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Autore: JEH1929    21/12/2017    1 recensioni
"Perché, per quanto si cerchi di fuggire dal passato, di lasciarselo alle spalle, quello è sempre lì dietro l’angolo, pronto a richiamarti indietro alla minima deviazione.
Non posso sfuggire all’attrazione fatale di Neptune."
Fanfiction ambientata 5 anni dopo la fine della terza stagione, senza tenere conto del film e dei libri.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan Echolls, Un po' tutti, Veronica Mars
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Porto il boccone di cibo alla bocca controvoglia. La discussione appena conclusa con mio padre non mi stimola certamente a mangiare. Neanche lui sembra avere molta voglia di cibo, infatti, dopo qualche secondo, spinge via il piatto e si alza, pronto a lavare i piatti.
- Papà…
- Veronica, non ho intenzione di continuare ancora la discussione.
Mentre tornavamo in auto dalla Mars Investigation, avevo sommerso mio padre di domande su Clarence Wiedman, senza alcun risultato. Lui continuava a sostenere che non poteva dirmi niente sul caso e io continuavo ad insistere. Non mi aveva voluto dare alcuna informazione.
- Non mi sembra giusto che tu non mi dica niente di un caso dei Kane. – insisto di nuovo.
Mio padre mi lancia un’occhiataccia.
- Non vedo perché dovrei dirti qualcosa.
- Perché sono i Kane e perché io prima lavoravo con te.
- Primo, potrebbero non essere i Kane ad avermi affidato il caso, ma Wiedman in persona…
Faccio un’espressione scettica.
- … Secondo, tu lavoravi per me, ma adesso non lo fai più, come hai gentilmente sottolineato, e quindi non devo dirti un bel niente. – conclude.
Gonfio le guance, irritata. Non è affatto giusto.
- Non hai detto niente neanche a Weevil. È strano.
- Eli ha già i suoi incarichi, non è necessario che abbia a che fare anche con questo caso.
- E gli hai detto di rifiutare tutti gli altri casi.
Mio padre sospira, esasperato.
- Veronica, basta.
- Ma…
- Niente ma. Non posso dire niente. Il mio cliente ha chiesto il massimo riserbo e mi sembra il caso di mantenerlo. Non posso dire niente, neanche a te.
L’assoluta serietà di questa affermazione mi sorprende e non riesco a replicare nient’altro.
- A proposito, come sta Logan? – chiede.
Alzo lo sguardo su di lui, gli occhi sgranati dalla sorpresa. Come fa a sapere che ho trascorso la giornata con Logan.
- Stai cominciando a diventare prevedibile, Veronica. Perdi colpi. – dice, facendomi l’occhiolino.
Per fortuna sembra non avere intenzione di farmi un’altra paternale.
- La situazione non è semplice, ma Logan se la cava, come sempre. – rispondo.
- Già, alla fin fine, nonostante i soldi e la fama, non ha avuto una vita facile.
Non rispondo. Cos’è questa improvvisa indulgenza verso Logan?
- Vado a dormire. – dice, dopo qualche minuto.
Guardo l’orologio, sono appena le dieci di sera. Pensavo di poter trascorrere un po’ di tempo con lui, dopo tanto tempo che non ci vediamo.
- Domattina devo alzarmi presto. Sarò fuori tutto il giorno.
Inarco un sopracciglio, ma mi trattengo dall’aggiungere qualcos’altro. Mentre lui entra nella sua camera e si chiude la porta alle spalle, rifletto che non mi lascerò fregare in questo modo da mio padre. Scoprirò senza alcun dubbio cosa riguarda questo misterioso caso.
 
 
Il telefono suona ininterrottamente da qualche minuto ormai, ma non ho alcuna voglia di alzarmi. Ritrovarsi nel proprio letto dopo tanto tempo è confortante in una maniera che non avrei immaginato e non ho alcuna voglia di interrompere questo momento di pura contemplazione per alzarmi e prendere il cellulare. La casa è vuota e Backup starà dormendo tranquillo sul divano.
Improvvisamente mi viene in mente che potrebbe essere Frank e che, non rispondendogli di nuovo, potrei notevolmente complicare la mia già delicata situazione. Mi alzo in fretta e afferro il telefono, rispondendo alla chiamata senza neanche vedere il mittente.
- Pronto?
- Veronica!
