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Autore: The Custodian ofthe Doors    15/12/2017    4 recensioni
[ AU!Police| Detective!Alec| Doctor!Simon| Criminal!Magnus]
Alexander Lightwood è un detective della Omicidi di New York City famoso per la sua pazienza e la sua calma imperturbabile.
Non trova strano, quindi, che il Capo Bureau Blackthorn chiami proprio lui per risolvere il caso di un contrabbandiere di merci rare ed opere d'arte che è stato trovato morto nella sua villa, completamente a soqquadro. Così come non lo sorprende la sfortuna che pare inseguirlo per tutte le indagini.
Un caso di omicidio che lentamente prende contorni più definiti e si colora di cupe tinte, storie vecchie quasi trent'anni che tornano alla ribalta, una scia di morti che culminano proprio sull'intreccio di fili che si tende nel tempo, personaggi scomparsi dalla scena e altri che mai l'hanno lasciata, cambiando solo ruolo. Sullo sfondo dell'estate più torrida che New York City ricordi nell'ultimo secolo la legge dovrà convincere il crimine a collaborare per riuscire ad arrivare alla conclusione e mettere definitivamente il punto ad una storia che è in replica sulla scena da fin troppo.
Genere: Azione, Commedia, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane, Simon Lewis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X


 


 

Si chiuse la portiera alle spalle ed avanzò verso la casa ben tenuta.
Controllò di nuovo l'indirizzo solo per sicurezza e poi diede uno sguardo al telefono per vedere se c'erano stati problemi mentre lui era in viaggio.
Sospirò sconfortato quando si ritrovò la sequela di messaggi, alternati, di Simon e Magnus sul gruppo di whats app creato qualche giorno prima dal castano. Litigavano per qualcosa di stupido, come sempre, e chiedevano a lui di dire rispettivamente all'altro che avesse ragione e che doveva smetterla. Visualizzò solo per fargli capire che aveva visto e non rispose per rendergli più chiaro che non gli interessavano le loro assurde liti su non voleva neanche sapere cosa.
Scorse il messaggio di Clary che gli chiedeva un favore solo perché sapeva perfettamente che Jace aveva combinato qualcosa e che la rossa voleva che lui gli facesse cambiare idea.
Si fermò solo quando incontrò l'icona del gruppo dei suoi fratelli e si accigliò, che volevano?


 

Max
Siete tutti liberi questa sera?


 

Izzy
Certo!


 

Magnifico JaceBastBro4Eva
Come da accordi litbro.

Alec se Calry ti scrive ignorala.


Izzy
Cioè fai come fai sempre.


 

Max
Alec! Che persona terribile sei? Come puoi ignorare Clary?


 

Magnifico JaceBastBro4Eva
Sento dell'ironia nelle tue parole…


 

Max
Al massimo la leggi…


 

Izzy
BOOOM! Becca e porta a casa!

Alec non capì che cavolo stavano combinando quei tre.

Sta sera cosa?
Perché come da accordo?
Ora che mi hai detto di ignorarla leggerò subito cosa vuole.
Io non ignoro Clary.
Si era ironia.
Jace mi sorprende che tu l'abbia capito.
Max non fare il puntiglioso, che sai perfettamente che poi si ricorda che è un bambino speciale e ci rimane male.
Iz, la prossima volta il diazepam lo do a te, non a Simon. Calmati.


 

Scrisse tutto alla velocità della luce, un elenco di cose che voleva sapere e che, ne era certo, i suoi fratelli c'avrebbero messo un po' per rispondere.
Soprattutto se si mettevano a discutere su “come” rispondergli sul loro di gruppo. Come se lui non sapesse che avevano una chat senza di lui. Purtroppo per Alec i suoi amati fratellini avevano deciso di fare dei gruppi per ogni “formazione” come la chiamavano loro.
Quindi c'era il : “LightwoodBrothers”, dove c'erano tutti. Il “ BlackLightwoods” dove mancava solo Jace. Il “BastBadBoys” senza Izzy, il “TheBigger” senza Max e per finire i “YungerbutBetter” senza di lui.
E Alec c'avrebbe scommesso il distintivo che in quel preciso istante la chat dell'ultimo gruppo stesse scoppiando.
Lanciò un'ultima occhiata all'anteprima della discussione tra Magnus e Simon e poi mise la vibrazione e si apprestò a bussare alla porta.

Casa Herondale era semplice ma pulita. Ad aprirgli era stata una donna molto bella ma decisamente più giovane di quanto non si aspettasse. Quella si presentò come Tessa Gray, la moglie del defunto Will Herondale, nonché cognata della padrona di casa. Amatis invece somigliava per molti versi a Luke e Alec non dovette stupirsene più di tanto.
Furono entrambe molto gentili con lui e gli offrirono una bevanda fresca mentre lui, a grandi linee e senza scendere nel dettaglio, raccontava loro perché fosse andato a fargli visita e cosa ciò avrebbe comportato.
Stranamente nessuna delle due parve voler saperne di più, probabilmente essere mogli, sorelle anche, di poliziotti aveva insegnato loro a non porre troppe domande e ad accontentarsi di ciò che potevano sapere.
Ascoltarono attentamente ogni singola parola, ogni evento così come glielo presentava Alec e alla fine chiesero solo come potevano aiutarlo a mettere definitivamente il punto a quella storia.

<< Vorrei sapere se potete dirmi qualcosa che non so.>> chiese con delicatezza.
Amatis si strinse nelle spalle, << Non so cosa potrei dirti. Ero a conoscenza dell'operazione solo perché Step mi aveva detto che lo avevano selezionato e che quella era una grande opportunità. Lui e Lucian erano così felici… anche gli altri, sai, li conoscevo da molto tempo, da quanto erano adolescenti e pensare a come li ha ridotti quel caso mi fa ancora venire i brividi.
A raccontarmi tutto fu Imogen. Quella povera donna soffrì tanto quanto me, mh, che egoista che sono, lei ha perso un figlio, avrà sofferto anche più di me. Non potrò mai saperlo, per fortuna o sfortuna che sia. >> disse amaramente.
Tessa affianco a lei annuì. << Will non c'entrava niente invece. Capisco perché Imogen te ne abbia parlato, effettivamente in un certo senso è “legato” al caso ma in modo indiretto.
Successe circa un paio d'anni dopo la fine del processo. Will non ha mai accettato la morte del cugino, erano cresciuti inseme, come fratelli e la cosa lo ha distrutto anche se voleva mostrarsi forte e non lo avrebbe mai ammesso. Amatis aveva lasciato New York che il processo era ancora in corso, quell'anno morì il procuratore generale, l'avvocato- >>
<< Maxwell Trueblood, era mio zio.>> soffiò piano Alec. Le due donne lo guardarono con lo sguardo di chi capisce cosa voglia dire perdere una persona cara, poi Tessa continuò a raccontare.
<< Ama ci chiamò chiedendoci di aiutarla a togliere i documenti di Stephen dalla loro vecchia casa.>>
<< Non ho mai avuto il coraggio di venderla… >> constatò a bassa voce la donna, rivolta a nessuno.
<< Come ho detto, erano passati un paio d'anni ed eravamo felici che si fosse sentita finalmente pronta per affrontare la cosa, anche se a piccoli passi. Will decise di occuparsi dei documenti di lavoro perché aveva paura che potesse esserci qualcosa di riservato che andasse consegnato alle autorità e subito dopo divenne strano.>>
<< Cosa trovò?>> chiese Alec attento.
Amatis si strinse nelle spalle e scosse la testa. << Nulla che io non avessi visto e che fosse riservato. Non è mai tornato a casa in quei due anni, non ha mai usato il suo studio. Ci entravo solo io per dare una spolverata e per lasciare le lettere che mi mandava.>>
<< Le scriveva della corrispondenza?>> sorpreso guardò la donna aspettandosi che negasse, che gli dicesse di no, che aveva capito male e che nessuno sano di mente manderebbe delle lettere alla propria moglie quando è sotto copertura. Eppure la donna annuì.
<< Venivano sempre da posti diversi, le lasciava in alcuni luoghi prestabiliti e poi Malcom o Hodge me le consegnavano. Alle volte dentro c'erano altre lettere indirizzate a sua madre o a Will, ma non c'è mai stato niente di sospetto, le leggevo attentamente.>>
<< E non l'ha mai colpita qualcosa? Una frase, una parola, un riferimento… >>
<< No, erano solo lettere in cui mi diceva quanto gli mancassi, come fosse dura, come se la stesse cavando Luke, cosa facevano gli altri, se ogni tanto c'era qualcosa di cui ridere o essere felici. Mi aveva mandato delle foto persino.>>
Un campanello suonò nella mente del giovane e si voltò cauto verso l'altra donna.
<< Suo marito ha visto quelle foto? Lei crede sia possibile che si sia reso conto di qualcosa che vuoi magari avete ignorato o a cui avete dato poca importanza?>>
La castana ci pensò per molto tempo, teneva lo sguardo fisso nel suo, il volto leggermente girato come se stesse cercando di ricordare cose distanti eoni.
<< C'era una foto di tutti loro con “gli abiti di scena”, quando si erano integrati nel gruppo. O di lui con un altro membro della sua squadra, mai con qualcuno del giro, con qualche criminale vero. Credo… ce n'era anche una in un hotel?>> chiese rivolta ad Amatis ma lei scosse la testa.
<< Era in un ufficio. Quella me la mandò perché erano tutti vestiti per bene, erano stati invitati dal loro capo a non so quale evento organizzato da lui e si erano ritrovati tutti assieme da quel mostro per scortarlo personalmente.>>
<< Potrei...vedere quella foto?>>
Amatis sospirò stanca. << Certo, ma non credo ci troverai nulla di utile.>> Si alzò e si diresse sicura verso una credenza, prendendovi da dentro uno scatolone di cartone pesante e frugandovi alla ricerca di qualcosa.
<< Era lo scatolone fatto da Will, lo portò a casa ed esaminò uno ad uno tutti i documenti che c'erano dentro.>> spiegò l'altra. Alec annuì e poi si protese in avanti quando gli venne passata la foto.

