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Autore: Stella Dark Star    16/12/2017    1 recensioni
Da quando la sua gemella si è fidanzata con Henry Green, Jacob si sente come un guscio vuoto. Il fatto di vivere assieme alla coppia nella casa sopra la bottega di curiosità a Whitechapel, più che un conforto è una condanna, per questo Jacob passa i giorni a bere nei pub, a giocare a carte e a mettersi nei guai. Almeno fino a quando non incontra Arthur, ragazzo dal viso angelico che fa lo sguattero in un pub. La conoscenza tra loro diventa subito amicizia, per poi evolversi in un sentimento che la società non approverebbe mai. Ma ecco che l’entrata in scena di Amanda, vicina di casa di Henry tornata in città dopo due anni di assenza per studiare arte a Parigi, mette in subbuglio la sua vita! Nonostante sia sicuro del proprio sentimento per Arthur, desidera Amanda profondamente, quasi in modo maniacale, complici le piccanti attenzioni che lei gli rivolge. Una serie di scoperte agghiaccianti lo aiuteranno a prendere una decisione e una tragedia farà finalmente di lui un uomo migliore, oltre a spingerlo ad essere un buon Maestro per il piccolo Jack...
L'anello di collegamento (in versione romanzata!) tra Syndicate e Jack lo squartatore.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Evie Frye, Jacob Frye, Nuovo personaggio
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Epilogo
 
E così era tornato in città. Era una tipica sera settembrina, di quelle fresche e leggermente umide per via della foschia. Una sera identica a quella che l’aveva visto andarsene quattro anni prima. Camminare per le strade che aveva percorso durante l’infanzia e l’adolescenza gli dava come un brivido che partiva dalle ossa e che poi si espandeva sui tessuti di tutto il corpo. Non era una sensazione piacevole. In quegli anni di assenza si era preso cura di sé, aveva continuato ad allenarsi e a coltivare i princìpi del Credo, migliorandoli. Anche se la Confraternita non glielo avrebbe mai riconosciuto, lui era il miglior Assassino del Continente e avrebbe trovato il modo di dimostrarlo agendo direttamente su quella città sudicia e colma di menti perverse. Non che prima fosse stata migliore, però dopo che Jacob ne aveva preso il comando la situazione era peggiorata. La feccia era ovunque, ma senza dubbio era maggiormente concentrata a Whitechapel. Comunque, non era stato questo desiderio di ‘pulizia’ a farlo tornare, bensì la notizia che l’anno prima era stato riaperto il manicomio di Lambeth, il luogo in cui sua madre era stata torturata da Dottori pazzi e visionari e poi sgozzata come un maiale perché non potesse testimoniare. E dove lui stesso, costretto a stare in quel luogo per non finire sulla strada, era stato maltrattato e sbattuto come uno straccio da pavimenti. A ferirlo più di tutto, il sapere che all’interno erano tornati a lavorarvi molti membri dello stesso personale di allora. E Jacob non aveva preso alcun provvedimento. Conoscendolo, era certo che avrebbe detto “gli uomini che lavoravano per Starrick sono stati eliminati, non ho motivo di intervenire sul resto del personale.” Jack strinse il pugno. Al diavolo! Se solo ripensava al fatto che aveva chiamato quell’uomo papà per anni e che poi erano divenuti Fratelli nel Credo, gli veniva il voltastomaco. Jacob lo aveva adottato sì, però poi non aveva esitato a ricordargli che non avevano legami di sangue, prendendo le difese di quella piccola sgualdrina di Melissa, credendo a lei invece che a lui. Un finto padre e un pessimo Assassino, ecco cos’era. Daniel era migliore di suo padre, sotto quell’ultimo aspetto, e Jack aveva saputo che era molto attivo nelle missioni, però nella sfera famigliare anche lui si era rivelato un misero essere. L’unica meritevole di lodi, l’unica che l’aveva amato davvero, era stata Amanda. Nei suoi pensieri la chiamava ancora mamma Amy e aveva molto sofferto nell’apprendere della sua morte. Non aveva potuto partecipare al funerale, per non rischiare di essere visto