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Autore: love_vegeta96    15/12/2017    1 recensioni
Una tacita dichiarazione di resa, in cui si cela una tacita dichiarazione d’amore. I pensieri di Sasuke alla conclusione dell’ultimo scontro con Naruto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Angolo dell’autrice:

Perché questa storia? Dopo essermi lasciata completamente assorbire dalla meravigliosa trama di questo lunghissimo anime, ho pensato fosse doveroso lasciare un personale contributo riflessivo, attraverso il monologo finale del personaggio che maggiormente ha colpito il mio interesse.

Ps. Ho ritenuto lecito inserire lo “shonen-ai” nel tipo di coppia perché mi rendo conto del fatto che il discorso, a tratti, potrebbe risultare ambiguo. Perciò lascio al lettore la scelta di interpretare liberamente il possibile risvolto “sentimentale” della storia.

Come sempre, critiche costruttive sono ben accette e gradite. Buona lettura!!

 

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Riapro finalmente gli occhi. Per la prima volta in vita mia posso affermare di sentirmi sereno. Credevo che per me fosse finita, stavolta. E invece siamo riusciti nuovamente a scampare alla morte.

Siamo qui entrambi, la nostra vita attaccata a un filo, stesi l’uno accanto all’altro, stremati, il corpo tumefatto, mutilato per sempre da una ferita eterna che costituirà il marchio di tutto ciò che è stato, per tutto il resto della mia vita. Servirà a farmi da monito, a ricordare a me stesso il fardello che porterò sulle spalle fino alla morte.

 

Questo posto… E’ proprio qui che è cominciato tutto. Eppure adesso ogni singolo dettaglio assume connotati e significati diversi. In quel momento di tanti anni fa dichiaravo guerra a te e a tutto ciò che mi era caro al mondo per essersi macchiato della colpa di essermi caro, mentre adesso dichiaro definitivamente la mia resa, e posso per la prima volta abbandonarmi senza rimorso alla mia debolezza.

Pensavo che sarebbe stato difficile, umiliante, devastante. Pensavo che dichiarare vano ogni singolo proposito sul quale avevo fondato il senso della mia esistenza, al quale avevo dedicato ogni pensiero, ogni mezzo, nel quale avevo impiegato tutte le mie forze, che accantonare ogni cosa in cui avevo sempre creduto a partire dal genocidio del mio clan sarebbe equivalso ad un totale fallimento su tutti i fronti. Pensavo che rinunciare a me stesso, alle mie idee, alle mie intenzioni fosse qualcosa di spregevole. Pensavo che anche la morte sarebbe stata preferibile allo sgretolarsi definitivo dei miei propositi. Sono cresciuto nell’idea che il mio unico obiettivo nella vita, l’unico obiettivo minimamente degno di considerazione, fosse quello di realizzare la mia vendetta.

E invece, inspiegabilmente la sensazione che provo, adesso che ogni cosa si è definitivamente conclusa, adesso che anche quella che credevo la più ferrea delle mie consapevolezze si è sgretolata miseramente davanti ai miei occhi, mostrandomi una realtà del tutto diversa rispetto a quella che il mio sguardo miope si era ostinato a voler vedere, è piacevole.

Adesso, tutto ciò che allora costituiva la matrice di ogni mio pensiero, di ogni mia azione, mi appare improvvisamente ridicolo. Mi sento come se per la prima volta, dopo così tanti anni, potessi finalmente tirare un sospiro di sollievo. Posso concedermi un sorriso, un respiro sereno, perché finalmente posso ammettere di essere stato sconfitto.

Non avrò mai il coraggio di dirtelo. Ma essere sconfitto da te è in fondo ciò che ho sempre voluto. Ciò che sapevo avrebbe potuto salvarmi, tirarmi fuori dal baratro infernale in cui avevo scelto di scivolare.

