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Autore: madychan    25/06/2009    5 recensioni
Matt, un normalissimo giornalista. E Mello, un comunissimo studente universitario. E poi, le persone che li circondano, primi tra tutti i loro impegni sentimentali, per uno più fisso (Mello), per l'altro meno (Matt). Ma, quando le strade di Matt e Mello s'incrociano e i due decidono di mettersi insieme, i loro "vecchi impegni" non la prenderanno molto bene...
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Mello, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Rieccomi, con un nuovo capitolo! Siccome non avevo molto da fare oggi, mi sono messa a scrivere il secondo! Spero vi piaccia anche questo! E ovviamente sono graditissime anche le recensioni, sempre se avete voglia!
Ma prima i ringraziamenti!

x aiko neko black: grazie mille per la tua recensione, mi ha fatto davvero molto piacere! Comunque, non ti voglio anticipare niente, ma la Light x L arriverà, forse, molto più avanti… Purtroppo non so ancora come andrà a finire, ho il brutto vizio di lasciare le mie storie in balia del destino… Comunque sia, i primi a lasciar perdere i propri “interessi sentimentali” saranno proprio Matt e Mello, Light arriverà solo dopo! Spero di averti incuriosito e che continuerai a seguire! xxx 

x  MARIKO UCHIHA: wow, grazie mille! Sinceramente non ci speravo a dei ringraziamenti per il mio stile, sono sempre stata dell'idea che fosse da migliorare... Beh, Mello cucciolo mi è sempre piaciuto, d'altronde non a caso è il mio personaggio preferito! ^^ Comunque, credo proprio che Matty si sia accorto di qualcosa, anche se non lo dà molto a vedere... Ah, e sono d'accordo con te sul fatto che odi Light! Concordo pienamente! Spero che continuerai a seguire! xxx



Capitolo secondo: MATT



Mi sveglio in un letto che non conosco, e la prima cosa che mi viene da pensare è che non c’è nessuno a dormire di fianco a me.
Nemmeno quel bastardo erotomane maniaco del mio ragazzo.
Beh, non che io sia un esempio di castità tale da poterlo criticare – e non che mi dispiaccia che sia un maniaco perverso, il più delle volte; ma su questo sorvoliamo.
Mugugno, aprendo gli occhi – pesantissimi: cazzo, sono stanco morto… – per via del rumore che un cellulare che non è il mio fa, mentre squilla, oltre la porta di questa camera che fatico a focalizzare.
« Pronto? » Una voce assonnata. « Ah, ciao, fratellone… »
Mi alzo a sedere, a metà tra il curioso e il fatto che mi sento in dovere di alzarmi, ora che sono sveglio.
« Eh? Ieri notte? » domanda la stessa voce.
Mi metto una mano sulla fronte, stanco. Mi ricordo a malapena quello che è successo ieri. E sì che non ero ubriaco perché, non so come faccio a saperlo ma lo so, non ho toccato nemmeno un bicchiere di birra.
Aspetta, però che è successo? Ho litigato con Light, e fin qui ci sono. Sono scappato di casa, e questa non è una novità. Sono andato nella prima discoteca che mi è capitata… E lì mi sono messo a ballare sul palo come una puttana, per trovare qualcuno con cui avere una piccola e innocente scopata consolatoria… E ho incontrato un rossino niente male… Che mi pare ci sia stato… Porca puttana, che cazzo ho combinato?! Non mi ricordo niente, porcaccia!
« Non ho ricevuto niente. » continua la voce. Maschile. Cazzo, e questo chi è? Perché sono a casa sua?
« No, ma anche se avessi sentito non avrei potuto risponderti… No, ero fuori… Sì, in discoteca… Ma ti pare? Vabbè, ok, va bene… però non ci ho combinato niente… »
Pausa di silenzio.
« Non è pigrizia, in quel senso! » esclama. « No… Non ho combinato niente, però… No, l’ho solo portato a casa mia… Sì… No, ti ho già detto che non ci ho combinato niente…! Non mi pare il caso che vieni qua adesso, tanto più che… Ma non hai da lavorare, tu?! »
Aspetta… Comincia a ricordarmi di questa voce…
« Ok… ». Sento il tizio di là ridere. « Ma no, è già impegnato… Me l’ha detto quando eravamo già a casa… Sì, va bene… Sì… Sì… Senti, vuoi che riattacco?! Lo so! Sì, d’accordo… ciao… buona giornata! »
Mi alzo in piedi, dirigendomi verso la porta. Comincio a ricordare che cazzo ho combinato.
Apro la porta con più discrezione possibile, sbirciando attraverso lo spiraglio.
Allora, prima cosa: la casa è incasinatissima.
Secondo: la cosa è resa ancora più strabiliante dal fatto che è un semplicissimo bilocale.
La camera è solo un appendice del salotto, in cui regna un caos totale. Il divano, al centro è ricoperto da una coperta messa lì alla bell’e meglio, ed è circondato da vestiti, riviste e giornali. Davanti al divano, un televisore. Dietro, al di là di un muretto divisorio, che dà proprio davanti alla camera, la cucina.