Ritraeva tutti e sei i giovani uomini che erano stati al centro di quel tornado. Tutti vestiti bene con completi di sartoria, sicuramente pagati dal loro capo, ma palesemente di stampo mafioso. Sembravano usciti da un film di Tarantino e Alec capì perché aveva voluto inviarla alla moglie, per farla sorridere, per fargli vedere “cosa gli toccava fare”.
Erano in un ambiente arioso, dalla moquette rossa che non faceva altro che aumentare l'opulenza di quella sala, dove una scrivania in legno antico troneggiava davanti ad un muro su cui era appeso un quadro che Alec riconobbe solo perché lo aveva visto a casa di Fell: la dama con il vestito grigio. A quanto pareva il Monet non era stato l'unico regalo che Amodeus aveva fatto a Ragnor.
Vedeva poi l'ombra di un uomo, probabilmente quello che aveva scattato la foto e… cos'era?
Avvicinò la fotografia al proprio volto e cercò di mettere a fuoco qualcos'altro. Sul bordo della finestra, nello spazio lasciato aperto dalle tende, si poteva vedere in lontananza un parco, probabilmente quello di Brooklin. Il cancello era aperto e parcheggiato lì davanti, assieme ad altre macchie ed un paio di vecchie moto, c'era un furgone bianco e sporco. O almeno gli sembrava da come era sgranata la foto.
Che fosse quella la cosa che aveva visto William Herondale e che lo aveva fatto insospettire?
<< Posso tenerla per un po'? Vorrei farla vedere ad una persona, poi gliela riporterò, glielo giuro.>>
Amatis gli sorrise senza gioia, << Puoi tenerla quanto ti serve, non preoccuparti.>>
La ringraziò ed infilò la foto nella tasca interna della giacca.
<< Dopo aver messo in ordine i documenti quindi, suo maritò cominciò a comportarsi in modo strano?>>
La signora Gray si lasciò cadere contro i cuscini del divano, Alec la vide giocare con gli anelli che portava al dito come spesso faceva suo padre e rimase per un attimo bloccato a fissare le sue mani: entrambe al dito anulare portavano un anello di fidanzamento ed una fede. Probabilmente la donna si era risposata.
Si ritrovò a sorridere. Almeno una delle due era riuscita ad andare avanti e a trovare di nuovo l'amore.
<< Esatto. Riprese in mano il caso anche se non voleva dirmelo apertamente. Non lo ha mai fatto ma io l'ho capito. Stava indagando su qualcosa che, secondo lui, non quadrava. Ricordo che chiamava spesso Hodge e Malcom per chiedergli qualcosa. Il primo sembrava aver il terrore anche solo di rivangare il passato. Il secondo aveva due figli piccoli da crescere ma provò comunque ad aiutarlo come poteva.
Alla fine anche Will si è fatto ossessionare dal caso: era stanco, nervoso, suscettibile, scattava per tutto e spesso non dormiva. Quando incontravamo qualcuno che aveva preso parte all'operazione lo guardava come se cercasse di leggergli l'anima. Alla fine era così teso che i suoi riflessi non furono abbastanza pronti. Venne colpito da un malvivente durante una sparatoria. Due spacciatori erano arrivati alle armi e nel tentativo di fermarli Will è morto.>> lo disse con amarezza ma anche con una sfumatura nella voce che non lo convinse.
Forse non ci credeva neanche lei?
Evitò di chiedere se credesse che era stato ucciso per metterlo a tacere, eppure la cosa sembrava lasciata per aria, così, proprio per farlo giungere a quella conclusione.
<< Va bene. Vi ringrazio molto per il vostro tempo. Vi prometto che cercherò di tenervi il più lontane possibili da questo caso e anche dall'eventuale processo che ne potrebbe derivare.>>
<< No.>> disse improvvisamente risoluta Amati alzandosi. In quel momento gli parve così simile a Luke che se la immaginò benissimo vestita da ufficiale o magari al fianco della Signora.
<< Sono anni che mi domando per quale motivo sia morto mio marito, se per una sua disattenzione, per colpa di Valentine che non ha diretto bene l'operazione, perché uno di quei bastardi gli ha sparato o semplicemente perché era destino. Ho perso la persona che amavo, non vedo quasi più mio fratello, la mia famiglia si è sgretolata per colpa di un caso di cui non saprò mai tutti i dettagli e di cui mi sono state e mi sono ancora taciute troppe cose. Ma se scoprirete cos'è successo, qualunque cosa sia successa, anche se Stephen è inciampato e si è sparato da solo, io voglio saperla. Voglio mettere fine a questa storia e dare finalmente pace all'uomo che amo.>>
Alec la guardò ammirato e si alzò in piedi anche lui per porgerle la mano. Lo fece esattamente come avrebbe fatto se ci fosse stato un uomo davanti a lui, anche se la cosa suonò estremamente misogina persino alla sua mente, Alec non si vergognava a dire che aveva sempre un occhio di riguardo per le donne, che non si comportava mai con gli stessi modi spicci e spesso duri che assumeva con un uomo. Che probabilmente le avrebbe stretto la mano delicatamente prima, quasi per paura di ferirla, ma che invece, ora, era più che convinto nello stringerle la mano come avrebbe fatto con il suo Capo o con Luke o con suo padre. Gliela strinse in modo saldo e forte, una stretta ed una promessa, un accordo preso. Risoluto. Un giuramento d'onore, il suo di onore.

<< Allora la chiamerò appena saprò qualcosa>>




Era già in macchina quando sentì dei colpi al vetro. Dalla parte del passeggero Theresa Gary gli faceva cenno di abbassare il finestrino e lui eseguì.
<< Come fa a stare con i vetri chiusi con questo caldo?>> proruppe asciugandosi la fonte.
Alec le sorrise ed accennò alla propria giacca, << Deformazione professionale, ormai non sento più niente.>> la guardò curioso, << Ho forse dimenticato qualcosa?>>
La donna scosse la testa e poi si guardò intorno nel chiaro movimento di chi non è sicuro di dire una cosa sensata o meno.
<< Può dirmi tutto quello che vuole signora.>> Alec conosceva fin troppo bene quell'espressione, spesso i testimoni credevano di aver visto cose impossibili o inimmaginabili e si vergognavano a dirlo alle autorità, ma lui sapeva quanto invece tutto fosse possibile. Anche la cosa più assurda.
<< Quando Will è morto non ho toccato i suoi di documenti per mesi. Poi quando mi sono decisa a farlo ho messo tutto via senza guardare. Il mio attuale marito era il miglior amico di Will, >> aspettò come una sua reazione, un suo biasimo ma Alec rimase impassibile, non era affar suo con chi si sposava o in chi aveva trovato la felicità dopo la dipartita del marito. La invitò a proseguire.
<< Ci siamo sposati tre anni dopo la morte di Will. All'anniversario della sua morte, il primo anno in cui eravamo sposati, Jem decise che doveva rivedere tutte le sue cose e metterle in ordine, che Will non meritava di aver tutto chiuso in anonimi scatoloni ma che invece avrebbe preferito che venissero usate. Prima che Will morisse… io ho dei figli, James...il mio primogenito si chiama come Jem e lui voleva che prendesse le cose di suo padre, che non fossero sprecate.
Trovammo una lettera, un plico di fogli a dir il vero, indirizzati a Malcom Lewis e glieli consegnammo senza neanche aprirli. Erano tra le sue cose di lavoro e se erano indirizzati a lui un motivo c'era. >> rimase in silenzio per un po', poi sospirò. << L'anno dopo Malcom ebbe un infarto e morì. Non riesco a non pensare che potremmo averlo ucciso noi. Non- non materialmente, ma che abbiamo rimesso in piedi la maledizione di quel dannato circolo. So che è assurdo… >>
<< Non lo è.>> la rassicurò subito Alec, << capisco la sua preoccupazione. Forse c'erano documenti inerenti al caso. Conosco il figlio di Lewis, Simon, è un mio amico e lavora proprio come il padre nel reparto informatico del dipartimento, chiederò a lui.>>
Tessa annuì e si morse un labbro. << Posso chiederle un favore?>> domandò quasi in un sussurro.
<< Se posso volentieri.>>
<< Se dovesse scoprire che Malcom è davvero morto per colpa nostra, perché gli abbiamo dato quei documenti- >>
<< Signora, non c'è nessuna maledizione… >>
<< Non ne sono così convinta sa? Però se in mezzo a quelle carte ci dovesse essere qualcosa che spinse Malcom a fare qualunque cosa che poi lo portò all'infarto… può chiedere scusa a suo figlio da parte mia? Anzi, può farlo appena lo vede?>>
Alec la guardò a lungo e poi annui. << Senz'altro signora Gray.>>
<< La ringrazio… sa, lei somiglia molto a suo padre e anche a sua madre per tantissimi versi. Eppure ha lo stesso sguardo gentile che aveva Michael e gli stessi occhi luminosi che aveva Robert quando stava con lui. Spero che ora Rob guardi lei e i suoi fratelli come un tempo guardava il suo, di fratello.>> gli disse con una nota amara e nostalgica nella voce.
Alexander le regalò un sorriso dolce e sincero, che riuscì ad incrinare la corazza di dolore che il ricordo aveva ricostruito attorno al cuore della donna, per poi farla crollare.
<< Lo fa. Un caso maledetto non può distruggere l'amore di un genitore.>>


 


 

<< Ho detto di no.>>
<< Non mi interessa.>>
<< Non ho intenzione di cedere.>>
<< Non puoi portarti tutta quella roba.>>
<< Si che posso!>>
<< No che non puoi!>>

Catarina alzò gli occhi al cielo e poi continuò a mettere in ordine il disastro che c'era a casa di Magnus. Simon, che era arrivato al loft assieme a lei, era impegnato in una litigata via web cam con Magnus, in ospedale e al telefono con Raphael che ogni tanto, dal vivavoce, lanciava qualche lamentoso segno di compatimento verso Simon che cercava inutilmente di far capir a Magnus che no, non poteva portarsi tutto il guardaroba a presso. Ovunque sarebbe andato.
Prese un paio di riviste e da lì cadde una ricevuta che la fece ghiacciare sul posto. Era un ordine per un traffico di alcolici che sarebbe arrivato direttamente da Cuba, uno dei soliti lavoretti di Magnus. Lanciò uno sguardo a Simon e vedendolo troppo impegnato a litigare si sbrigò ad infilarsi il foglio in tasca.
Come poteva quel cretino lasciare cose del genere in giro con due poliziotti per casa? Si, insomma, Catarina era convintissima che né Simon né Alec avrebbero denunciato il suo amico -il loro amico, ora lo era di tutti e tre- ma questo non significava che potesse lasciare i suoi “appunti di lavoro” ovunque.
Lanciò uno sguardo allo scatolone che era stato posizionato sulla poltrona, quello con dentro le cose di Ragnor e si avvicinò con non-calanche, frugandoci dentro. Osservò un paio di piccoli album fotografici pieni di foto loro, di quando erano piccoli, di vacanze fatte assieme e trattenne qualche lacrima solo perché, in quel momento, il suo compito era quello di togliere di mezzo tutte le cose possibilmente compromettenti per i suoi amici.
E se fosse venuto qualche agente a fare qualche sopralluogo ora che Magnus non poteva rifiutare di aprire la porta di casa?
No, scosse la testa e si rimise a cercare.
Trovò i vecchi quaderno d'appunti di Ragnor, come gli aveva raccontato Mags, ma poi sfiorò una copertina ruvida e la tirò fuori, aprendola con attenzione. Era vecchia e consunta e ospitava probabilmente i primi veri traffici di Rag. Sorrise, se la ricordava quella calligrafia, era così famigliare, eppure non aveva niente a che vedere con quella ordinata ed elegante del Ragnor di ora… che era stato. Lesse velocemente dei nomi e si accigliò, si ricordava anche quelli, ma… Strinse la presa sul quadernino e se lo mise sotto braccio, voltandosi poi verso la sua borsa ed infilandocelo dentro lesta.
Simon ancora discuteva con Magnus e l'infermiera si lasciò scappare un risolino divertito. Che se la vedessero da soli, la lotta per il guardaroba di Magnus non era mai stata vinta da nessuno, il povero dottor Lewis se ne sarebbe presto accorto. Era impossibile farlo ragionare se si parlava di oggetti che avrebbero influito sul suo aspetto o sul suo comfort. Nessuno, non lei, non Rag o Raphael, non Lily che era fissata quasi quanto lui, neanche Quinn o persino suo padre lo avevano mai convinto a non portare con sé, anche per viaggi piccoli, un numero spropositato di vestiti.

Un rumore proveniente dal pc la fece voltare incuriosita. Vide il volto del suo amico illuminarsi con un sorriso ampio che fece solo distendere le labbra e mettere più in risalto il lucido del burrocacao che si era messo. I dottori gli avevano vietato di truccarsi e Magnus si era adattato come poteva, con creme idratanti e cose simili.
Un acuto quanto sollevato “Alexander!” arrivò dritto dritto dall'altoparlante, Catarina fece appena in tempo a voltarsi e vedere l'amico salutare in fretta Raphael, che lei era convintissima avesse attaccato almeno da mezz'ora o più probabilmente avesse lasciato al comunicazione attiva ma abbandonato il telefono da qualche parte.


