

Dopo aver macinato scale su scale, bussò brevemente alla sua stanza e, mentre Samuel sbucava con un punto di domanda fisso sul volto, Max gli disse: “Vieni con me. Sarai il nostro testimone!”

“Ma non ti avevo detto di non scappare con lei?!” protestò Samuel, seguendolo lungo il corridoio prima di volgersi verso Sophie e aggiungere: “Con tutto il rispetto, miss Sophie.”

Lei rise brevemente, esalando: “Visti i precedenti, lo avrei sconsigliato anch’io.”

“Non intendo scappare, ma mettere la signorina di fronte al fatto compiuto… e a mio padre” sottolineò Max, infilando l’ala del palazzo che conduceva allo studio del padre.

“E’ convinto che cambierò ancora idea, se verrà domani a casa mia per parlare nuovamente con i miei genitori” spiegò il tutto Sophie, rivolgendosi a un dubbioso Samuel.

“Posso capirlo, miss Sophie… non avete idea di quanto fosse preoccupato di un vostro perdurare sul fronte del no. Temeva non avrebbe avuto mai la risposta che desiderava” la mise al corrente il giovane, facendo sorgere un certo sorriso orgoglioso sul viso di lei.

“Oh… era così disperato, dite?” si informò Sophie.

“Distrutto, assolutamente distrutto” confermò Samuel, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Max.

“E’ inutile che mi guardi così male, amico…” aggiunse poi Sam, scrollando le spalle. “…perché ho detto il vero. Se non fosse stato perché sono ancora assai provato sentimentalmente, avrei riso delle tue espressioni disperate.”

“Non ti colpisco solo per questo, ricordalo” sottolineò Max, arrestandosi quando finalmente ebbe raggiunto la porta dello studio del padre.

Lì, si volse a mezzo, squadrò Sophie, che ora appariva assai nervosa, e disse: “Ora o mai più. Mi volete?”

Lei si limitò ad annuire e Maximilian, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, bussò.

E decretò la sua fine di scapolo incallito.







Note: Siamo quasi alla fine, ormai. Le cose sembrano più o meno tutte risolte e Max, per evitare ulteriori problemi o cambiamenti dell'ultimo minuto, ha pensato bene di mettere Sophie di fronte all'atto compiuto. Non resta che vedere come andranno a finire le cose per questi due giovani. A presto!

 
  
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