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Autore: Nat_Matryoshka    15/12/2017    1 recensioni
"A volte dopo tante cadute si ottiene finalmente qualcosa, non credi?”
Rey è una giovane reporter, che si innamora di Venezia e del suo Carnevale. Ben, il fotografo che la accompagna, di notte sogna di un ragazzo misterioso e di un mondo che non conosce.
Forse le loro anime si assomigliano più di quanto immaginano.
[Modern AU || Scritta per la Reylo Fanfiction Anthology 2017, "Celebrate the Waking"]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Luke Skywalker, Maz Kanata, Rey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
 
 




“A realist, in Venice, would become a romantic
by mere faithfulness to what he saw before him.”
- Arthur Symons
 
 
 



“Hai caricato la macchina fotografica, vero Ben?”
“Certo che l’ho caricata.” Il ragazzo sbuffò, ma controllò se aveva portato con sé anche la batteria di riserva nella taschina della borsa dove riponeva la macchina. Detestava venir meno ai suoi doveri, soprattutto se si trattava di dimostrare quanto valesse. “La carico sempre prima di scattare. Non ci tengo a ripetere esperienze passate con le batterie scariche, grazie.”
“Meno male.” Luke alzò la testa per cercare un punto imprecisato nel cielo, poi tornò a rivolgersi al nipote. “Non hai dormito granché, eh? Hai l’aria assonnata… per questo chiedevo. Problemi con il letto?”

Effettivamente quella mattina Ben non faceva altro che strofinarsi gli occhi, notò Rey. Maz si era raccomandata perché la raggiungessero a Piazza San Marco prima delle dieci e mezzo, così da aspettare con tutta calma l’inizio dello spettacolo senza doversi muovere tra la calca: infatti la piazza si era riempita in pochissimo tempo di gente in costume, adulti e bambini, turisti, curiosi. Intorno a loro era tutto un muoversi di cappelli, abiti stravaganti e maschere, tanto che Rey continuava ad alzarsi in punta di piedi per lanciare occhiate in giro. Ben sbadigliò nuovamente.

“No, il letto è comodo. Ho solo fatto degli strani sogni che mi hanno svegliato spesso, tutto qui.”

Sogni. Rey pensò per un attimo alla ragazza veneziana che desiderava trovare la sua famiglia, al vestito di merletti che avrebbe indossato al ballo di Carnevale e che sembrava così reale, quasi avesse potuto toccarlo davvero.  Si era svegliata con la stessa sensazione del pomeriggio precedente, come se si fosse lasciata alle spalle un ricordo del passato, immagini che la sua mente già conosceva e che le aveva riproposto di notte, quando sarebbe stata più propensa a lasciarsi trascinare dal loro flusso. Chissà se a Ben era capitata la stessa cosa, se era stato preda di un sogno talmente intenso da non farlo riposare normalmente…
Si riscosse dai suoi pensieri, girandosi verso Luke: era quasi mezzogiorno. Maz lo stava tirando per una manica per indicargli l’arrivo di un corteo di persone mascherate, capeggiato da una ragazza riccamente vestita di blu, l’Aquila che avrebbe eseguito il Volo che tutta la piazza si preparava ad ammirare. Da quanto aveva spiegato Maz, ogni anno veniva tirata su una struttura di cavi metallici che attraversava la piazza e che avrebbe portato la ragazza letteralmente a volare sopra le loro teste, per poi atterrare sul palco di legno davanti alla basilica. Quella cerimonia si teneva la domenica di Carnevale: era solo l’inizio di una lunga serie di balli, feste ed eventi che si susseguivano fino alla sera di Martedì Grasso, l’ultimo giorno di festa prima delle Ceneri. Ben si voltò nella direzione indicata dalla donna, la macchina pronta, ogni traccia di stanchezza svanita mentre regolava lo zoom per immortalare l’Aquila, che presto sarebbe arrivata sulla cima del campanile.

