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Autore: Sinkarii Luna Nera    16/12/2017    3 recensioni
Prequel di ''Reflecting Mirrors"
Una Lusan, un Hakaishin e tutto ciò che è avvenuto prima che centinaia di milioni di anni, assieme a centinaia di milioni di situazioni complesse, portassero al presente per come lo conosciamo -nel bene e nel male.
(Ignoro il motivo per cui l'amministrazione si sia divertita a cancellare un'intro che è stata qui per anni, ma non abbia ancora cambiato il mio nick. Misteri della fede.)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Champa, Lord Bills, Nuovo personaggio, Vados, Whis
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Reflecting Mirrors'
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RMIcap7
7
 
 
 


 
 
 
 
 
«Ancora? Possibile che abbiate entrambi questa fissa?»
 
«Anise, il fatto che due Hakaishin ti dicano le stesse cose riguardo lo stesso luogo magari significa che non è una fissa, ma un dato di fatto!»
 
«Beerus non mi aveva detto di aver avuto sensazioni strane qui a Vynumeer, ma le volte in cui Vados è venuta a prendermi dopo che si era fatto buio le ho avute anche io».
 
Anise non riusciva proprio a capire cos’avessero entrambi contro l'atmosfera di Vynumeer di notte. Lei ne aveva trascorse innumerevoli in quel posto, una più pacifica dell’altra, quindi continuava a essere convinta che le “sensazioni strane” di cui le parlavano Beerus e Champa fossero dovute semplicemente a fifoneria da villaggio fantasma. «Possiamo tranquillamente rimanere qui, quando farà notte! Guardatevi intorno: vi sembra che questo posto abbia qualcosa che non va?»
 
Per entrambi gli Hakaishin la risposta onesta sarebbe stata un “no”. Era una giornata splendida, il cielo era terso, l’aria frizzantina, e le basse rive del lago di Vynumeer, coperte da un sofficissimo manto di erba color smeraldo, erano punteggiate di fiori indaco coi quali Anise si era dilettata a fare coroncine. Non c’era proprio nulla di strano o sbagliato in quel luogo, eccetto...
 
«L’acqua calda. Non è un’area geotermale, non c’è una ragione logica dietro il calore di quest’acqua» sentenziò Beerus, indicando il lago a poca distanza da loro tre.
 
«Sì, però farci il bagno è bellissimo!» esclamò Champa.
 
Beerus continuava a non essere molto felice all’idea che suo fratello stesse da solo con Anise, o di poterselo trovare attorno mentre erano insieme -come in quell’occasione- ma infine si era reso conto di non poter fare granché se non accettare il tutto: come Anise aveva giustamente osservato, suo fratello non avrebbe ottenuto nulla dicendo "no" a Vados quando questa voleva portarlo lì. «Tralasciando il fatto che non mi stai aiutando per nulla, mi stai dicendo che tu hai fatto il bagno in questo lago, presumibilmente con lei?» domandò il dio al fratello, con aria piuttosto minacciosa.
 
«Tranquillo, avevo indossato quei capi che ho fatto all’uncinetto tempo fa… per quanto non riesca ancora a capire che senso abbia farsi il bagno con dei vestiti addosso, se devo essere onesta».
 
Era un discorso che lei e Beerus avevano affrontato circa un mese e mezzo dopo essersi conosciuti, quando lui l’aveva raggiunta a Vynumeer e lei si stava facendo il bagno nel lago, ovviamente nuda.
Inizialmente Anise non era riuscita a capire come mai Beerus avesse mostrato tanto imbarazzo, perché per i Lusan durante la stagione calda era perfettamente normale fare il bagno nudi nel fiume, e veder girare senza abiti le famiglie che vivevano appena fuori città non era affatto strano; tuttavia aveva compreso che Beerus essendo un alieno potesse avere un diverso senso del pudore, e aveva deciso di creare degli abiti che coprissero almeno i propri “caratteri femminili”.
 
«Capisco il tuo punto di vista» disse Champa «Magari quindi la prossima volt-»
 
«Tollero il fatto che la tua maestra ti porti qui solo perché né tu né io possiamo farci nulla, e perché  ad Anise
per qualche oscuro motivo piace la tua compagnia, ma se provi a restare nudo davanti a lei giuro che ti castro! Io -ti -castro!» lo avvertì il gemello «Ci siamo capiti?»
 
«Non essendo molto dotato teme il confronto, poverino» disse Champa ad Anise, sogghignando.
 
A quel punto Beerus saltò sopra a suo fratello, gettandolo a terra e dando inizio a una piccola lotta tra gatti. «Non temo la concorrenza di nessuno, specialmente di un ciccione!»
 
«Io non sono ciccione, sono morbido!» ribatté l’altro, dimenandosi talmente tanto da riuscire quasi a invertire le posizioni.
 