Riconosco la voce di Travis all’istante e tiro un piccolo sospiro di sollievo.
- Ciao, Travis.
- Allora non sei morta! Stavamo cominciando a preoccuparci per te. Sei sparita da un momento all’altro senza lasciare traccia e Frank non è più riuscito a rintracciarti.
Deglutisco, sedendomi di nuovo sul letto.
- Avevo bisogno di una pausa e di tornare un po’ a casa.
- Quindi non ha niente a che fare con quello è che successo mentre tentavi di abbordare Montana?
- No. – mento.
- Bene, comunque suppongo che dovresti richiamare Frank e spiegargli la situazione. Non l’ha presa molto bene.
- Molto bene quanto?
- È incazzato nero.
Sospiro. So di non essermi comportata molto bene, ma quello che è successo ha di nuovo ribaltato completamente la mia vita.
- Sono secoli che non prendo un giorno di ferie, ne ho tutto il diritto. – rispondo, più duramente di quanto vorrei.
- Non è quello il punto. Frank si è arrabbiato perché dopo aver combinato quel casino con Montana sei sparita lasciandogli solo un messaggio.
- Va bene, va bene, adesso lo richiamo.
Dopo qualche altro minuto di conversazione, Travis riattacca dopo avermi aggiornato sui casi principali dell’ufficio, tranne quello su Montana, ovviamente.
Quindi mi vesto e faccio colazione. Mentre mi lavo i denti, sento bussare alla porta. Sulla soglia Mac mi osserva, le mani sui fianchi e l’espressione arcigna.
- Ciao Mac. – la saluto, mentre mi scosto per farla entrare.
- Se venuta qui per aiutare Wallace e sei sparita per una giornata intera senza andare nemmeno una volta a parlargli.
Abbasso lo sguardo, so che ha ragione.
- Mi dispiace. – rispondo, - Ho avuto delle cose da fare.
Mac si siede sul divano, mentre metto in ordine la cucina.
- Non dirmi che stai facendo quello che penso io… - dice dopo un po’, come se tutto ad un tratto si fosse resa conto di qualcosa di terribile. So a cosa si sta riferendo.
- Mac…
Il mio tono leggermente lamentoso sembra confermare la sua affermazione e questo le fa assumere un’espressione ancora più arrabbiata.
- Pensavo che avessi finito di essere ossessionata da lui. E invece sei andata a infilarti in un altro dei suoi casini.
Mac non è solita giudicare quello che faccio. Il nostro rapporto ha solide basi, ci vogliamo bene, ma non siamo quelle amiche che si dicono tutto, che si confidano i segreti o che si danno consigli non richiesti. Io sono un tipo piuttosto chiuso e tendo a tenere le cose per me, lei fa più o meno lo stesso. Non credo che potrei mai arrivare ad avere con Mac lo stesso tipo di rapporto che avevo con Lilly e neanche ci tengo particolarmente. Amavo Lilly, ma so riconoscerne i numerosi difetti. Il tipo di rapporto migliori-amici lo avevo più con Wallace, anche se era raro che confidassi i miei segreti anche a lui
Però so che, come quasi tutte le persone intorno a me, neanche Mac apprezza particolarmente Logan.
- Non tutto è come sembra. – rispondo.
Mac scoppia a ridere.
- Non hai resistito e sei andata a trovarlo?
- No, ci siamo incontrati per caso e lui mi ha chiesto di aiutarlo. Non ho potuto dire di no.
- Certo che non hai potuto. – risponde ironica.
Le lancio un’occhiataccia, mentre vado a sedermi al suo fianco sul divano.
- Hai scoperto qualcosa? – chiede dopo un po’.
- Non lo so, forse.
- Pensi che lui sia innocente?
- Ne sono sicura.
- Non penso neanche io che sia colpevole. Per quanto sia idiota e fuori di testa, non è un assassino.
- Quindi non pensi che meriti un po’ di aiuto?
Mac non risponde, ma si limita a fissare il vuoto.
- Vedi di non incasinarti troppo, Veronica.
Si sta preoccupando per me.
- Non lo farò. – le rispondo. Almeno ci proverò, termino nella mente.
- Allora cosa facciamo oggi? – chiede.
- In che senso?
- Dobbiamo portare Wallace da qualche parte a distrarsi e scoprire cos’ha.