“Peccato che siate arrivati solo venerdì… domenica scorsa c’è stato il Volo dell’Angelo, che segna l’inizio vero e proprio del Carnevale. Anche quello è un evento da vedere” sentenziò Maz, alzando la testa il più possibile per guardare la ragazza che si preparava a venir assicurata ai cavi. Ben scattava con attenzione, spostando l’obiettivo per catturare anche qualche immagine della piazza. Era rilassato, Rey lo percepiva: si sentiva nel suo elemento ed emanava una tranquillità che riusciva a mettere anche lei a suo agio. Era pieno di passione, desiderava mostrare quanto significasse per lui la fotografia, ma in qualche modo riusciva a trattenere la foga rabbiosa che avrebbe potuto destabilizzarlo. Per un attimo si chiese se quella nuova calma non fosse nata proprio durante le loro giornate veneziane, mentre respiravano vicini, mentre vivevano le stesse esperienze con occhi nuovi.

“Eccola!” Luke puntò il dito verso l’alto, dove l’Aquila stava iniziando la discesa lungo il cavo. L’abito era lungo e decorato da strisce di tulle che si muovevano delicate al vento, dando l’impressione di un piumaggio. Rey fissò affascinata la ragazza che scendeva lentamente, muovendo le braccia come se avesse potuto davvero spiccare il volo, e invidiò la sua tranquillità nel penzolare a metri e metri dal suolo senza mostrare ansia né disagio. Sembrava senza peso, una bizzarra creatura da favola che salutava la folla dall’alto, piccola come un uccello, appesa al filo che quasi scompariva sotto alla moltitudine di veli e nastri. In un paio di minuti completò il suo volo, atterrando sul palco di legno a poca distanza dal punto in cui si erano sistemati, accolta da un applauso fragoroso e dal lancio di coriandoli azzurri da tutte le direzioni.

“Bene… posso ufficialmente darvi il benvenuto alla vostra settimana di Carnevale veneziano!” esclamò Maz, assestando una piccola pacca amichevole sulla schiena di Luke. Si erano già accordati per pranzare insieme: nel pomeriggio avrebbero visitato le isole della laguna e poi, se fossero arrivati in tempo, un altro museo o due. La folla iniziava a muoversi in tutte le direzioni, la magia del volo era finita assieme all’inchino dell’Aquila e a quello del corteo mascherato che l’aveva accompagnata. Ben, accanto a lei, continuava a scattare fotografie al cielo sereno.
 

*
 
 

“Hai mai visto delle case rosa, blu, gialle? Scommetto di no. Così come scommetto che queste foto ti piaceranno un sacco. Un bacio.”

Aveva appena inviato un messaggio a Poe, assieme ad una foto scattata a Burano: una casa dipinta di rosa, le imposte di legno bianco splendente, un portavaso appeso sotto alla finestra contenente un arbusto sempreverde che tendeva le foglie al sole del primo pomeriggio. Sulla piccola isola ogni casa era dipinta di un colore acceso, illuminando le strade anche quando le nuvole coprivano il sole. Non c’era l’ombra di un automobile per le strade e il silenzio avvolgeva i vicoli solitari, abitati giusto da qualche gatto o dai gabbiani che si posavano per cercare avanzi da mangiare. Il rumore delle onde riempiva ogni angolo, lo faceva vivere di suoni diversi, forti e vivi.
Poe avrebbe adorato quell’atmosfera.

