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Autore: Civaghina    17/12/2017    1 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mercoledì, 11 luglio 2012

Verso l'una finalmente mi addormento, ma dopo un'ora sono già sveglio perché devo fare litri di pipì: merito di tutte le flebo che mi sorbisco da circa quaranta ore.

Ho sete, la bocca terribilmente secca e una dannata voglia di bere, ma sono terrorizzato all'idea di vomitare, così mi limito a sciacquarmi la bocca con l'acqua fresca, senza ingoiarla.

Mi riaddormento, poi mi sveglio alle 3: ho caldissimo.

Apro la finestra, mi tolgo i pantaloni della tuta e indosso un paio di pantaloncini.

Il pigiama azzurrino è ancora ben piegato e ben chiuso dentro la sua busta.

Vorrei togliere la maglietta ma la flebo me lo impedisce.

Torno a letto, ma dopo un po' ho freddo, quindi mi rialzo per chiudere la finestra e rimettere i pantaloni lunghi.

Mi riaddormento e mi sveglio di nuovo, accaldato.

Torno a fare pipì, riapro la finestra e mi riaddormento.

E poi arrivano le cinque: mi sveglio sudato, con la maglietta bagnata.

Mi alzo per l'ennesima volta e vado in bagno; vorrei da morire fare una doccia, ma con la flebo è impossibile; mi sfilo la maglietta fin dove posso e mi lavo nel lavandino. Non voglio rimettere la maglietta sudata e la lascio confinata intorno al braccio con la flebo.

Torno a letto ma non riesco più ad addormentarmi.

Arrivano i crampi della fame.

Forse questo è un buon segno.

Forse vuol dire che l'urgenza fegato è rientrata.

Non ce la faccio più a stare chiuso in questa stanza.

Mi infilo di nuovo la maglietta sudata: la sensazione è sgradevole, ma meno che stare fermo qua. Esco in corridoio, trascinandomi dietro la flebo, intenzionato ad andare a trovare i Braccialetti Bianchi, ma vengo subito intercettato da Ester: “Dove credi di andare a quest'ora, re Leone?! E senza permesso per di più?!”

Ester, sto impazzendo in quella stanza! Voglio andare a fare un giro!”

Più tardi, se la Lisandri è d'accordo. Adesso torna a letto, hai almeno altre due ore di sonno da fare!”

No, ti prego! È stata una notte infinita!”

Non ti lascerò andare in giro senza il permesso della Lisandri. Torna in camera”.

Io sbuffo e ritorno sui miei passi, poi mi volto ancora verso di lei: “Posso fare una doccia almeno?!”.

Lei guarda la sacca della flebo ormai quasi vuota: “Va bene. Tra dieci minuti vengo a toglierti la flebo”.

Sorrido a trentadue denti, torno in camera, e mi siedo sul letto a giocare alla Play mentre la aspetto.


Ecco qua” dice Ester staccando il tubicino della flebo dalla cannula.

Finalmente!” esclamo togliendomi la maglietta bagnata di sudore.

Hai sudato parecchio, eh?”

Dannatamente!”

È l'antipiretico. Si vede che sta facendo bene il suo lavoro nel tenere a bada la febbre.”

L'acido acetilqualcosa?”

Sì, quello” risponde Ester sorridendo, mentre incerotta come si deve la cannula, facendomi poi infilare un guanto impermeabile, molto stretto sul polso. “Fammi dare un'occhiata alla ferita” dice tirandomi su il gambale destro dei pantaloni e togliendo la benda adesiva. “Bene, è quasi cicatrizzata ormai, e i punti si sono riassorbiti tutti. Dopo asciugala bene con una salvietta pulita, ma non occorre rifare la medicazione”.

Fantastico!

Un'altra bella notizia.

Questa giornata promette bene!

Puoi andare in doccia. Torno tra mezzora a rimetterti la flebo, prima di smontare il turno.”