 

<< Sto discutendo con Simmons, mi sta facendo arrabbiare, puoi dirgli qualcosa tu? I dottori dicono che non mi devo agitare.>> continuò con un broncio degno di un moccioso di cinque anni.
Altri rumori di sottofondo, come stoffa che viene spostata.
<< E' la cosa più vicina al mio nome che tu abbia mai detto.>>
<< Come diamine fai a stare ancora in giacca e cravatta? Andiamo fiorellino, oggi c'è l'allerta meteo, sfioreremo i 40 gradi!>>
<< Ci siamo già arrivati.>> comunicò la voce lontana di Alec, poi una mano entrò al limitare del campo visivo, Magnus si fece più in là sul letto ed il detective tirò su il lenzuolo per non sedersi con i vestiti sul materasso pulito. Il suo volto fece capolino nell'inquadratura.
<< Simon non far arrabbiare Magnus, non può agitarsi, gli si alza la pressione- >> Magnus annuì soddisfatto, << e poi diventa più molesto del solito e sono io che me lo devo subire.>>
Il “povero malato” si voltò di scatto verso l'altro. << Alexander!>> fece scandalizzato mentre né Simon né Catarina riuscivano a trattenere le risate.
Il moro lo guardò con una calma invidiabile, << Si, è il mio nome di battesimo, lo conosco.>>
Quello scosse la testa, << Dovresti stare dalla mia parte.>>
<< Gli ho detto di non farti arrabbiare, come mi hai chiesto tu.>> alzò un sopracciglio e si voltò verso lo schermo, << perché litigavate? Cioè, questa volta per cos'è? >> chiese con la tranquillità di chi c'è abituato a quei teatrini.

E non è neanche un mese che quei due si conoscono.

Simon si tirò su gli occhiali e poi si passò una mano tra i capelli per cercare di toglierseli dalla fronte. << Stiamo discutendo su cosa possa o meno portare con sé.>>
<< Ciò di cui ha bisogno.>> sentenziò semplicemente Alec.
Magnus proruppe in un verso di trionfo, << AH! Hai sentito Occhi Belli qui? Ha detto ciò di cui ho bisogno.>>
<< E hai bisogno della collezione autunno-inverno di Prada?>>
<< Certo.>>
<< E' estate diamine! Ti sei appena lamentato che Alec sta in completo!>>
<< Non si può mai sapere.>>
<< E di quindici paia di scarpe che mi dici?>>
<< Per ogni evenienza.>>
<< Ho contato cinquantatré camice di seta, venti di lino, otto canotte di pelle, sedici con disegni vari. Quindici bermuda, una ventina di Skinni, altrettanti pantaloncini e non ti ho chiesto neanche quante mutande vuoi!>> fece Simon scocciato.
Ma Magnus, con la sua solita faccia da schiaffi lo guardò perplesso. << Più che altro mi vorrai dire che non abbiamo parlato di giacche, di gilett, le mie maglie a rete, e le collane, ah, ho una borsa a parte per i gioielli, Cat sa dov'è. Le scarpe tutte nelle loro scatole, si le conservo. I calzini! Dio non voglia che mi si macchino con il sudore. Ho una linea di profumi sul mobile del bagno. I miei trucchi non li tocchi, li prende Catarina e- >>
<< Non ti porterò nulla di tutto ciò!>>
<< Non puoi rifiutarti!>>
<< Magnus?>>
Alec lo richiamò piano e quello si voltò subito sorridendogli.
<< Si dolcezza?>>
<< Permetti?>> gli chiese con gentilezza. Magnus gli passò il portatile.
<< Lewi ascoltami bene perché te lo ripeterò solo una volta.>> cominciò serio e già lì l'asiatico pregustava gli ordini perentori del suo bel poliziotto. Quanto gli piaceva quando prendeva il comando? Lo aveva mai detto quanto?

Cosa posso farci? Ho un debole per gli uomini in divisa, ne ho per gli uomini autoritari e anche per quelli timidi e dolci.
Se poi sono timidi, dolci, in divisa, provvisti di manette e con una curiosa inclinazione al comando…

<< Prendi tutto ciò che Magnus ti ha chiesto.>> Simon lo guardò scioccato, Catarina scosse la testa, già lo sapeva sarebbe finito così. Magnus sorrise ancor di più.
<< Metti tutto in ordine di importanza, ciò che credi servirà di più prima e per ultimo quello che pensi servirà di meno.>>
<< Come il completo di Armani e le scarpe di pelle?>> domandò piano lui, sconfitto.
<< Si, esatto, prima le cose di tutti i giorni e poi le altre. In ordine. Poi preparati.>> tutti lo guardarono curiosi. << Appena esco di qui passo a casa mia, prendo il borsone dell'accademia e te lo porto. Ci farai entrare ciò che puoi e basta. Tutto il resto lo rimetti a posto.>>
Il silenzio calò sia nella camera d'ospedale che nel salotto di casa Bane.
Poi Magnus pigolò piano. << Cosa?>>
Lo sconforto di Simon si trasformò presto in un ghigno soddisfatto e vagamente sadico.
<< Sapevo che la tua esperienza con Jace e Izzy non ti avrebbe fatto abbassare il capo!>>
<< Ma Alexander!>> tuonò Magnus. << A me quelle cose servono tutte!>>
<< No.>> Alec lo guardò seriamente, scordandosi per un attimo il pc ed i due dall'altro lato. << Andremo in un appartamento da cui non potrai uscire fino a nuovo ordine, il che potrebbe essere una settimana come un mese. E' per la tua sicurezza, non fare storie. Non andremo in discoteca, non andremo al mare, non andremo a serate di gala. Starai in casa con me e non metterai il naso fuori di lì a meno che tu non sia scortato o irriconoscibile, quindi non con indosso uno solo dei tuoi soliti capi. Perciò ora decidi, hai tre possibilità: o Simon fa di testa sua e riempie il borsone che gli porterò dopo. O scegli con criterio un massimo di venti maglie, cinque camice, cinque pantaloni e due paia di scarpe. O non ti porterai nulla e ti metterai i miei di vestiti. Sono sicuro che le cose di prima dell'accademia ti stiano, forse un po' larghe sulle spalle, ma nulla di insopportabile.>> Alec alzò le sopracciglia come a fargli intendere che non aveva altra scelta e poi si alzò dal letto, recuperando la brocca dell'acqua e versandosene un bicchiere mentre osservava di sottecchi la cartella medica.
Magnus rimase fermo imbambolato e poi balbettò qualcosa sul fatto che non poteva trattarlo così. Una sola occhiata di Alec e abbassò il capo, fulminando Simon nello schermo che rideva.

Catarina, dietro al castano, era pietrificata dallo shock. Ora Magnus si sarebbe arrabbiato davvero.
E invece no. Cos'aveva fatto Alec? Lo aveva solo guardato a quanto pare perché non aveva sentito nessuna parola.
Si avvicinò al pc e alzò il volume, sedendosi sul bordo del divano per godersi meglio la scena. Non poteva credere che lo avesse convinto così facilmente.

<< Mi stai dicendo che potrei infilarmi nei tuoi pantaloni fiorellino?>> chiese malizioso, deciso a riprendersi almeno su quel fronte.
Alec lo guardò senza proferir parola, bevve la sua acqua e poi fece tranquillo, << E' più probabile che tu riesca ad entrare dentro ad una mia maglia e che poi te ne vada in giro in mutande.>>
Lo disse con una faccia tosta invidiabile e Magnus si maledisse da solo: passava troppo tempo con lui, ormai non si scandalizzava più per i suoi doppi sensi e riusciva a rispondere con la stessa faccia da poker che usava lui. Glielo disse, per correttezza.
<< Passi troppo tempo con me, stai diventando insensibile.>>
Il moro sorrise in modo poco rassicurante e Bane si ritrovò a chiedersi cosa si fosse perso.
<< Ma come? Ti ho detto che probabilmente girerai in mutande con le mie maglie addosso e mi dai dell'insensibile? Pensavo che mi avresti fatto qualche battuta su possibili feticismi nel vedere “giovani ed affascinanti uomini” mezzi nudi.>> si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito a cui l'altro non riuscì a rimanere immune. Scoppiò a ridere.
<< Passi decisamente troppo tempo con me! Ma almeno hai ragione su una cosa: sto divinamente in gonna, ho delle gambe da modello, giuro, quindi il tuo desiderio di vedermi con qualcosa di tuo indosso, come una fidanzatina con la camicia del proprio uomo a fargli da vestito, è un ottimo ed assolutamente approvato feticismo!>>
Risero tutti e due e anche gli altri non riuscirono a trattenersi.
Li lasciarono lì a continuare a ridacchiare e si lanciarono uno sguardo d'intesa.
<< Alec pare molto più rilassato oggi, non trovi?>> fece Catarina.
<< Si… il che è tutto dire visto che andava dalle vedove Herondale.>>
<< Forse è rilassato proprio per questo: è stato in mezzo a tanto dolore e brutti ricordi e poi è tornato qui a casa e ha tirato un sospiro di sollievo, sicuro che quel cretino di Magnus gli avrebbe fatto pensare a tutto tranne che ha problemi veri.>>
Simon si strinse nelle spalle e si buttò sul divano vicino alla donna.
<< Non fai come ti ha detto Alec?>> chiese lei. Simon scosse la testa e chiuse gli occhi.
<< Lo fa anche con i suoi fratelli, con tutti quanti. Dice a me o a Clary di fare le valige al posto loro o che le farà lui stesso. Jace, Izzy e pure Max se la fanno sotto al solo pensiero e scelgono lo stretto indispensabile. Secondo standard normali. Se seguissero quelli di Alec andrebbero in giro con un cambio per cinque giorni e laverebbero ogni sera ciò che hanno portato la mattina.>>
Catarina rise. << E' così impostato Alec?>>
L'altro la imitò, << Na. Fa il duro solo perché non vuole che si preoccupino di cose inutili o che si carichino di stupidaggini, ma se poi vogliono qualcosa in più e in valigia da loro non c'entra se la prende lui. Jace una volta era convintissimo di aver lasciato le scarpe nuove a casa e invece le aveva Alec. O quando Clary si compra dodicimila souvenir e non sa dove metterli è sempre Alec ad aprire la propria valigia e trovare posto. Insomma, credo sia l'unica persona al mondo che parte con tutti i propri oggetti incastrati al millimetro e torni allo stesso modo. Ed è Jace l'ossessivo compulsivo eh.>>
La donna si distese come lui e chiuse gli occhi. << Da come ne parli devi conoscerli da molto. E devi volergli anche molto bene.>>
<< Oh, è così infatti. Avevo sedici anni quando li ho conosciuti. Prima Jace e Izzy, poi Alec. Non era proprio così prima, sai? Ora lo vedi risoluto e forte, ma quanto l'ho conosciuto se ne stava sempre in disparte, proteggeva i suoi fratelli, gli guardava le spalle ma si confondeva con lo sfondo, cercava di essere invisibile e di non farsi notare. Era… insicuro. Lo so, è assurdo paragonato a com'è diventato, ma è così. Era caricato di mille aspettative e molte le ha ancora. Toglie sempre il peso dalle spalle dei ragazzi, lo fa anche con me e Clary e pensa che non ce ne rendiamo conto… >> sospirò divertito ed aprì gli occhi solo per farli vagare nel vuoto. << Voleva essere perfetto per i suoi genitori, per i suoi fratelli, per chi lo circondava...non credo abbia mai fatto una cosa per se stesso sino all'accademia. E' stata la sua prima imposizione, Maryse voleva che facesse legge come lei, ma Alec ha sempre avuto l'animo del super eroe, che arriva e salva tutti, che sta in prima fila ma solo per prendersi i colpi peggiori e far andar avanti gli altri. Io gli dico sempre che è un tank che si finge arciere...mi becco uno scappellotto di solito.>>
Rimasero in silenzio per un po', poi Catarina decise di chiedere una cosa che gli frullava in mente da molto. << Ha una fidanzata? Non l'ho mai sentito parlare della sua vita privata se non dei suoi fratelli. O è uno sposato con il lavoro?>>
Simon rise di gusto, << Dio, no. Non ha una fidanzata e il lavoro più che sposarlo lo ha preso sotto la sua ala come fa con ogni dannata cosa a cui tiene. E in ogni caso, non avrebbe una fidanzata, no signore. Una delle cose che lo rendeva insicuro era proprio questo. Cercava di fingersi “normale”, mhpf, come se poi avesse qualcosa di sbagliato. Va in giro a dire a tutti che non devono vergognarsi di ciò che sono e che devono vivere la vita solo per sé stessi e poi lui è il primo che non lo fa. Fece coming out l'anno dopo che lo conobbi. O forse è più preciso dire quel Natale. Credo che sia stato il Natale peggiore della sua vita. Izzy e Jace vennero a far capodanno con noi e a quanto ne so avevano provato per giorni a farlo uscire dalla sua camera inutilmente.>>
Lei annuì pensierosa.<< Non lo avrei mai detto. Però si vede che è una persona sensibile.>>
<< Più di quanto non voglia ammettere. Ma non va sottovalutato: Alec è una delle persone più forti che abbia mai conosciuto. Ha passato così tanto tempo a soffrire in silenzio che ormai è quasi inscalfibile.>>
Probabilmente non aveva mai sentito Simon fare un discorso così serio e da come glielo aveva descritto Magnus si aspettava molto di più un prototipo di adolescente troppo cresciuto che una persona così. Ne fu piacevolmente sorpresa.
<< E cos'è che lo scalfisce invece?>>
<< Le persone che ama.>> disse sicuro. Si mise seduto per bene e guardò la donna negli occhi, serio. << Non bisogna mai toccare ad Alec chi ama. Che sia un parente o un amico, toccalo e lui ti ammazza, lo fa davvero. Ora anche Magnus è suo amico e posso assicurarti che chiunque proverà a fargli del male se ne farà a sua volta molto. Il tipo che gli ha sparato deve solo pregare che lo trovino prima che ci riesca Alec.>>
Catarina resse lo sguardo e tutta la seria sincerità di quelle parole, annuì.
<< Sono sicura che lo difenderà da ogni cosa.>>
<< Oh, no, non lo difenderà.>> fece lui. Cat lo guardò accigliata: ma se aveva appena detto…
<< Lo proteggerà, il che è ben diverso. E' di più. Alec difende tutti, ma protegge solo chi ama.>>

