Angolo dell’autrice:
Perché
questa storia? Dopo
essermi lasciata completamente assorbire dalla meravigliosa trama di
questo
lunghissimo anime, ho pensato fosse doveroso lasciare un personale
contributo
riflessivo, attraverso il monologo finale del personaggio che
maggiormente ha
colpito il mio interesse.
Ps.
Ho ritenuto lecito inserire
lo “shonen-ai” nel tipo di coppia perché
mi rendo conto del fatto che il
discorso, a tratti, potrebbe risultare ambiguo. Perciò
lascio al lettore la
scelta di interpretare liberamente il possibile risvolto
“sentimentale” della
storia.
Come
sempre, critiche costruttive
sono ben accette e gradite. Buona lettura!!
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Riapro
finalmente gli occhi. Per
la prima volta in vita mia posso affermare di sentirmi sereno. Credevo
che per
me fosse finita, stavolta. E invece siamo riusciti nuovamente a
scampare alla
morte.
Siamo
qui entrambi, la nostra
vita attaccata a un filo, stesi l’uno accanto
all’altro, stremati, il corpo
tumefatto, mutilato per sempre da una ferita eterna che
costituirà il marchio
di tutto ciò che è stato, per tutto il resto
della mia vita. Servirà a farmi da
monito, a ricordare a me stesso il fardello che porterò
sulle spalle fino alla
morte.
Questo
posto… E’ proprio qui che
è cominciato tutto. Eppure adesso ogni singolo dettaglio
assume connotati e
significati diversi. In quel momento di tanti anni fa dichiaravo guerra
a te e
a tutto ciò che mi era caro al mondo per essersi macchiato
della colpa di
essermi caro, mentre adesso dichiaro definitivamente la mia resa, e
posso per
la prima volta abbandonarmi senza rimorso alla mia debolezza.
Pensavo
che sarebbe stato
difficile, umiliante, devastante. Pensavo che dichiarare vano ogni
singolo
proposito sul quale avevo fondato il senso della mia esistenza, al
quale avevo
dedicato ogni pensiero, ogni mezzo, nel quale avevo impiegato tutte le
mie
forze, che accantonare ogni cosa in cui avevo sempre creduto a partire
dal
genocidio del mio clan sarebbe equivalso ad un totale fallimento su
tutti i
fronti. Pensavo che rinunciare a me stesso, alle mie idee, alle mie
intenzioni
fosse qualcosa di spregevole. Pensavo che anche la morte sarebbe stata
preferibile allo sgretolarsi definitivo dei miei propositi. Sono
cresciuto
nell’idea che il mio unico obiettivo nella vita,
l’unico obiettivo minimamente
degno di considerazione, fosse quello di realizzare la mia vendetta.
E
invece, inspiegabilmente la
sensazione che provo, adesso che ogni cosa si è
definitivamente conclusa,
adesso che anche quella che credevo la più ferrea delle mie
consapevolezze si è
sgretolata miseramente davanti ai miei occhi, mostrandomi una
realtà del tutto
diversa rispetto a quella che il mio sguardo miope si era ostinato a
voler
vedere, è piacevole.
Adesso,
tutto ciò che allora
costituiva la matrice di ogni mio pensiero, di ogni mia azione, mi
appare
improvvisamente ridicolo. Mi sento come se per la prima volta, dopo
così tanti
anni, potessi finalmente tirare un sospiro di sollievo. Posso
concedermi un
sorriso, un respiro sereno, perché finalmente posso
ammettere di essere stato
sconfitto.
Non
avrò mai il coraggio di
dirtelo. Ma essere sconfitto da te è in fondo ciò
che ho sempre voluto. Ciò che
sapevo avrebbe potuto salvarmi, tirarmi fuori dal baratro infernale in
cui
avevo scelto di scivolare.
Ho
sempre dimostrato quanto le
mie convinzioni fossero perfettamente ancorate nel mio cuore glaciale.
