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Autore: Ladyhawke83    15/12/2017    2 recensioni
Nota: “Questa storia partecipa al Calendario dell’Avvento (Ripopoliamo i Fandom!) indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.”
12 dicembre:
– Obbligo: scrivi una storia dove sia presente il numero dieci, ambientata nel nord Europa.
È collegata alle altre mie storie in D&D, relativamente alla serie “la promessa del mago”, di cui questa può essere considerata un prequel.
Il contesto è fantasy generico, perciò può essere letta come un’originale senza conoscere il fandom, anche perché i personaggi ed il contesto in cui si muovono, sono creati interamente da me.
Buona lettura.
Ladyhawke83
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Prequel de “La promessa del mago”'
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Un’ora di luce.
 

“Maledetto Nord!” Imprecò il mago, rivolto al vento gelido che gli scompigliava i lunghi capelli raccolti, infiltrandosi nelle ossa e ghiacciandogli i lobi delle orecchie appuntite.

Era quasi giunto ad “Hafn” il vecchio nome di quella città, situata nel cuore della Danimarca, ma nota ai più anche come “Porto dei Mercanti”. 

Camminava spedito il mezzelfo, nonostante la neve arrivasse quasi alle ginocchia, a tutti, ma non a lui. Con un briciolo di magia, i passi di Mornon Vargas si fecero leggeri e impalpabili, permettendogli di sfiorare la neve con gli stivali, invece che sprofondarci dentro.

I pochi coraggiosi che popolavano la piazza quel pomeriggio, non fecero caso a quella stranezza, abituati come erano a vedere, di tanto in tanto, aggirarsi tra le viuzze della città maghi e gente di ogni tipo, ma per lo più stranieri.

La ragione di tanto interesse era sempre stata una, ed una soltanto: i “punti di confluenza” di cui si diceva la città di Hafn fosse disseminata.

Questi luoghi possedevano una forte attrattiva soprattutto in coloro che erano dotati di energia magica, come maghi, stregoni, ma anche druidi, monaci, o semplici cultori della materia oscura.

Mornon era un incantatore molto dotato, anche se tendeva a fare un uso non proprio lecito dei propri poteri, il mezzelfo poteva dirsi il classico esempio vivente di cosa non bisognerebbe mai fare con la magia. Non lasciarla mai nelle mani di qualcuno che non ha abbastanza equilibrio mentale e rettitudine morale.

Il mago si trovava lì, nell’estremo nord, in quella città dimenticata dagli Dei, con un preciso obiettivo: trovare gli ultimi tre punti di confluenze ed impossessarsi del potere da essi generato. Non era un’impresa da poco, Kalantir lo aveva avvisato, poteva rischiare la vita perseguendo quella ricerca, ma il Re degli elfi esigeva a tutti i costi, i dieci gorghi magici per fortificare la salute del figlio Helevorn, tanto perfetto esteriormente, quanto malato all’interno. Il giovane principe non aveva neanche dieci anni, e per qualche motivo, nonostante la giovanissima era per un elfo, egli era prossimo alla morte, attaccato costantemente da un male, all’apparenza incurabile, che lo stava consumando dall’interno.

Mornon Vargas ricopriva il ruolo di consigliere alla corte del Re Kalantir, da molto tempo ormai, abbastanza da sapere che Sua Maestà avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel figlio, nonostante era chiaro che fosse nato imperfetto, e quale fosse il suo destino.

Il mezzelfo non aveva mai fatto nulla senza un tornaconto personale, e quella ricerca non faceva eccezione. Avrebbe trovato tutti i dieci gorghi per il suo Re, ma in cambio aveva richiesto prestigio, potere e possibilità di azione, nel regno, illimitate. Non c'era la minima ombra di affetto per la famiglia reale, in quello che faceva Mornon, solo mera brama di potere, che ovviamente non bastava mai. Il mago dai lunghi capelli neri come l’inchiostro, badava sempre a non scoprire le proprie carte davanti al Re ed alla sua consorte, mostrandosi sempre affabile e condiscendente, dietro quel suo sorriso gentile, però, si nascondeva un animo oscuro e arrogante, pronto a sacrificare chiunque sull’altare del potere. Se Vargas avesse potuto, avrebbe scaraventato quel bambino petulante e malaticcio di Helevorn giù da una rupe, in modo che nessuno potesse più trovarlo, vestendosi poi di afflizione e dispiacere per il povero principino scomparso.

“Dannato moccioso! Io sono qui a gelarmi il culo e lui è là, a palazzo, servito e riverito, come se non sapessero che gli basta un colpo di tosse, per spirare” disse Mornon tra i denti.