Catarina sorrise comprendendo il senso di quella specificazione.
A quanto pare Magnus aveva ragione: erano davvero riusciti a trovare l'unico angelo in mezzo all'inferno.


 


 

Si chiuse la porta del bagno alle spalle, rilassato da quella doccia fresca e abbastanza carico per affrontare una serata di chiacchiere insopportabili.
Guardò l'orologio e si fece due calcoli: era perfettamente in orario e quella volta c'erano buone possibilità che lo fossero anche i suoi fratelli visto che venivano con Max.
Decise di sistemare un po' di cosa, tipo togliere i vari fascicoli del caso che erano rimasti impilati sul tavolo e anche la foto che gli aveva dato la signora Herondale.
Prese il riquadro lucido in mano e lo fissò con attenzione. Era la prima volta che lo faceva da quella mattina e per quanto provasse a capire cosa ci fosse di sbagliato non ci riusciva.
Il problema era ovviamente sullo sfondo, la striscia di macchine parcheggiate davanti all'entrata del parco. Delle utilitarie, una macchina sportiva, c'era una volante di passaggio, quel furgone… eppure era solo un normalissimo furgone, perché lo ossessionava tanto? Probabilmente perché stava diventando paranoico e gli pareva che tutti i mezzi che potessero essere usati per un pedinamento fossero effettiva...mente…
Batté le palpebre e non riuscì a credere di essere stato così stupido. Non riuscì a credere che nessuno prima di lui lo avesse capito e sperò, lo sperò vivamente, che tutto ciò fosse successo perché nessuno aveva mai visto la foto.

Il citofono che suonava lo fece saltare sul posto. S'affrettò ad infilare la foto nel fascicolo in cima alla pila e portarli tutti in camera sua. Tornò di corsa indietro ad aprire ai fratelli ed attese che si facessero tutti e sei i piani di scale, prima di vederli sbucare affannati e carichi di cibi.

<< Prima o poi lo dovrete far aggiustare quel cazzo di ascensore. >> proruppe Jace caracollando in casa.
<< Buona sera anche a te.>> Alec si spostò e diede un bacio su una guancia ad Izzy, che tutta ondeggiante, sui suoi tacchi a spillo, si toglieva qualche ciuffo dalla faccia.
<< Ho un tacco dodici Alec, non posso farmi su e giù tutte quelle scale in continuazione.>> si lamentò.
<< Meno male che devi farti solo andata e ritorno allora.>> ignorò la sua protesta e si sporse per dare un buffetto a Max e togliergli il cartone delle birre dalle mani e anche la busta con le altre bibite dal polso, << Ciao piccoletto, ti hanno lasciato le cose più pesanti?>>
Max si strinse nelle spalle e poi scosse la testa, portando subito le mani alla faccia quando gli occhiali rischiarono di volargli via per il movimento troppo repentino, << Lo sai com'è Mr “Sono nella SWAT e quindi sono il più forte di tutti”, parla parla e poi non conclude niente.>>
Alec gli sorrise e chiuse la porta con il gomito. << Ti si sono riallentati gli occhiali?>>
<< Non è vero! Ho portato le pizze io! È Iz quella a mani vuote!>> urlò Jace dalla cucina.
<< Sono l'unica donna qui in mezzo, ho diritto a scaricarvi tutti i pesi. E poi la pizza non supera i due chili!>> i mezzani cominciarono a bisticciare come loro solito ma i due mori invece li ignorarono dirigendosi tranquilli verso il tavolo e continuando a chiacchierare per conto loro.
<< Si, poi che me li stringi? Non so che fine abbia fatto il mio set di cacciaviti. Mi sa che l'ho prestato a mamma per sistemarsi i suoi e poi Dio solo sa dove li ha rimessi.>>
<< A posto ovviamente.>> Alec posò le bibite sul piano, << Secondo la sua logica.>>
Max gli diede ragione e lanciò senza troppo interesse uno sguardo alla cucina, da cui proveniva rumore di cartone e di metallo, cassetti che sbattevano e bicchieri che tintinnavano.
<< Andate a lavarvi le mani prima!>> urlò il maggiore senza distogliere lo sguardo alle bottiglie che stava sistemando.
<< Si mamma!>> fu il coro che gli rispose. Lui sbuffò ed il fratellino sorrise.
<< Almeno su questo sono in accordo, no?>>
<< Sono sempre in accordo se si tratta di irritarmi, farmi preoccupare o convincermi a coprirli. Anzi: siete sempre d'accordo.>>
Il ragazzino si strinse nelle spalle e solo quando sentì la porta del bagno aprirsi si concesse di avvicinarsi al fratello con aria guardinga.
<< Ti giuro che questa volta gli ho detto di non tirare troppo la corda. Loro dicono che non c'ero e che non ti ho visto ma personalmente penso siano affari tuoi.>>
Alec alzò un sopracciglio, poi annuì. << Quindi è questo? Mi avete invaso casa solo perché mi sono preoccupato per un amico a cui hanno sparato? Vogliono farmi il terzo grado, loro? A me?>>
Quello si strinse nelle spalle. << Io sono qui solo perché mi hanno detto che ti sei preso un colpo e che l'hai presa come una cosa personale, che non sei riuscito a proteggere qualcuno sotto la sua responsabilità. Oh, e perché papà dice che tra poco parti per una missione in cui non potrai aver contatti con nessuno per un po'. Sai quanto non mi piace non potervi sentire quando mi va.>> glielo disse seriamente e si concesse un sorriso un po' tirato, accettando di buon grado l'invito del fratello a farsi abbracciare.
<< Lo so, mi dispiace Max ma non posso fare altrimenti. Questo caso è più difficile del previsto, sta andando a parere in luoghi che non avrei mai voluto toccare.>> lo strinse un po' e gli diede un bacio sulla testa. Anche se era cresciuto e se ormai aveva diciassette anni.

<< Ehi! Perché a lui l'abbraccio e a me niente?>>
Jace arrivò in salotto e si bloccò con le braccia incrociate, Izzy sorrise e gli passò di fianco con il naso all'insù. << A me mi ha baciata!>>
Il biondo gli fece la linguaccia, << Non si dice “a me mi”, ignorante! E dovresti anche essere quella più istruita tra tutti noi diamine, sei l'unica laureata!>> avanzò verso Alec e lo guardò con la sua miglior espressione da cucciolo bastonato. Il moro sbuffò una risata nasale e diede un paio di pacche a Max per farlo allontanare, prima che l'altro lo schiacciasse lanciandoglisi contro.
Non appena il più piccolo si fu spostato Jace si fiondò immediatamente tra le braccia del fratello e con uno slancio che Alec si aspettava, e che fortunatamente aveva imparato sin da piccolo a sostenere, gli saltò letteralmente in braccio, stringendogli le gambe attorno ai fianchi e le braccia al collo.
Gli altri risero divertiti e Alec passò un braccio sotto il sedere del fratello, per sostenerlo come si faceva con tutti i bambini, mentre con la mano libera gli carezzava i capelli scompigliati ad arte ed un po' afflosciati dal caldo e se lo avvicinava per dargli un bacio su una tempia.

<< Il mio orso albino.>> lo prese in giro bonariamente, ricevendo in cambio solo una stretta più forte, la faccia di Jace seppellita contro il suo collo e più risate da parte degli altri due.
Izzy scomparve un attimo in cucina per ripescare i cartoni della pizza, le forbici ed il rotolo dello scottez, guardando con finta disapprovazione il biondo ancora ancorato al più grande.

