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Autore: usotsuki_pierrot    17/12/2017    1 recensioni
Federico Masi e Andrea Rochelli sono due ragazzi considerati diversi da quella che la società definisce "la normalità". Federico pansessuale, Andrea asessuale e agender, si ritrovano per un caso fortuito a dividere un appartamento e ad affrontare insieme i drammi della vita, dall'essere considerati malati o in cerca di attenzioni, all'essere etichettati come strani o ribelli e tanto altro; ma anche la bellezza dei gesti quotidiani più semplici, dell'amicizia e della solidarietà reciproca in un mondo che tenta di cambiare con loro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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«Ma quand'è arrivato tutto questo freddo?!».

Si strinse nelle spalle impegnandosi per ricercare un minimo di calore che lo aiutasse a combattere le temperature gelide di inizio dicembre. Un inizio dicembre che prometteva piuttosto bene, nonostante il vento ghiacciato arrivato all'improvviso; dopotutto, il biglietto che teneva in mano parlava chiaro, con quell'indirizzo inciso frettolosamente a penna sulla carta bianca.
Federico Masi era un ventiquattrenne semplice, dai corti capelli castani e gli occhi azzurro cielo, colmi d'una tenerezza ardua da ritrovare in uno sguardo qualsiasi. Alto quasi un metro e ottanta e magro di costituzione, aveva un viso tranquillo, che ispirava fiducia e catturava facilmente l'attenzione di chi incrociasse il suo sguardo. Nonostante il più delle volte quest'ultimo fosse irremovibilmente fisso al terreno.
Non era avvezzo ai cambiamenti. Si potrebbe quasi dire che qualsiasi cosa al di fuori dell'ordinario fosse un elemento estraneo alla sua natura di ragazzo quieto e sedentario. Proprio per questi motivi persino i suoi genitori si ritrovarono del tutto impreparati al momento della fatidica richiesta del loro adorato figlio.
"Voglio andare a vivere da solo". Una decisione importante, insolita, che mai si sarebbero aspettati da lui. Federico aveva sperato che capissero cosa si celasse dietro quella frase. Ma - come aveva d'altronde previsto - sognare che i suoi genitori scoprissero come d'incanto da un giorno all'altro quali errori avessero commesso, quali fatalità avessero condotto il loro stesso figlio a lasciare casa e che infine ammettessero i propri sbagli era decisamente troppo.
Il castano scosse un poco la testa nel tentativo di scacciare quegli odiosi pensieri.
"Ho deciso", pensò. "Mi concentrerò sulla neve".
Cercando di convincersi che sì, aveva memorizzato bene l'indirizzo, e che no, non si sarebbe perso, infilò la mano destra nella tasca del giaccone blu scuro, imitando la saggia decisione presa dalla compagna decine di minuti prima.
Alzò la testa e fissò lo sguardo all'immensità del cielo azzurro chiaro e freddo tipico di quel periodo. Il leggero vento che tirava negli ultimi giorni entrò con aggressività nel suo naso attraverso le narici, ricordandogli ad ogni respiro quanto stesse effettivamente congelando. Un lieve sorriso comparve sulle sue labbra a quell'immobile pace emanata dell'inverno.
Era talmente concentrato che si accorse di essersi bloccato in mezzo al marciapiede solamente quando la sua spalla entrò in contatto con quella di un passante.
«Oh, scusi..!», mormorò lui, abbassando di colpo la testa e concentrandosi nell'osservare le sue stesse scarpe. Sentì le guance iniziare a bollire d'un calore causato dal potente imbarazzo, una sensazione che era abituato a provare ma che non riusciva mai a combattere. Il cuore batteva a mille nel suo petto, gli occhi chiari parevano tremare; li chiuse, lasciandosi andare ad un sospiro liberatorio, e riprese a camminare. Il rumore dei suoi passi che modellavano la neve caduta qualche giorno prima lo aiutavano a non pensare alla folla intorno a lui, alle decine di prepotenti ombre nere che puntavano lo sguardo solcato da due profondi occhi bianchi sulla sua figura incredibilmente minuta rispetto alle loro - quantomeno nella sua mente.
D'un tratto, un'immagine offuscata lo aiutò a liberarsi dell'angoscioso terrore che lo attanagliava.
