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Autore: sissir7    19/12/2017    3 recensioni
Ho voluto riparare al danno fatto dal momento tragico dell'addio tra Sherlock e John nell'episodio "L'ultimo giuramento" perchè, dannazione, quanto dolore abbiamo sopportato per quella scena? Quante johnlockers hanno sofferto come me per quel "Sherlock is actually a girl's name" al posto del "I love you" che noi, Sherlock e John meritavano di sentire? Quindi, ecco cosa avrei voluto succedesse. Ecco cosa, per me, avrebbe reso questa serie tv l'adattamento migliore di una storia d'amore più unica che rara. Enjoy the feels.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Ai nostri momenti migliori, John.”
La mano era tesa verso di lui e non poteva scoppiare a ridere e dirgli che una stretta di mano per lui non era abbastanza per un addio;
quindi, la strinse con forza e ingoiò la rabbia per averla lasciata subito, senza stringerla un po' di più per trarre a sè il corpo di Sherlock e, come avrebbe dovuto fare, abbracciarlo.
Ma John non lo fece.
Cosa diamine era appena successo?
Cosa diamine si erano appena detti?
Che Sherlock era un nome da femmina?
Sul serio?
Era tutto qui quello che Sherlock mi deve confessare dopo aver fatto una faccia degna di una sorta di dichiarazione?
Ed io, io volevo una dichiarazione?
Mio dio, non voglio lasciarlo.
Erano queste le domande che bombardavano la mente di John.
E lo stomaco.
Era tutto ingiusto.
Lo era stato sin dal momento in cui sentì dire dal suo migliore amico “Perché tu l’hai scelta.”
Quella frase gli saltò in mente come un fulmine, lì, mentre si stavano dicendo addio e la consapevolezza di aver fatto la scelta sbagliata gli lasciava l’amaro in gola. Anche se era tardi, gli avrebbe voluto rispondere: “Ho scelto lei perché tu non c’eri! Sei sparito per due anni, ero solo e ho trovato lei! Una qualunque.
Un qualcuno che facesse da balsamo sulla ferita del vuoto che hai lasciato, del cuore che hai lacerato. Ma io avrei scelto te, Sherlock. Io scelgo te.”
Lo avrebbe detto anche il quel momento, anche subito se solo Sherlock non stesse salendo le scalette dell’aereo per sparire per sei mesi.
No, probabilmente per sempre.
E lui che stava facendo?
Niente.
Che aveva fatto in tutti quegli anni per Sherlock?
Ben poco rispetto a quello che Sherlock aveva fatto per lui ma questo, come le mille altre cose, non glielo aveva detto.
Mai un grazie.
Mai un scusami per tutte le volte che lo faceva irritare perché sì, lo sapeva quanto Sherlock pativa la sua assenza certe sera quando usciva con delle donne,
quanto soffriva quando lo ignorava perché irritato, quando gli urlava contro non controllando quella rabbia che la guerra gli aveva lasciato addosso.
Nel suo profondo sapeva anche quanto fastidio, dolore, aveva provato vedendolo sposare una donna che non avrebbe voluto scegliere.
Perché Mary non doveva essere così.
John non la voleva così e lo aveva anche detto quella maledetta sera dove scoprirono cos’era quella donna.
Ora si trovava ad avere una figlia da lei.
Si trovava a dire addio a chi voleva veramente, chi era più importante di tutto, di qualsiasi altra vita che avrebbe potuto vivere.
Sherlock era sparito dentro l’aereo e il fratello stava ancora conversando con Mary poco lontano dalle scalette.


“Comunque, spero che il tuo disprezzo per me prima o poi passerà.”
“Oh, Signora Watson, la vedo difficile. Dopo tutto è la donna che ha privato mio fratello l’unica felicità della sua vita. Noi questo lo sappiamo benissimo.
Mi deve capire se la guarderò sempre con odio.”
Mary alzò un sopracciglio e un piccolo sorriso apparse sul suo volto gelido.
“John ha bisogno di me. Avremo una famiglia e Sherlock non avrebbe potuto fare niente. Lei e tutti noi sappiamo com’è John. Si prenderà la responsabilità di questa famiglia perché è John il soldato Watson. Fa sempre il suo dovere.”