<< Altro che orso, è un dannato koala! Jace, molla Alec, ora.>>
<< No! E' mio, sono arrivato prima io!>>
<< Tecnicamente c'era prima io...>> fece Max cominciando a tagliare la prima pizza che gli capitò sotto mano.
<< Non ci provare nano!>> Jace voltò di poco la testa, riprendendo a respirare, << Sto parlando di diritto di nascita io. Tu sei arrivato nove anni dopo, io sono stato il primo fratellino e sono anche il suo preferito. Quindi, tra anzianità e grado di magnificenza vi batto tutti a mani basse. >> rafforzò ancora di più la stretta la collo di Alec ed il moro si esibì in un teatrale verso strozzato per far capire all'altro quanto lo stesse soffocando.
<< Non dire cazzate, sono io la sua preferita. E scendi, che lo stai ammazzando.>>
<< Lui non si lamenta.>> protestò.
<< Certo che non si lamenta, non gli arriva l'aria ai polmoni!>> fece la ragazza battendo il piede a terra con insistenza.
<< Se è per questo neanche parla più, tanta è la concentrazione che gli serve per reggerti. In effetti ti vedo un po' ingrassato.>> lo punzecchiò Max, battendo il cinque ad Izzy.
Jace si portò una mano al cuore, rischiando per altro di sbilanciare Alec, e lo fissò con aria addolorata.
<< Mi hanno detto che sono grasso! Aaaaaleeeec! Mi prendono in giro solo perché sono bello e loro non potranno mai essere al mio livello!>>
Risero tutti e quattro e poi Alec fece scendere il fratello a terra, dandogli un paio di pacche sulla schiena e lasciandosi sfuggire quanto lui e Magnus sarebbero potuti andare d'accordo. Due regine del dramma e della vanità.
Isabelle alzò un sopracciglio, lanciando uno sguardo d'intesa ai fratelli che colsero entrambi al volo, il più grande ammiccando pronto e battagliero, il più piccolo sospirando e scuotendo la testa.
<< A proposito di Magnus...>
Alec sospirò. Lo aveva fatto apposta, per togliersi subito il dente.
<< No Isabelle. Non me la sono presa troppo, mi sono solo sentito imbrogliato da una persona a cui avevo espressamente detto di stare a casa per la sua sicurezza. Non mi ha neanche avvertito e benché io non lavori quasi mai in squadra sono abbastanza sicuro che al suo interno si comunichi, non si faccia di testa propria. Poteva morire e mandare tutto il caso all'aria.>>
<< E perché?>> fece Jace serio, << Avresti continuato ad indagare.>>
<< Gli avrebbero scaricato addosso ogni colpa e mi avrebbero costretto a chiuder il caso.>>
<< Simon dice che facevi paura la telefono.>> continuò Izzy.
Max alzò un sopracciglio, la bocca piena di pizza. << Hai urlato?>>
Alec scosse la testa. << Certo che no. Sia che non è da me.>>
<< Ha solo detto “dammi l'indirizzo e non ti muovere”. Simon dice che la sua voce era glaciale e che ha avuto paura che se la sarebbe presa anche con lui.>>
<< Oh, quello l'ho fatto. Lui sapeva dove stesse andando Magnus e non mi ha avvertito. Perché quei due cretini sono diventati amici e fanno comunella alle mie spalle per non farsi fare la giusta lavata di capo che si meriterebbero per ogni loro cazzata.>>
<< Ahio!>> fece Jace allora, << Comincia ad infervorarsi, è proprio una cosa seria. Mi stai dicendo che tratti Lewis e Bane allo stesso modo?>> chiese curioso.
<< Sono egualmente stupidi, quindi si, stesso trattamento.>>
<< Hai appena detto che ci somigliamo nei modi di fare.>> gli fece notare il biondo. L'altro annuì.
<< Infatti anche te e Simon siete uguali. Vi lamentate delle stesse cose, tenete alle stesse persone, avete le stesse opinioni, vi indignate per gli stessi insulti e per gli stessi paragoni e- prima che tu mi interrompa, statti zitto e ascolta perché stai facendo anche le sue stesse espressioni- rispondete a queste cose allo stesso modo.>> concluse soddisfatto dello sguardo infastidito del fratello.
<< Non siamo uguali! Lo prendo come un insulto.>>
<< Visto? Identici. Mi ha detto la stessa cosa lui settimane fa.>> si sporse per prendere la pizza e poi si sedette sul divano. << Accettalo. Così finalmente abbiamo anche capito cosa ci trovi Clary in te ed in lui.>>
Jace lo fissò male, si prese una birra e a sfregio l'aprì contro il bordo del tavolo vecchio e rovinato del salotto, solo perché sapeva che Alec non voleva. Infatti lo fissò con lo stesso sguardo e poi rincarò la dose:
<< Anche i vostri gesti di protesta sono gli stessi. Simon ha fatto la stessa cosa quando gli ho detto che avevate le stesse fisime.>>
Izzy alzò gli occhi al cielo esasperata. Non sapeva se Alec avesse portato volontariamente il discorso su quell'argomento per allontanarlo da lui, se Jace se ne fosse accorto o meno, ma a le non la davano a bere.
<< Okay, okay. Canestro per Alec, come minimo questi erano due tiri da centro campo. Jace accettalo, ti ha schiacciato. Palla al centro e buoni. Possiamo tornare all'argomento principale? No, perché a loro protrai anche negarlo, ma eri con me quando Simon ti ha chiamato e se n'è accorta anche Catarina che sei diventato cianotico.>>
<< Cavolo sei sbiancato?>> chiese Max sorpreso.
<< Mi ha chiamato Simon Lewis, il re delle frasi inconcludenti e dei giri di parole, per dirmi che l'uomo con cui sto lavorando da mesi e che è potenzialmente a rischio di tutto è uscito per andare ad incontrare un suo amico con cui ha parlato al telefono su una linea non protetta. Mi ha detto che gli hanno sparato e che lo aveva sentito in diretta. Hai una vaga idea di come sia la voce impanicata di Simon? Perché se non lo sai te lo dico io: uno schifo. Già di norma non lo capisci, poi invece di dirti cosa è successo ti sommerge con le sue teorie pessimistiche su come stia morendo male una persona. Cosa avresti fatto al mio posto tu?>> domandò in fine rivolto alla sorella.
Jace mandò giù un boccone e alzò le mani, lo spicchio di pizza che penzolava pericolosamente verso il basso. << Sta volta ha ragione lui. Può anche essersi fatto di mille colori, ma Lewis ha il potere di farti credere che una persona è andata in coma solo perché ha sbattuto contro uno sportello e ora dice che gli fa male la testa.>> E l'idea era più che realistica visto che era successo davvero.
La sorella continuò a guardarlo male e Max prese un respiro profondo, deciso più che mai a mettere un punto a quella storia e ha godersi la serata con tutti i suoi fratelli prima che uno di questi diventasse irraggiungibile a tempo indeterminato.
<< Va bene, va bene, mettiamo in chiaro la questione una volta per tutto, okay?>> si sporse per posare la crosta della sua pizza sul cartone e poi si sfregò le mani per togliersi la farina e le briciole di dosso. << Credo che il punto focale di tutta questa storia sia che ci siamo stupiti del tuo affiatamento con questo Magnus, che a quanto ne so io è un criminale che Luke cerca di mettere in gabbia da anni.>>
<< Tipo da quando era più piccolo di te...>> borbottò Jace rubando la povera crosta abbandonata.
<< Esatto. Noi ti vediamo come un poliziotto perfetto Alec, nel bene o nel male tu sei quello che rispetta sempre le regole e che fa tutto “come si deve”, quindi è stato strano non solo saperti assieme ad uno dei cattivi, ma che da questo c'avevi pure portato Simon e che ci lavori assieme perché sai che ti può aiutare e non perché te lo hanno imposto.>> lanciò un'occhiataccia ad Izzy che stava per interromperlo e se il suo sguardo non fu sufficiente, perché era pur sempre il fratello minore, ci pensò Alec a stroncala con un cenno della mano appena accennato.
A volte, pensò Max, suo fratello non si rendeva conto del potere che riusciva ad esercitare sulla gente e dallo sguardo di Jace anche il biondo dovette pensare la stessa identica cosa. Continuò.
<< Ci siamo stupiti, te l'ho detto. Presumo che abbia fatto qualcosa che ti abbia portato a fidarti di lui, o magari hai visto la situazione da un'altra prospettiva, o è successo qualcosa non lo so.>>
<< Abbiamo solo trovato un punto d'incontro comune. Da lì abbiamo cominciato a collaborare sempre più a stretto contatto finché non è sorto il problema di dove portare Simon e ho pensato che casa di Magnus sarebbe stato l'ultimo posto in cui qualcuno lo avrebbe cercato. Ha accettato di ospitarlo in casa sua e di lavorare giorno dopo giorno al suo fianco. Ci siamo rimessi all'opera con l'aiuto di Lewis ora e abbiamo semplicemente imparato a conoscerci. Siamo diventati una buona squadra.>> spiegò con semplicità.
I suoi fratelli si guardarono e poi guardarono lui.
<< Quindi...siete amici ora?>> chiese Jace piano, << Insomma, io me lo ricordo con un broncio da poppante perché non ti eri presentato tu al Pandemonium al posti mio...>>
<< Me lo ricordo, me lo hai raccontato e lo hai raccontato anche a papà...>>
Isabelle si batté una mano in fronte e Max sgranò gli occhi, << Lo hai detto a papà e non a me?>>
<< Non è questo il punto- >> provò di nuovo il biondo.
<< Oh, no. Il punto è che gli hai detto che era “un bel tipo” e papà mi ha fatto una specie di terzo grado come se ci stessi uscendo e non se lo stessi interrogando per un caso di omicidio.>> scrutò con attenzione gli altri, lo sguardo di rimprovero che fece abbassare il capo a tutti, << Per altro ho capito finalmente, dopo venticinque anni, da chi avete ripreso la vena pettegola. Non me lo sarei mai aspettato da papà. Trovo ingiusto che io mi sia preso la parte cupa e seria di entrambi e a voi siano andate tutte le parti migliori.>>
Max gli sorrise un po' in colpa. << E' perché tu sei un bravo fratellone e ti sei preso il peggio per lasciare a noi il meglio, no?>>
<< Davvero papà ti ha fatto il terzo grado?>>
<< Più che altro Jace, gli hai detto davvero che Bane è un bel tipo. No perché, e se te lo dico io Max ci puoi credere, quello non è un bel tipo.>>
I fratelli maggiori si accigliarono.
<< Non è figo come me ma non è neanche brutto, diamine Iz, si che è un bel tipo, io non mi spreco a dirlo per chi non se lo merita!>> protestò Jace.
<< Non dire così, ci rimarrebbe molto male. E poi è un bell'uomo.>> fece in contemporanea Alec.
Gli occhiali calarono lenti sul naso del ragazzo che fissava a bocca aperta il più grande dei quattro. Jace annuì concorde per poi rendersi conto di ciò che il fratello aveva detto e girarsi di colpo verso di lui. Izzy si limitò ad alzare un sopracciglio e poi sorridere.
<< Ah, si? Lo reputi “un bell'uomo”? Neanche ragazzo, proprio uomo?>>
<< Ha 29 anni, penso che ormai lo si debba definire un uomo, no?>>
<< Hai detto che è bello?>> continuò il minore tirandosi su gli occhiali.
<< E' la pura verità, non sto dicendo nulla di strano o di inventato. Oggettivamente Magnus è bello.>> si strinse nelle spalle e fece per prendere un altro spicchio di pizza. Jace lo fermò.
<< Oh, no, no, no. Tu non dici mai a nessuno che è bello!>>
<< Te lo ripeto in continuazione ogni volta che mi chiedi come stai.>>
<< Io non valgo, sono tuo fratello ed è conoscenza globale la mia estrema bellezza.>> lo stroncò subito, << E non valgono neanche Iz, Max o i ragazzi.>>
<< E comunque- >> continuò la ragazza, << io stavo per dire che non è bello, Magnus Bane è un dannatissimo adone sceso in terra! Ma che dico! E' un diavolo tentatore quell'uomo! Max, dovresti vederlo, piacerebbe anche a te… beh in effetti non credo che esista qualcuno a cui Magnus non piaccia.>>
Il ragazzo scosse la mani e si mise più dritto. << Momento. Time out.>> guardò tutti i suoi fratelli uno ad uno e poi si fissò sul maggiore. << Mi stai dicendo che: un criminale che ha cercato di farti ostruzionismo per un mese, ha poi deciso di aiutarti e si è unito alla tua causa a tal punto da far si che diventaste amici. Il vostro rapporto si è consolidato sino a far sì che ti fidassi così tanto di lui da portarci Simon-riesco-a-morire-male-anche-da-fermo-Lewis e lasciarcelo. E poi si è evoluto al punto che ti preoccupi per lui come faresti con...come faresti con i tuoi amici? Fino a metterlo al livello di Simon stesso e quindi anche di Clary, e per di più mi dici anche che è bello?>>
Silenzio. Alec annuì.
<< Cazzo, perché deve essere un criminale? Sarebbe stato l'uomo della tua vita!>>

Isabelle si batté di nuovo una mano in faccia, domandandosi dove i geni di sua madre avessero sbagliato nel concepimento dei suoi fratelli. Pareva che Max e Jace avessero la delicatezza di un elefante in una cristalleria. Certo, anche lei alle volte non scherzava, ma più per esasperazione che per altro. Quanto ad Alec… lui era anche fin troppo delicato alle volte, solo che aveva il brutto vizio di dire sempre le cose in modo sincero. Seppur con tatto.
Il moro fissò ad occhi sgranati il fratellino, battendo freneticamente le palpebre e boccheggiando in cerca di una risposta sensata.
<< Io… >>
<< Ma certo! Basterà farlo pentire e farlo passare dal lato giusto! A quel punto nessuno potrà rinfacciarti nulla. Perché è questo il problema no? Andiamo Alec! È praticamente una storia da romanzo rosa!>> rincarò la dose il ragazzino. Jace annuì.
<< Il protagonista che incontra un cattivo che però è in fondo umano e dopo varie peripezie fa in modo che questo si fidi di lui. Poi la storia va avanti, i due si avvicinano e alla fine il cattivo lascia il suo vecchio mondo per aiutare il buono a fare la cosa giusta. Poi passa dalla parte del bene.>>
<< Si, e magari vivono anche felici e contenti… >> mormorò Izzy prendendo un pezzo di pizza e mordendolo senza grazia, l'espressione imbronciata di chi si domanda perché, perché deve avere due fratelli così stupidi? Guardò Max e scosse la testa con disapprovazione, da lui non se la aspettava una sparata del genere.