Dove sta trafficando lui.
Improvvisi flash di ieri notte mi si affacciano in testa.
Ora ricordo tutto. Anche quello che mi ha fatto quando ero nel suo letto, mezzo rincoglionito dal sonno e dall’estasi che mi stava regalando.
Mi viene spontaneo mettermi una mano sulla bocca. Io l’ho baciato, e io volevo sfogarmi. Lui ha fatto solo in modo di farmi sfogare decentemente… La colpa, alla fine, è stata mia.
Alzo lo sguardo, sbirciandolo.
Ha i capelli rosso scuro, corti e un po’ scompigliati in testa. È magro, si vede, nonostante la maglia larga a righe nere e rosse che indossa. Ha su dei jeans chiari un po’ strappati, non troppo larghi ma nemmeno troppo stretti. Le sue mani si muovono velocemente e abilmente mentre prepara il caffè. È un pochino più alto di me, ma non troppo. Sta canticchiando una canzone che probabilmente sente dall’i-pod che ha nelle orecchie. È pure bravo, a cantare.
All’improvviso, si volta nel prendere le tazze. E mi nota. Ha una faccia quasi infantile, accentuata da quegli occhioni dorati, in questo momento spalancati a fissarmi.
Cazzo, di te mi ricordo.
Eccome se mi ricordo.
« Buongiorno… Ti ho svegliato? » domanda, apprensivo.
Ma che cazzo hai da essere così preoccupato?! Nemmeno ci conosciamo, porca puttana! Perché fai così, che non ottieni altro risultato se non quello di farmi arrossire?! Lo fai apposta, bastardo!
« No. Mi sono svegliato da solo. » replico.
« Nh. » replica, laconico. « Beh, buongiorno. »
« Buongiorno. » replico io, sedendomi al tavolo della cucina senza nemmeno chiedere il permesso, quasi fosse casa mia.
Lui non obietta minimamente; si rimette ai fornelli, mentre io lo osservo. È molto abile a cucinare, come testimoniano la sua velocità e la sua prontezza a prendere le cose in cucina. Evidentemente vive qui da solo. Altrimenti, se solo avesse una donna, non ci sarebbe tutto ‘sto casino.
Però, è anche vero che uno che ha una donna non si va a portare un uomo a casa per scoparci.
Cala il silenzio. Che per me è imbarazzante. Per lui non lo so, ma per me sì. Ma che cazzo, tra tutti quelli loquaci che c’erano in quel locale, proprio lui mi dovevo andare a beccare?! E oltretutto non è mica l’unico che mi becco, porca miseria! Il mio ragazzo non è loquace se non quando si mette a fare il megalomane, ragionando su problemi che a lui sembrano complessissimi ad alta voce, e poi atteggiandosi a gran dio quando li ha risolti. Altra occasione in cui è loquace è quando lo facciamo, se si possono annoverare tra le parole anche gli ansiti e i gemiti. Come se non bastasse, pure il mio migliore amico è un apatico mica da ridere, non parla praticamente mai. E questo qua… nemmeno. Sembro una calamita per gli elementi laconici del mondo, cazzo.
« Caffè? » domanda, interrompendo le mie elucubrazioni mentali.
« Con tre zollette di zucchero. » replico, tentando di provocarlo con un ordine.
Niente. Mi risponde con un “Nh, proprio come lui…” appena borbottato, e poi riparte a preparare il caffè. E mi poggia la tazzina davanti, sul tavolo.
È solo un attimo, perché si volta immediatamente per prendere il suo, di caffè, ma lo vedo benissimo: è completamente rosso in faccia.
Starnutisce. E impreca poco elegantemente.
« Merda! »
Colgo al volo l’opportunità.
« Raffreddato? » domando.
« Nh. »
« Ieri non lo eri… »
« Ho dormito sul divano… »
« Eh?! Ma avevi detto che dormivi con me! »
Lui si volta verso di me, scazzato. « Tralasciando il fatto che mi meraviglia non poco che tu te lo ricordi… » dice. « …sono andato un attimo in bagno e, quando sono tornato, avevi preso completo possesso del mio letto, e io non ci stavo, a dormire lì. »
« Stai dando la colpa a me del fatto che tu sia raffreddato? »
« Ma no… Tu che dici? »
« Che avresti potuto anche dormire sopra di me. »
Lo vedo avvampare, di botto. Mi scappa un ghigno.
« Ma che minchiate dici?! » replica, irritato.
« Non mi sembrava ti dispiacesse più di tanto, ieri notte. » commento, prendendo il cucchiaino e iniziando a mescolare il caffè.
« Non sparare cazzate. »
« Lo neghi? »
« Quello che ansimava, gemeva e miagolava il mio nome, fino a prova contraria, eri te. Di certo io non mi metto a miagolare il mio nome, o soprannome che sia. »
Ridacchio. « Sì, ma quello che invocava il mio nome facendosi una sega in bagno eri te. » dico, con un ghigno sardonico. Lui diventa completamente rosso, e non cerca nemmeno di nascondersi dietro la tazzina di caffè che ha in mano.