e riconosciuto, però poi si era recato ogni mese a far visita alla sua tomba per comunicare con lei, per farle sapere che gli dispiaceva di averla abbandonata. Avrebbe reso quella città vivibile per lei, per onorare la sua memoria. Gli rincuorava sapere che sarebbe stata fiera di lui nel vedere l’uomo che era diventato. Aveva venticinque anni, però si sentiva più maturo e aveva grandi obiettivi da raggiungere. Si rese conto di avere la vista offuscata dalle lacrime. Sbatté gli occhi e si passò il dorso della mano per asciugarle. Non si vergognava di quei momenti di sentimentalismo, però ora aveva una cosa importante da fare. Si guardò attorno furtivamente, i suoi occhi nocciola che spiccavano da sotto la tesa dell’elegante cilindro. Aveva forse esagerato a mettersi in ghingheri? Non aveva desiderio di essere notato. Tra le informazioni che aveva raccolto, c’era anche quella della balzana idea di Jacob di accudire le prostitute di un bordello e forse non era un caso che si trattasse proprio del bordello che frequentava lui in passato. Ad ogni modo, voleva saperne di più ed era certo che avrebbe avuto risposte da Robin. Il nome non era veramente il suo, era un’identità che si era creata in quell’ambiente, scegliendolo probabilmente per via della folta chioma di capelli rossi. Gli veniva l’acquolina ripensando al suo petto prosperoso su cui aveva affondato il viso innumerevoli volte, deliziandosi delle pienezza dei seni e delle mammelle grandi e rosse. Non era stata la sua prima donna, ma di certo era stata la sua favorita. Si erano divertiti parecchio, a quel tempo! Dunque, dopo aver percorso strade sempre più infide e desolate, giunse infine al bordello, premurandosi di tenere il cilindro ben calato sul capo. Fu accolto da un ambiente caldo, impregnato dell’odore di alcolici e profumo a basso costo. Proprio come lo ricordava. La carta da parati rossa era ancora più rovinata e i tendaggi avevano raccolto una quantità di polvere non indifferente, quindi Jacob non aveva fatto un bel niente lì dentro. Andò al banco, dove si trovava l’anziana tenutaria che, in pochi anni, era diventata ancora più brutta e secca. Capo basso e voce appositamente roca, Jack disse: “Sono qui per la signorina Robin.”
La donna lo squadrò alcuni istanti, facendogli temere di essere stato riconosciuto, invece poi sollevò una mano e disse spiccia: “Di sopra, corridoio di sinistra, terza stanza. Il pagamento subito.”
Se lo ricordava bene, infatti aveva già preparato il denaro nella tasca, quindi lo estrasse e lo ripose nella mano scheletrica della vecchia. Bene, il prezzo non era cambiato. Si sfiorò la tesa del cilindro e salì le scale per arrivare al piano di sopra, dove poi si diresse con sicurezza nella stanza che conosceva bene. Bussò tre colpi e, ricevuta risposta, entrò.
“Buonasera, signore! Siete nel posto giusto se volete ritrovare la pace dei sensi!” Stesso tono zuccherino, stesso sorriso ammaliatore, stessa chioma rossa come l’inferno, per non parlare delle curve generose che avrebbero fatto sciogliere anche il più duro degli uomini. La donna, di non più di una trentina d’anni, gli andò incontro per sfilargli il cilindro dal capo. Il sangue le si ritirò dal viso nel vedere di chi si trattava. “Jack…”
Lui sorrise, compiaciuto: “Sapevo che non ti eri dimenticata di me.” La prese tra le braccia e le rubò un bacio forte che le fece male alle labbra. Lo ricordava eccome, quel ragazzo non era certo gentile quando si trattava di toccare una donna. Fu questo pensiero a spingerla a separarsi da lui. Lo guardò severamente: “Jacob sa che sei tornato?”
“No. E non deve saperlo. Sono qui per sapere cosa sta combinando quel buono a nulla”
Robin aggottò le sopracciglia: “Non è un buono a nulla, è un uomo buono e gentile. Ha insegnato a tutte noi come difenderci dai clienti troppo violenti e dagli aggressori per le strade. Gli dobbiamo molto.”
Jack non poteva credere alle proprie orecchie. Ridacchiò: “Scherzi, vero?”
“Niente affatto. Molte di noi devono la vita a tuo padre.”