«Sì, come un materasso, e altrettanto largo!»
 
«Tu sei cattivo!» si lagnò Champa, senza rendersi conto che la loro lotta li aveva portati ancor più vicini all’acqua di quanto fossero in origine.
 
«… ma magro!»
 
Nelle tre settimane che erano passate da quando Beerus aveva raccontato ad Anise la sua storia, erano riusciti a trascorrere delle giornate piacevoli anche nei momenti in cui si erano trovati tutti e tre insieme. I gemelli non facevano altro che punzecchiarsi continuamente, quello era inevitabile, ma ciò non era mai sfociato in un litigio vero e proprio, e non erano mai venuti veramente alle mani; in tutto questo, Anise e le minacce di lasciarli senza cibo fungevano efficacemente da cuscinetto.
 
«E tu puzzi!»
 
«No, sei tu che puzzi!»
 
«Puzzate entrambi, quindi buon bagno» disse Anise con un sorrisetto, per poi dar loro una spinta facendoli finire entrambi in acqua.
 
I due emisero diverse esclamazioni di sorpresa, tentando faticosamente di districare il groviglio di gambe, braccia e code, mentre la lince rideva di gusto.
 
«Siamo tutti bagnati!» gemette Champa.
 
«Ma va, genialone? Dimmi qualcosa che non so!» ribatté Beerus, osservando sconsolato il modo in cui i pantaloni suoi e di suo fratello si erano appiccicati alle loro gambe «Siamo tutti bagnati!...»
 
«Lo avevo appena detto io!»
 
«Sì, ma tu non conti niente! E tu non credere di passarla liscia, An-»

«NON MI PRENDERETE MAI VIVAAAAA!...»
 
Beerus si interruppe, accorgendosi che Anise si era data alla fuga, e ormai era a svariati metri di distanza dalla riva.
Correva veloce…

 
«Vado, la catturo e te la lancio» sogghignò Champa, per poi volare fuori dall’acqua.
 
Ma non abbastanza veloce da poter sfuggire a delle divinità.
Non che lei avesse mai sperato davvero di riuscirci, ovviamente, sapendo con chi aveva a che fare.

 
«Non mi avrete mai, ma -ciao, Champa» lo salutò Anise, costretta a interrompere la propria fuga quando se lo trovò davanti «Come ti va la vita?»
 
«“Mi va” bagnata!» rispose lui, per poi agguantarla e sollevarla da terra.
 
«Ma se tu mi mettessi giù e io per ricompensarti ti dessi un biscotto in più, dopo?»
 
«No!»
 
«Due biscotti?...»
 
«Non funziona, mi spiace. Citando qualcuno: buon bagno!»
 
Essere lanciata in alto -in direzione del lago- con la stessa facilità con cui lei avrebbe lanciato un sassolino minuscolo fu un’esperienza breve e intensa, ma anche alquanto assurda. Spesso i due fratelli si comportavano quasi come persone normali, per cui le capitava di dimenticare quanta forza possedessero, tra le altre cose!
 
Beerus intercettò il lancio quando Anise era già arrivata sopra il lago. «Presa».
 
La ragazza fece un sospiro. «So benissimo che mi lascerai cadere in acqua, quindi non ti darò la soddisfazione di sentirmi dire “Grazie per il salvataggio”».
 
«Lo hai detto ugualmente!»
 
Come previsto, Beerus la lasciò cadere. Il volo fu breve, e l’acqua calda rese gradevole quel bagno improvviso fatto con più vestiti del solito.
A tal proposito, a quel punto tanto valeva togliersi l’abito che aveva addosso, avendo avuto la lungimiranza di indossare sotto a esso il due pezzi fatto all’uncinetto.

Quando ebbe finito di spogliarsi e riemerse, vide entrambi i fratelli volare a pelo dell’acqua, appena sopra di lei, intenti a mostrarle un ghigno assolutamente identico.
 
«Ed ecco cosa succede agli stolti mortali che osano sfidare delle divinità!» disse Beerus, con aria soddisfatta.
 
«E trallallì e trallallà» replicò Anise, lanciandogli addosso il vestito bagnato «Toglietevi quei pantaloni, che ormai sono solo un impiccio, e fatemi compagnia!»
 
«Non sono sicuro che sia una buona ide-»
 
«BOMBAAAAA!!!»
 
Il tuffo improvviso e violento che fece Champa dopo aver tolto e lanciato via i propri pantaloni sollevò un’onda altissima che investì Beerus in pieno, come se fino a un attimo prima non fosse stato già inzuppato.
L’Hakaishin del settimo Universo, gocciolante, fece una smorfia seccata. «Qualcuno è interessato a un fratello scemo? Glielo vendo, anzi, glielo regalo… a pezzi!» concluse, guardandosi attorno.
 