« Credevi che stessi dormendo, vero? » domando, il ghigno sarcastico che si fa sempre più grande e bastardo. « Beh, in effetti era così, ma nella prima mezz’ora di dormita ho il sonno leggero, perciò ti ho sentito. ». E sorseggio il caffè, guardandolo, divertito dalla sua espressione. Non è niente male, in fin dei conti. È piuttosto carino.
« Se vuoi… » comincio, alzandomi e andando verso di lui. « …potremmo approfondire ora l’esperienza di ieri sera, prima che tu vada al lavoro… »
Mi avvicino con la bocca alla sua, scostando la tazza da caffè che ha in mano. Cazzo, questo ragazzo è tremendamente eccitante. Con lui potrei tranquillamente tradire Light.
« M-Mello… » mormora lui. Gli alzo la maglia, andando ad accarezzargli l’addome; sotto i miei polpastrelli sento la sua pelle calda, i suoi muscoli non troppo sviluppati né appena accennati, il suo diaframma che si alza e si abbassa, sempre più velocemente. Gli prendo la tazza del caffè, per evitare che gli cada di mano, e l’appoggio sopra il mobile dietro di lui. L’altra mia mano scende verso la sua cintura, seguita dalla sua gemella.
« Mello… » mormora Matt. Sorrido soddisfatto, notando che ha la voce roca dal piacere.
« Mh? » chiedo, azzardandomi a slacciargli la cintura.
« Il tuo ragazzo…? »
« Non importa. » replico, prontamente. «Voglio finire quello che abbiamo iniziato ieri notte. Così avrà un vero motivo per essere geloso… »
Mi blocca le mani, all’improvviso, con una velocità che mi sorprende, in una persona stanca morta come lui. Alzo gli occhi, esterrefatto.
« Lo fai solo perché vuoi farlo ingelosire? »
Il suo tono e il suo sguardo sono serissimi, quasi offesi. È talmente arrabbiato che mi passa subito quella voglia che avevo. Tolgo le mani, di scatto.
« Non avevo intenzione di dirglielo. » replico, tenendo la testa bassa. « Se lo sapesse, ti spaccherebbe la faccia… E chiuderebbe me in casa. Perciò, no, non lo faccio per far ingelosire lui. »
Lui sospira, forse rassegnato al mio comportamento ambiguo. Si stacca dal mobile e mi getta le braccia al collo, attraendomi a sé, stringendomi contro il suo petto.
Spalanco gli occhi, stupito da quel gesto. Il suo corpo è talmente caldo che mi abbandono a quell’abbraccio, dolcissimo.
« Sei solo confuso. » mi dice, piano. « Lascia perdere. Non credo che si meriti un tradimento, anche se è geloso oltre ogni dire. In fondo, se lo fa è perché ci tiene a te, no? »
Eccola, maledizione. La verità che ho sempre cercato di negare, giusto per non credere che qualcuno sia innamorato a tal punto di me. Non voglio legarmi troppo a una persona… Nonostante tanto tempo con Light, mi sembra ancora troppo impegnativo.
Mormoro il nome di Matt, quasi sollevato. E lui non replica. Si limita ad accarezzarmi i capelli, con una calma e una dolcezza che mi fanno quasi sprofondare in un sonno da cui, mi sembra, non vorrei svegliarmi se non abbracciato a questo rossino che ho conosciuto per caso.
Quest’atmosfera praticamente perfetta viene interrotta da un cellulare che suona. Il mio.
Matt rovista nella tasca dei suoi pantaloni, mentre io mi stacco, stupito dal suo gesto. Estrae il mio cellulare dalla tasca, porgendomelo. Non posso fare a meno di inarcare un sopracciglio, in un’espressione che richiede chiaramente spiegazioni.
« Dormivi e non volevo ti svegliasse questo. » dice lui, facendo spallucce, per poi guardare il display. « Near. » annuncia, porgendomi il ricevitore.
Sbuffo, seccato. Eccola lì, l’origine di tutto questo casino.
Prendo il telefono dalle mani di Matt, lanciandogli un’occhiataccia che, in realtà, nasconde tutta la mi gratitudine per la sua gentilezza. E lui sembra capirlo, perché continua a tenermi un braccio sulle spalle, mentre con l’altra mano riprende la tazza di caffè lo sorseggia lentamente.
Rispondo alla chiamata.
« Mello! Si può sapere dove sei?! Le lezioni iniziano tra cinque minuti, non vorrai arrivare in ritardo? »
Sogghigno. A prima vista non si direbbe, ma Near – alias, Nate River, il mio migliore amico e peggior rivale – non è per niente una brava persona. Sotto quei boccoli bianchi dei suoi capelli albini, dietro a quegli occhi chiari e quel viso infantile che farebbero pensare a chiunque – chiunque – che Near è una bravissima persona, si nasconde un apatico e cinico ventiduenne. E io sono uno dei pochi ad aver capito come Near è fatto davvero.