E chi verrà a bucarmi per il prelievo?”

Ulisse, credo.”

No, dai! Non puoi farlo tu prima di andartene?”

No, Leo. Si occuperà di te chi se ne deve occupare”.

Io piego le labbra in un'espressione di disappunto. “Puoi fare un'altra cosa per me, almeno?”

Dipende. Sentiamo.”

Vorrei provare a mangiare. Ho fame.”

Hai fame?”

Ho i crampi dalla fame!”

È un buon segno! Però dopo due giorni di digiuno devi andarci piano. Cominciamo dall'acqua”.

Solo acqua?! Io mi mangerei un'intera pizza al salame.

Ricevuto...” dico rassegnato.

Preferisci provare adesso o dopo la doccia?”

Dopo.”

Va bene, torno tra mezzora allora”.


Appena entro nel box doccia e apro il getto dell'acqua fresca comincio subito a rilassarmi; è come se la Bestia rimanesse fuori: dalla doccia e dai miei pensieri.

Faccio dei respiri lunghi e profondi, aumento un po' la temperatura dell'acqua, mi sento bene.
Rimango lì, a godermi la sensazione dell'acqua sulla pelle, concentrato solo sul rumore dello scroscio del getto, con la testa svuotata e leggera.

Ma poi la Bestia torna.

Torna all'improvviso, mentre comincio a lavarmi i capelli.

Mentre realizzo che questa è una delle ultime volte che lo faccio, e mi sento quasi mancare.

Mi manca l'aria.

Mi viene da piangere.

Presto non potrò più lavarli, asciugarli, acconciarli; non potrò più passarci le mani in mezzo.

Non riesco ad accettarlo.

Mi fa troppo male questa cosa.


Rimango sotto la doccia per venti minuti, prima di decidermi ad uscire.

Afferro l'accappatoio, ma prima di indossarlo mi fisso allo specchio: sono pallido, e le occhiaie che ho sotto gli occhi non mi piacciono per niente; il mio viso è diventato più affilato e la mascella risalta di più; devo aver perso un po' di chili e anche questo non mi piace. I miei muscoli definiti sono ancora tutti qui ma, se non posso tornare a fare sport, mi sa che presto li vedrò scomparire.

Mi tolgo il guanto, infilo l'accappatoio e comincio ad asciugarmi i capelli; li pettino, metto il gel, cerco di sistemare il ciuffo che non sta mai come dico io.

Non voglio perderli.

E non voglio raderli prima che cadano.

Lo so che forse sarebbe meglio.

Lo so che farà schifo vederli cadere e ritrovarmi con i buchi in testa.

Lo so.

So tutto.

Ma mi fa rabbia.

Radermi i capelli sarebbe come dar vinta alla Bestia la prima battaglia.

E lo so che il mio obiettivo è vincere la guerra, ma partiremmo già da 1 a 0 per lei.

E non mi va giù.

Questa Bestia mi sta già portando via troppe cose, e abbiamo appena cominciato a lottare.

Non riesco nemmeno a pensarci, a quante cose mi porterà via quando cominceremo a fare sul serio.


Quando torno in stanza, sta ormai albeggiando; indosso i boxer e raccolgo dal pavimento i pantaloncini che ho tolto stanotte. Noto sul letto il pigiama azzurrino, che non è più nella sua busta trasparente, ma ben dispiegato: opera di Ester. Rifiuto istintivamente quell'idea e mi metto i pantaloncini e una canotta sportiva; comincio a piegare il pigiama per rimetterlo nella busta, ma poi tentenno; prendo in mano i pantaloni e li osservo: non sono poi così brutti.

Forse è giunto il momento di indossare la divisa.

Di armarsi per andare in guerra.

E di rassegnarsi all'idea di dover lottare per forza.

Mi tolgo i pantaloncini e indosso i pantaloni del pigiama.

In fretta.