Rey si sedette su una panchina di fronte al mare, chiudendo gli occhi per godersi un raggio di sole che filtrava tra i rami di un albero. Maz non lo aveva ammesso apertamente, ma la mattinata trascorsa in piedi a San Marco l’aveva stancata, ragion per cui sul traghetto per le isole erano saliti solo lei, Luke e Ben, accompagnati ovviamente dalla macchina fotografica del ragazzo. Lei era rimasta in albergo a farsi un riposino, consigliandogli di visitare tutte e tre le isole (c’erano anche Murano, l’isola del vetro, e Torcello, la più piccola) e di tornare in tempo per dare un’occhiata al Museo di Storia Naturale, che a sua detta meritava decisamente una visita. Appena approdati si erano sparsi per le piccole vie che circondavano la piazza principale, Luke perso in uno dei suoi tour in solitaria, Ben impegnato a cercare qualche scorcio suggestivo da aggiungere all’elenco delle fotografie. All’ora di pranzo alcune nuvole passeggere avevano coperto il sole e fatto cadere qualche goccia di pioggia, ma era durata poco: i sottili filamenti di nuvole bianche e beige che intervallavano il cielo non promettevano altra acqua, e il sole aveva presto riguadagnato il posto che gli spettava.
Ben passeggiava poco lontano da lei, ogni tanto scattava, camminava con le mani in tasca e la mente a spasso tra chissà quali pensieri. Un gatto bianco e nero era spuntato da un vicoletto e trotterellava nella piazza col solito passo frettoloso dei gatti: la ragazza vide poggiare Ben poggiare un ginocchio a terra per chiamare l’animale, che si fermò a fissarlo sospettoso, i baffi tesi. Non sembrava fidarsi completamente dell’umano che gli tendeva una mano, finché non fece un paio di passetti verso il giovane e lo annusò, permettendogli di toccargli appena la schiena. Concesso quell’incredibile onore all’umano si allontanò di nuovo per i fatti suoi. Ben abbassò la testa e sorrise, un sorriso piccolo e incredulo, come un bambino felice per una nuova scoperta.
Rey lo sentì avvicinarsi, e un attimo dopo era seduto sulla sua stessa panchina, i raggi del sole che scaldavano i suoi capelli facendoli brillare. Si piegò in avanti, le braccia poggiate sulle gambe, e la ragazza pensò che fosse il momento giusto per parlare.

“Ti senti meglio, ora?”
“Decisamente si. Il pranzo e la gita in traghetto mi hanno fatto bene.” Spostò un sassolino col piede, spingendolo nella terra. “Mi capita spesso di non dormire granché… generalmente è per colpa del letto, o perché ho mangiato troppo la sera precedente. Ma questa volta… non so, era diverso.”

Il cielo era sgombro, tranne per un angolo in cui un gregge di nuvolette bianche faceva gruppo. Gli uccellini si erano rimessi a cantare, e l’aria che si spargeva per le strade profumava di pioggia, di mare e erba bagnata. Alle volte, pensò Rey, il cielo sereno dopo la pioggia era ancora più bello.

“Hai mai fatto un sogno così reale da portarti a pensarci per ore?” esordì Ben, e non si capiva se stesse parlando a se stesso o a lei. Nel dubbio Rey ascoltava, pendeva dalle sue labbra senza interromperlo. “Un sogno che sembra una parte della tua vita, ma che è anche diverso, con altri protagonisti, altre storie. Cammini nel sogno e sai di non essere tu a farlo, ma la persona che vedi è così simile a te da fartene dubitare. Nel sogno ti trovi esattamente nella città in cui ti muovi da sveglio, parli con la gente in una lingua che non è la tua, vivi un’altra vita… fino a che non ti svegli, e la realtà ti sembra strana, non è nemmeno più realtà alla fine. Ti confonde. Mi sono svegliato e non sapevo quale fosse la verità, per questo non riuscivo più ad addormentarmi.”

La ragazza con l’abito di merletti gira su se stessa davanti ad un grande specchio dalla cornice di legno, sorridendo felice. Si lega i capelli in un solo nodo in cima alla testa, il resto lo lascia sciolto sulla schiena. Ha una maschera ornata da ghirigori bianchi sul fondo beige, la aspetta sul letto, spicca nella penombra della stanza. Venezia è in festa! Carnevale è ovunque! Chissà se i suoi genitori saranno là. Chissà se il Principe Solo ballerà con lei.

, avrebbe voluto rispondere Rey. Certo che mi è capitato di fare questi sogni, sono già due giorni che immagini del genere si impongono nella mia mente e non vogliono lasciarla. Ma come avrebbe potuto concentrare tutto in una manciata di frasi, fargli capire che i loro sogni erano così incredibilmente simili da far dubitare di una semplice coincidenza?

Ad ogni modo, avvertiva il bisogno disperato di dirglielo, dirgli qualunque cosa affinché capisse.