Mycroft e Mary si scambiarono uno sguardo che avrebbe potuto tagliare un blocco di cemento.
“Non so perché la sto ancora ascoltando, Mary.”
Lei sospirò e sorrise come soddisfatta, come se avesse conquistato una vittoria.
Mycroft, se avesse potuto, si sarebbe liberato di lei in poche ore ma Sherlock non avrebbe voluto se avesse ferito John e in fondo lo avrebbe fatto.
Gli sembrava solo un circolo vizioso irrisolvibile, un incubo, soprattutto ora che suo fratello aveva la vita dai giorni contati probabilmente.
E quel probabilmente lo feriva a morte.  
“Meglio se vado ora, Mycroft.”
Lei gli strinse la mano e nel suo cappotto rosso, Mary si avviò all’auto aspettando John che ancora incredulo se ne stava in piedi a fissare l’asfalto grigio.
La prossima mossa da fare era proprio di John.
Mycroft incrociò il suo sguardo in cerca di approvazione come a chiedere se ora che era tutto finito, quell’ aereo poteva partire e lui tornare alla sua vita dimenticando tutto quello che era successo.
Perché sarebbe stato esattamente così.
Sarebbe sparito tutto come lacrime nella pioggia.


“No…” Con un filo di voce, John lo disse scuotendo la testa.
“Sherlock.”
Fu un sussulto.
Alzò di scatto la testa.
“Sherlock!”
Urlò quel nome correndo verso l’aereo.
Sherlock sentì quell’urlo e non ci pensò due volte ad alzarsi e correre giù.
Tutto quello che John sentiva era il cuore a bombardargli il petto.
Vide John lì, sulla soglia delle scale con il volto  teso e gli occhi fissi su di lui, lucidi, con una tristezza che non aveva mai visto.
Sherlock scese le scale andando verso di lui il più calmo e sereno possibile anche se si sarebbe fatto stringere forte da quelle braccia senza esitazione.
Gli fu davanti.
“John, so che questo…è difficile. Ma dobbiamo accettarlo.”
Si sforzò di sorridere e le labbra si curvarono dolcemente.
“N-non puoi andartene così. Ci deve essere un’altra soluzione.”
Gli occhi blu di John si inumidirono e le mascelle si contraevano.
Faceva di tutto per non crollare.
“Se ci fosse stata, mio fratello avrebbe fatto di tutto per farmi rimanere perché sa che è l’unica cosa che desidero. Ma andrà tutto bene, John.”
“Io…”
Sherlock posò una mano sulla spalla del suo amico e la strinse.
“Hai troppe ragioni per essere felice. Concentrati su quelle e andrà tutto”
“Non ci provare, Sherlock. Non cercare di convincermi che non mi mancherai perché mi mancherai ogni singolo giorno, okay? E anche se ho una famiglia e avrò una bambina, mi spieghi senza di te come potrà essere bello tutto questo?”
Sherlock non aveva mai visto John così.
Era nervoso, la voce gli tremava e sembrava volesse urlargli in faccia mille altre cose.
Non sapeva cosa rispondergli.
Non poteva ammettere quanto anche lui gli sarebbe mancato, quanto gli voleva bene.
Quanto lo aveva da sempre amato.
Ma soprattutto, John gli aveva appena detto una cosa bellissima nel suo dolore.
Aveva espresso i suoi sentimenti così direttamente, come non aveva mai fatto e quelle parole gli trafissero il cuore.
E allora rimase a guardarlo in quegli occhi blu disarmanti.
John prese fiato.
“Scusami…per tutte le volte che ti ho ferito direttamente e indirettamente.”
“John, non”
“E mi dispiace se non ho mai avuto il coraggio di dimostrarti quanto io tenga a te. Perché solo grazie a te ho potuto capire quanto la vita possa essere imprevedibile ma in un modo straordinario, come te. Volevo lo sapessi. Volevo sapessi che…”
“Ascoltami, John. Sono sicuro che pensi veramente tutto questo che mi hai detto e non voglio essere insistente ma penso che dovresti andare avanti e lasciare che l’accettazione della mia mancanza si possa fare sopportabile e devi solo concentrarti sul tuo futuro che sarà impegnativo ma ne varrà la pena perché la tua famiglia ha bisogno di te e so che ce la farai, John, so che sarai capace di”
“Dio mio, sta zitto.”