Dov’erano andati a finire Anise e Champa?
 
«Questo, Beerus lo Stecchino non te lo può far fare!»
 
Udito ciò il dio volse lo sguardo alla propria destra, e vide Champa sfrecciare da una parte all’altra del lago con Anise seduta a gambe incrociate sopra la sua schiena. Sembrava che essere largo quasi come un materasso singolo fosse davvero utile a qualcosa, dopotutto!
 
«È bellissimo!» esclamò la lince, ridendo.
 
Ancora una volta, l’ennesima in quei tre mesi e una settimana di conoscenza con Beerus, ringraziò il cielo per essersi trovata sull’altalena quella sera: quel fatto non le aveva portato solo un ragazzo che adorava -e che l’adorava a sua volta- per il quale provava dei sentimenti immensi, ma le aveva portato anche Champa, un amico molto divertente col quale si sentiva a proprio agio.
 
Un missile viola privo di pantaloni la investì, portandola in acqua con sé mentre la baciava e la stringeva tra le braccia.
 
«Non posso essere la tua tavola da surf, ma posso fare ben altro» disse Beerus, baciando Anise sulla fronte.
 
«Tra cui spiegarmi per bene cosa sia il surf, prima o poi» sorrise la ragazza.
 
«Lo farò sicuramente!»
 
Impegnato com’era a baciare la sua ragazza, Beerus commise l’errore madornale di perdere d’occhio Champa, il quale si stava avvicinando per tentare chissà quale manovra subacquea. Gli era venuta un’idea che reputava geniale, e finì quasi a strozzarsi con l’acqua che inghiottì per il troppo ridacchiare.
 
«Quindi rispondimi: resteremo qui almeno finché non sarà arrivata la maestra di Champa, o no?» chiese Anise a Beerus, strusciando il naso contro il suo collo «Resteremo? Eh?»
 
Il dio stava suo malgrado per cedere e risponderle di sì, ma tutt’a un tratto avvertì uno strattone, e dopo ciò iniziò a sentirsi più nudo del dovuto.
 
«Ehi, Anise! Vai a dare un’occhiata alla fauna sottomarina!» gridò Champa, già allontanatosi di diversi metri, sventolando le mutande del fratello «Quel poco che c’è da vedere, s’intende».
 
«TI UCCIDO!» urlò Beerus, furioso, imbarazzato e rosso in volto, coprendosi le parti intime con entrambe le mani «Ti uccido, ti riporto in vita e poi ti uccido un’altra volta, giuro!»
 
«Champa, renditi conto che se ora tuo fratello finisce col cercare di picchiarti non potrò dargli torto» disse Anise « Facciamo così: io mi volto» disse, dando le spalle a Beerus «In modo da non vedere nulla di quel che succederà. Caro Beerus, sei libero di andare a riprenderti le tue mutande!»
 
“O-oh” pensò Champa, cui la voglia di ridere era passata vedendo Beerus scrocchiare le nocche delle mani con un ghigno malefico sul viso.
 
L’attimo dopo ebbe inizio la seconda parte della lotta tra gatti, con Beerus che tentava con tutte le proprie forze di annegare una volta per tutte quel rompiscatole -oltre che di recuperare le mutande- e Champa che cercava disperatamente di difendersi, decisissimo a tenersi stretti quegli slip bianchi neppure fosse stata una questione di vita o di morte.
 
Anise intanto aveva raggiunto una delle grosse rocce larghe e piatte che sbucavano in diversi punti del lago, e si era stesa a guardare tranquillamente il cielo, perfettamente noncurante del bisticcio delle due divinità. Nonostante le minacce di morte non sembravano esserci state le avvisaglie di un litigio che potesse essere pericoloso per lei, per il pianeta o per uno dei due gemelli, per cui si trattava soltanto di aspettare.
 
«Molla le mie mutande, ladro infame!» intimò Beerus al gemello dopo dieci minuti di lotta, tentando di bloccarlo in una presa di sottomissione «Mollale, ho detto!»
 
«Non se ne parla, caro fratellino!» sghignazzò Champa, una volta riuscito ad afferrare Beerus per le orecchie e a immergergli la testa nell’acqua «E poi, a che ti servono? Non hai niente che valga la pena coprire, lì sott- EHI!»
 
«Chi di mutanda ferisce, di mutanda perisce» dichiarò Beerus, riemergendo dall’acqua stringendo in mano… le mutande di Champa, ovviamente. «Se le rivuoi indietro, rendimi le mie!»
 
«Non le riavrai mai! Dovrai strapparle dalle mie fredde mani morte! Hai capito? Dalle mie-»
 
«Ebbene? Cosa state facendo?»
 