« Ehi, Near… da dove mi stai telefonando? » chiedo, divertito.
Attimo di silenzio. Non so se ridere o scandalizzarmi, dato che è la prova che i miei sospetti sono pienamente fondati.
« Non mi dirai che l’impareggiabile e impeccabile Near si è nascosto in bagno, a telefonare al suo migliore amico, rischiando di arrivare in ritardo alle lezioni? » domando, sarcastico.
« Sta’ zitto. Sai benissimo che non lo farei mai. » replica lui, con tono annoiato. Dopo un attimo di silenzio – in cui me la sto ghignando beatamente, divertito dalla situazione, lui parla di nuovo, in un debole mormorio.
« E comunque non sono fatti tuoi. »
Scoppio a ridere, esilarato. Davvero, non ci posso credere. In tanti anni Near non ha mai rischiato tanto per me, anche se ero il suo migliore – e oserei dire unico – amico. In fondo, eravamo pur sempre rivali, no?
« Near… oggi non vengo a scuola. » dico, raddolcendomi a quel suo gesto gentile. A volte è veramente sensibile, anche se si nasconde dietro una maschera di costante impassibilità e a un tono perennemente saccente.
« Perché? » domanda. Il suo tono è calmo, ma la sua stessa domanda rivela preoccupazione per me.
« Non mi va di vederlo… »
Sa bene a chi mi riferisco.
« Parli di Light. »
« Mh… »
« E non vuoi vederlo perché avete litigato ancora. »
« Sì… »
« Per me. »
« Beh… sì. »
Cazzo, non sono mai stato così laconico. Di solito quella è una prerogativa di Near o Light, porca miseria.
« Mihael, non so che dirti. » replica Near. Il fatto che mi abbia chiamato per nome è la prova lampante che è preoccupato. « Che non puoi continuare così lo sai benissimo anche tu, no? »
« Lo so, ma… » Ma cosa?! Non c’è niente da dire, cazzo!
« Hai detto che non vuoi vederlo? » domanda lui. « Vuol dire che non sei a casa. »
« Ieri sera sono uscito mentre litigavamo. » spiego. « Sono andato in un locale per sfogarmi… E lì ho incontrato un ragazzo. Sono a casa sua, ora. »
« Mihael… ». Il suo tono è esasperato. « Non avrai tradito Light? »
« No… Beh, a dire il vero stavo per farlo, ma lui mi ha bloccato. » dico. « Near… Non ho nemmeno io idea di che cazzo abbia adesso… Mi sento strano… »
Lui sospira. Comprensivo. « Sei solo un po’ confuso. Passerà, non ti preoccupare. » mi rassicura. « Avverto Light, che è tutta la notte che ti sta cercando e ha chiesto pure a me dov’eri, quando sono arrivato a scuola. »
Spalanco gli occhi. Light era preoccupato al punto da parlare con Near?! Ma se lo odia e per principio non ci parla mai!
« È preoccupato fino a questo punto?! » esclamo, allibito.
« Ti ha chiamato tutta la notte, almeno a quanto mi ha detto. » replica lui, tranquillo. « E poi, ha parlato con me. No, non direi che è preoccupato. Secondo me è proprio in preda al panico. »
All’improvviso, mi sento tremendamente in colpa, per averlo fatto preoccupare così tanto e averlo quasi tradito. Sento Matt che mormora un “io te l’avevo detto”, mentre sorseggia il caffè, quasi indifferente alla conversazione. Dentro di me, solo tanta gratitudine verso di lui, che mi ha impedito di fare le corna a Light.
« Pff. » ridacchia Near. « In fin dei conti, se la meritava tutta questa preoccupazione per te. Così impara a essere geloso. Stava quasi per pestarmi, stamattina. Non so perché è sempre convinto che vieni solo a casa mia, quando litigate. Quasi non potessi vietarti di entrare… »
Non si era mai avvicinato a Near, Light. Nemmeno con l’obiettivo di pestarlo per la gelosia.
« Scusami. Non volevo. » mi scuso.
« Tanto saprei tenergli testa. E almeno stavolta si è preoccupato per qualcosa che non è la sua gelosia per me… Più o meno. » replica Near. « Sai, mi viene voglia di pestarlo io, o quantomeno di non dirgli dove sei, giusto per farlo star male come lui fa star male te. Ricordati che non lo faccio solo perché è il tuo ragazzo e so che ci tieni a lui. » Piccola pausa. Mi blocca ancora prima che lo possa ringraziare per quella premura. « Mel, ora devo andare. La campana è suonata da un minuto. »
« Ma non eri in classe? » lo prendo in giro.
Lo sento sbuffare. « ‘Fanculo. » replica, in una delle sue rare asserzioni volgari. Non posso fare a meno di ridere. « Comunque, Mello… Hai intenzione di venire a casa mia, oggi? »
« Mh? » chiedo, ancora con il sorriso sulle labbra. « Non mi sembra il caso… »
Attimo di silenzio. « Capisco. Beh, allora vado, al limite ci vediamo domani. »
« Buona giornata! »
Quando Near chiude la comunicazione, guardo il display, più per abitudine che per reale intenzione.