E afferrandogli il viso, fece quello che avrebbe riscritto tutta la sua vita, tutta la loro vita.
Lo stava baciando lentamente, come se Sherlock non dovesse partire, come se Mary non stessi lì a guardarli con il cuore in gola, come se il mondo fosse fermo per loro e per quel momento che John voleva durasse per sempre.
Lo stava baciando e nient’altro poteva importargli, né Mycroft che si ritrovò impietrito davanti a quella scena, né qualsiasi altra cosa che poteva accadere in quel momento poteva fermarlo.
Lo baciava ed era la sensazione più giusta e soddisfacente e bella che aveva mai provato.
Le mani di Sherlock gli stringevano le spalle.
Il silenzio era enorme.
Sentivano che in quel momento erano racchiusi tutti gli anni che avevano passato insieme, tutte le lacrime spese l’uno per l’altro, tutti i gesti nascosti, le parole non dette, i sorrisi stroncati per paura che potessero diventare baci.
Come negare ormai quello che ogni cellula del loro corpo stava provando?
Come far finta che quello non era in realtà quello che avevano sempre voluto e che le ingiustizie della vita gli avevano negato?
 Rimasero per un tempo indeterminato così, con la fronte appoggiata l’una all’altra e le bocche socchiuse.
Il volto di Sherlock ancora nelle mani di John che si trovò il viso bagnato da una lacrima.
“Ora capisci che non posso lasciarti andare?”
La voce di John era un sussurro che sfiorava le labbra calde di Sherlock.
“Non posso lasciare andare via proprio ora l’uomo che amo da tutta la mia vita.”
Si distaccarono piano e Sherlock non riusciva ancora ad aprire gli occhi.
“J-John…cosa abbiamo fatto? Cosa…”
Sherlock era felice da poterne morire ma allo stesso tempo sapeva che aveva incasinato tutto, che le conseguenze sarebbero state colossali e che avrebbe voluto baciare di nuovo il suo John in quel momento.
La sua mente era un inferno, era comandata da quel sentimento che con quel bacio prese il sopravento.
Ed era bellissimo.
Dopo neanche un secondo fu avvolto dalle braccia di John che lo strinsero a sé in un abbraccio che stavolta non era un addio ma un per sempre.


Nel silenzio, Mycroft consigliò di cecare di gestire un attimo la situazione e disse: “Non so come, ovviamente, ma”
“Andiamo a casa.” Lo interruppe Sherlock.
A quella frase John, inevitabilmente, sorrise.
Era tutto quello che voleva anche lui: andare a casa
Mary era una sfinge e durante il viaggio non proferì parola.
Sherlock e John, seduti sui sedili posteriori, non si lasciarono la mano neanche per un secondo, con sotto la pelle la strana ed impossibile sensazione che se lo avessero fatto si sarebbero persi per sempre.


L’appartamento del 221B di Baker Street non era mai stato così pieno di tensione.
Nelle loro poltrone era seduti John e Sherlock, ancora in religioso silenzio.
Mycroft Holmes se ne stava in piedi con una postura che non gli si addiceva: le spalle più curve del solito e un volto stanco, preoccupato.
Mary era poggiata vicino alla porta con le braccia incrociate sulla pancia prominente che ogni tanto accarezzava.
Il cielo fuori era grigio e freddo come in una tipica mattinata londinese.
Cosa poteva rompere il silenzio se non la Signora Hudson che disse: “Cosa succede qui?”
“Non è un buon momento.”
La voce di Sherlock fu abbastanza per farle capire la terribile serietà della situazione e per farla sparire dalle scale da cui era venuta.
“Io penso che prima di risolvere la questione della tua partenza, fratello, dovresti risolvere la questione con i coniugi Watson. Questione che non mi compete quindi, sarò felice di intervenire quando avrete finito. Fino ad allora cercherò di temporeggiare riguardo la partenza di Sherlock con il Consiglio che sarà, spero, clemente con la scusa che gli filerò.”