La voce di Vados, la quale era giunta sul posto ben prima del previsto, fece bloccare i gemelli come fossero stati due statue di sale; l’attimo dopo Beerus scomparve rapidamente sott’acqua,
lasciando andare le mutande di Champa e raggiungendo il fondale del lato opposto del lago.
Non c’era motivo per cui Vados potesse aver intenzione di portarlo via con la forza, ma quando arrivava la maestra di suo fratello Beerus scompariva sempre dalla vista, per precauzione.
 
«Oserei dire che stessero praticando allo stesso tempo nuoto e lotta libera. Attività fisica seria, insomma» disse Anise, alzandosi in piedi sulla roccia.
 
Vados le si avvicinò in volo, e atterrò a propria volta sul sasso. «E c’è una ragione specifica per la quale il mio allievo ha in mano delle mutande maschili troppo piccole per essere sue?» chiese, mentre Champa cercava inutilmente di nasconderle.
 
«Perché lui e Beerus sono fratelli e si divertono a farsi scherzi».
 
L’angelo sospirò. «Immagino sia così».
 
«Ehm… maestra Vados, già che sei qui potresti fare comparire un costume per me?» le chiese Champa, avvicinatosi al masso.
 
«Non è buona educazione restare nudo in presenza di una signorina, se non sei in un postribolo… o se la signorina non ha una relazione con te!» lo riproverò lei, facendo comparire un largo costume da bagno di colore rosso che fece poi planare nelle mani del dio.
 
«Per me non sarebbe un problema, noi Lusan non abbiamo certi tabù» disse Anise, facendo spallucce «Ma comprendo il diverso pudore altrui. Ad ogni modo, noto che è tornata prima del solito».
 
«Sono reduce da una zuppa di pesce assolutamente terrificante che ho avuto la sfortuna di mangiare in un villaggio all’altro capo di questo pianeta» le spiegò Vados, fingendo un’aria disperata «Sono andata via in fretta e furia! Nel mentre mi sono accorta che senza volerlo mi stavo avvicinando a voi tre, e mi sono detta che tanto valeva dare un’occhiata a quel che stavate facendo… hm» guardò l’acqua «Deduco che Beerus teme ancora che io lo porti via con la forza».
 
«Ho tentato di dirgli che, stando a quanto mi racconta il suo allievo, in quel caso sarebbe totalmente inutile nascondersi, ma non mi dà ascolto. “Non si sa mai”, dice! A proposito, ora che ci faccio caso è sparito anche Champa».
 
«Sarà andato a infastidire Beerus, come di consueto. Tutto sommato è già tanto che non siano giunti al punto a picchiarsi sul serio».
 
«In quel caso immagino che il pianeta sarebbe stato in pericolo» disse Anise.
 
«Non il pianeta: l’intero Universo» la contraddisse Vados «È per questo motivo che agli Hakaishin è proibito combattere tra loro, eccetto in casi e luoghi estremamente particolari. Oh, sembra che un gemello su due sia di ritorno».
 
«Maestra Vados, devi venire a vedere una cosa che ha trovato Beerus» esclamò Champa, appena riemerso, indicando un punto in basso.
 
Vados notò subito che il suo allievo era particolarmente serio, il che era curioso. «Di cosa si tratta?»
 
«Nel lato più profondo del lago c’è un tunnel seminascosto che porta in una grande grotta piena d’oro e pietre preziose» disse il dio «Però Beerus ha sentito che tutto quel tesoro ha qualcosa che non va, e l’ho sentito anche io... ma non capiamo bene cosa sia, quel che “non va”!»
 
«In pratica mi stai dicendo che il tesoro di Rubedo esiste sul serio?!» allibì Anise.
 
Era incredibile, ma sembrava proprio che la leggenda che Calida le aveva raccontato milioni di volte fosse reale, o che almeno lo fosse nella parte che riguardava il tesoro.
Anise si ripromise che gliene avrebbe parlato, il giorno in cui l’avrebbe informata della sua relazione con Beerus: c’era la possibilità che Calida, venendo a sapere del tesoro, focalizzasse meno l’attenzione sul resto -nello specifico il fatto che da mesi frequentasse Beerus di nascosto, e che questi fosse diventato molto importante per lei.
 
«Sapeva dell’esistenza di questo tesoro, dunque» osservò Vados.
 
«C’è una leggenda che ne parla, mia sorella me la raccontava sempre. Se c’è questo tesoro, voglio vederlo!» esclamò la ragazza.
 
«Il tunnel è a oltre sei metri e mezzo di profondità, non puoi arrivare fin lì trattenendo il fiato, e comunque, come ho detto, in quell’oro c’è qualcosa che non va» ribadì il dio «Potresti seguirci solo se la maestra Vados creasse una barriera intorno a te… come ha proposto Beerus» aggiunse.
 
«Posso farlo senza alcun problema» annuì l’angelo «Beerus è rimasto nella grotta?»
 