Improvvisamente ricordo il mio appuntamento con Logan per questo pomeriggio. Dobbiamo andare a parlare con Sean e magare sentire anche cosa ha da dire Dick, però non posso lasciare così Wallace, avevo promesso che lo avrei aiutato e vederlo in quello stato l’altro giorno mi ha scosso abbastanza.
- Andiamo a cena fuori tutti insieme, io devo fare una cosa prima. – rispondo.
Mac aggrotta le sopracciglia.
- Ma come? Pensavo di andare a fare shopping insieme.
Inarco un sopracciglio, non mi sembra affatto un’occupazione da Mac, infatti, quando mi giro a guardarla, mi accorgo che sta scherzando e scoppiamo a ridere insieme.
- D’accordo, divertiti al tuo appuntamento. – mi strizza un occhio, mentre si alza, e io le lancio l’ennesima occhiataccia.
- Pensa tu ad avvertire Wallace, ci vediamo qui da me verso le sette.
Mac annuisce, ci salutiamo e lei esce.
 
 
Ero rimasto, per tutta la mattina, in uno strano stato di ansia. L’incertezza di non sapere cosa fare e di dover aspettare un cenno di Veronica per farlo mi sta uccidendo. Giro per la casa come un’anima in pena, in attesa di un segno di vita da parte sua, che però non si fa sentire. Ieri sera siamo rimasti d’accordo sul fatto che sarebbe stata lei a chiamarmi e che poi saremmo andati a parlare con Sean.
- Ehi, amico, mi stai facendo venire ansia.
Dick, sdraiato sul divano con il joystick in mano e il videogioco in pausa, mi lancia un’occhiata, mentre continuo a vagare per la stanza. Ho provato per un po’ a rimanere arrabbiato con Dick per la brutta storia di due giorni fa, quando mi ha portato al locale e siamo stati assaltati da giornalisti e fans, ma non ci sono riuscito più di tanto: rimanere arrabbiati con Dick non è facile, anche perché lui non sembra mai rendersi troppo conto di quello che fa, è come avere a che fare con un bambino, la maggior parte delle volte, anche se io, meglio di chiunque altro, so che c’è qualcos’altro, nascosto dietro la facciata da ragazzone sempre alla ricerca di divertimento.
- Aspetto una chiamata da Veronica. – rispondo.
- Come al solito sempre dietro alle sue gonnelle.
Gli lancio un’occhiata assassina e lui si limita ad alzare le braccia, ma in fondo so che non ha tutti i torti. La mia orbita sembra tornata a girare intorno a quella di Veronica. È sempre così quando lei si avvicina a qualcuno. Splende di luce propria, di una abbagliante luce propria, mentre noi altri, semplici pianeti, ci affanniamo a orbitarle intorno.
- Ehi, ma non è che siete tornati insieme?
Sospiro, scuotendo la testa. Sapevo che prima o poi me lo avrebbe chiesto e probabilmente sta succedendo lo stesso a Veronica. Gli altri non riescono a capire quello che c’è tra di noi. Anche se non dovessimo mai più tornare insieme, cosa del tutto probabile, ora come ora, ci sarà sempre qualcosa a tenerci legati in qualche modo. Non possiamo vivere in un mondo dove l’altro non esiste. In qualche modo finiamo sempre per riavvicinarci, soprattutto quando la situazione si mette male e ci troviamo in qualche modo in difficoltà.
Finalmente squilla il telefono, cerco di non affrettarmi troppo nell’andare a rispondere o Dick potrebbe prendermi in giro.
- Pronto?
- Logan, sono Veronica.
Ovviamente avevo riconosciuto la sua voce prima che si identificasse.
- A che ora?
Il silenzio dall’altro lato della cornetta si prolunga troppo per i miei gusti.
- Veronica, ci sei? – chiedo.
- Sì.
- A che ora vengo da te?
- Ecco, Logan… mi dispiace.
Le dispiace? Continuo a non capire.
- Cosa stai cercando di dirmi? – chiedo, con un tono più duro di quanto vorrei.
- Non posso più aiutarti.
Rimango in silenzio, scioccato, incapace di pronunciare un’altra parola. Lei sembra percepirlo, perché si affretta a spiegare.
- Devo tornare a San Diego.
- Sì, ma poi tornerai a Neptune? – riesco a pronunciare le parole a fatica.
- No, non tornerò…
Almeno non per aiutare me, concludo mentalmente. Di nuovo non riesco a dire niente.