Per non darmi il tempo di ripensarci.

La giacca però no.

Quella ancora no.


Ester sorride compiaciuta quando vede che ho indossato il pigiama (o almeno una parte), ma ha il buon senso di non commentare; si limita a collegarmi la nuova sacca della flebo e a porgermi mezzo bicchiere d'acqua, dopo essersi premunita di bacinella; stavolta va tutto bene e il mio stomaco riesce a trattenere l'acqua senza problemi.

Ancora, ti prego!” la supplico facendole gli occhi dolci.

Lei riempie di nuovo il bicchiere a metà e me lo porge: “Vai piano”.

E anche stavolta va tutto bene.

Non vomito più!” esclamo raggiante. “Non vomito più! Dici che la Strega mi lascia andare a casa a mangiare una pizza?!”.

Lei scuote la testa: “Non credo che basti l'aver bevuto un bicchiere d'acqua per dimetterti... Vediamo come va la giornata, eh?” dice scompigliandomi i capelli.

Io sbuffo, impaziente: “Posso avere qualcosa da mangiare, però?”

Devi andare per gradi. Uno yogurt è il massimo che ti posso concedere!”.

Uno yogurt.

Niente pizza.

Niente cornetto alla crema o biscotti al cioccolato.

Un misero yogurt.

Ma è pur sempre cibo.

È un nutriente naturale.

E questa è un'altra bella notizia.


Alle 7:30 arriva Ulisse e, sorprendentemente, va tutto meglio di come mi aspettavo: non è delicato come Ester nel farmi il prelievo, ma non mi fa molto male e mi lascia andare in bagno con le mie gambe per riempire il contenitore della pipì.

In più il termometro dice che non ho la febbre: altra grande notizia.

La giornata procede sempre meglio.


Buongiorno Leo” mi saluta la Lisandri, prendendo in mano la mia cartella clinica e cominciando a leggere gli aggiornamenti scritti da Ulisse; anche oggi ha al seguito lo spilungone.

Buongiorno!” rispondo con voce squillante poggiando la Play sul comodino.

Come ti senti?”

Bene!” esclamo regalandole uno dei miei migliori sorrisi. “Pronto per essere dimesso!”.

Lei accenna un mezzo sorriso e scuote la testa: “Stenditi che controlliamo il fegato. Dottore, lei intanto dia un'occhiata a questa” dice passando la cartella clinica allo spilungone. “Ti faccio male?” mi chiede tastandomi l'addome.

No” rispondo sollevato. “Non mi fa male per niente.”

Bene. Anche le dimensioni sono quasi rientrate nella norma.”

E ho bevuto l'acqua e mangiato uno yogurt senza vomitare!”

Sì, ho letto.”

Quindi mi dimettete?” le chiedo tirandomi su.

Dottore, lei che dice?”.

Lo spilungone diventa di mille colori: gli ci vorrà un po' per abituarsi alle domande a sorpresa della Lisandri, mi sa; dà un'altra occhiata alla cartella clinica e poi trova il coraggio di parlare: “I valori delle analisi sono migliorati ancora rispetto a ieri. Sono quasi nella norma.”

Bene. Poi?”

A due ore dalla sospensione dell'antipiretico non ha presentato febbre, e anche gli episodi di nausea ed emesi sono cessati.”

Quindi lo dimettiamo?”; lo spilungone è in preda al panico, terrorizzato dal poter sbagliare risposta. “Su dottore!” lo incalza lei togliendosi gli occhiali.

Su spilungone, rispondi!

E dammi la risposta che voglio sentire!

Lui guarda di nuovo la cartella, poi la Lisandri, poi me: “Se le analisi di domattina confermano i valori di oggi, direi che domani pomeriggio ti possiamo dimettere, Simone.”

Leone lo correggo contrariato, non tanto dal fatto che continui a sbagliare il mio nome, quanto dalla sua risposta.

