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Autore: TheManiae    19/12/2017    1 recensioni
Conosciamo tutti la storia, è sempre la stessa.
Un uomo viene assunto.
Per cinque e più notti controlla dei robot assassini.
Viene brutalmente ucciso, e si passa a quello dopo.
Tutto molto divertente, lo ammetto.
Stavolta però non sarà così. Stavolta i veri cattivi saranno puniti!
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Era l'ultima volta.
L'ultima notte di lavoro in quello stramaledetto posto, e poi se ne sarebbe potuto andare per sempre da quella pizzeria e quei mostri.
Quasi da una settimana ogni notte per salvarsi la vita dagli animatronici. Quel tipo al telefono gli aveva detto che lo avrebbero infilato a forza in un costume, e di certo lui non aveva intenzione di morire. 
Guardò l'orologio: Erano le due di notte.
Ancora quattro ore e ce l'avrebbe fatta. Si sarebbe salvato, dopodiché avrebbe fatto chiudere quell'infernale pizzeria, avesse dovuto bruciarla lui stesso fino alle fondamenta!
Guardò lo schermo. L'orso e la papera erano ancora fermi, fissando la telecamera, mentre il coniglio era scomparso. Gli bastò voltarsi, per vederlo alla finestra del corridoio.
«Merda!» imprecò, chiudendo all'istante la porta. L'animatronic lo fissava da dietro il vetro. Sembrava quasi che sorridesse.
Dei rapidi passi metallici provenivano da dietro di lui. Come una furia si gettò contro il pulsante di chiusura. Non bastò.
Una zampa rossa gli afferrò il braccio, prima che potesse toccare il bottone. Era quella maledetta volpe pirata.
Sentì stringere con più forza. Si dimenò, cercando di scappare, colpendo il volto dell'animatronic col braccio libero, non sortendo alcun effetto. La volpe lo fissò negli occhi, e girò di scatto la mano, spezzandogli l'osso.
Urlò e pianse. Era a terra, in ginocchio. Il braccio era girato in una posizione innaturale a elle, con l'osso che sporgeva dalla carne sanguinante. All'improvviso qualcosa si conficcò nella spalla, e venne trascinato nel corridoio.
Cercò di liberarsi, agitandosi come un animale in trappola, ma l'uncino era piantato in profondità nella spalla. 
Quando entrarono nel salone principale, li vide tra le lacrime. Gli altri robot li stavano aspettando, ognuno con in mano un pezzo di costume da orso.
Gridò, chiamò aiuto, piangendo, urlando che non voleva morire. Chiese pietà a quei mostri di metallo, che, impassibili e freddi, continuarono il loro operato. Prima di svanire nell'oscurità, gli parve di sentire dei bambini ridere. 



«Oh no, di nuovo!»
«Aiutami a metterlo in cantina. Dobbiamo ripulire tutto prima che arrivino i clienti!»


«Oh, che spreco.»



La notte seguente. 
1.00 a.m.