- Il mio capo è arrabbiato, ha minacciato di licenziarmi se non mi tiro fuori dalla situazione. Ha paura che possa essere cattiva pubblicità per la Rooney Investigation. Gli ho spiegato che lo sto facendo a mio nome e non a suo nome e mi ha detto che chiunque lavori alla Rooney non può investigare privatamente su altre cose. Mi dispiace.
Dal tono della voce sembra veramente dispiaciuta, eppure per un secondo mi sembra di non stare parlando con la Veronica Mars di mia conoscenza. Chi è questa sconosciuta che segue le regole e non fa niente per opporvisi?
- Posso pagare, posso pagare il tuo capo. Qualunque cifra. – sento la disperazione nella mia stessa voce.
- Logan… - riesco a percepire anche il dolore nella sua e allora capisco.
- Il tuo capo pensa che sia un caso perso in partenza e che non ci sia possibilità che io non sia colpevole e che quindi sarebbe soltanto cattiva pubblicità. È questo il motivo.
Il silenzio dall’altra parte della cornetta mi conferma la veridicità di ciò che ho appena affermato.
- Logan, mi dispiace…
La sua voce mi arriva come un sussurro, mentre riattacco la chiamata.
 
 
Decido di non prendere l’auto per arrivare fino al ristorante dove ho appuntamento con Wallace e Mac. Ho bisogno di chiarirmi le idee. Non che abbia molta scelta in realtà, come confermano i bagagli già pressoché pronti all’ingresso di casa mia. Il tono glaciale di Frank al telefono è stato peggiore di ogni urlo, di ogni rimprovero, di qualsiasi altra cosa. Ma Frank è un investigatore, sa esattamente come trattare le persone. Quello che mi fa rabbia è come io sia potuta cadere facilmente in un tranello tanto stupido. E vorrei non avere sentito la delusione nella voce di Logan, l’accusa di averlo tradito, quasi come se adesso lo considerassi colpevole. Scuoto la testa, cercando di cancellare il pensiero martellante di non stare facendo la cosa giusta: questa sera mi devo concentrare soltanto su Wallace.
Arrivata a destinazione mi accorgo che Wallace e Mac sono già arrivati e che sono in compagnia di una terza persona. Sul momento non riesco a riconoscerlo, ma poi la fisionomia generale, il taglio di capelli, il modo di inclinare il collo, mentre ride di qualcosa che Mac sta dicendo, mi congelano sul posto. Piz.
Sono ancora immobile, quando Wallace mi vede e mi viene incontro. Saluto lui e Mac come un automa. Piz non è cambiato affatto della nostra rottura e anche se ci siamo separati da amici, in realtà non abbiamo avuto molte occasioni di rincontrarci dopo che lui se ne è andato da casa nostra. Tuttavia mi rivolge un sorriso gentile, il classico sorriso da Piz, e anche io non posso fare a meno di sorridergli a mia volta.
Entriamo nel ristorante e finalmente riesco a trovarmi vicino a Mac.
- Potevi anche dirmelo. – sibilo.
- Pensavo che ti fosse del tutto indifferente.
- Lo è, ma non è comunque una bella situazione.
- Veronica, pensa a Wallace, aveva bisogno di tutti i suoi amici intorno a sé e, come ben sai, Piz è uno dei suoi migliori amici.
Annuisco, sentendomi uno schifo, ancora di più di quanto non mi sentissi prima.
La serata procede tranquillamente, Wallace sembra stare meglio, sorride spesso e, a qualche battuta di Piz, riesce perfino a scoppiare a ridere. Lentamente l’atmosfera riesce a tornare quella di una volta, quando noi quattro ci riunivamo per divertirci, e alla fine mi rilasso. Arrivo perfino a dimenticare che domani devo tornare a San Diego e il fatto che Logan mi ha riattaccato in faccia.
- Allora, Veronica, come stanno Travis e Jenny? – la domanda di Piz mi riporta alla realtà.
- Bene. – rispondo, mentre il groppo a livello della gola torna a formarsi.
- Hai preso qualche giorno di ferie?
Annuisco.
- Veronica è venuta qui per aiutare me. – interviene Wallace, salvandomi, e gli rivolgo un sorriso di ringraziamento.
- Ah, pensavo che fossi tornata per dare una mano a Logan Echolls. – risponde Piz.