Diede un calcio rabbioso ad un cumulo di neve dura e compatta che si trovava sul suo cammino, essa per effetto dello scudo magico intorno al mago esplose di mille scintille mandando bagliori multicolori tutto intorno.

“Che bello!” Disse una vocina acuta, alle spalle dell’alto mezzelfo, che si girò di scatto, facendo trasalire la bimba che aveva appena parlato.

“Sei un mago? Puoi farlo di nuovo?” Chiese la piccina tutta speranzosa, infagottata in spessi strati di lana consunta e con le gote imporporate per il freddo.

“Fila via mocciosa. Tu non vuoi realmente sapere di cosa sono capace…” sibilò Mornon, scoprendo un sorriso ferino, tutt'altro che rassicurante.

La bambina, vedendo quell’espressione cupa sul volto del mago e i suoi canini leggermente più grandi della norma in quel sorriso strano, scappò via piagnucolando.

“Detesto i bambini, sempre con quei loro sguardi innocenti, pieni di meraviglia, quelle loro vocette stridule. È davvero un grande spasso terrorizzarli” Disse tra sé il mago, prendendo fra le mani il ciondolo. luminescente che portava appeso al collo.

Le strade ormai erano deserte ed il sole aveva fatto già la sua breve e pallida comparsa, per poi tramontare definitivamente.

In quei mesi, ad Hafn, ad essere fortunati si poteva godere di un’ora di luce solare al giorno, alcuni giorni anche meno, perciò tutta la cittadina si era dotata di illuminazione alternativa, lampade ad olio, candele, e in ultimo con magia.

“Dovrei esserci quasi, ne mancano solo tre…” disse il mezzelfo dai penetranti occhi azzurri. Seguiva ormai da più di un’ora la flebile luce data dall’incantesimo “trova fonte magica”, strinse più forte nel palmo il ciondolo ed esso mandò un bagliore rossastro più intenso, verso il punto dove, presumibilmente, doveva trovarsi l’ottavo sigillo della confluenza.

“Tutto qui?” Mormorò il mezzelfo tra sé. Davanti a lui si ergeva una piccola casetta di mattoni, dipinta di giallo, su due piani, con le caratteristiche finestre con le balaustre in legno. Apparentemente non vi era nessuno a guardia dell’ingresso, e questo suonò strano a Vargas, perché sapeva benissimo, data l’esperienza nella “cattura” degli altri sette gorghi, che  chiunque dotato di un minimo di senno, non lascerebbe mai incustodito un tale potere.

Anche se i punti di confluenza erano invisibili ai comuni essere umani, quelli non dotati di magia, ciò non voleva dire che uno sprovveduto qualunque, o un fanatico, non potesse venirne in contatto, con conseguenze disastrose, ecco il perché delle guardie e della prudenza.

Mornon aprì con cautela la propria sacca a tracolla e ne estrasse una sfera, all’apparenza priva di qualsivoglia apertura, costituita da un materiale che sembrava vetro, liscio e trasparente, ma che vetro non era.

“Speriamo di riuscire a imbrigliare quel bastardo al primo tentativo è senza danni… non ho nessuna voglia di ustionarmi come l’ultima volta!” 

Il mago si riferiva allo spiacevole incidente avvenuto in Scozia, un mese addietro, nel tentativo di catturare il settimo sigillo, che si trovava in una stanza segreta di un lugubre e decadente maniero.

L’energia magica sprigionata dal potente gorgo aveva quasi risucchiato Mornon in un portale di energia violetta e pestilenziale. il mezzelfo si era salvato solo perché all’ultimo aveva evocato un incantesimo di incatenamento e, con esso, si era saldamente ancorato alle antiche pareti di pietra del castello. 

Tutto il resto, fortificazione compresa, era scomparso, risucchiato, distrutto, o spedito chissà dove in un’altra dimensione planare, lui invece aveva riportato solo una bella ustione nella parte del corpo che aveva direzionato la sfera,  inglobando con essa il potere del punto di confluenza scozzese.

Mornon Vargas, salì cauto i piccoli scalini che portavano al piano superiore di quella pittoresca casupola di un giallo troppo irriverente per amalgamarsi con il candore della neve tutt’intorno, il mezzelfo stava sulla difensiva, pronti a colpire, conscio del fatto che in quella casa, immersa in un’apparente tranquillità, poteva esserci più di una trappola mortale.