Il primo a risvegliarsi fu Bonnie. Il suo primo pensiero fu quello di andare verso la sala di controllo, ma subito gli tornò in mente la notte precedente. Avrebbe dovuto aspettare prima che Lui tornasse.
Come ogni altra volta, decise di fare un giro nella pizzeria finché non sarebbero giunte le sei. 
Passò le dita robotiche sui muri, guardando i disegni dei bambini appesi alle pareti. Davanti agli occhi sfrecciarono immagini di una vita passata, quasi dimenticata. I suoi genitori. Sua sorella. La festa. La pizzeria. 
Lui.
Colpì il muro col pugno, lasciando un segno profondo, mentre gli occhi diventavano pece, con un solo punto bianco. 
Quel mostro. Quel maledetto mostro che tornava sempre, ogni volta per prenderli in giro. Non importava quante volte lo uccidessero, lui tornava sempre.
Un suono interruppe i suoi pensieri. Passi lenti e molto pesanti provenivano dal corridoio alla sua sinistra. Strano, apparte lui nessuno doveva essere sveglio.
«Chi c'è?» chiese, rivolto all'oscurità. I passi si fecero più vicini, sempre più vicini. Una figura contorta si delineo nel buio, avvicinandosi lentamente.
«Ma cosa...» le parole morirono quando lo vide uscire dalle tenebre. Urlò, tentando la fuga, ma una mano robotica lo afferrò per il piede, trascinandolo a se. 
Denti affilati scavarono nel costume, azzannandolo con foga al braccio. Tentò di liberarsi, colpendo la creatura con l'arto libero, ma quella ignorò ogni colpo. Venne sbattuto come un giocattolo per cani, lanciato infine contro la parete.
Voleva rialzarsi, ma il dolore era troppo. Lo sentiva, come se fosse ancora fatto di carne. La spalla bruciava, mentre il braccio mancante spariva tra le zanne nere del mostro, che ora lo fissava con i suoi molteplici occhi viola.
Nell'osservarli, tutto il terrore e la paura di quel giorno di tanti anni fa gli riempirono il corpo. Pianse, strisciando a terra per scappare.
Urlò quando i cavi affondarono nelle gambe. Li sentì dentro di lui, scavando e distruggendo costume ed endoscheletro. Erano coperti da un liquido nero che bruciava come acido.
Le grida si diffusero nei corridoi, sovrastate da risate sadiche, distorte e maligne.




2.00 a.m.

«Dove sarà Bonnie?»
«Non ne ho idea Chica.»
I due si erano svegliati pochi minuti prima, allarmati da strani suoni provenienti dai corridoi. Notando l'assenza dell'animatronic coniglio erano corsi a cercarlo, non riuscendo a trovarlo da nessuna parte.
«Ehi, cos'è quello?» disse Chica, notando qualcosa a terra. Era una strana macchia di liquido nero, simile a pece. 
Un gemito improvviso la fece voltare, e i suoi occhi si riempirono di orrore.
«Freddy!» 
L'orso la fissava, la bocca spalancata e gli occhi ridotti a fessure. Un artiglio metallico spuntava dal petto, mentre, dietro di lui, un'enorme figura scura emergeva dall'ombra del corridoio.
Diverse mani lo afferrarono in ogni parte del corpo, tirando in direzioni diverse. Il costume si spaccò lungo tutto il petto, mentre il rumore del metallo sotto sforzo quasi sovrastò le urla dell'animatronic.
Chica era ferma, parallizzata dal terrore. Le lacrime d'olio cadevano a terra, mentre vedeva il suo amico torturato da quella creatura. Un ultimo schianto metallico e le grida cessarono. Le due metà di Freddy ora pendevano senza vita, gli occhi spenti.
Il mostro rise, mentre gettava i resti dell'orso a terra, avanzando verso la gallina. 
Chica, riaquistando il controllo del proprio corpo, arretrò. Ora riusciva a vederlo, ma nel farlo sentì solo una paura primordiale invaderle il corpo.
Era un agglomerato di animatronici fusi insieme a formare un mostruoso e deforme centauro con diverse braccia al posto delle gambe. Dal tronco, un'ammasso informe di costumi, endoscheletri, ossa e liquame, emergevano due zampe artigliate a destra, mentre dalla sinistra spuntava un lungo arto coperto di fili e melma, con una testa di volpe alla fine. 
I molteplici occhi felini dell'abominio puntarono verso la sua prossima preda, e un sorriso si dipinse tra le zanne affilate. Gli artigli che spuntavano dalla schiena scattarono come serpi, tentando di afferrare la gallina. Lei però li evitò è corse via.
Fuggì lungo i corridoi, tentando di raggiungere la sala principale. Dietro di lei, il suono di passi e i versi mostruosi si avvicinavano sempre di più. Non si voltò, cercando di scappare più velocemente di quanto quel corpo robotico le permettesse.  
Girò l'angolo, e la vide. Era pochi metri davanti a lei. Poco prima di poter varcare la soglia però, qualcosa la afferrò per una gamba, e cadde a terra.
«NO!» gridò, portando d'istinto le braccia a scudo per difendersi.
Non accadde nulla.
Aprì gli occhi, timorosa nel farlo. Il mostro non era lì, c'era solo il buio del corridoio. 
Non perse tempo a farsi domande. Si rialzò, e corse verso il Pirate Cove.
«Foxy! Foxy, ti prego, devi aiutarmi!» urlò, aprendo di scatto la tenda. 
La volpe era riversa a terra. La testa, strappata via, era stata schiacciata tanto da essere quasi irriconoscibile, mentre il resto del corpo era ricoperto di segni morsi, tagli e buchi.
«Foxy...» mormorò, portandosi le mani al becco. Lacrime d'olio scendevano libere lungo le guance. 
La risata del mostro rimbombò in lontananza, nei corridoi. Chica salutò un ultima volta il suo amico e corse via. Doveva nascondersi in un posto sicuro, e per fortuna ne conosceva uno.