Lo fa con grande naturalezza, senza doppi fini, semplicemente perché è Piz e perché non potrebbe mai pensare male di nessuno.
Il silenzio cala al nostro tavolo.
- Domani torno a San Diego. – riesco a dire alla fine.
Mac mi rivolge un’occhiata interrogativa e leggermente sconcertata. Non si aspettava di certo che abbandonassi Logan, perfino Wallace mi guarda un po’ sconvolto.
Piz finalmente afferra l’antifona e lascia perdere il discorso, tuttavia non riesco più a rilassarmi come era successo poco prima.
 
 
Guardo fuori dal finestrino, imbarazzata. Quando siamo usciti dal ristorante, vedendo che ero venuta a piedi, Piz ha insistito per riaccompagnarmi. Io ho cercato di declinare la sua offerta il più gentilmente possibile, ma è stato irremovibile. Mac e Wallace, poi, l’hanno incoraggiato, meritandosi un’occhiataccia ciascuno. Se non altro vedere Wallace ridere, dopo la brutta impressione che mi ha fatto l’altro giorno è stata davvero una bella cosa. Anche stasera non c’è stato modo di scoprire niente di interessante su New York, né di capire se il mio sospetto su Jackie possa essere confermato, però sentire la sua risata e vederlo rilassato quasi come un tempo mi ha davvero fatto sentire bene, nonostante il mio disagio per tutto il resto.
- Allora, Veronica, come stai? – Piz interrompe il silenzio.
Mi ha già posto questa domanda e io ho già risposto, ma questa volta so che pretende che io dica la verità. Avendo vissuto insieme per un bel po’, deve pur capire almeno un minimo quello che mi passa per la testa, altrimenti non saremmo potuti durare tanto a dispetto delle differenze inconciliabili che alla fine ci avevano diviso.
Non rispondo, non sapendo esattamente neanche io come sto.
- Intendi riguardo a un argomento in particolare o in generale? – chiedo alla fine.
Lui sembra pensarci su per qualche secondo.
- Sai, quando Wallace e Mac mi hanno chiamato per venire a cena fuori con voi e mi hanno detto che ci saresti stata anche tu, all’inizio sono stato felice. Pensavo che anche tu sapessi della mia presenza.
Si interrompe, continuando a guidare un po’ in silenzio. Ormai casa mia è vicina.
- Ma poi, quando mi hai visto e hai fatto quella faccia, mi sono reso conto che tu non ne sapevi niente e che non eri affatto contenta di vedermi…
- Non è vero… - cerco di interromperlo, ma lui non mi lascia finire.
- Sai, per un po’, dopo la nostra rottura, dopo quello che mi hai detto… tutto quel discorso sull’essere troppo diversi, ho pensato che avessi torto e che alla fine te ne saresti accorta e saresti tornata da me. Ma poi…
- Ti sei reso conto che avevo ragione?
- No.
Lo guardo stranita, senza capire. Lui accenna un sorriso.
- Non è vero che non stiamo bene insieme perché siamo diversi. Non stiamo bene insieme perché tu hai bisogno di qualcos’altro. Dici di avere bisogno di una vita tranquilla, di un lavoro stabile, di qualcuno che non ti causi mai problemi, di non avere mai discussioni.
Si interrompe di nuovo e io lo guardo interrogativa, in attesa che continui. All’improvviso, mi rendo conto che siamo fermi davanti a casa mia da non so quanti minuti e che adesso stiamo semplicemente parlando, anche se Piz continua a stringere il volante.
- La verità è che tu vivi di queste cose. Tu vivi dei problemi, dei conflitti, delle discussioni. Senza di essi ti annoi. Con me…ti annoi. – lo dice lentamente, come se gli costasse uno sforzo enorme.
- Non è vero. – ribatto.
Quello che sta dicendo sono un mucchio di sciocchezze. Non può davvero pensare quello che ha appena detto. Sicuramente non è la verità.
- Adesso devo andare. – dico dopo un po’.
Piz annuisce, accennando un altro dei suoi sorrisi gentili. Non riesco a non sorridere a mia volta, nonostante il peso a livello dello stomaco non se ne sia affatto andato.
- Ci rivedremo? – non posso fare a meno di chiedere.
Piz scuote la testa.
- Torno a San Diego domattina presto, il lavoro mi attende.