«Credo sia da tutt’altra parte del lago, al momento. Quello scemo ha sempre paura che vedendolo ti venga in mente di riportarlo sul suo pianeta!» disse Champa, e alzò gli occhi al cielo «Per fortuna al nostro compleanno manca poco, ormai…»
 
Poco dopo, Vados creò una barriera attorno a sé e ad Anise, e tutti e tre si immersero.
Mentre Champa conduceva le due al tunnel, la lince si guardò attorno: sembrava che in quel lago non ci fosse vita neppure a maggiore profondità, o meglio, che non fosse presente alcun tipo di fauna. La flora subacquea, al contrario, cresceva rigogliosa in tutto il fondale… e anche attorno a innumerevoli resti di quelli che un tempo erano stati Lusan, e che ora erano ridotti a mucchi d’ossa più o meno consumati.
 
«Ma che accidenti?!...» allibì Anise, avvicinandosi a un lato della barriera «Non sapevo che questo lago fosse una specie di cimitero. Non a simili livelli, perlomeno».
 
La sfera del bastone si illuminò, seguendo la volontà di Vados, e lei guardò all’interno. «I resti fossili più antichi risalgono a circa diecimila anni fa. Sembra che ciò vada avanti da allora, con un picco in rialzo più o meno due secoli or sono, e uno in ribasso cinquant'anni dopo. I più recenti, dopo trent'anni di pausa, risalgono a diciotto anni fa, mese più o mese meno».
 
«Un maschio e una femmina, per caso?»
 
«Sì».
 
Dopo qualche momento di totale immobilità passato con un’espressione indecifrabile sul volto, Anise fece un cenno di saluto in direzione delle ossa. «Ciao papà, ciao mamma. Vi trovo alquanto sciupati» disse, piano.
 
Per qualche istante calò il silenzio più totale.
 
«Ormai dovrebbe mancare poco al tunnel, giusto Champa?» disse Vados, desiderosa di cambiare argomento e sempre più convinta che quella fosse una ragazza alquanto bizzarra.
 
«Sì… manca poco» confermò il dio, che pur essendo perplesso e un po’inquietato da quel che aveva visto e sentito decise di soprassedere.
 
Poco dopo raggiunsero l’imboccatura del tunnel, che si rivelò essere dritto e un po’in salita, e lo percorsero rapidamente. Sbucarono fuori in un’immensa caverna colma di licheni luminosi di colore rosato, i quali illuminavano l'intero ambiente, e di grandi stalagmiti, tutte di forme bizzarre -in particolare una alla loro sinistra, che sembrava una statua di Lusan rozzamente intagliata; un bello spettacolo, ma la quantità di oro e pietre preziose sparse ovunque lo era ancora di più.
Nella caverna non c’era acqua, dunque
per far respirare Anise non sarebbe stata necessaria la barriera, ma Vados non diede mostra di volerla togliere.
 
«Questa volta sia tu che Beerus siete stati abili nell’uso delle vostre percezioni: il “qualcosa che non va” che avete sentito era una maledizione molto antica e potente su ogni singola parte di questo tesoro» disse l’angelo «Su di voi ovviamente non ha alcun effetto, ma se aveste portato anche una sola pietra alla qui presente Lady Anise, l’avreste privata di ogni discendenza presente e futura».
 
«Allora posso toccarlo senza problemi, sono già sterile come quel tipo di posto pieno di sabbia… ah, sì, ecco: sterile come un deserto».
 
Prima i genitori in fondo al lago, poi la sterilità, tutte cose di cui Champa non sapeva nulla perché, a onor del vero, lui e Anise non avevano mai discusso di certi argomenti: quando erano soli -o con Beerus- tendevano a parlare di tutt’altro, per lo più di cose divertenti e leggere. «Non lo sapevamo. Mi spiace che sia venuto fuori il discorso».
 
«Non potevate saperlo perché non ne avevo parlato, ma per me questo non è un problema. Passiamo alle cose serie» Anise indicò il tesoro «Mia sorella sarebbe euforica, se sapesse di tutto questo. È incredibile, non sarei mai riuscita a immaginare altrettanto oro e pietre preziose tutte insieme! Quelle poi somigliano un sacco alle mie perline di vetro, anche la dimensione è identica, e sono così tante!»
                                                     
Vados batté il bastone contro il fondo della barriera, e un breve lampo di luce verde azzurra invase l’intera grotta. Fatto ciò, fece scomparire la barriera. «Ora può fare quello che vuole, Lady Anise. Sebbene lei si definisca sterile non c’è motivo di toccare un tesoro maledetto, le pare?»
 