Il mio
sguardo vitreo, ne sono certo, non ha mai palesato altro che questo. Ma
la
realtà è che ciò che facevo non era
altro che aggrapparmi disperatamente alla
speranza di essere portato via, di essere tirato fuori da tutto. A
differenza
di molte altre anime glaciali, io so cos’è
l’amore. Forse è proprio questa la
matrice del mio odio. Aver amato, aver amato profondamente, stava alla
radice
di ogni mia sofferenza. Ed estirpare quel dannato, maledetto amore, era
l’unica
scorciatoia che vedevo delinearsi davanti a me.
Motivo
per cui, finora non ho
fatto altro che opporre resistenza ad ogni tuo tentativo di
avvicinarmi. In
fondo, quale altra alternativa avevo?
Eri
tu quello strano, e non
riuscivo a capirti fino in fondo. Siamo sempre stati molto simili, io e
te. Nelle
nostre sofferenze, nella nostra emarginazione, nella nostra solitudine.
Dopo
essere rimasto solo ho cominciato a detestare ogni cosa. E osservandoti
da
lontano sapevo bene quanto la tua intima natura fosse identica alla
mia. Sapevo
che per te le cose stavano esattamente allo stesso modo.
Anche
tu detestavi il villaggio
che per te era stato la causa di tanto dolore. Anche tu detestavi la
gente che
non aveva fatto altro che oltraggiarti, allontanarti, denigrarti e
metterti ai
margini trattandoti come un mostro. Eppure, quale era la tua colpa?
Quale era
la nostra colpa, Naruto?
E
allora perché? Perché tu non
eri come me? Cosa ti spingeva a cercare così disperatamente
un contatto con gli
altri? Perché mostravi così ingenuamente e in
maniera così palese il tuo
estremo bisogno di affetto?
Nel
tuo dolore, nel dolore della
tua solitudine, nel tuo odio, potevo vedere il mio dolore, la mia
solitudine,
il mio odio. Eri come me. Solo, detestato, reietto. E già da
allora non facevo
che pensare a te. La tua debolezza mi contagiava, e non potevo farci
nulla.
E
ti invidiavo, nonostante tutto.
Perché tu avevi quella forza che a me era sempre mancata. La
forza di credere
ancora nel mondo, di avere ancora una speranza, di andare avanti.
Dopo
la scomparsa del mio clan,
della mia famiglia, vedevo me stesso in te. Ti volevo bene,
già da allora.
Nonostante il tuo mucchio di stupidaggini, nonostante il tuo goffo
tentativo di
stabilire un rapporto con gli altri. Un perfetto idiota. Ecco cosa
pensavo che
fossi.
Quando
siamo stati messi nella
stessa squadra non sapevo se pensare che fosse un colpo di fortuna o
un’autentica
catastrofe. Ma come avrei potuto ignorare il fatto che, a scapito di
ogni
possibile previsione tu, giorno dopo giorno, migliorassi a vista
d’occhio?
Diventavi un avversario degno di nota, che non avrei per nulla al mondo
potuto
ignorare. Potevo provare stima di te come persona, fino a qualche tempo
prima.
Adesso cominciavo a nutrire stima di te come ninja. Volevo sfidarti.
Per
assicurarmi che non fossi migliore di me. Non proprio in tutto, almeno.
Eppure
alla fine, sei stato tu a
dirmi che avresti voluto essere come me. Mi hai detto di invidiarmi.
Hai detto
che avevi fatto di me la tua meta, il tuo obiettivo da raggiungere, il
tuo
rivale. Non ti rendevi conto del fatto che quello forte, tra di noi,
sei sempre
stato tu.
Eri
davanti a me. Eri davanti a
me proprio come lo era stato lui. Me lo ricordavi, incredibilmente.
Forse era a
questo che ti riferivi quando mi dicevi di sentirmi come un fratello?
Lo
capivo. Capivo perfettamente cosa volessi dire, perché per
me, in fondo, era la
stessa cosa.
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Non
è mai stato facile per me
cogliere le sfumature delle cose. Ogni cosa che mi si presenta davanti
dev’essere necessariamente bianca o nera, classificabile in
maniera razionale
nell’oscura gattabuia della mia anima.
Tutto
ciò che esiste al mondo è
meritevole di odio, o di totale indifferenza. Perché oltre
all’odio e
all’indifferenza esiste soltanto il dolore. E’
ciò che ho sempre pensato. E’
ciò che la mia vita intera mi ha portato a credere. O per lo
meno, mi faceva
comodo pensare che le cose stessero così.