Ho sempre dimostrato quanto le mie convinzioni fossero perfettamente ancorate nel mio cuore glaciale. Il mio sguardo vitreo, ne sono certo, non ha mai palesato altro che questo. Ma la realtà è che ciò che facevo non era altro che aggrapparmi disperatamente alla speranza di essere portato via, di essere tirato fuori da tutto. A differenza di molte altre anime glaciali, io so cos’è l’amore. Forse è proprio questa la matrice del mio odio. Aver amato, aver amato profondamente, stava alla radice di ogni mia sofferenza. Ed estirpare quel dannato, maledetto amore, era l’unica scorciatoia che vedevo delinearsi davanti a me.

Motivo per cui, finora non ho fatto altro che opporre resistenza ad ogni tuo tentativo di avvicinarmi. In fondo, quale altra alternativa avevo?

Eri tu quello strano, e non riuscivo a capirti fino in fondo. Siamo sempre stati molto simili, io e te. Nelle nostre sofferenze, nella nostra emarginazione, nella nostra solitudine. Dopo essere rimasto solo ho cominciato a detestare ogni cosa. E osservandoti da lontano sapevo bene quanto la tua intima natura fosse identica alla mia. Sapevo che per te le cose stavano esattamente allo stesso modo.

Anche tu detestavi il villaggio che per te era stato la causa di tanto dolore. Anche tu detestavi la gente che non aveva fatto altro che oltraggiarti, allontanarti, denigrarti e metterti ai margini trattandoti come un mostro. Eppure, quale era la tua colpa? Quale era la nostra colpa, Naruto?

E allora perché? Perché tu non eri come me? Cosa ti spingeva a cercare così disperatamente un contatto con gli altri? Perché mostravi così ingenuamente e in maniera così palese il tuo estremo bisogno di affetto?

Nel tuo dolore, nel dolore della tua solitudine, nel tuo odio, potevo vedere il mio dolore, la mia solitudine, il mio odio. Eri come me. Solo, detestato, reietto. E già da allora non facevo che pensare a te. La tua debolezza mi contagiava, e non potevo farci nulla.

E ti invidiavo, nonostante tutto. Perché tu avevi quella forza che a me era sempre mancata. La forza di credere ancora nel mondo, di avere ancora una speranza, di andare avanti.

Dopo la scomparsa del mio clan, della mia famiglia, vedevo me stesso in te. Ti volevo bene, già da allora. Nonostante il tuo mucchio di stupidaggini, nonostante il tuo goffo tentativo di stabilire un rapporto con gli altri. Un perfetto idiota. Ecco cosa pensavo che fossi.

Quando siamo stati messi nella stessa squadra non sapevo se pensare che fosse un colpo di fortuna o un’autentica catastrofe. Ma come avrei potuto ignorare il fatto che, a scapito di ogni possibile previsione tu, giorno dopo giorno, migliorassi a vista d’occhio? Diventavi un avversario degno di nota, che non avrei per nulla al mondo potuto ignorare. Potevo provare stima di te come persona, fino a qualche tempo prima. Adesso cominciavo a nutrire stima di te come ninja. Volevo sfidarti. Per assicurarmi che non fossi migliore di me. Non proprio in tutto, almeno.

Eppure alla fine, sei stato tu a dirmi che avresti voluto essere come me. Mi hai detto di invidiarmi. Hai detto che avevi fatto di me la tua meta, il tuo obiettivo da raggiungere, il tuo rivale. Non ti rendevi conto del fatto che quello forte, tra di noi, sei sempre stato tu.

Eri davanti a me. Eri davanti a me proprio come lo era stato lui. Me lo ricordavi, incredibilmente. Forse era a questo che ti riferivi quando mi dicevi di sentirmi come un fratello? Lo capivo. Capivo perfettamente cosa volessi dire, perché per me, in fondo, era la stessa cosa.

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Non è mai stato facile per me cogliere le sfumature delle cose. Ogni cosa che mi si presenta davanti dev’essere necessariamente bianca o nera, classificabile in maniera razionale nell’oscura gattabuia della mia anima.