Prese il suo ombrello, si schiarì la voce e salutando con un cenno del capo andò via lasciando la parola al più coraggioso: John.
“Mary.”
La donna alzò il capo e un’espressione calma le riempiva il volto.
“John, non mi devi dare alcuna spiegazione. Noi due sappiamo chi sei veramente e non voglio metterti nella posizione di scegliere.”
“Non avrei mai pensato che tu l’avresti fatto.”
“Ascoltami ora, John.”
Mary sorrideva anche se negli occhi un velo di tristezza non poteva nasconderlo.
Sherlock la guardava e tutto quello che avrebbe dovuto fare era scusarsi con lei ma non lo faceva, non voleva farlo.
Non voleva scusarsi di amare John, non era giusto nei confronti di sé stesso e fin ora era stato fin troppo ingiusto con la sua parte che era capace di amare.
Rimase in silenzio a vedere i due che chiarivano le cose.
“Non pensavo che questo giorno sarebbe arrivato. Ma non perché pensavo che l’amore che nutrite l’uno per l’altro non fosse abbastanza, anzi. È il contrario.
Proprio perché so quanto siete necessari l’uno per l’altro, ho pensato: se non si sono confessati tutto fino ad ora non lo faranno mai.
Non ora che John ha una responsabilità come una figlia.”
John abbassò lo sguardo.
“Ma…l’amore è amore. Chi sa quando e come sboccia? Chi sa quando prende coraggio per vivere?  E so anche che non si può fermare quindi io non voglio fermarvi. Non posso farti questo, John.”
Pausa.
Fece pochi passi verso John e lui le sorrise mentre lei continuò.
“Non voglio che nostra figlia abbia un padre infelice e frustrato.”
Sorrideva ed era un sorriso luminoso.
“Voglio che abbia un padre consapevole e fiero di chi è, che viva la sua vita al meglio e che sia sorridente ogni qual volta la veda. Almeno questo è l’unica cosa che ti chiedo.”
La gola di John bruciava e non poteva credere alle sue orecchie.
“E’ tutto quello che voglio, Mary. Nonostante tutto voglio renderla felice, voglio esserci.”
“Lo so.”
“Voglio che tu sappia che io ci sarò in ogni momento per lei.”
“So anche questo.”
John ormai era in piedi e stringeva le mani di Mary nelle sue che tremavano.
“Sei un brav’uomo John, non ne ho mai dubitato. Ma avresti dovuto essere più sincero con  te stesso. Avresti dovuto cogliere la prima occasione per essere felice.
Con Sherlock.”
Lei lo guardò e Sherlock accolse quello sguardo complice.
Mary era sempre stata consapevole di tutto ed era pronta a lasciare che il destino facesse il suo corso.
“Bene.” gli disse lei, e lasciò le sue mani.
“Penso che ora voi due dobbiate parlare un po'.”
“Mary aspetta.”
Sherlock si alzò e l’abbracciò.
“Volevo solo ringraz”
“No, Sherlock. Non devi. Se c’è bisogno di ringraziare qualcuno, quel qualcuno sei tu perché senza te John non sarebbe l’uomo che ho imparato ad amare.
Senza te non è l’uomo che vorrei che fosse. Ma ora quell’uomo deve essere felice. Quindi, datevi da fare.”
Mary stava piangendo silenziosamente da quando aveva iniziato a parlare, era inevitabile.
Prese la sua borsa e con un ultimo cenno del capo lì salutò, sparendo dietro la porta che si chiuse piano.
Sherlock non avrebbe comunque saputo come risponderle.
I due si guardarono non poco turbati da quella situazione.
Sebbene sembrava che il problema principale, Mary, fosse stato risolto e sentivano che lei era stata sincera, coraggiosa e matura come era sempre stata, non poteva nascondere un’ansia che faceva pensare a un lieto fine tutt’altro che lieto.
Infatti, non era finita ancora la giornata ed effettivamente i loro negativi presentimenti furono confermati. Ma non era Mary la complicazione.


Quella sera Mycroft tornò con una notizia che nessuno dei due avrebbe voluto sentire anche se significava che Sherlock sarebbe potuto restare.