Ogni
legame che sia possibile
stabilire costituisce unicamente la fonte di una debolezza di cui non
posso
farmi carico. La mia vita conosce un unico obiettivo: la vendetta.
Per
lo meno, era quello che
credevo.
E
tu allora, da che parte stavi?
Tu,
che mi chiami fratello, non
sei mai stato come me.
La
tua esistenza, la tua costante
presenza nella mia vita non ha fatto alto che confutare tutto
ciò in cui
credevo, non ha fatto altro che sgretolare come un misero castello di
sabbia
tutte le consapevolezze sulle quali avevo basato il senso della mia
esistenza,
il senso delle mie azioni.
Per
me era un problema. Averti
tra i piedi mi mandava in confusione, mi faceva dubitare di ogni cosa,
mi
faceva dubitare di me stesso. Avevo bisogno di liberarmi
definitivamente di te
per andare avanti.
Eppure…
Eppure ti amavo, e non
potevo farne a meno. La tristezza sul tuo viso era la tristezza del mio
cuore.
Il sorriso sul tuo viso era la mia serenità. Mi sentivo come
se avessi
depositato un pezzetto della tua anima dentro di me. Potevo gioire
della tua
gioia. Potevo piangere il tuo dolore. E sapevo che per te le cose
stavano allo
stesso modo.
Ma
avevo paura. Avevo paura di
ciò che diventavo giorno dopo giorno insieme a tutti voi.
Ero felice, di nuovo.
Ero felice perché voi eravate la mia nuova famiglia, e io
avevo l’opportunità
di non sentirmi più solo. Questa era la mia debolezza. Voi eravate la mia debolezza. La mia
debolezza era costituita dal
genuino e profondo amore che nonostante tutto e, mio malgrado, non
riuscivo a
fare a meno di provare nei vostri riguardi.
E’
stato alla luce di questa
consapevolezza che ho preso la più difficile e, per come la
pensavo allora, la
più ovvia delle decisioni possibili. Troncare
definitivamente ogni legame.
Allontanare per sempre dalla mia vita tutto ciò che avrebbe
potuto distogliermi
dai miei propositi di odio.
Se
tu fossi morto la mia umanità
sarebbe morta insieme a te. Sarei diventato potente, e ogni sentimento
d’amore
avrebbe definitivamente abbandonato la mia anima martoriata.
E
una volta sconfitto Itachi,
sarei stato finalmente solo, com’era nei miei propositi.
L’unico
in grado di mettermi i bastoni
tra le ruote eri tu. Per questo avevo la viva intenzione di liberarmi
di te.
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Sei
steso a terra, svenuto. E’ la
mia occasione per farti fuori, e accantonare definitivamente il
fardello della
tua presenza nella mia vita. Eppure non ci riesco, neppure adesso che
sei
inerme e indifeso.
Sta
piovendo, siamo entrambi
fradici. Eppure distinguo le lacrime che rigano il tuo viso. Mi chino
su di te,
e sento che la forza, la volontà, la sciocca risoluzione,
vengono a mancare,
tutte insieme. Sei il mio migliore amico. Sei l’unica persona
che io abbia mai
amato. Non posso ucciderti. Non ne ho la forza. Mi allontano risoluto,
fingendo
che la mia debolezza nei tuoi confronti sia una decisione volontaria.
Anche se
non puoi vedermi, sono abituato a fare così. Non riesco
neppure a confessare
apertamente a me stesso che, di ucciderti, non ne sarei capace.
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E
rieccomi qui. Solo. Come sono
sempre stato, come ho stabilito che sarò per sempre. Nel mio
scudo di odio e
indifferenza pensavo di essere al sicuro. Ma tu non hai smesso per un
istante
di bazzicarmi intorno. Mi hai sempre raggiunto, ovunque io abbia
provato a
rifugiarmi. Nonostante il mio tentativo di allontanarti, di eliminare
definitivamente la tua presenza dalla mia vita, rieccoti di nuovo
lì. A
dichiarare il tuo proposito di salvarmi da me stesso, di riportarmi a
casa
insieme a te.