"Giusto... Andrea!". Pensò che se in quel momento ci potesse essere qualcosa che lo avrebbe aiutato a riprendere la calma, quello sarebbe stato Andrea, il ragazzo con cui avrebbe condiviso l'appartamento. O, per meglio dire, fantasticare su chi avrebbe potuto essere.
A onor del vero, non sapeva praticamente nulla su di lui. L'unica certezza era che aveva una voce dal castano subito definita adorabile, un po' femminile certo, ma del resto avevano parlato solo tramite semplici telefonate.
Tutto era iniziato quando Federico aveva trovato, passeggiando per le vie del centro, l'annuncio lasciato dal ragazzo, che invitava a contattarlo qualora qualcuno fosse in cerca di un appartamento da condividere; il castano aveva preso la palla al balzo, si era appuntato il numero di cellulare, e da un mesetto a quella parte si erano sentiti spesso per mettersi d'accordo.
Si era ritrovato in men che non si dica a fantasticare sul possibile aspetto del suo futuro coinquilino, cosa che il più delle volte lo portava ad estraniarsi del tutto dal mondo. Avrebbe avuto anche lui i capelli castani? Forse corvini. Oppure biondi, o addirittura rossi. Amava i capelli rossi. Se avesse avuto anche gli occhi chiari sarebbe stato un sogno divenuto realtà. Lo immaginava alto, magari con un fisico un poco robusto, il viso rotondo e le guance pronte per essere strapazzate.
Il tutto si concludeva solitamente nel nulla; scuoteva la testa per risvegliarsi da quello stato di trance, con il viso accaldato e le guance rosse. Fosse successo solo a casa, in camera sua, nei momenti di noia, sarebbe stato anche naturale. Il peggio arrivava quando queste sue fantasie partivano dal nulla nella cucina della pizzeria in cui lavorava. Non sarebbe riuscito a contare sulle dita di entrambe le mani i numerosi rimproveri rivoltogli non senza un pizzico di affetto dal cuoco - che lo trovava sempre più spesso assorto e con la testa tra le nuvole -.
Era ormai giunto a destinazione, e fu quasi tentato di aspettare e fare ancora due passi per il quartiere, nel momento in cui appurò che c'era davvero il suo nome sul citofono, insieme agli altri.
Andrea Rochelli.
"Forse dovrei tornare più tardi", pensò. "Si, sarà decisamente occupato a quest'ora...". Scosse la testa.
"Stupido, avete deciso apposta di incontrarvi oggi!".
Così lo fece: premette il pulsante grigio e squadrato accanto alla targhetta su cui campeggiavano nome e cognome.
«Chi è?». La voce era decisamente la sua.
«S-Sono io, Federico Masi! Al telefono ci siamo dati appuntamento per l'annuncio che hai-».
Il rumore del portone che veniva aperto dal ragazzo per poco non spaventò il castano.
«Terzo piano, porta a sinistra».
Federico deglutì, in preda alla tensione. Si sentiva uno stupido mentre saliva gradino per gradino le scale; non c'era nulla di cui avere paura, nulla per cui sentirsi così agitati, ma lui lo era e non c'era verso di trovare un minimo di autocontrollo.
Giunse in cima alla sesta rampa di scale, sul pianerottolo del terzo piano. Fu solo in quell'istante che il castano si accorse della piacevole melodia che si diffondeva e che, lo intuì non appena si voltò, proveniva dalla porta dell'appartamento alla sua sinistra, semiaperta.
Il ragazzo si avvicinò, quasi rapito dalla canzone calma e rilassante che aveva aiutato i suoi nervi a distendersi. Posò il palmo della mano sul legno freddo, spingendo un poco e lasciando che la luce della lampadina accesa presente sul soffitto del corridoio d'entrata lo illuminasse completamente.
«È permesso..?», chiese titubante posando lo sguardo su ogni parete che gli occhi potessero raggiungere.
«Entra pure».
Federico sentì la voce levarsi dal divano che intravedeva nella stanza immediatamente a destra, separata dal piccolo corridoio tramite un muretto che gli arrivava più o meno alla vita.
«Scusa per il ritard...».
Il castano alzò lo sguardo seguendo il movimento della figura che si era appena sollevata dalla comoda posizione sul divanetto di cui poteva vedere solo lo schienale. Fece un passo indietro, stravolto dalla persona che si stava lentamente avvicinando a lui.
«... C-Cosa..?!».

   
 
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