<< Ma siete stupidi?>>
La domanda più che lecita di Alec rimase nell'aria per un po', poi il moro prese un cipiglio serio che non piacque a nessuno.
<< Io e Magnus collaboriamo perché il suo miglior amico è stato ucciso da un criminale che probabilmente sta dando problemi al Dipartimento. Vogliamo entrambi giustizia, seppur per motivi diversi, e abbiamo trovato questo punto d'incontro. E si, mi trovo bene a lavorare con lui, anche se non ci sono abituato. Mi trovo bene a discutere assieme a lui e Simon e stiamo facendo piccoli ma importanti passi mano a mano che l'indagine prosegue. Posso dire che abbiamo stretto amicizia? Si, in un certo senso si. Che io mi preoccupi per lui, per la sua incolumità e per ciò che fa? Certo! Ma non ci siamo mai trovati in un contesto privato o scollegato completamente dal caso quindi non vedo come possiate insinuare una cosa del genere.>> Si alzò e lanciò il fazzoletto stropicciato sul tavolo. Fulminò Isabelle che aveva provato ad aprir bocca per rabbonirlo con uno sguardo di fuoco.
<< No. Assolutamente no. Non voglio sentire nessuna delle vostre insinuazioni o dei vostri commenti. Sono sorpreso che possiate pensare una cosa del genere di qualcuno che, a conti fatti, è un mio collega. E' un illazione sulle mia capacità di tenere diviso lavoro e vita privata e non lo accetto.>>
<< Ma Alec, noi non stiamo dicendo che è una cosa negativa. Lo so che è un tipo particolare, l'ho conosciuto Magnus… ma anzi, trovo che sia un bene che tu riesca finalmente a trovare- >>
<< Non terminare la tua frase Isabelle.>> la voce fredda del fratello maggiore fece rizzare i peli sulle braccia a tutti e tre. << E' un bene che io abbia finalmente trovato qualcuno che possa piacermi? E' questo giusto? Ascoltatemi bene tutti e tre, perché non mi ripeterò: sono stanco di sentirvi immischiare continuamente nella mia vita privata. Lo facevate prima che mi dichiarassi pensando che avessi paura delle ragazze ed era tanto imbarazzante quanto umiliante sapere che i miei fratellini mi credevano terrorizzato da possibili rapporti. Lo è stato quando vi ho detto che ero gay e avete cominciato ad indicarmi ogni dannatissimo ragazzo che ci passava di fronte. E non mi importa che lo facciate in buona fede, ve lo ripeto, è umiliante. Mi sento come se foste convinti che io sia un incapace che non sa neanche cosa vuole e cosa gli piace e quindi voi dobbiate sobbarcarvi la responsabilità di trovarmi qualcuno. Vi sembrerà assurdo ma lo so fare da me. Se ho intenzione di sentirmi con qualcuno lo faccio, se non ne ho voglia, sono impegnato o al momento non trovo nessuno di interessante non lo faccio. Esattamente come voi. Non ho bisogno di stupidi appuntamenti organizzati, non ho bisogno di frecciatine, di sentirmi dire “provaci almeno Alec” perché ci ho provato e solo perché non l'ho detto a voi non vuol dire che non sia successo.>> Mosse veloce una mano e zittì Jace che già stava per protestare indignato.
<< Non sono come te, come voi, non mi vanto di ogni persona che conosco, con cui esco o con cui faccio altro- si Izzy, anche questo musone cupo, antipatico e asociale di tuo fratello scopa.>>
Max saltò sul posto, più per aver sentito una parola così volgare lasciare la bocca di suo fratello maggiore che per la cosa in se per sé. La ragazza si limitò a fissarlo allucinata.
<< Ogni volta che vi dico che ho un amico mi rompete le scatole con stupidi doppi sensi. Solo perché sono gay non vuol dire che non possa aver amici maschi. Specie se questi amici lo sono diventati da poco, se non abbiamo davvero un rapporto e se sono legati al lavoro.>>
Gli altri lo guardarono a testa bassa, i volti dispiaciuti e anche colpevoli per le parole dettegli dal maggiore.
Fu Max il primo a schiarirsi la voce. << Scusa.>>
<< Si, scusa Alec. È la stessa cosa che fate voi quando vi dico che ho un novo amico, mi prendete in giro chiedendomi se è davvero solo un amico e io mi arrabbio. E ora lo faccio con te.>>
<< Lo fai da una vita Iz.>> sentenziò il primogenito, ma il semplice fatto che avesse usato di nuovo un nomignolo era una buona cosa.
<< Però...>> fece Jace tentennante, << a me sembrava davvero che ci fosse qualcosa tra te e Bane. Insomma, l'ho conosciuto che era quasi ferito dal non vederti lì. Poi da com'eri terrorizzato per la sua salute… ho visto come ti preoccupi e come lo tratti e mi pare quasi, ecco, famigliare.>> il biondo lo guardò con sincerità e Alec si rimise seduto con un sospiro pesante.
<< Magnus sa farsi voler bene. È petulante, insopportabile e una vera drama queen, ma sa anche essere gentile, spiritoso e acuto. È un ottimo aiuto e si è comportato sempre benissimo anche con Simon.>> si accigliò, << Se non si conta la volta che si sono quasi andati a schiantare con la macchina.>>
<< Quindi? Com'è questo Bane?>> chiese ancora il ragazzo.
Alec ci pensò su un po' e poi si strinse nelle spalle. << E' un amico a cui tengo, così come tengo a Simon. Per ora non credo di aver altre parole per descriverlo, vi va bene?>>
Annuirono tutti e dopo un attimo Jace lo guardò dritto negli occhi, sembrando improvvisamente serio.
<< Sono contento però, che tu abbia trovato una persona che ti tenga testa e ti faccia essere a tuo agio. Non capita spesso no? Che sia un amico o che diventi altro è comunque un buon acquisto, me lo lasci dire?>>
Alec gli sorrise piano, sfinito da quella conversazione, << Si, te lo concedo.>>
<< E mi concedi una domanda anche a me?>> si intromise Max. << Se non fosse un criminale, se non fosse immischiato nel caso e non steste lavorando assieme. Se tipo lo avresti incontrato in un bar e foste diventati amici come persone normali, ti sarebbe piaciuto?>>
Il moro ci pensò, allungò la mano per prendere uno spicchio di pizza e ne morse la punta, masticando piano e ragionando.
Si strinse nelle spalle. << Se siamo diventati amici in questa situazione probabilmente lo avremmo fatto anche in una più tranquilla. O forse no, forse è stato proprio tutto questo caso a portarci ad andar d'accordo e nella vita “normale” non ci saremo mai presi. Non posso dirtelo Max.>>
Quello scosse la testa,<< Voglio sapere se sarebbe stato il tuo tipo o no fratello.>>
Gli occhi blu di Alec indugiarono in quelli scuri del fratellino ma non cercò minimamente di mentire, non era da lui e non ne aveva motivo. << Ha molti tratti che mi attirano e che riscontrano la mia… approvazione? Si può dire? Lo trovo un bell'uomo, intelligente e alla mano. Ma ha anche molti difetti c'è da dire, spesso gli stessi che avete voi, forse è per questo che riesco a gestirli bene. Probabilmente si, potrebbe essere in linea con il mio “tipo”.>> finì la fetta in due morsi, ricordando a tutti i suoi fratelli come non fosse saggio sfidarlo ad una gara a chi si infila più marshmellow in bocca, lo avevano fatto, Alec vinceva sempre e non solo perché non era così stupido da ficcarseli in gola come Jace o da aspirarli per le troppe risate come Izzy.
Max si scosse di dosso il ricordo della loro ultima gara e annuì soddisfatto.
<< Beh, allora spero per te che rimaniate amici.>>
Alec annuì. << Ora, volete continuare con questa solfa o pensate che potremmo parlare di tutto quello che non potrete dirmi nei prossimi tempi. Tipo, cominciamo da perché dovevo ignorare Clary? Jace? Allora? Vogliamo vedere perché sei così stupido da cacciarti sempre nei guai?>>
Il biondo mise il broncio, incrociando le braccia al petto e mostrando i bicipiti gonfi, borbottò qualcosa che suonò molto come “Stupida rossa, non sa tenersi una cosa per sé.”
Gli altri risero e Alec li guardò tutti con un immenso affetto negli occhi.
Erano dei rompi palle invasivi, stupidi, ottusi alle volte. Non si facevano gli affari loro, non pensavano prima di parlare, credevano di detenere il sapere supremo ed erano stupidi, lo aveva già detto?
Ma diamine, quanto gli voleva bene.

 


 

Chiuse il borsone e se lo caricò su una spalla, pronto per uscire dalla sua camera e andare a rinchiudersi in un appartamento simile al suo sino a data da destinarsi.
Gettò un occhiata alla stanza e annuì soddisfatto, le persiane erano chiuse così come le imposte, Church adorava dormire al buio.
Entrò nel corridoio e chiuse bene la porta del bagno, fece un giro in cucina per controllare che il gas fosse chiuso e poi che il suo gatto avesse cibo e acqua, anche se i suoi fratelli si sarebbero alternati per andare a controllarlo e vedere come stava.
Gli faceva sempre strano abbandonare la sua piccola e confortevole dimora. Lo sapeva che ci sarebbe tornato, che non sarebbe stato per sempre, ma proprio come quando si era chiuso la porta della sua cameretta alle spalle e poi il portone di casa dei suoi genitori, ogni singola volta Alec si sentiva come in procinto di iniziare una nuova e ignota avventura.
Si avvicinò al gatto che lo aspettava seduto sul piano della cucina, perfettamente dritto e con il muso rivolto verso di lui. Gli carezzò piano la testa e poi la schiena e quando vide che il felino andava incontro alla sua mano per farsi coccolare si concesse un sorriso e lasciò la borsa a terra per renderlo in braccio.
Church accettò quell'abbraccio facendo le fusa, gli strofinò il muso sotto il mente e miagolò piano, come a salutarlo.

<< Torno il prima possibile Church, tu fai il bravo come sempre e non dar troppo peso a quello che diranno o faranno quei tre mocciosi troppo cresciuti, okay? Li conosci, sai come sono fatti.>>
Il gatto miagolò ancora ed Alec si decise a poggiarlo sul piano. Gli diede un bacio sulla testolina e sorrise quando il felino alzò la zampa per premerla contro la sua guancia, come un adolescente imbarazzato dalle troppe effusioni del genitore, che non vuole farsi strapazzare ancora troppo perché ormai è grande.
Alec rise quasi e gli strofinò la testa, abbassandogli il pelo arruffato.
<< A presto, bada tu a casa e anche ai ragazzi quando capitano qui.>>
Si rimise il borsone in spalla e uscì di casa, tirandosi delicatamente dietro l'uscio e girando più volte la chiave nella toppa.
Fissò la tavola di legno malandata e si disse che, finita quella storia, l'avrebbe ridipinta, magari di un bel colore acceso.
Alzò le sopracciglia sorpreso dal suo stesso pensiero, poi il telefono vibrò e concedendosi un mezzo sorriso rispose sospirando.