Chiuse la porta dietro di se. Avesse potuto, avrebbe tirato un sospiro di sollievo.
Si guardò attorno. Quanti anni erano passati dall'ultima volta che era stata lì? Eppure ricordava quel giorno come fosse ieri. Perfino Lui era ancora lì.
A terra, appoggiato contro il muro. Il costume si era consumato nel corso del tempo, e diverse parti organiche si intravedevano, ma ancora manteneva l'aspetto di quel maledetto coniglio dorato. Lo colpì con un calcio, gli occhi ridotti a un puntino bianco. 
Un bruciore improvviso al braccio la fece gemere. Una melma nera simile a petrolio le era caduto addosso, corrodendole il costume come fosse acido. Altre gocce caddero a terra.
Era lì.
La bestia la stava fissando, appesa al soffitto come un mostruoso ragno deforme. 
Si scansò, evitando l'immensa mole del mostro che aveva tentato di afferrarla. 
Prese un'ascia che stava lì a terra e la puntò contro la creatura. Questa però, per nulla intimorita, si avventò ruggendo contro la gallina. Chica tagliò di netto un artiglio, bloccandone un altro con la mano. Stava per tagliare anche quello, ma la testa di volpe chiuse le fauci sulla sua spalla.
Urlò, cadendo a terra in ginocchio. Piangeva. Non avrebbe dovuto sentire dolore fisico, ma adesso, dopo moltissimi anni, lo sentiva. Le zanne penetravano carne che non c'era.
In un attimo di disperazione tentò di liberarsi, colpendo la testa con l'ascia. Le altre braccia però la fermarono, e la trascinarono faccia a faccia con la creatura.
Era orribile. Un miscuglio di maschere fuse assieme, con un enorme protuberanza organica nera che ne copriva la metà. In quel rigonfiamento, una mezza dozzina di occhi violacei galleggiavano, fissandola con iridi feline cariche di rabbia e odio, mentre l'orbita destra era completamente nera, piangente quel liquido nero.
Il mostro spalancò le fauci irte di zanne e le strinse attorno al collo dell'animatronic. Lei si dibattè, disperata. Lottò, cercando di liberarsi da quella stretta mortale. Melma nera calò dai i denti, bruciandole costume ed endoscheletro.
Infine, infilzando entrambi gli occhi con gli artigli, incurante delle urla disperate, la bestia strappò la testa della gallina. La gettò contro il muro, mentre il resto del corpo ricadde a terra.
Il demone non si mosse. Rimase in silenzio, attendendo qualcosa. Sorrise quando li sentì arrivare.
Dei lamenti. All'inizio lontani, quasi inudibili, ma nel giro di pochi attimi divennero urla furiose che fecero tremare tutto quanto. Una luce rossa illuminò la stanza, mentre cinque figure comparivano davanti alla creatura.
Erano piccole, dei bambini all'apparenza, ma gli occhi neri e bianchi tradivano la loro natura. Erano incorporei, trasparenti come carta bagnata e con pezzi di costumi sui loro corpi. Lo fissavano furenti.
«La pagherai per quello che hai fatto!» urlarono, assumendo sembianze quasi demoniache. I loro occhi divennero pozze di sangue e le loro mani si trasformarono in artigli affilati. Si avventarono, urlando, contro quella creatura.