Poi la vide, lei aveva tra le mani, chiuso in una sfera identica alla sua, l’ottavo sigillo, la cui vorticante energia risplendeva di un blu intenso, mandando di qua e di là continue scariche dorate e scintillanti, come se volesse erompere al di fuori.

La donna stava per nascondere dentro il suo abito la preziosa sfera, quando percepì la presenza dell’uomo a pochi passi da sé, non si voltò, aspettando che fosse lui a parlare per primo.

“E così ci rincontriamo” disse lui con un filo di voce.

“Non credere che mi faccia piacere” rispose lei con un certo rancore.

“Non l’ho pensato nemmeno per un attimo. Ora sii gentile Allison, consegnami il gorgo” Disse Mornon piano, ma la sua aveva tutta l’aria di essere una minaccia travestita da richiesta cortese.

“Sai che non lo farò, per cui vieni a prenderla se ci tieni!” Gli rispose lei voltandosi e puntando i suoi grandi occhi color indaco su di lui.

“Attenta mia cara, potresti farti male, e noi non vogliamo che ti succeda nulla… dai a me quella sfera, a te di certo non serve…” Disse lui mellifluo, mentre avvicinandosi le porgeva una mano in attesa dello scambio.

“Fottiti Mornon!” Gli urlò dietro lei con rabbia e balzò sul davanzale della finestra, agile come un gatto, leggera come una libellula.

“Oh avanti amore , anni fa non ti saresti mai rivolta così a me…” Mornon le sorrise, mostrando gli strani canini risultando ancora più inquietante.

“Non sono più la ragazza sprovveduta ed ignorante che incontrasti dieci anni fa’” Lo corresse lei, mentre scavalcava il parapetto instabile, per calarsi giù.

Il mago non rispose, ma contrattaccò con un incantesimo disorientante, che lei deviò senza sforzo. Il mezzelfo, fuori di sé per essere stato così facilmente respinto da quella povera sciocca, sfoderò gli artigli, spalancò le scure ali e lasciò che un’innaturale sfumatura dorata prendesse il posto delle sue chiare iridi azzurre, dopodiché, in un movimento rapidissimo, si gettò sul suo bersaglio. 

Allison pur avendo già osservato in precedenza quell’attacco letale del mago, non fu abbastanza veloce da schivare ogni mossa di Mornon, che riuscì a ferirla alla coscia destra, provocando uno squarcio profondo, dal quale zampillò immediatamente il liquido caldo e vermiglio delle vene di lei.

Allison però non fu da meno, e approfittando dell’attimo di distrazione ed euforia del suo avversario, riuscì a ferirlo vicino all’occhio destro, non una ferita profonda, ma sufficiente, perché lui gridasse e si allontanasse da lei.

“Maledetta Bastarda! Me la pagherai! Ti troverò e ti costringerò a restituirmi ciò che è mio!” Le grida del mezzelfo che, con una mano si premeva il viso sanguinante, si persero nel vuoto e nel freddo pungente di quella sera d’inverno. La giovane maga, ma anche druida, dagli occhi color indaco, e dai folti capelli color uva spina, era scomparsa alla vista, e con lei anche il preziosissimo ninnolo magico necessario al principe Helevorn.

Mornon, tornato alle sue normali sembianze elfiche, si lasciò l’anonima dimora alle spalle e, chinandosi sulla neve fresca, emise un suono gutturale di trionfo.

“Potrai anche essere volata, mia piccola meticcia” pronunciò Mornon a mezza voce, più a se stesso che verso qualcuno in particolare “Il rosso del sangue sulla neve candida, ti tradisce” continuò tracciando un solco con le dita sul terreno soffice. 

“Ti stanerò come si fa con le volpi, e quando ti avrò di nuovo tra le mani, ci divertiremo… proprio come un tempo…”.

Quella minaccia fin troppo reale risuonò per i vicoli deserti di Hafn, come una lugubre promessa. Una promessa che sapeva di rabbia, di violenza e di morte. 

Il mago Mornon Vargas era tutto questo, ed anche di più. Lui era un Nephilim, e per i Nephilim non esisteva né il perdono, né la compassione, contavano solamente il potere, il possesso e la vendetta.

 

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Nota: “Questa storia partecipa al Calendario dell’Avvento (Ripopoliamo i Fandom!) indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.”

12 dicembre:

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È collegata alle altre mie storie in D&D, relativamente alla serie “la promessa del mago”, di cui questa può essere considerata un prequel.

Il contesto è fantasy generico, perciò può essere letta come un’originale senza conoscere il fandom, anche perché i personaggi ed il contesto in cui si muovono, sono creati interamente da me.

Buona lettura.

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