“Sì. Mi è successo più volte da quando sono qui… ed è esattamente come dici tu: non riesco a distinguere la realtà dalla fantasia. Mi sembra di vivere un frammento del mio passato anche se non sono io la protagonista dei miei sogni, ed è meraviglioso e spaventoso allo stesso tempo.”
Restarono entrambi in silenzio, a godersi il suono di quella frase lasciata cadere, delle onde del mare che riempivano la pausa. Rey non riusciva a smettere di fissare il sole che giocava coi capelli di Ben. Anche se restava in silenzio, sentiva che solo lui, in quel momento, poteva comprenderla in pieno. Quei sogni sembravano farli avvicinare come nemmeno l’arte o la fotografia avevano fatto fino a quel momento. Lui gli prese la mano, fece scivolare le dita lunghe e sottili su quelle più piccole di lei e le strinse appena, come a cercare una conferma. Erano tiepide, non pesavano.

“Dei sogni condivisi… sembra la trama di un romanzo.”

La risatina di lei fece tremare l’aria del pomeriggio. Era felice, e non avrebbe saputo dire perché.
 



*
 



Il Museo di Storia Naturale era una specie di meravigliosa sala giochi scientifica.

Erano mesi, forse anni che Rey non si divertiva in quel modo, come una bambina entusiasta che accoglie ogni novità con gli occhi spalancati. Avevano gironzolato attraverso le sale dedicate alla preistoria toccando tutti le riproduzioni di fossili realizzate apposta per i visitatori, passandoseli di mano in mano pieni di stupore. Si erano persi ad osservare le informazioni dedicate a piante ed animali in via di estinzione, ad ammirare la fontana piena di ninfee che illuminava tutto il giardino sul retro del palazzo. E, arrivati alla fine, avevano ascoltato il verso delle balene tramite le grosse cuffie che permettevano di immergersi nel fondo del mare, come se quei giganti gentili stessero cantando le loro canzoni solo per gli spettatori umani. Anche a Ben brillavano gli occhi, e Luke sembrava così felice, così a suo agio che né lei né il compagno erano riusciti a stargli dietro.
Conclusero la visita con una cioccolata calda con panna in un piccolo bar della zona universitaria. Mancavano un paio d’ore alla chiusura dei musei, tempo che utilizzarono per un’altra visita a quello del Settecento Veneziano, un palazzo che sembrava uscito da un’altra epoca. Una volta varcata la soglia, la sensazione di essere tornata nel suo sogno afferrò Rey e non la lasciò per tutta la durata della visita: c’era vita in quei mobili, una vita passata affascinante fatta di feste, di eleganza, ma anche di lavoro e del desiderio di esplorare ciò che si trovava al di là dell’orizzonte, oltre la laguna. Terre lontane, meravigliose. Passeggiavano tra le pareti affrescate e le cornici scolpite osservando lacche e porcellane, e la ragazza dai lunghi capelli scuri continuava a provare il suo abito davanti allo specchio, danzava con se stessa e immaginava il ballo, probabilmente sognava il giovane che aveva già visto altre volte. Rey distolse lo sguardo da uno splendido mobile laccato per osservare Ben, poco lontano da lei, che ogni tanto socchiudeva gli occhi e inspirava. Chissà se stava pensando anche lui al suo sogno. La rivelazione di poco prima non l’aveva stupita quanto avrebbe immaginato: forse perché sentiva di essere collegata a lui, in qualche modo, e quel viaggio gli stava dando altri motivi per crederlo.

Nella sua mente, donne dagli abiti sfarzosi ballavano, abitavano quelle stanze ridendo e chiamandosi, si affacciavano al balcone sospirando. La musica non smetteva di suonare, guidava i suoi passi, la accompagnò fuori in un profumo di cipria e tessuti delicati, mentre le sue gambe accennavano un passo di danza. Il vaporetto li aspettava per portarli all’albergo, verso la cena e Maz, che li stava aspettando davanti alla chiesa di Santa Maria della Salute. Era calata la sera, e ancora dovevano decidere quali luoghi visitare il giorno dopo e, soprattutto, dove noleggiare gli abiti che avrebbero indossato al ballo di Carnevale. Luke non le sembrava ancora del tutto convinto, Ben era imperscrutabile come al solito, ma dentro di sé – una parte molto nascosta, segreta e piuttosto inaspettata – Rey era felice di partecipare.
 