«La ringrazio molto» disse la ragazza, con un sorriso sincero, per poi catapultarsi dritta dalla miriade di piccole pietre preziose che aveva adocchiato. «Se queste non sono perline di adamandnery pinc, io non mi chiamo Anise! Tralasciando il fatto che con cinque di queste potrei comprare due volte la casa dove vive ora mia sorella, sono bellissime…»
 
Ecco, era quella lì la Lusan che Champa aveva presto imparato ad apprezzare, non l’altra, non quella che aveva detto quella frase assurda a degli scheletri che potevano essere dei suoi genitori. Quell’Anise lì era strana, e a Champa non piaceva vederla, preferiva decisamente quella normale. «Immaginavamo che ti sarebbero piaciute. Beerus te le avrebbe portate già da prima, se non avesse percepito la maledizione».
 
«Già, la maledizione… se c’è un tesoro con una maledizione identica a quella che Rubedo -secondo la leggenda- ha scagliato sui maghi, allora forse c’è in giro anche la sua corona, e forse ha davvero il potere che mia sorella desidera
» ipotizzò la ragazza, abbandonando gli adamandnery per mettersi in cerca della reliquia «Dovrebbe essere contenuta in una grossa cassa di metallo. Calida l’ha cercata per tutta la vita».
 
«E lei vorrebbe cercare quel potere per sua sorella, invece che per sé?» le chiese Vados.
 
«Ho un debito enorme nei suoi confronti, perché mi ha salvato la vita due volte: una quand’ero neonata, trovandomi e tenendomi con sé, e l’altra due anni fa. Lei mi ha cresciuta, mi ha protetta e mi ha insegnato tanto. Le cose tra me e lei sono cambiate un po’da una certa sera in avanti» ossia quella in cui Calida l’aveva toccata «Ma resta sempre e comunque la sola famiglia che ho, nonostante tutto. Io su questo pianeta ho ed ho sempre avuto solo lei, le devo la vita, ed eventuali poteri non mi servirebbero affatto: se trovassi quella corona, sarebbe sua».
 
«Se hanno chiuso quella corona in una cassa di metallo per poi premurarsi di nasconderla così bene, forse è meglio che non venga mai trovata» obiettò l’angelo «Non ci ha mai pensato?»
 
«Effettivamente non hai tutti i torti, maestra» ammise Champa «Cosa farebbe tua sorella di quel potere? È già capo della città di Ulthmeer».
 
«Conquisterebbe anche tutte le città vicine, naturalmente» rispose Anise, mentre esplorava la caverna «Se ci riuscisse sarebbe la fine di tutte le guerre che funestano queste terre da tempo immemorabile. So che si sta parlando di una sorta di tirannide, ma non ci sono molte altre soluzioni. Alle città è stata data la possibilità di esistere ognuna per conto proprio, ma pur non avendo problemi di risorse si ostinano a farsi la guerra: detto ciò, ti sembra peggio che vengano governate tutte da una persona, o che si continui in eterno a spargere sangue in conflitti inutili?»
 
«E se sua sorella diventasse capo delle città unite sarebbe un vantaggio anche per lei, Lady Anise… sbaglio?» insinuò Vados.
 
«Direi di sì, che sbaglia. La mia intenzione sarebbe di restare a vivere nella mia casa nella foresta in qualsiasi circostanza. Che le città abbiano un solo capo oppure no, non farebbe differenza per me» ribatté la ragazza «Ma Calida ha questo sogno, quindi…»
 
«Mi sa che resterà un sogno però, perché io in questa caverna non vedo casse di metallo» disse Champa, mentre osservava un adamandnery pinc alla luce dei licheni «Vados, tu ne vedi?».
 
Lei scosse la testa. «Mi spiace informarla che questo tesoro non comprende casse, Lady Anise».
 
«O beh, io ci ho provato» disse la lince, facendo spallucce.
 
Champa indicò il tesoro. «Maestra Vados, portiamo tutto in casa di Anise. Lasciarlo qui non servirebbe a molto».
 
«No, aspetta: al di là del fatto che in casa mia non ho posto per tutta questa roba, siete stati tu e Beerus a trovare la caverna» obiettò Anise «Il tesoro di Rubedo spetta a voi due, non a me!»
 
Vados rise, portando una mano davanti alle labbra. «Posso assicurarle che a degli Hakaishin non serve affatto».
 
«Tecnicamente non serve neppure a me, sapete bene che sono autosufficiente. Di tutto questo terrei solo gli adamandnery, e giusto perché mi ricordano le mie perline, non per il loro valore».
 
«Intanto tiriamo fuori tutto da questa caverna, poi ne farai quel che vuoi» concluse Champa «Sai, non conosco molta gente che considererebbe inutile un tesoro del genere, a meno di averne uno più grande».
 
«Infatti ce l’ho».
 