Prima che potessero colpirlo, però, vennero respinti da un tentacolo di liquido nero. Gridarono, sentendo dolore dove la strana melma li aveva toccati.
«Piccoli bastardi...» mormorò il mostro. La sua voce proveniva da decine di gole diverse, cariche di dolore e rabbia. Si avvicinò a passo lento, mentre gli spiriti arretrarono. «Avete idea di tutto il dolore che avete causato? Di tutte le vostre vittime?»
«Siamo noi le vittime!» gridò uno dei bambini, indicando l'animatronic coniglio steso contro il muro. «Quel mostro ci ha ucciso! Ha rovinato le nostre vite e ci ha tolto ogni cosa!»
«E voi avete distrutto altre vite! Le Nostre Vite!» ringhiò la creatura, colando melma dalle zanne. «Ci avete torturato ogni notte e infilati in quei costumi. Ci avete ucciso in nome della vostra folle vendetta!»
Erano bloccati nell'angolo, in preda alle lacrime. «Vattene! Lasciaci in pace!»
«No!» Il petto della creatura si strappò verticalmente, aprendosi, mentre una luce violacea brillava al suo interno. «Noi siamo Malakh e vogliamo giustizia!»
Nere catene fuoriuscirono dal petto del demone, avvinghiando i bambini come serpì. Essi divincolarono, piangendo, provando a scappare da quella letale presa. Ogni istante in cui quelle catene li stringevano sentivano tutto il dolore e la sofferenza che avevano causato, e urlarono.
Senza pietà o esitazione, le catene li trascinarono uno alla volta nel petto nero del mostro, sotto gli sguardi scioccati degli altri. Quelli che fino a poche ore prima erano stati Freddy, Chica, Bonnie e Foxy svanirono nel liquido nero. Rimase solo il bambino dalla maschera dorata.
«No, ti prego! Pietà!» 
«Anche noi abbiamo chiesto pietà.» rispose, lasciando traboccare l'odio profondo che covava in lui. Un ultimo strattone, e il fantasma svanì nella scura massa del suo petto.
Malakh rise, alzando le braccia al cielo. Li sentivano urlare, gemere e piangere, intrappolati in una tortura eterna peggiore degli stessi costumi. Ora avrebbero sofferto quello che loro stessi avevano causato, per sempre.







Quella notte, il Freddy Fazbear fu distrutto da un incendio. Nessuno scoprì mai cosa fu ad appiccarlo e la colpa venne data a un cortocircuito.

Malakh se ne andò. La sua caccia non era ancora finita. Esistevano altre pizzerie, in altri universi, dove quei maledetti bambini ancora la facevano franca, venendo addirittura ricompensati! Non poteva accettarlo. Non poteva.

Si sentirà ancora parlare di lui, ve lo prometto, voi che state leggendo. Anzi, fossi in voi, controllerei le vostre pizzerie. Sarebbe un vero peccato scoprire che i vostri animatronic sono stati fatti a pezzi e le loro anime rinchiuse nell'inferno vivente che ho creato.

E già che ci siete, mettete una stella alla storia.

Come? Non siamo su Wattpad? 

E rischiamo che cancellino la storia per coercizione al giudizio? 

Ops.




 


 


La Follia mi scorre nelle vene.
Forse è il caso che chiarisca l'ultima parte.
Vedete, Szymon, quello che parla, ha la brutta abitudine di fare a pezzi la quarta parete.
Non prendetelo sul serio. 

   
 
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