Tutto ciò che esiste al mondo è meritevole di odio, o di totale indifferenza. Perché oltre all’odio e all’indifferenza esiste soltanto il dolore. E’ ciò che ho sempre pensato. E’ ciò che la mia vita intera mi ha portato a credere. O per lo meno, mi faceva comodo pensare che le cose stessero così.

Ogni legame che sia possibile stabilire costituisce unicamente la fonte di una debolezza di cui non posso farmi carico. La mia vita conosce un unico obiettivo: la vendetta.

Per lo meno, era quello che credevo.

E tu allora, da che parte stavi?

Tu, che mi chiami fratello, non sei mai stato come me.

La tua esistenza, la tua costante presenza nella mia vita non ha fatto alto che confutare tutto ciò in cui credevo, non ha fatto altro che sgretolare come un misero castello di sabbia tutte le consapevolezze sulle quali avevo basato il senso della mia esistenza, il senso delle mie azioni.

Per me era un problema. Averti tra i piedi mi mandava in confusione, mi faceva dubitare di ogni cosa, mi faceva dubitare di me stesso. Avevo bisogno di liberarmi definitivamente di te per andare avanti.

Eppure… Eppure ti amavo, e non potevo farne a meno. La tristezza sul tuo viso era la tristezza del mio cuore. Il sorriso sul tuo viso era la mia serenità. Mi sentivo come se avessi depositato un pezzetto della tua anima dentro di me. Potevo gioire della tua gioia. Potevo piangere il tuo dolore. E sapevo che per te le cose stavano allo stesso modo.

Ma avevo paura. Avevo paura di ciò che diventavo giorno dopo giorno insieme a tutti voi. Ero felice, di nuovo. Ero felice perché voi eravate la mia nuova famiglia, e io avevo l’opportunità di non sentirmi più solo. Questa era la mia debolezza. Voi eravate la mia debolezza. La mia debolezza era costituita dal genuino e profondo amore che nonostante tutto e, mio malgrado, non riuscivo a fare a meno di provare nei vostri riguardi.

E’ stato alla luce di questa consapevolezza che ho preso la più difficile e, per come la pensavo allora, la più ovvia delle decisioni possibili. Troncare definitivamente ogni legame. Allontanare per sempre dalla mia vita tutto ciò che avrebbe potuto distogliermi dai miei propositi di odio.

Se tu fossi morto la mia umanità sarebbe morta insieme a te. Sarei diventato potente, e ogni sentimento d’amore avrebbe definitivamente abbandonato la mia anima martoriata.

E una volta sconfitto Itachi, sarei stato finalmente solo, com’era nei miei propositi.

L’unico in grado di mettermi i bastoni tra le ruote eri tu. Per questo avevo la viva intenzione di liberarmi di te.

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Sei steso a terra, svenuto. E’ la mia occasione per farti fuori, e accantonare definitivamente il fardello della tua presenza nella mia vita. Eppure non ci riesco, neppure adesso che sei inerme e indifeso.

Sta piovendo, siamo entrambi fradici. Eppure distinguo le lacrime che rigano il tuo viso. Mi chino su di te, e sento che la forza, la volontà, la sciocca risoluzione, vengono a mancare, tutte insieme. Sei il mio migliore amico. Sei l’unica persona che io abbia mai amato. Non posso ucciderti. Non ne ho la forza. Mi allontano risoluto, fingendo che la mia debolezza nei tuoi confronti sia una decisione volontaria. Anche se non puoi vedermi, sono abituato a fare così. Non riesco neppure a confessare apertamente a me stesso che, di ucciderti, non ne sarei capace.

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E rieccomi qui. Solo. Come sono sempre stato, come ho stabilito che sarò per sempre. Nel mio scudo di odio e indifferenza pensavo di essere al sicuro. Ma tu non hai smesso per un istante di bazzicarmi intorno. Mi hai sempre raggiunto, ovunque io abbia provato a rifugiarmi. Nonostante il mio tentativo di allontanarti, di eliminare definitivamente la tua presenza dalla mia vita, rieccoti di nuovo lì. A dichiarare il tuo proposito di salvarmi da me stesso, di riportarmi a casa insieme a te.