E vedo un numero. E tre parole.
« 127 CHIAMATE SENZA RISPOSTA?! »
Matt si stacca da me, rintronato. Tira fuori una sigaretta da chissà dove e se l’accende, comportandosi quasi come se la cosa non lo riguardasse.
Oddio, in effetti non lo riguarda più di tanto, ma…
« Perché non me l’hai detto?! » esclamo, sconvolto.
Matt si volta verso di me, lentamente. Mi fissa, mentre io ansimo per il fatto di aver appena urlato.
« Dormivi così bene che non me la sono sentita di svegliarti. » si giustifica, tranquillissimo.
Davanti alla sua calma, persino io mi rassegno. Indietreggio fino alla sedia, accasciandomi sopra di essa, mettendomi una mano sulla fronte.
« E perché non me l’avresti detto quando mi sono svegliato? » domando, un po’ irritato per quella storia.
Matt si volta verso di me, fissandomi, la sigaretta in mano. Prende il posacenere e ci lascia cadere dentro un po’ di cenere.
« Vuoi sapere perché? » domanda, grattandosi la nuca, non so se per la stanchezza o per l’imbarazzo, visto che ha le guance leggermente colorate di rosso. « Perché mi metteva a disagio il fatto che ieri notte avessi quasi tradito questo Light con me. » spiega. « E poi, ultimo ma non meno importante, siccome il tuo cellulare ce l’avevo io, sono rimasto sveglio tutta la notte, dato che il tuo adorato Light chiamava ogni due minuti. Sarà pure geloso, ma cazzo se è testardo… Mi ha rincoglionito completamente. »
Lo fisso, sbalordito.
« Sei… sei stato sveglio… per Light? » chiedo, facendo fatica ad articolare le parole. Alla fine, sono talmente fuori di me dalla sorpresa che mi alzo dalla sedia.
« Ma lo vedi che sei un cretino?! » urlo. « Perché l’hai fatto?! Non potevi spegnerlo questo cazzo di cellulare?! E poi, si può sapere perché, dato che nemmeno ci…! »
Prima di poter finire la frase, sento le sue labbra sulle mie, che mi tappano la bocca. Spalanco ancora di più gli occhi, soprattutto quando mi rendo conto che il bacio che questo rossino mi ha dato, per quanto casto e stanco possa essere, non mi dispiace per niente.
Si stacca, fissandomi negli occhi che ho ancora spalancati, dopo quel breve attimo.
« Scusami. » dice, apatico. « Ma mi stavi rincoglionendo ancora di più del tuo ragazzo. »
Mi sento avvampare, imbarazzatissimo. Non riesco nemmeno a parlare, porca miseria.
« E comunque… » prosegue lui, rimettendosi la sigaretta in bocca. « …non ho spento il cellulare perché era troppo lontano dalla mia mano. Non avevo voglia di alzarmi a spegnerlo. E se l’avessi fatto, oltretutto, Light si sarebbe insospettito e sarebbe diventato ancora più geloso. Forse il fatto che tu non abbia risposto l’ha fatto preoccupare, più che ingelosirlo. » Tira fuori la sigaretta di bocca, soffiando un po’ di fumo. « Certo che, se immaginavo che mi avrebbe tenuto sveglio tutta la notte, l’avrei spento a priori… »
Lo guardo, incredulo. « Hai… Hai messo un indicativo al posto di un congiuntivo… » osservo, esterrefatto. Poi mi viene da ridere, per l’assurdità della situazione, forse. « Cazzo, sei proprio rincoglionito forte, allora! »
« Non c’è niente da ridere. » protesta lui, scostandosi la frangia dalla fronte. « Non so nemmeno che cazzo combinerò al lavoro, oggi… E di certo non è stata la nottata che speravo. »
Smetto di ridere, colto alla sprovvista. Cazzo, a volte sono davvero insopportabile, e nemmeno me ne rendo conto.
« Scusa… » mi scuso, imbarazzato.
Fa una piccola pausa, per poi reprimere una risatina.
« Non fa niente. » dice, spegnendo la sigaretta nel posacenere. « Prima stavi dicendo che non ci conoscevamo, vero? Prima che… ti bloccassi… ». Lo guardo, annuendo. Il ripensare a quell’istante sconvolge persino me, ma preferisco mettere da parte quella sensazione, per un momento. « Non dire che non ci conosciamo. In fondo, ti sono bastati cinque minuti di presentazioni, per darmi un soprannome. È come se ci conoscessimo da un po’, ti pare? »
Mi atteggio con un sguardo seccato. Fintamente seccato, ma non importa.
« Senti un po’, rossino. » dico, andando verso di lui e puntandolo. « Adesso non montarti la testa. So benissimo che vorresti essere amico mio, ma non a tutti è concesso questo privilegio, chiaro? »
Lui non fa una piega. Inarca un sopracciglio, sarcastico.