E
ciò che provo adesso non è
odio. E’ smarrimento.
Non
riesco a capirti. Tutti
quanti hanno tagliato ogni forma di legame con me, eppure tu sei ancora
qui, a
pronunciare le stesse parole di tanti anni fa. Il tuo sguardo non
è cambiato.
Non sono cambiati neppure i tuoi sentimenti. Ti guardo, e vedo la
tristezza nei
tuoi occhi. La tristezza che un tempo era in grado di adombrare anche
il mio
cuore. Ma stavolta non posso cedere.
La
mia vendetta non è ancora
realizzata. Non posso seguirti. E prima o poi sarò costretto
a ucciderti,
Naruto.
Ti
ucciderò perché tu sei l’unica
persona che io abbia mai potuto amare. Ti ucciderò
perché, mio malgrado, ti
amo. Perché tu, soltanto tu, hai superato ogni barriera,
ogni corazza.
Ti
amo perché hai superato ogni
mio tentativo di bandirti dalla mia vita. Ti odio perché
amarti mi fa paura.
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Pensavo
che la realizzazione
della mia vendetta avrebbe posto fine al mio dissidio. E invece, di
nuovo, ogni
cosa mi crolla addosso.
La
persona sulla quale avevo
riversato tutto il mio odio, tutti i miei propositi di vendetta, non
era altro
che la vittima di ogni cosa. E ogni mia azione non è stata
che il frutto del
progetto di qualcun altro. E io posso piangere. Dopo anni passati a
fingere di
provare null’altro che odio, posso finalmente piangere la
morte di mio
fratello.
Eppure
non posso ancora tornare
da te.
Adesso
che siamo adulti, la
differenza tra di noi mi appare più palese che mai. Non
condividiamo lo stesso
modo di agire, di pensare. Ti amo, ma nuovamente ho la viva
consapevolezza di
doverti eliminare.
Così
facendo potrei vendicare
degnamente il sacrificio e la morte di mio fratello Itachi. Potrei
portare a
compimento la realizzazione di un mondo giusto, che non sia messo in
pericolo
dalla precarietà di sentimenti come il dolore,
l’amore, l’odio. Mi metterei al
vertice di quel mondo, nella consapevolezza di essere immune da queste
debolezze. Sacrificherei me stesso facendomi carico di ogni cosa. Sarei
il
contenitore di tutto l’odio esistente, per fare in modo che
ogni malevolo,
maledetto sentimento sia rivolto a me, e che il nuovo mondo sia privo
di
qualsiasi guerra. Ci penserei da solo, anche a scapito del volere di
tutti.
Essere odiato non mi importa. Essere temuto non mi importa.
L’unico
ostacolo nella
realizzazione di questa grande ambizione sei tu. Sconfitto Madara ti
affronterò
per l’ultima volta, che sarà la definitiva resa
dei conti.
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E
invece, alla fine di tutto, mi
ritrovo a dichiarare la mia resa. Alla fine di tutto, ecco che sei un
passo
davanti a me, ancora una volta.
E
per la prima volta sono pronto
ad accettare che sia giusto così.
Vorrei
porre fine a questa vita
che è stata fonte di tanto disordine, di tanto dolore,
soprattutto per te. Se
io sparissi i tuoi problemi sparirebbero insieme a me. Eppure mi fermi.
Di
nuovo. Di nuovo vuoi essere la mia salvezza.
Mi
hai detto di invidiarmi. Mi
hai detto che avresti voluto essere come me. Hai detto che avevi fatto
di me la
tua meta, il tuo obiettivo da raggiungere, il tuo rivale. Ma la
verità è che
sei sempre stato tu, sarai sempre tu a camminare davanti a me. E io
sarò sempre
a guardarti le spalle, per assicurarmi che vada tutto bene.
Perdonami,
Naruto. Perdonami per
aver posto sulle tue spalle il peso del mio odio. Perdonami per aver
posto
sulle tue spalle il peso della mia vita. E grazie. Grazie di tutto.
La
tua amicizia mi ha salvato.
E
se sono qui, se sono ancora
qui, è solo perché posso splendere della tua luce
riflessa.
Tu
sei la luce, io sono l’ombra.
Io sono la luna, tu sei il sole.