E ciò che provo adesso non è odio. E’ smarrimento.

Non riesco a capirti. Tutti quanti hanno tagliato ogni forma di legame con me, eppure tu sei ancora qui, a pronunciare le stesse parole di tanti anni fa. Il tuo sguardo non è cambiato. Non sono cambiati neppure i tuoi sentimenti. Ti guardo, e vedo la tristezza nei tuoi occhi. La tristezza che un tempo era in grado di adombrare anche il mio cuore. Ma stavolta non posso cedere.

La mia vendetta non è ancora realizzata. Non posso seguirti. E prima o poi sarò costretto a ucciderti, Naruto.

Ti ucciderò perché tu sei l’unica persona che io abbia mai potuto amare. Ti ucciderò perché, mio malgrado, ti amo. Perché tu, soltanto tu, hai superato ogni barriera, ogni corazza.

Ti amo perché hai superato ogni mio tentativo di bandirti dalla mia vita. Ti odio perché amarti mi fa paura.

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Pensavo che la realizzazione della mia vendetta avrebbe posto fine al mio dissidio. E invece, di nuovo, ogni cosa mi crolla addosso.

La persona sulla quale avevo riversato tutto il mio odio, tutti i miei propositi di vendetta, non era altro che la vittima di ogni cosa. E ogni mia azione non è stata che il frutto del progetto di qualcun altro. E io posso piangere. Dopo anni passati a fingere di provare null’altro che odio, posso finalmente piangere la morte di mio fratello.

 

Eppure non posso ancora tornare da te.

Adesso che siamo adulti, la differenza tra di noi mi appare più palese che mai. Non condividiamo lo stesso modo di agire, di pensare. Ti amo, ma nuovamente ho la viva consapevolezza di doverti eliminare. 

Così facendo potrei vendicare degnamente il sacrificio e la morte di mio fratello Itachi. Potrei portare a compimento la realizzazione di un mondo giusto, che non sia messo in pericolo dalla precarietà di sentimenti come il dolore, l’amore, l’odio. Mi metterei al vertice di quel mondo, nella consapevolezza di essere immune da queste debolezze. Sacrificherei me stesso facendomi carico di ogni cosa. Sarei il contenitore di tutto l’odio esistente, per fare in modo che ogni malevolo, maledetto sentimento sia rivolto a me, e che il nuovo mondo sia privo di qualsiasi guerra. Ci penserei da solo, anche a scapito del volere di tutti. Essere odiato non mi importa. Essere temuto non mi importa.

L’unico ostacolo nella realizzazione di questa grande ambizione sei tu. Sconfitto Madara ti affronterò per l’ultima volta, che sarà la definitiva resa dei conti.

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E invece, alla fine di tutto, mi ritrovo a dichiarare la mia resa. Alla fine di tutto, ecco che sei un passo davanti a me, ancora una volta.

E per la prima volta sono pronto ad accettare che sia giusto così.

Vorrei porre fine a questa vita che è stata fonte di tanto disordine, di tanto dolore, soprattutto per te. Se io sparissi i tuoi problemi sparirebbero insieme a me. Eppure mi fermi. Di nuovo. Di nuovo vuoi essere la mia salvezza.

Mi hai detto di invidiarmi. Mi hai detto che avresti voluto essere come me. Hai detto che avevi fatto di me la tua meta, il tuo obiettivo da raggiungere, il tuo rivale. Ma la verità è che sei sempre stato tu, sarai sempre tu a camminare davanti a me. E io sarò sempre a guardarti le spalle, per assicurarmi che vada tutto bene.

Perdonami, Naruto. Perdonami per aver posto sulle tue spalle il peso del mio odio. Perdonami per aver posto sulle tue spalle il peso della mia vita. E grazie. Grazie di tutto.

La tua amicizia mi ha salvato.

E se sono qui, se sono ancora qui, è solo perché posso splendere della tua luce riflessa.

Tu sei la luce, io sono l’ombra. Io sono la luna, tu sei il sole.

   
 
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