« E poi era il mio, di umorismo, che faceva cagare? » replica, andando verso il divano. « Chi ti dice che voglio essere amico tuo, Mello? »
Lo guardo, stizzito dall’uso di quel soprannome che solo i miei amici – anzi, solo Light e Near – sono autorizzati ad usare con me.
« Ehi, questo è uso improprio del mio soprannome! » esclamo, seccato.
Lui si sdraia sul divano, a pancia in giù. « Megalomane del cazzo… Cos’è, hai il copyright, sul tuo soprannome? »
« Ovviamente! » proferisco, mettendomi le mani sui fianchi. « E se vuoi saperlo, il copyright ce l’ho anche sul tuo, di soprannome, visto che l’ho inventato io! »
« See, see… Come se il nome “Matt” non esistesse… »
Lo osservo, mentre lui appoggia il braccio sul bracciolo del divano, e la fronte sul braccio.
« Matt, stai bene? » domando. « Ma non dovevi andare a lavorare? »
« Inizio alle nove e mezza. » replica lui, in un mugugno infastidito. « Lasciami riposare, che tra il tuo ragazzo e il divano stanotte ho passato una nottata di merda… »
Vado verso di lui, chinandomi alla sua altezza. « Cioè inizi tra mezz’ora? » chiedo. In risposta, un altro mugugno infastidito, ma di assenso. « E quanto ci metti ad arrivare lì? »
« Lo stesso tempo che ci metti tu a stare zitto per un po’. » replica lui, seccato, fissandomi con un’espressione quanto mai irritata. « Circa un quarto d’ora. Se va bene e non c’è traffico, dieci minuti, ma non ci conterei troppo. »
Annuisco, mentre un’idea mi balena in testa.
« Perché tutte queste domande? » domanda lui.
Mi alzo in piedi. « Per sapere se il tempo bastava. » replico.
Lui mi guarda, con un’espressione esausta e, al contempo, dubbiosa.
E la cosa di certo non migliora, quando un ghigno si profila sulle mie labbra.
« Finalmente ho un’occasione per sfoggiare le mie capacità. Light non me lo faceva fare da tanto… » commento, divertendomi alla faccia sconvolta che fa Matt.
« Sfo… Sfoggiare le tue capacità? » fa lui, rabbrividendo. « Mello, non vorrai…? No, vero? »
Senza nemmeno dargli ascolto, quasi, mi metto sopra di lui, a cavalcioni.
Non so se questo gesto è stato frainteso altamente, ma lui inizia a dimenarsi, anche se debolmente.
Poveraccio, alla fine non posso biasimarlo. Se è stato sveglio tutta la notte, è ovvio che sia così stanco.
« Mello, dài, davvero, non vorrai veramente…? » mi chiede lui, agitato.
Mi protendo sopra di lui, arrivando con la bocca a sfiorare il suo orecchio. Che, noto, è completamente rosso, e bollente. Ridacchio, divertito dalla sua reazione, oltremodo esagerata.
« Rilassati. » dico, per poi alzarmi sopra di lui.
« Ri-rilassarmi? » chiede lui. Ormai mi sembra in preda al panico.
Sospiro, per poi alzargli la maglia.
« M-Mello?! »
Fa per dimenarsi, ma lo blocco, afferrandolo per le spalle. Le mie mani percepiscono la sua pelle morbida, sotto la quale i muscoli sono pronti, eppure tremanti, per la stanchezza, e per i nervi tesi per la mancanza di riposo notturno.
Le dita si muovono in automatica, iniziando a massaggiargli lentamente le spalle, con più decisione e delicatezza possibili. Lo sento stupirsi un attimo, irrigidirsi ancora di più di quanto non fosse prima, e poi rilassarsi, abbandonandosi al mio massaggio che, di erotico, non ha proprio nulla.
« È il mio ringraziamento per quello che hai fatto per me stanotte. » spiego. « E comunque, se avessi voluto rilassarti come hai fatto tu ieri sera con me, ti avrei abbassato i pantaloni, non ti avrei alzato la maglia. »
Il mio commento è quanto mai ironico, ma lui non ci fa minimamente caso. Anzi, mugola di soddisfazione, piacevolmente preso e rilassato.
« Con te non si può mai sapere… » replica lui, mentre noto che ha addirittura chiuso gli occhi, per godersela appieno. « Un po’ più giù… »
« Lo so io quello che devo fare. » ribatto. « Non darmi ordini. »
Osservo l’orologio, pensieroso. Ho solo dieci minuti, e un’intera schiena da liberare da nervi incriccati e muscoli tesi. È meglio fare in fretta, se Matt vuole arrivare in orario al lavoro.