*
 


Quella sera andò a letto con la tranquillità di chi aspetta qualcosa che sa per certo di veder arrivare. Spense la luce con le immagini del museo che ancora la accompagnavano, le risate di Luke che le riempivano il cuore, insieme allo sguardo di Ben dopo che il gatto bianco e nero si era lasciato accarezzare da lui. Chiuse gli occhi e il sonno la venne a prendere poco dopo, trasportandola come faceva il vaporetto ogni giorno, portando qualcosa con sé come un’onda che bagna all’infinito la stessa spiaggia, ma ogni volta con acqua diversa.

La ragazza indossava il vestito prestatole da Agnese, ed era bella come una regina. Se qualcuno dei clienti della bottega si fosse visto passare accanto quella creatura vestita di bianco, una maschera finemente decorata posata sul viso, non avrebbe mai riconosciuto in lei l’aiutante di bottega che trascorreva le giornate a riparare ingranaggi e ripulire il pavimento del negozio dal grasso e dai trucioli di legno.
Camminava a piccoli passi, diretta verso il Palazzo: le balaustre e le finestre erano tutte un punteggiare di candele e lanterne, qualche gentiluomo si affacciava alla finestra, molti altri arrivavano dal mare e dai canali sulle loro gondole, accompagnati dalle dame. C’era anche qualche membro del popolo, si riconoscevano dagli abiti più modesti e dalle maschere semplici che coprivano i volti, completamente bianche. Era una fortuna che tra i suoi averi ci fosse quella bella maschera, probabilmente un ricordo che le era rimasto dei suoi genitori…
La ragazza procedeva verso l’entrata e, come si aspettava, nessuno la fermò. Una guardia all’ingresso della sala rispose al suo inchino e la lasciò entrare: i balli in maschera erano un’occasione perfetta per far incontrare lo strato più basso della società con quello più alto, e nessuno aveva da ridire se dei semplici domestici partecipavano alle danze. La sala grande del Palazzo era piena di risate e movimento, ma da quella distanza non riusciva a riconoscere nessuno. Sarebbe dovuta entrare per capire se il Principe fosse veramente tra loro.
Ed ecco che la musica riprendeva a suonare, e le voci e le risate aumentavano di volume, facendola sentire sempre più piccola e insicura. Doveva farsi coraggio, come avrebbe fatto altrimenti a trovare i suoi genitori? Magari erano nascosti nella schiera di gentiluomini e dame, ignari della sua presenza. Forse accanto a loro c’era il Principe Solo, gentile e malinconico, i bei ricci scuri sparsi sotto al cappello piumato. Voleva guardarlo ancora una volta, restare in silenzio vicino a lui senza disturbarlo e osservare le sue dita lunghe che si spostavano un ciuffo dagli occhi, le labbra piene socchiuse. L’aveva visto solo di sfuggita qualche volta, mentre scendeva dalla gondola della sua famiglia e durante alcune celebrazioni pubbliche, ma quella sera… non c’era migliore occasione del ballo di Carnevale per ammirare quanto di più lontano c’era da lei, dalla sua vita. Anche solo condividere la stessa stanza con lui le sarebbe bastato.
Proprio mentre muoveva qualche passo verso l’interno della sala, affascinata dal tavolo delle cibarie che scintillava nell’angolo più lontano, una mano le sfiorò la spalla, facendola voltare. Il viso di un giovane la osservava da dietro la maschera nera arabescata di grigio e rosso, due minuscoli rubini incastonati sotto all’occhio destro come lacrime scarlatte.
“Avete bisogno di aiuto, signorina?”
La ragazza trasalì, riconoscendo lo sguardo di quegli occhi marroni, caldi nonostante l’inquietudine che solitamente emanavano. Lo riconobbe immediatamente, sarebbe stato impossibile confondersi.

Davanti a lei c’era il Principe in persona.

 
 
 
 
 




***

Avete già visto Episodio VIII? Io sono riuscita a vederlo al day one e mi ha emozionata incredibilmente: non faccio spoiler, ma è veramente eccezionale. E mi ha spinta a rimettermi a pubblicare e scrivere, per cui vi beccate un nuovo aggiornamento e le mie scuse per averci messo tanto ;_; Se avete voglia di lasciarmi un piccolo kudos per incoraggiarmi un po', qui la trovate in inglese su AO3!

Grazie per la pazienza con la quale mi seguite, lettori :3
Rey
   
 
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