<< Se stai per dirmi che le valigie non sono ancora pronte ti rinnoverò la mia minaccia.>> cominciò senza lasciare all'altro possibilità di parlare.
Uno sbuffo sommesso gli arrivò chiaro alle orecchie. << Stavo solo per chiederti a che punto eri fiorellino, sei un malfidato e sei anche malvagio. Perché mi ricordi quella tua terribile proposta? So che potrebbe essere- anzi, no, che è sicuramente eccitante immaginare l'oggetto dei propri desideri con indossi i propri vestiti, ma qui con me c'è ancora Sammy e non vorrei che sentisse mamma e papà organizzare giochi di ruolo.>> poi un rumore come di vento e una nuova voce si aggiunse alla telefonata. << - State parlando di veri giochi di ruolo? Roba seria intendo?- >>
<< Ovvio che è “roba seria”,
per chi ci hai presi?>>
<< - Non per due appassionati di GDR! Insomma, dovete andare in un posto sicuro no? Non potete mica uscire- >>

Alec sospirò sconfortato e cominciò a scendere le scale. << Lewis, pensa al doppio senso della frase, capiscila e poi vai a fare il tuo lavoro o ciò che devi. Tu, Magnus, smettila di dargli corda e prenderlo in giro. Siete peggio di due bambini.>>
<< -Un attimo, mi stava prendendo in giro? Oh, andiamo Mags! Io credevo davvero che faceste qualcosa di figo dal vero, ti ci vedo bene a te come uno stregone e ad Alec come Ranger!>>
<< Ma io sono uno stregone, chiedi in giro ragazzino, so fare magie in molti campi. Soprattutto in quelli di seta, non so se mi spiego… >>
<<
Sto per riattaccare.>>
<< No! Mi serve davvero sapere tra quanto sei qui, ho il tempo di farmi i capelli?>>
<< Probabilmente se non mi avessi chiamato l'avresti anche avuto. Sto per salire in macchina, ci metto venti minuti traffico permettendo, ti bastano?>>
Un breve silenzio ronzò nel fono, lasciando ad Alec il tempo di immaginare la faccia di Magnus contratta in una smorfia infastidita, non gli piaceva mai correre, lo sapeva.
<< Non è che puoi passare a quel negozietto che ti piace tanto prima? Così allunghi un po'.>>
<< Magnus, abito nella DownTown, mi stai chiedendo di salire sino all' Upper East Side e poi tornare indietro verso Brooklin?>> gli domandò fermandosi davanti al portabagagli della sua auto e lanciandovi dentro il borsone. Tenne il telefono tra la spalla e l'orecchio, il capo inclinato e lo sguardo che saettava, più per abitudine che per altro, da un lato all'altro della strada, controllandone i passanti e le vetture in transito.
<< Beh, alla fine non è tanto distante no? Ci si arriva in fretta all'Up Town da Lower East Side… >>
<< Stai tergiversando Magnus e io sono già in macchina. Sto per chiudere il telefono e da quel momento avrai venti minuti netti. Sei pronto?>>
<< Sono seccato, ecco cosa sono. I miei capelli saranno uno schifo.>>
<< Nessuno tranne me li vedrà e ti assicuro che non dirò nulla a riguardo. Lo prometto.>>
Sentì l'uomo sbuffare per l'ennesima volta e mormorare qualcosa di incomprensibile per lui ma che fece comunque scappare qualche risolino a Simon. Lo mise di buon umore e pigiando il tasto della chiamata in viva voce mise in moto e si immise nel traffico.
<< Va bene fiorellino, hai vinto tu. Tra venti minuti da me...e sarebbe anche una bella cosa se solo non ci fosse anche Solomon, qui… - Ti ho sentito sai? Smettila di prendermi in giro, lo so che in verità mi vuoi bene!- >> Come loro solito i due cominciarono a borbottare e discutere di nulla e Alec alzò gli occhi al cielo, indeciso se spegnare o meno il telefono.
Quella non sarebbe certo stata la sua prima missione di scorta o di protezione, ma non aveva mai dovuto proteggere un testimone a cui avevano già cercato di fare la pelle, non erano cose dalla Omicidi, se no occupava la polizia carceraria e spesso persino i cacciatori di taglie. Jace si era ritrovato a far da scorta ad un pericoloso trafficante, ma lui era della SWAT e poi, se non sbagliava, aveva sentito più di una volta Luke e Jonathan chiacchierare di quell'incontro o quell'indiziato. Lui si limitava ad arrivare sulla scena del crimine, ad esaminare gli indizi, investigare e consegnare il colpevole alla giustizia.
Rallentò al semaforo rosso ed attese, pensieroso.
Sapeva le regole di base, sapeva come doveva comportarsi e anche come proteggere Magnus, come avrebbe voluto proteggerlo a dir il vero, specie dopo quello che gli era successo la settimana prima. La verità è che non riusciva a capire come conciliare la sua idea di sicurezza a l'investigazione. Non sarebbe più potuto andare in giro a chiedere informazioni, ad esaminare le prove ed era anche per questo che Simon gli aveva procurato una copia di ogni singolo indizio in loro possesso, ma non era lo stesso, se lo sentiva.
D'altra parte, con chi altro avrebbe dovuto confrontarsi? Aveva parlato con le vedove e con i superstiti, avrebbe dovuto parlare con sua madre forse ma poi la cosa sarebbe andata troppo sul personale e c'era rischio che gli togliessero il caso, già la chiacchierata con suo padre era stata rischiosa, vista da fuori. Scosse la testa: lui stava indagando sul caso Fell, non sul Circolo, doveva ricordarselo.
Poi d'improvviso si ricordò di ciò che aveva scoperto all'ospedale, di ciò che gli aveva detto Robert e anche della foto che gli aveva dato Tessa Gray. Chiuse gli occhi per un attimo e poi li puntò sulla luce rossa, almeno Magnus avrebbe avuto il tempo di farsi quei dannatissimi capelli. Se solo non lo sentisse ancora al telefono a litigare con Simon...forse lasciare quei due insieme per così tanto tempo non era poi stata un'idea tanto geniale. Sospirò.
<< Ho già superato la svolta per l'ospedale, vedo il ponte in lontananza Magnus, stai sprecando tempo.>>
<< No! Vai più lento! È tutta colpa di Sigfrid che mi blocca e non mi fa lavorare!>>
<< - Lavorare? Ma se ti devi solo asciugare i capelli e metterci quella assurda gelatina brillantinata. Diamine Mags, sembra uscita direttamente da Grees, chi te l'ha venduta? John Travolta?- >>
<< Non osare insultare la mia cera!>>

Alec riprese ad ignorarli, domandandosi solo con quale coraggio Magnus accendeva il phon con 40 gradi in città. E poi si lamentava di lui che portava la giacca.
Abbassò velocemente lo sguardo sulla sua maglietta e storse le labbra in un piccolo sorrisetto sbilenco, sarebbe stata la prima volta che lo vedeva senza il completo, se non si conta la volta che erano piombati in casa sua, chissà cosa avrebbe detto.
Si strofinò una mano mezza sudata sul torace, cercando di smuovere un po' il tessuto e si lasciò sfuggire un verso infastidito quando l'indice gli si impuntò su un pettorale. Controllò di nuovo la maglia e storse definitivamente le labbra, questa volta per il disappunto: quella maglia era troppo fina e gli si appiccicava al petto anche se era di qualche taglia più grande della sua, di questo passo si sarebbe visto tutto.
Si maledisse un attimo per quella sua bella trovata e poi riportò lo sguardo sul traffico completamente bloccato del Brookin Bridge. A quell'ora si camminava a passo d'uomo e se allungava il collo poteva scorgere alcune macchine ferme sulla corsia d'emergenza. Sicuramente qualcuno aveva fuso il motore e non avrebbe faticato a credere anche a qualche gomma scoppiata, tra il metallo della struttura e l'asfalto della strada quel ponte era come un gigantesco spiedino da grigliata incandescente che collegava un pezzo di terra all'altro.
Prese quel momento d'attesa come un segno del destino che forse avrebbe concesso all'altro, se avesse spento il telefono tipo in quello stesso istante, di potersi acconciare i capelli e forse anche truccare. Malgrado sperasse vivamente che evitasse visto che gli aveva più volte ripetuto che non dovevano dare dell'occhio.
Poi il suo sguardo si perse nel traffico finché non incontrò un furgoncino bianco e gli si congelò il sangue nelle vene. Un contrasto che non gli diede nessun sollievo se non quello di farlo sentire come in preda ad un mare agitato e fargli venire da vomitare.
A pensarci ora era una cosa fin troppo logica, quello nella foto era sicuramente il furgoncino dove i tecnici spiavano i ragazzi e le conversazioni più importanti, ma allora perché era così importante? Lui non ne aveva la certezza ovviamente, eppure se lo sentiva, come sotto pelle. Era un normalissimo furgoncino bianco, probabilmente di una qualche lavanderia della zona, non lo sapeva, e si vedeva pure male da lontano in quella foto però… però Alec era sicurissimo che c'entrasse qualcosa, che Stephen Herondale aveva visto quello stesso qualcosa e che per questo si era sbrigato a consegnare la cartella a Malcom Lewis.
Ecco, forse sarebbe dovuto andare a parlare con la signora Lewis, ma poi così facendo avrebbe rischiato di risvegliare ricordi poco piacevoli, dopotutto l'uomo era morto d'infarto non per colpa del caso, maledizione o meno.
Si passò una mano sul volto, stanco mentalmente e anche affaticato fisicamente da quella calura. Stava raggiungendo vette di paranoia davvero assurde, si aggrappava ad ogni singola cosa che gli paresse fuori posto o strana, tutto ciò che gli saltasse all'occhio era un indizio ormai.
Rimise in moto la macchina che aveva spento quando vide gli stop della vettura avanti a lui illuminarsi, ingranò la prima e avanzò sulla lingua d'asfalto rovente.
Probabilmente alla fine di quel caso sarebbe andato dallo psicologo, poco ma sicuro, o c'era rischio che si portasse dietro manie di persecuzione e Dio solo sapeva cosa per il resto della sua vita.
Gli tornò poi improvvisamente in mente una cosa successa anni fa, quando era poco più di un bambino e Jace e Izzy avevano voluto a tutti i costi giocare con il tubo dell'acqua in giardino. Si ricordò di come li avesse costretti a togliersi da sotto l'albero anche se questo era perfettamente sano e non vi era nessun animale sopra, come i suoi fratelli protestassero perché non volevano stare al sole e anche di come aveva preso Max in braccio, allora appena di tre anni, e lo avesse allontanato da quella zona. Poi Jace si era lamentato che l'acqua non usciva più, Izzy era saltata via da sopra il tubo e la botta di pressione era stata così forte da farlo scappare di mano al bambino. Il becco della pompa aveva colpito una delle casette di legno attaccate all'albero e questa era caduta dritta dritta dove prima stavano i suoi fratellini.
Quando erano accorsi i genitori a vedere cosa aveva combinato e Izzy gli aveva spiegato che prima erano proprio lì ma che Alec li aveva fatti togliere senza un apparente motivo, alle occhiate stupite e sollevate dei due il moro aveva risposto con una stretta di spalle, le guance rosse d''imbarazzo ed un piccolo e pigolante “ Non lo so, me lo sentivo che non dovevano stare lì”.
Sua madre gli aveva sorriso dicendogli che era istinto fraterno quello, che captava i possibili pericolo per gli altri anche senza capirlo davvero. Suo padre gli aveva detto che per lui era istinto e basta e ciò non cambiava la situazione: Alec aveva sempre avuto questo sesto senso e se mai qualcosa lo avesse insospettito, malgrado la gente lo contrastasse o gli dicesse che era tutta immaginazione, lui doveva rimanere fedele a ciò che sentiva e tirare dritto.

<< Fidati sempre del tuo istinto Alec e non ascoltare gli altri. Le persone sbagliano, l'istinto di rado lo fa.>>

Alec continuò a guidare mentre quel ricordo scivolava via dalla sua mente.
Sua madre e suo padre avevano ragione, come sempre si disse ironicamente: se il suo istinto gli indicava con una freccia luminosa quel furgoncino allora c'era da indagarci sopra.
Avrebbe controllato di nuovo tutti i documenti e cercato qualche accenno alle vetture usate durante il caso, magari avrebbe anche chiesto a Simon di controllare il traffico attorno a casa Fell, così per scrupolo.
Ora doveva solo arrivare da Magnus e portarlo al sicuro.