«Parli di Beerus? Pessimi gusti a parte, quanta sdolcinatezza!» esclamò il dio, per poi ridere sguaiatamente «Argh! Mi si è cariato un dente! C’è troppa zuccherosità in questa caverna! Chiamate un dentista! Muoio!» gemette, “morendo” addosso ad Anise.
 
«A dir la verità parlavo dell’insieme delle mie ricette, ma ammetto che anche tu e Beerus costituite un grande tesoro. Per ragioni diverse uno dall’altro, ovviamente» aggiunse.
 
«Che emozione!» esclamò Vados, fingendosi commossa «Visto il soggetto, non avrei mai potuto immaginare che qualcuno un giorno avrebbe definito il mio allievo con una parola diversa da “rompiscatole”… figuriamoci un tesoro!»
 
«EHI!» protestò il dio «Quel che dici non è affatto gentile, lo sai?! Anise invece è tanto carina».
 
“Non è 'tanto carina', se mai è 'tanto strana'!” pensò Vados, mentre con una magia del bastone immagazzinava tutto il tesoro all’interno di esso.
Uscirono dalla caverna senza passare nuovamente per il tunnel -Vados aveva creato attorno a tutti e tre una barriera che permetteva di attraversare anche le zone solide- e una volta fuori si ritrovarono nel punto in cui fino a poco più di tre mesi prima era stato presente il costone roccioso distrutto da Beerus.
 
«Non c’è da meravigliarsi che Calida non abbia mai trovato il tunnel, era semi nascosto e troppo in profondità perché potesse riuscirci senza immergersi a colpo sicuro» fu la prima cosa che disse Anise.
 
«Anise, mi sento un po’ a disagio a farti questa domanda ma, insomma…» Champa esitò «Riguardo quel che hai visto prima di trovare il tunnel…»
 
«Calida mi ha trovata sulle rive di questo lago, adagiata su vestiti da uomo e da donna. Che i miei genitori fossero qui da qualche parte non è una novità, lo immaginavo da tempo» disse la ragazza «E continueranno a riposare nella tomba che hanno scelto. Il lago di Vynumeer è un bel posto per morire, dopotutto».
 
«Va bene» rispose l’Hakaishin, senza sapere cos’altro aggiungere. L'ultima frase del discorso di Anise lo aveva inquietato un po' ma, di nuovo, decise di sorvolare sulla questione: dopo quel che Anise aveva visto era normale che si lasciasse sfuggire parole poco allegre.
 
«Una cosa: adesso in teoria non dovresti più avere quelle sensazioni strane, quando è notte. Forse sentivi la maledizione, ma ora la tua maestra l’ha spezzata. Dovremmo dirlo anche a Beerus… quando salterà fuori» sospirò la Lusan, per poi voltarsi verso Vados «Sul serio, non potrebbe tranquillizzarlo personalmente sul fatto che non lo porterà via? È assurdo che sparisca così ogni volta».
 
«Potrei anche farlo, ma non avendo voglia di cercarlo mi sarebbe difficile, se non si palesa».
 
«BEEEERUSSSS! Sto portando via la tua fidanzaaaaataaaa!» urlò Champa «Se non vieni fuori metto in pratica il mio piano originale: la rapisco e la porto a casa mia, così cucinerà solo per me!»
 
Anise sollevò un sopracciglio. «Il tuo piano originale era questo? Seriamente?»
 
«Prima di conoscerti sì» confessò lui «Ma era rischioso, perché se quello schizzato di Beerus lo avesse scoperto avrebbe tentato di massacrarmi di botte».
 
«NON PROVARCI NEMMENO!» urlò Beerus, nascosto chissà dove.
 
«Se non deve provarci nemmeno, allora vieni fuori!» lo incoraggiò Anise.
 
«Sebbene tu stia infrangendo le regole non è mia intenzione portarti via, o lo avrei già fatto da un pezzo, come ti avranno già fatto notare. Quel che fa un Hakaishin che non sia Champa, a me non riguarda» affermò Vados «Puoi smettere di nasconderti… ma se ti vergogni per il modo in cui ti stai prendendo gioco del tuo maestro, continua a farlo».
 
A quel punto Beerus sbucò fuori da un piccolo ammasso di roccia. Non aveva recuperato le mutande, ma in quel lasso di tempo aveva indossato almeno i pantaloni. Il resto degli abiti e accessori da Hakaishin invece, scarpe incluse, erano rimasti in casa di Anise già dal mattino. «Prendere in giro il maestro mi dispiace un po’, ma non avevo molte alternative. Comunque, il tesoro?...»
 
«Aveva una maledizione che ora non c’è più» lo informò Anise.
 
Vados materializzò una piramide di grosse scatole di legno, ognuna con un cartello su cui era scritta la natura del contenuto. «Ed è tutto in queste scatole. Ho ritenuto fosse meglio suddividerlo in questo modo».
 