Come sarebbe a dire domani?!

Io voglio andare a casa oggi!

Lo spilungone intanto tira un sospiro di sollievo, nel constatare che la Lisandri non ha contestato la sua risposta, ma per lui non è di certo finita qui: “E la febbre?” gli domanda lei incrociando le braccia.

Credevi di averla scampata, eh, povero spilungone?!

Oh, sì, certo. La temperatura deve rimane sotto i 37 gradi per almeno ventiquattro ore.”

E l'antipiretico?”

Lo sospendiamo per vedere come reagisce il fisico.”

E l'alimentazione artificiale?”

Se a pranzo riesce a mangiare qualcosa senza rimettere, possiamo sospendere anche quella”.

La Lisandri trattiene un sorriso soddisfatto e poi si rivolge a me: “Ti è tutto chiaro, Leo?”

Sì”.

A pranzo mi daranno da mangiare cibo vero.

E se non lo vomito niente più flebo.

E se domani sto bene come oggi posso andare a casa.

Certo, non è come andarci oggi, ma si intravede finalmente uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. “Domande?” mi chiede la Lisandri.

Posso andarmene un po' in giro? Non ce la faccio più a stare in questa stanza!”

In giro per l'ospedale sì, fuori in giardino ancora no.”

Va benissimo!” esclamo alzandomi dal letto.

E alle 11:30 ti voglio in camera, che ti portano il pranzo.”

Comandi!” dico mettendomi sull'attenti e portandomi la mano sulla fronte, facendo ridere lo spilungone. La Lisandri si trattiene, ma ormai conosco le sue espressioni e capisco che è sul punto di ridere anche lei.

Comunque... ti stanno bene quei pantaloni” mi dice indicandoli, prima di uscire. A quanto pare anche lei ha notato che nei giorni scorsi non li avevo indosso, ma mi ha dato il tempo di abituarmi all'idea, senza insistere. Io la guardo negli occhi, annuendo leggermente, e le sorrido grato.


Percorro il corridoio fino agli ascensori, con l'idea di andare dai Braccialetti Bianchi, ma prima di premere il pulsante che mi porta al terzo piano ci ripenso: oggi non ne ho bisogno.

Oggi non mi serve vedere la vita all'opera: oggi di vita mi basta la mia.

Decido di andare in esplorazione del piano terra e premo il pulsante 0; scopro così che all'interno dell'ospedale c'è una sala lettura, piena di libri di ogni genere, una ludoteca, una palestra ben attrezzata, e persino una scuola che essendo estate è chiusa. No, dico: una scuola! Come se non facesse già abbastanza schifo essere ricoverati qui, tocca pure andare a scuola e sorbirsi compiti e interrogazioni! È assurdo!

Quando mancano dieci minuti alle 11:30 sono già in camera, impaziente che arrivi il pranzo: sto morendo di fame.


Eccoci qua!” esclama Ulisse entrando con il vassoio del mio pranzo; di solito i pasti li portano gli inservienti, ma nel mio caso, probabilmente, vorranno accertarsi che riesca a non vomitare; io sono già seduto al tavolo e lui appoggia davanti a me un piatto di minestrina a cui toglie la pellicola.

Che è sta roba?!” gli chiedo disgustato.

Ulisse sorride divertito: “A' Leo! Te credevi de sta' in un ristorante a cinque stelle?”

No, ma credevo di poter mangiare un pranzo vero.”

Ce devi annà piano, lo sai”. Io guardo sconsolato quella minestrina da bambini e tentenno: l'aspetto e l'odore non sono dei migliori. “Se non la vuoi, porto via” dice lui prendendo il piatto. “Però te tocca tenerti la flebo.”

No no, fermo!” dico afferrando il piatto. “Lascia qui, la mangio!”.

Lui ride soddisfatto e io comincio a mangiare: sto morendo di fame, chi se ne frega se non è proprio quello che vorrei, e poi, sempre meglio della flebo; l'ho quasi mangiata tutta senza stare male, quando entra mio padre.