 

Alla fine c'aveva messo più di venti minuti per arrivare al loft, ma aveva detto “traffico permettendo” e non si stupì troppo di trovare l'uomo ancora intento a fissare le sue valigie con un paio di maglie poggiate sul braccio, come se stesse cercando di capire come farcele entrare.
Ad aprirgli era stato Simon, con uno stupido inchino da maggiordomo, informandolo che “il signore” era al momento nella sua cabina armadio. Per poi specificare che con il caos che aveva fatto tutto il loft era diventato la sua cabina armadio.

<< Non vedo l'ora che te lo porti via così posso tornare a casa mia. Anzi, aspetta, no, non tornerò a casa mia, mi tocca andare da Clary. Il grande Capo ha detto che non posso stare in un luogo in cui non potrei riceve immediato soccorso qual ora ne avessi bisogno. È stato un tantino inquietante se devo dirlo. Oh, comunque potremmo sentirci sulla nostra linea sicura, perché io non so assolutamente dove si trovi il luogo in cui state andando. Non lo so, no. E penso che ti servirà qualcuno sano di mente con cui parlare per sopravvivere a questa convivenza forzata, un po' come a me sei servito tu.>>
<< Quindi intendi che mi metterai in contatto con uno psicanalista e non mi farai parlare con nessuno dei miei parenti o dei miei amici?>>
<< Perché dovrei metterti in contatto con uno psicanalista e non farti parlare con nessuno dei tuoi parenti o dei tuoi amici?>> chiese il castano perplesso.
<< Perché mi hai appena detto che mi servirà qualcuno sano di mente con cui parlare.>> Si incamminò verso la camera da letto del padrone di casa senza neanche dare la possibilità a Simon di ribattere, poi aggiunse. << O Church, puoi sempre organizzarmi una chiamata skype con lui. Credo che sia il membro della mia famiglia più sano di mente ed intelligente che io abbia. Alle brutte puoi sempre farmi parlare con il Capo Blackthron.>>
Si immaginò perfettamente il broncio infantile dell'amico ma non si sprecò neanche a girarsi. Marciò verso la sua meta fermandosi solo per prendere al volo in braccio Presidente e grattagli la testa come sapeva piacere sia a lui che ha Church. Poi si fermò sullo stipite della porta e osservò la stanza a soqquadro, Magnus al centro di essa, a torso nudo e con delle camicie appese al braccio.
Si soffermò a guardare il cerotto che copriva la spalla e per un attimo gli risalì la stessa nausea che lo aveva assalito in macchina. Poi Magnus si girò e qualunque cosa stesse pensando divenne inutile.
L'uomo gli sorrise quasi con una punta di imbarazzo, come i bambini beccati con in mano la scatola di biscotti prima di sedersi a tavola.
<< Lo so, avrei dovuto già aver tutto pronto ma davvero non so dove mettere queste.>> Ammiccò verso le camicie e Alec sospirò scuotendo la testa ma lasciandosi sfuggire un lieve fremito di labbra. Spinse Presidente Miao sulla sua spalla e prima che Magnus gli potesse dire che il suo gatto non era abituato a stare sulla spalla di nessuno, che dalla sua cadeva sempre o si lanciava graffiandolo, il gattino si tenne in perfetto equilibro e Alec poté togliergli le camicie di mano. Le piegò con attenzione e con una precisione millimetrica che Maguns probabilmente non avrebbe mai avuto, arrivando a fare un quadratino irrisorio che andò ad infilare con facilità nella grande valigia aperta.
Per un secondo l'uomo si diede dello stupido: certo che sulle spalle di Alexander Presidente Miao stava comodamente in piedi, quel ragazzo aveva una schiena da nuotatore.
Osservò con attenzione rapace i muscoli tendersi sotto la maglia fine, malgrado fosse palesemente più larga del dovuto. Più larga ma non più lunga visto che si arricciò mostrando una lunga e pallida, quasi cangiante, linea di pelle bianca. Avrebbe potuto far vagare lo sguardo sulle cosce muscolose messe in risalto da quei jeans vecchi che gli si stringevano contro i fianchi e su quel sedere che neanche Michelangelo sarebbe stato in grado di scolpire, ma tutta la sua attenzione si catalizzò su delle punte nere che intravedeva sotto la stoffa.
Le aveva già notate quando erano andati a casa sua, se la ricordava bene quel muro bianco ricoperto di segni neri ma lì per lì, non sapeva neanche lui come fosse stata possibile la cosa, li aveva lasciati perdere. Diamine! Lui era Magnus Bane come aveva fatto ad ignorare dei tatuaggi su una persona così palesemente tranquilla, gentile, ligia al dovere e… e…andiamo! Alexander era il poliziotto perfetto, non poteva avere tatuaggi! Non senza che lui lo sapesse.

<< Continuerai a fissarmi il sedere ancora per molto o pensi di potermi rispondere?>>
La voce del giovane lo riscosse e Magnus colse la palla al balzo.
<< Ti sembrerà strano tesoro ma non fissavo il tuo bellissimo e perfetto fondo schiena. Dovrebbero tipo farci un poema, una ballata, non so “Ode al culo perfetto di Alexander” che ne dici?>>
<< Puoi fare di meglio.>> si rialzò e Magnus si rese conto che aveva chiuso la valigia, più un modo per digli che non gli avrebbe permesso di portare altro che una vera e propria premura pensò.
<< Certo che posso fare meglio, ma prima dovrei vederlo nella sua interezza e magnificenza. Nudo ovviamente.>>
Alec scosse la testa e portò una mano verso il gatto che ancora se ne stava appollaiato sulla sua spalla come un pappagallo.
<< Quindi? Sei pronto?>> ripeté il detective.
<< Da quando hai un tatuaggio?>> lo ignorò Magnus.
<< Ne ha più di uno a dir il vero, credo sia la persona con più tatuaggi che conosco e li ha da quando ha...quanti anni avevi? Io ti ho conosciuto che già ne aveva cinque.>>
Simon spuntò sulla soglia della stanza con un barattolo di gelato in mano. Ormai era di casa e prendeva e faceva quello che voleva.
Maguns sgranò gli occhi. << Già ne avevi cinque?>>
<< Presumo che voglia dire che possiamo andare.>>
<< Non sviare! Quanti anni avevi quando hai fatto il primo?>>
<< Non credo sia così importante saperlo.>> Alec afferrò la maniglia della valigia e Magnus già sapeva che sarebbe rimasto inchiodato a terra e che avrebbe subito tutto il suo interrogatorio.
Purtroppo per lui, dopo quasi due mesi, non aveva ancora capito quanto fosse forte il ragazzo, che sollevò senza problemi tutta la valigia da terra e neanche fece scorrere le rotelle sul pavimento.
Magnus si parò davanti alla porta assieme a Simon ed il moro, vedendoli, si fermò roteando gli occhi al cielo.
<< Simon mi ha conosciuto che avevo diciassette anni. Ne avevo quattro all'epoca, mi feci il quinto che ancora non eravamo poi così in confidenza e la prima volta che uscì l'argomento erano passati mesi, si era ben cicatrizzato e così dissi di averne cinque, punto.>>
<< Cosa sono?>> chiese l'asiatico.
<< E il primo quando lo avevi fatto?>> continuò Simon.
<< Possiamo parlarne un'altra volta? O in macchina magari.>>
Magnus annuì soddisfatto mentre l'altro storceva il naso.
<< Ma io non ci sono in macchina con voi...>>
<< Vuol dire che appena ci saremo sistemati ti manderò un messaggio con tutto ciò che mi avrà detto!>>
Il ragazzo apparve abbastanza soddisfatto e fece marcia indietro per andare a sdraiarsi sotto l'aria condizionata.
Magnus invece sorrise furbesco e si avvicinò al poliziotto per prendere il proprio gatto.
Passò le braccia attorno al collo pallido di Alexander che non si rese conti di aver trattenuto il respiro per quell'improvviso avvicinamento.
Le unghie curate e smaltate di nero dell'uomo passarono sui capelli scuri del giovane per poi affondare nel pelo chiaro del felino. Sorrise al gatto ma quando distolse lo sguardo ne incontrò uno più grande e più limpido e si bloccò, improvvisamente consapevole della vicinanza che si era creata.
Rimasero bloccati in quel modo per una manciata di minuti ma Magnus si sentiva come ipnotizzato da quegli occhi blu. Era un colore così intenso da sembrare quasi finto, poteva vedere una moltitudine di fili chiari o scuri che si intrecciavano tra di loro. La sua mente li paragonò veloce a grotte di ghiaccio, anfratti scintillanti che nascondevano ognuno un segreto prezioso che probabilmente lui non avrebbe mai scoperto.
Dischiuse le labbra secche dal caldo per dire qualcosa ma il miagolio di Presidente fece saltare entrambi e l'uomo di sbrigò a togliere il gatto dalle spalle del detective per poi stringerselo al petto, come se potesse essere una protezione da qualcosa o da qualcuno.
<< Sono pronto.>> riuscì solo a dire.
Il moro annuì, macchie paonazze gli coloravano le guance ed il collo e Magnus si domandò sino a dove arrivasse quel rossore, se si perdesse sulle scapole o sfiorasse i pettorali.
Distolse lo sguardo e scosse la testa, mollando Presidente quando miagolando infastidito gli piantò le unghie nel braccio per farsi lasciare.

<< E' così che saluti papà? Potremmo non vederci per mesi e tu vuoi che il nostro ultimo ricordo assieme sia con te che mi graffi perché non apprezzi il mio affetto? Presidente vieni immediatamente qui e amami, non puoi comportarti così. Sei un bambino cattivo e viziato, passi troppo tempo con Silvan!>> grato al suo gatto per avergli dato un motivo per voltare le spalle al ragazzo e andarsene, spezzando quella strana tensione che era andata creandosi tra di loro, si diresse alla rincorsa del felino continuando a sgridarlo.
Alec invece chiuse gli occhi e si diede del cretino.

Si Alec, complimenti, continua così, crea momenti di imbarazzo puro e così schifosamente denso da essere tagliato con il coltello, vai.

Si passò veloce una mano sul volto, sentendolo accaldato ma imponendosi di credere che fosse solo il calore ad averlo reso rosso come un peperone. Solo quello. Non il fatto che Magnus gli si fosse avvicinato così tanto, per prendere il suo gatto poi.
Masticò un'imprecazione a mezza bocca, maledicendo i suoi fratelli. Perché era tutta colpa loro, se non avessero messo su quel penoso teatrino con quei “oh Alec, sono così felice che finalmente tu abbia trovato qualcuno” e quelle enormi cazzate sul far diventare buono Magnus, se si fossero stati zitti e non avessero infilato il dito nella piega costringendolo a ripetere che era un bell'uomo e che aveva alcuni tratti che lo attiravano molto -alla vigilia della loro convivenza forzata poi!- a quell'ora Alec non si sarebbe fatto tutti quei problemi ad aver l'asiatico così vicino.
Va bene, si sarebbe comunque imbarazzato, ma solo ed unicamente per quella palese infrazione del suo spazio vitale personale. Non perché Magnus Bane era bello e gli si era avvicinato troppo.

È bello...come i bambini delle elementari. Perfetto, davvero perfetto. Questi si che sono i presupposti giusti per una scorta. Magnifico, davvero.

Chiuse ancora gli occhi e poi li riaprì, ripetendo l'azione per un paio di volte prima di stringere il manico della valigia, enormemente sproporzionata per ciò che stavano andando a fare, e dirigersi in sala da pranzo dove gli altri lo attendevano.
Sarebbe stata una convivenza molto lunga.

 







 

Salve lettore.
Siamo arrivati al terzultimo capitolo, epilogo escluso.
Sono le battute finali e spero che qualcuno si sia fatto un’idea di chi sia il colpevole del Caso Fell e cosa sia successo durante l’Operazione Circle.
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia fin qui, l’hanno inserita tra le seguite, le preferite e le ricordate. E grazie anche a quei buoni diavoli che hanno perso tempo a recensire.

   
 
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