Moriarty era tornato.
Era a Londra e pronto a fare un’altra mossa.
“Non volevo interrompere…qualsiasi cosa io abbia interrotto.”
“Non hai interrotto nulla.”
disse Sherlock, ma in realtà lui e John erano seduti sul divano a parlare di cose importanti, le loro mani erano intrecciate e John aveva appena allontanato le labbra dal collo di Sherlock.
Quando Mycroft realizzò la scena, risero a labbra serrate per l’espressione buffa e il rossore che invase quel volto severo.
Dopo le notizie che doveva dare loro, andò via.
“Bene. Ci sentiremo presto, fratello. Vi auguro…una buona continuazione.”
Strinse la mano a John e scendendo le scale disse chiaramente:
“Forse dovrei farei rimuovere le telecamere, non dovrei?”
Sherlock sgranò gli occhi e rassegnato scoppiò a ridere come fece John.
“Mio fratello è…”
“E’ divertente”
“Divertente?!”
“Beh, ha il senso dell’umorismo almeno.”
“Mio dio, il mondo sta davvero andando a rotoli.”
John si avvicinò, gli si mise a cavalcioni sedendosi sul suo ventre e poggiò le braccia sulle sue spalle.
Gli sfiorò il naso con il suo e lo baciò piano.
“Se il mondo sta finendo, ci sono ancora un paio di cose che vorrei fare con te, Sherlock Holmes.”
Sherlock gli stava massaggiando la schiena con le sue grandi mani ma era abbastanza pietrificato per la vicinanza così esplicita di John.
“Hey, tutto bene?” gli chiese comprensivo il dottore.
“Sherlock annuì nervosamente.
“Sì, è solo che … penso mi ci vorrà un po' per abituarmi a questo.”
E lo strinse a sè.
John sorrise dolcemente.
Si baciarono profondamente ed entrambi pensarono che potevano svegliarsi da un momento all’altro e perdere tutto quello che finalmente avevano raggiunto.
“Non ci credo. Sherlock, che cosa stiamo facendo?”
John aveva gli occhi chiusi e il volto poggiato sul petto di Sherlock.
“Non lo so, John. Ma sento che è la cosa giusta, no?”
“Sì. La cosa più giusta che abbia fatto nella mia vita.”
“Non esagerare sempre.”
Si sorrisero.
“Non esagero. Lo sei.”
“Sono cosa?”
John sospirò.
“Vuoi davvero che te lo dica? Il tuo ego non è ancora abbastanza grande?”
Ora si guardavano e si stringevano le mani.
Quei piccoli gesti non gli erano mai sembrati così naturali eppure speciali.
“Sì.”
Sherlock divenne serio.
“Dimmelo.”
John quasi si preoccupò per quel volto e quello sguardo così deciso che aveva di fronte.
“Certo. Lo sei. Sei la cosa più bella della mia vita e la decisione più giusta che potessi mai prendere.”
Dopo qualche secondo, il tempo necessario per la sua mente di imprimere quel momento nel suo palazzo mentale perché, mio dio quanto fu bello sentire quelle cose, Sherlock  disse: “Ah, c’è un’altra cosa.”
“Mh mh.”
“Anche io.”
John lo guardò stranito e chiese a cosa si riferisse.
“Anche io ti amo, John.”
Lo disse a bassa voce.
Voleva fosse una cosa che solo John potesse percepire.
Erano parole così intime che quasi ebbe paura nel dirle ma sapeva che non c’era nulla da temere ora.
Ora che John gli era addosso a sorridere e passava le sue dita tra i suoi capelli.
 

Al 221B di Baker Street ora vivevano non solo i due uomini più saggi, gentili e coraggiosi mai conosciuti, uniti da un’amicizia profonda e indistruttibile forgiata da mille avventure, ma anche i due uomini più felici e innamorati che sarebbero mai esistiti.
Due uomini che hanno aspettato troppo per essere sé stessi pur sapendo che chi loro erano veramente, importava.
Sherlock Holmes e John Watson.
Inseparabili come i loro nomi.
Uniti fino alla fine dalla splendida, incredibile avventura della loro vita. 
   
 
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