« Matt? » lo chiamo. « Devo fare un po’ più in fretta, se vuoi arrivare in tempo al lavoro. Farà un po’ male… Pensi di riuscire a resistere? »
« Se mi prometti che poi la mia schiena starà meglio… »
« Su questo puoi stare certo. » replico, sicuro di me. « Allora vado, eh? Non metterti a urlare. »
Lo vedo aprire gli occhi, sorpreso. « In che senso urlAHIAAAAAAA!»
« Scusa. È che sei più incriccato di quanto pensassi. » mi giustifico, dopo avergli liberato da una tensione appena sotto il collo. « Se senti dolore, sono i nervi che si liberano e i muscoli che si rilassano. » spiego, proseguendo a liberarlo. Lo sento gemere di dolore per un paio di muscoli e nervi.
Poi, più niente per qualche attimo. Fino a quando riprende a gemere leggermente, stavolta con una leggera nota erotica nella voce.
« Mh… Vai avanti… »
Incredibile. Mi stupisco di me stesso, cazzo. Sono io che l’ho fatto rilassare così tanto, oppure è lui che è masochista?
Ancora sbalordito, ma conscio del mio compito, continuo a scendere, sentendo la sua pelle sotto le mie dita. I suoi muscoli sono più tonici di quanto pensassi, e glielo faccio notare.
« Ho fatto tirocinio per un anno. » spiega lui. « Sai, sono uno di quei giornalisti che va sul luogo a reperire le notizie. Praticamente andavo a destra e a manca, tra i miei compiti di giornalista e il fatto di dover soddisfare i desideri assurdi del mio capo. Hai presente quel film… "Il diavolo veste Prada"? » Annuisco. « Beh, il mio capo è uno un po’ così. Oddio, non così bastardo o tirannico, ma è molto capriccioso. E, a dover correre da un posto all’altro, sono dimagrito di cinque chili nel giro di due mesi. Però almeno dopo quei due mesi assurdi ho guadagnato la sua più completa fiducia. E una linea pressoché perfetta, ovviamente. »
« Corri ancora ovunque? » domando, curioso.
« Beh… Sono ancora uno di quelli che va sul posto, sì. » replica. « Ma almeno ora il mio capo si fa portare i dolci dal nuovo apprendista. L’unico capriccio che ancora mi chiede sono delle tavolette di cioccolato praticamente introvabili che ho grazie a dei contatti di mio zio. Gli piacciono da morire, quelle. »
Mi costringo a sopprimere una risata. « Scusa, fammi capire… Stai dicendo che i suoi capricci consistono in dolci? »
« Diciamo nei cibi più svariati. » spiega lui. « Ma soprattutto in dolci. E tè e caffè. E il caffè deve essere con tre zollette di zucchero, minimo, proprio come il tuo. Diciamo che non ha un’alimentazione equilibratissima, ma la cosa bella è che, nonostante tutto, non ingrassa mai. »
« Mh, senti… e che cioccolato è? »
« Non lo so, non mi ricordo la marca… » dice, annoiato.
Sacrilegiooooooooooo! Insomma, come puoi essere annoiato quando si parla di cioccolato?!
« Comunque, se ne vuoi, prendine pure. » continua lui, intuendo dalla mia domanda quello che voglio. « Ho una fornitura nel frigorifero. Per una o due tavolette non farà storie, anche se è stato talmente abile da capire esattamente quante tavolette ho in casa, con un calcolo matematico che poi mi ha fatto sembrare semplicissimo… Prendine pure una o due, al limite se mi scopre gli dico che avevo la tentazione e le ho mangiate io. »
« Davvero?! Grazie, Matt! » esclamo, abbracciandolo da dietro, entusiasta.
« Mello… la schiena… » biascica lui.
« Mh? » dico, alzandomi e guardandola. « Ah, ho finito! Due minuti e puoi alzarti! »
Io invece mi alzo subito, trotterellando verso il frigorifero, come un bambino cui hanno appena regalato delle caramelle. Vado verso la cucina e spalanco il frigorifero, trovando, sullo scaffale più in alto, la mia visione paradisiaca.
Torno in salotto che Matt sta mettendosi gli stivali.
« Ehi, avevo detto due minuti! » esclamo, scartando la tavoletta che ho preso.
« Non importa. Se sto ancora qua, rischio di fare tardi. » replica lui, guardandomi e sorridendo. « Sei sempre così, quando hai del cioccolato in mano? Sembri un bambino. »
« Non osare darmi del bambino, Matt! » ribatto, colto nel vivo.