Non è mio padre.” Sottolineò lui, stizzito, quindi prese respiro e cambiò discorso: “Di certo non è un caso che stia facendo tutto questo. Che cosa sai al riguardo?” Vide i suoi occhi tremare e un attimo dopo distolse lo sguardo. Non voleva dirglielo, dunque? Lei rispose con voce incerta: “Nulla.”
“Oh avanti, non fare la preziosa con me!” Incalzò lui, per poi allungare le mani sui suoi seni prosperosi. Gesto che gli costò uno schiaffo.  Rimasero entrambi immobili per alcuni istanti, poi, con gesto villano, Jack le afferrò una mano e se la portò all’altezza degli occhi. E vide l’anello con il simbolo.
“Lavorate per la Confraternita? E che cosa potete fare voi, un branco di frivole prostitute?”
Robin tirò con forza per rimpossessarsi della propria mano, quindi lo apostrofò: “Siamo donne che meritano rispetto come chiunque altro. E grazie a Dio Jacob ci sta aiutando a difenderci dai mostri come te.”
“Non osare.” L’avvertì Jack, ma lei non ascoltò il consiglio e continuò a ruota libera: “Tu, pur essendo un ragazzino, mi hai umiliata, mi hai trattata come un pezzo di carne da macello! Mi facevi orrore e sono stata felice di sapere che te n’eri andato.” Le gote arrossate dalla rabbia e lo sguardo tagliente, riprese: “Sei solo un porco e uno squilibrato. Dirò a Jacob che sei a Londra e ci penserà lui  a te.”
Era davvero troppo. Jack sentì il sangue ribollire e salirgli alla testa. Per tutto quel tempo aveva creduto che tra loro ci fosse un legame, che Robin lo amasse, magari. E invece anche lei era solo una falsa bugiarda. E ora l’avrebbe pagata cara. Prima che lei potesse afferrare la maniglia della porta, Jack la prese per un braccio e la tirò fino a scaraventarla contro la struttura del letto. Il colpo improvviso alla schiena le spezzò il fiato in gola, per cui non fu in grado di gridare. Purtroppo. Un attimo ancora ed ecco che Jack la prese per il collo con entrambe le mani e la sollevò da terra, il suo sguardo era puro odio e le labbra erano strette per il disprezzo. Robin rantolò in cerca di aria, ma la presa era troppo forte. Improvvisamente si ritrovò libera, ma fu una magra consolazione, perché venne scaraventata contro il muro dove batté pesantemente la testa. Il rosso del sangue andò a confondersi con il colore dei capelli, una massa fiammeggiante che poi Jack andò ad afferrare con prepotenza. Cercò di liberarsi, inutilmente. Il viso vicinissimo al suo, Jack le disse tra i denti: “Sei solo una puttana. Siete tutte stupide puttane. Non meritate di vivere.” Sollevò il braccio libero e fece scattare la lama celata. Robin ebbe giusto il tempo di vederla brillare alla luce del lampadario e poi la sentì nitidamente nel collo. Un dolore terribile e inferto lentamente con il preciso scopo di farla soffrire. Il sangue prese a schizzare fuori a fiotti, andando a sporcare sia il volto che la giacca di Jack. Il suo sguardo folle che la fissava, un sorriso sinistro che si espandeva man mano che la lama tagliava la pelle delicata. Ormai priva di forze, Robin lasciò ricadere le braccia, mentre il mondo intorno a  lei perdeva forma e colore. Prima che esalasse l’ultimo respiro, Jack lasciò la presa ai capelli, di modo che il corpo cadesse pesantemente sul pavimento. Ma non era ancora la fine. Le inferse un colpo di lama dritto nel ventre, all’altezza delle ovaie, seguito poi da uno alla coscia. Colpi ben assestati che la povera donna sentì fino in fondo e che la fecero tremare di riflesso.
“Ora, mia cara, puoi anche andare all’inferno.” La schernì Jack, ridacchiando, per poi alzarsi e andare ad aprire la finestra da dove si lanciò per fuggire.
Con un ultimo sforzo, nonostante il dolore lancinante e la morte che sopraggiungeva, Robin sfilò l’anello dal dito e, con un pizzico di fortuna, lo lanciò dentro il caminetto acceso a non più di due passi da lei. Gorgogliò, gli occhi spalancati nel vuoto. E morì. 
  
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