Buongiorno!” lo saluta Ulisse.

Buongiorno” risponde mio padre rimanendo sulla porta.

Ciao papà! Cosa te ne stai lì?! Prendi la sedia e vieni qua!”.

Come al solito, quando viene qui, è incredibilmente spaesato.

Stai mangiando” osserva accennando un sorriso, mentre si siede di fronte a me.

Sì! E se va tutto bene domani mi dimettono!”

Lo so, ho parlato con la dottoressa”.

Finisco di mangiare, sentendo lo stomaco ancora completamente vuoto, ma almeno non ho vomitato, e Ulisse mi stacca la flebo. “E questo?!” chiedo agitando la mano con ancora l'ago-cannula infilato.

Quello te lo devo lascià, nel caso che più tardi te serve di nuovo la flebo” mi spiega lui.

Anche se mi dà un po' fastidio avere ancora quest'affare nella mano, non è paragonabile al fastidio di doversi trascinare dietro l'asta della flebo quando cammino: ormai mi sembrava che fosse un mio prolungamento, e provo un rinnovato, se pur piccolo, senso di libertà.

La compagnia di mio padre oggi mi risulta piacevole: non cadiamo in discorsi complicati o dolorosi e riusciamo a stare bene insieme.

La giornata continua a procedere al meglio.


Quando mio padre se ne va, mi sdraio sul letto ad ascoltare la musica in cuffia, finendo per appisolarmi alla svelta, data la mia notte praticamente insonne; dormo un paio d'ore e mi sveglio ancora più energico di prima. Scrivo a Mattia che non occorre che lui e gli altri vengano oggi, perché tanto domani mi dimettono e quindi preferisco se ci vediamo a casa mia.

Giulia ha provato a chiamarmi quattro volte, in queste due ore, e c'è anche un suo messaggio risalente a dieci minuti fa: “Va bene! Faccio come vuoi tu!!! Parto per Londra! Però adesso rispondimi!!!! ”.

L'ho convinta.

Parte per Londra.

Sono sollevato al pensiero che non sarà qui a vedermi lottare, cadere, rialzarmi, ferirmi, sanguinare, arrendermi, ricominciare, ma provo già nostalgia di lei, della sua allegria, dei suoi elastici per capelli dimenticati in giro, della sua risata, dei suoi baci, del suo seno, della sua voce squillante, delle sue braccia intorno al mio collo, del suo modo di stare con me.

La chiamo e glielo dico: le dico che mi fa piacere che parta, ma che comunque mi mancherà tutto di lei. Lei riesce a non piangere, ma il tono della sua voce tradisce il fatto che ha già pianto abbastanza per oggi e che probabilmente di lacrime non ne ha più; vorrebbe venire a trovarmi, ma io preferisco rimandare a domani e vederla lontano da questo posto; ci rimane un po' male, ma non insiste oltre.


Il resto di questa giornata promettente passa abbastanza in fretta.

Leggo un Dylan Dog.

Passa Laura a misurarmi la febbre che per fortuna non ho.

Gioco alla Play.

Passa di nuovo Laura a portarmi per merenda un budino alla vaniglia che riesco a non vomitare, nonostante io detesti il budino, soprattutto alla vaniglia.

Viene a trovarmi Asia, che porta le carte e si ferma un paio d'ore a giocare con me e a farmi compagnia.

Alle 18:30 arriva un inserviente con la cena: petto di pollo ai ferri e zucchine lesse. Il pollo non è male anche se un po' stopposo, le zucchine sono molli e acquose e mi fanno schifo, ma mangio tutto lo stesso e non vomito niente.

Torna Laura per provarmi la febbre: 37,8.

Merda!

La giornata che procedeva bene e prometteva ancora meglio è appena stata seriamente compromessa.

   
 
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