Lui ride, e si alza. « Ok… » dice, scompigliandomi i capelli. « Senti, resti qua o cosa? Devo portarti a casa? »
« Vai pure tranquillo. » replico. « A che ora torni, piuttosto? »
« Beh, se tutto va come prevedo, ne ho fino alle cinque di oggi pomeriggio. Dovrei tornare per le cinque e mezzo, massimo. »
« Allora non ti preoccupare. » dico. Poi, mentre si mette il giubbotto, mi coglie un dubbio, e lo fisso, stupito. « Ma, scusa… ti fidi di me? »
Lui si volta, e ride di nuovo. « Perché non dovrei? »
« Perché sono uno sconosciuto e potrei rubarti qualcosa? » dico, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
E lui ride di nuovo. « Non credo. La porta sarà chiusa a chiave, e non credo che ti butterai dalla finestra. Siamo in alto, anche se siamo al secondo piano. » commenta. « E poi, smettila di dire che non ci conosciamo. Non sei uno sconosciuto, e io mi fido di te. Non ti atteggiare troppo a cattivone, che cattivo non sei. »
« Ma che stai dicendo?! » esclamo, imbarazzato. « Io non mi atteggio a cattivo! »
Lui mi sorride di nuovo, passandomi davanti e aprendo la porta. « Piuttosto, vedi di non ammazzarti dalla noia. Ah, e per qualsiasi cosa, hai il mio numero memorizzato sul tuo cellulare. Chiamami, se hai bisogno. » Guarda l’orologio, e sbarra gli occhi, sconvolto.
« Cazzo! Sono in ritardo! E se il capo scopre che la ragione del mio ritardo gli ha pure fregato il cioccolato, mi lincia! Porca puttana, devo andare! Buona giornata! »
Lo osservo scappare fuori di casa, stupito. La porta viene chiusa con quattro mandate veloci. I suoi passi si dileguano velocemente, giù per le scale.
Addento la tavoletta, perplesso, guardandomi intorno. Questa casa è un vero casino… Anche se non mi dispiace, mi viene da chiedermi come faccia Matt a vivere in un caos del genere. Potrebbe essere un’idea mettergli a posto un po’ la casa… Dopotutto, non ho niente da fare per la bellezza di otto ore. E mettere a posto qua mi sembra una bella impresa… Sempre che non gli dispiaccia. Magari gli piace vivere in questo disordine.
Sogghigno, divertito dal pensare che, se Light vedesse questa casa, diventerebbe matto all’istante.
Prima di poter decidere come agire nelle prossime otto ore, il cellulare mi suona di nuovo, vibrando sul tavolo della cucina.
Guardo il display, riconoscendo il numero di mia sorella maggiore.
« Sì? » rispondo, facendo il finto tonto. Tanto, so già quello che vuole chiedermi.
« Mihael, dove diamine sei? » mi domanda lei, in tono neutro. Ma so benissimo che, proprio come Near, quando Halle fa così vuol dire che è incazzata nera.
« A casa di un ragazzo che ho incontrato ieri notte… » replico, reprimendo un ghigno divertito. « Ti ha chiamato Near? »
« A dirla tutta, mi ha chiamato il tuo adoratissimo Light alle cinque del mattino, dicendomi che eri sparito e che non rispondevi al cellulare. » dice lei, irritatissima. « Mi hai fatto preoccupare, Mihael. Non avrai tradito Light, vero? »
« Ma chi? Io? » ribatto, facendo il finto santarellino. « Beh, l’idea iniziale era quella ma… non l’ho tradito, tranquilla. »
« Avete litigato di nuovo? »
« Sì. Il solito motivo. »
« Ancora Nate? Ma non si è ancora stufato? » domanda lei, seccata. « Con questa sarebbero… quante volte? »
« Boh… Ho perso il conto. » replico io. « Però… è la prima volta che mi tartassa tutta la notte. Stamattina ho visto che mi ha fatto la bellezza di centoventisette chiamate. »
« Che?! Centoventisette?! » fa lei, allibita. « Era così preoccupato? »
« A detta di Near, è completamente in preda al panico. » dico. « Pensa che è persino andato a parlare con lui, stamattina. E il ragazzo che mi ha ospitato stanotte mi ha detto che Light chiamava ogni due minuti. Praticamente non hanno dormito né Light né lui. »
« Wow… ». Pausa di silenzio. « E, scusa… Quando hai intenzione di tornare a casa? »
« Quando torna il ragazzo che mi ospita. Ora è a lavorare. »
« Ti fai venire a prendere da Light, immagino. »
« Sarebbe un’idea, ma… ho paura che poi pesti il ragazzo che mi ha ospitato… »
« Non mi pare il caso di scomodare ancora quel ragazzo. Ha già fatto abbastanza, non ti pare? »
« Già… Pensa che mi ha pure regalato del cioccolato rarissimo! »
La sento sospirare, con rassegnazione. « Fratellino… a volte sei davvero infantile. »
« Uffa! Sei tu che sei talmente acida che non ti piacciono nemmeno i dolci, sorellina Halle! » mi lamento io, scherzosamente.
Altro sospiro da parte sua. « Beh, se è tutto a posto, io ora vado. Mi raccomando, non combinare casini, ok? »
« E tu non trattarmi come un bambino! Lo so! » ribatto. « Ciao ciao, sorellina! »
« Ciao, Mihael… »
Chiude la comunicazione, e io riappoggio il telefonino sul tavolo.
Nel frattempo, mi guardo intorno, la mia tavoletta di cioccolato ormai agli sgoccioli.
Sono un po’ indeciso sul da farsi.
Però questa casa ha proprio bisogno di un po’ di pulizia…

  
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