«Devo dire che i poteri di voi angeli sono incredibili» disse Anise «Io però continuo a non avere posto sufficiente in casa mia, non per tutte queste casse. Eccettuate quelle con gli adamandnery, dovrò lasciare il resto altrove».
 
«Cosa intendi fare del tesoro? Ti è venuta qualche idea?» le chiese Champa.
 
«Cosa vuoi che faccia? È suo, quindi lo terrà tutto! Non starai cercando di spillarle dell’oro? Ne abbiamo già più che abbastanza!»
gli ricordò Beerus, con un’occhiataccia.
 
«No che non voglio spillarle dell’oro! Cosa vuoi che me ne faccia?!» sbottò Champa, un po’offeso.
 
«Avendo parlato di Calida mi è venuto in mente che in futuro potrei dare tutto a lei, eccetto una cassa su tre di perline» disse Anise.
 
«Cosa?! Perché?!» allibì Beerus.
 
«A me tutto quell’oro non serve, e io non devo mandare avanti una città, al contrario di lei» rispose la ragazza «Per non parlare del fatto che, lasciando per me un’intera cassa di adamandnery, non resterei certo a mani vuote».
 
«Da qui ad allora spero di riuscire a farti cambiare idea. Non ti rimprovero per la generosità ma, anche senza il tesoro, a tua sorella non mancano i mezzi» le fece notare Beerus «La decisione finale spetta a te, ma sarebbe saggio riflettere con attenzione e senza avere fretta di spargere oro in giro… anche se in futuro avere dell'oro non ti servirà».
 
«Spero che sarò sempre autosufficiente».
 
«Non è quella la ragione per cui l’ho detto, ma va bene lo stesso» concluse Beerus, stringendo a sé la ragazza.
 
Se Vados non scosse la testa con aria desolata fu soltanto grazie al suo eroico autocontrollo. Quella frase, sommata al resto, a suo parere forniva un insieme di elementi sufficiente a prevedere che a breve Beerus avrebbe scelto Anise come Iarim Neiē; darle un titolo tanto ufficiale sarebbe stata una follia assoluta, dal momento che si conoscevano da poco più di tre mesi e lui non aveva ancora compiuto diciotto anni.
Vero, la Iarim Neiē non era immortale, né l’Hakaishin era vincolato a lei dal giuramento che se spezzato avrebbe portato entrambi alla morte… ma quel titolo presupponeva che tale giuramento sarebbe stato prestato in un futuro non troppo lontano.
 
Vados si sentiva un po’combattuta: aveva detto a Champa che, se si fosse impegnato a dimagrire, lei non avrebbe fatto la spia con Whis -e Champa in effetti aveva perso tre chili-, ed era anche vero che quel che faceva un Hakaishin non “suo” non la riguardava affatto… ma lei e Whis avevano un legame un po’più stretto rispetto al resto dei loro fratelli, e visto il modo in cui si erano messe le cose forse era il caso di avvisarlo, prima che degenerassero sul serio.
Occorreva riflettere attentamente sulla questione.
 
«Orbene, io e Champa vi salutiamo» disse l’angelo.
 
«Ma no, perché?! È presto!» protestò il dio, non capendo il motivo di quella partenza precoce.
 
Vados recuperò i pantaloni e il resto del vestiario di Champa, che era stato lanciato malamente sulla riva del lago. «Presto o meno, andremo a casa comunque. Arrivederci! Ci rivedremo tra qualche giorno, Lady Anise».
 
Entrambi scomparvero in un lampo bianco, lasciando soli Anise e Beerus, i quali si scambiarono un’occhiata perplessa.
 
«Non capisco il motivo di questa fretta improvvisa» disse l’Hakaishin.
 
«Neppure io. So soltanto che non aveva dato mostra di averla, prima di “Anche se in futuro avere dell'oro non ti servirà”» osservò la lince «Le due cose potrebbero essere legate, sebbene io non abbia le idee troppo chiare sul come e sul perché.
 
«Io men che meno» sospirò Beerus «Ora troviamo un posto a queste casse, ti va?»
 
 
 
 
 
 
Ho finito col dilungarmi molto più del previsto, ma tutto sommato non mi dispiace. Cose che sarebbero dovute essere scritte qui, verranno messe nel prossimo capitolo.
Voglio fare un piccolo appunto, se mai qualcuno avesse qualche dubbio: per quanto la lealtà di Anise verso Calida abbia i suoi motivi, io non la condivido. I suoi pensieri a riguardo non sono i miei (:
Dal momento che non si sa mai cosa porta il periodo natalizio (soprattutto le visite di parenti più o meno serpenti), c’è una ridottissima possibilità che il prossimo capitolo possa arrivare con qualche giorno di ritardo. Non credo che succederà, ma nel dubbio vi avviso!
   
 
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