Lo saluto e poi scendo dalla macchina. In quel momento riconosco un’auto sportiva parcheggiata vicino alla mia, un uomo all’interno, che guarda nel vuoto.
 
 
Vedere Veronica uscire dalla macchina di un uomo non era stato un bello spettacolo per me, specialmente nello stato d’animo in cui mi trovavo in quel momento. All’inizio avevo pensato a Handstone, ma poi, quando il volto dell’interlocutore di Veronica era stato casualmente illuminato, lo avevo riconosciuto. Non avevo potuto fare a meno di sussultare e di stringere il volante fino a farmi sbiancare le nocche. Li avevo fissati per tutto il tempo in cui erano rimasti a parlare nell’auto. Minuti, forse, ma per me erano state come ore. Quando alla fine Veronica era scesa dall’auto, senza baciare o abbracciare Piz, le mie mani si erano inconsciamente rilassate. Avevo guardato i palmi e avevo riconosciuto le mezzelune delle unghie che mi ero conficcato nella carne.
Ero arrabbiato, con Veronica, ma soprattutto con me stesso. All’inizio vederla con Piz mi aveva fatto soltanto imbestialire ancora di più, nonostante non volessi ammetterlo. Eppure, vederla scendere senza che ci fossero scambi di effusioni mi aveva fatto sentire meglio.
- Logan, che ci fai qui?
Veronica finalmente mi ha visto e si avvicina alla mia macchina, anche se sembra lievemente incerta. Forse ha paura che la attacchi o che la insulti in qualche modo. E non posso biasimarla per questo. Sarebbe una normalissima reazione che ci si può aspettare da me. Però non ne ho l’intenzione, affatto. Desidero solo parlare con lei. E allora perché non mi vengono le parole?
- Volevo parlarti. – dico.
Lei annuisce, accorgendosi che non sono affatto aggressivo, e si avvicina, appoggiandosi al finestrino aperto. I nostri bracci di sfiorano, ma lei non sembra farci caso.
- Logan… senti… - inizia.
- Non giustificarti. – rispondo, con tono leggermente duro.
- Mi dispiace.
- Lo capisco. Arrivo sempre io ad incasinarti la vita.
Lei rimane in silenzio e sembra riflettere, io sono in attesa.
 
 
Appoggiata al finestrino macchina di Logan, le nostre braccia che si sfiorano, mi rendo conto di una cosa. Io sto sacrificando la libertà, se non la vita, di Logan per la mia sicurezza personale.
Ho sacrificato tante cose nel corso della mia vita per arrivare al punto in cui sono adesso. Una di queste è stata la mia relazione con Logan e anche la mia relazione con Piz. Ho sacrificato i miei amici, Wallace e Mac, abbandonandoli a sé stessi, quando loro hanno continuato a rimanere al mio fianco per anni. Ho sacrificato perfino il rapporto con mio padre, l’unica costante della mia vita. Sono davvero disposta a sacrificare di nuovo Logan?
Alzo gli occhi e volto la testa verso di lui. Logan mi sta guardando, come in attesa di qualcosa. I suoi occhi nocciola piantati dritti nei miei mi trasmettono tutta la sua tristezza, la sua rassegnazione. Non è arrabbiato, stranamente non mi odia nemmeno. Sembra quasi che stia perdendo le ultime speranze, lui che, nonostante tutto quello che ha passato, ha continuato a lottare in un modo o nell’altro, adesso sembra sul punto di rinunciare.
Penso a Frank, a quello che mi ha detto oggi per telefono, penso a Wallace, così triste e solo, a Mac, che dimostra sempre la sua forza anche se in realtà è più fragile di quanto sembra, a Piz, al suo sorriso triste quando mi ha detto che mi annoiavo con lui, a mio padre e al suo caso misterioso e poi a Logan, ai suoi occhi sconsolati, a quello che abbiamo passato, a tutto quello che gli devo e che lui deve a me.
All’improvviso, senza pensare a quello che faccio, sporgo un braccio nella sua direzione e gli sfioro leggermente i capelli, mentre un sorriso malinconico mi compare in viso. Lui si irrigidisce per qualche secondo, come non se non si aspettasse questa reazione da parte mia ed effettivamente non me la aspettavo neanche io. Poi ritraggo la mano, ma continuando solo a guardarci. Rimaniamo così per diversi minuti, senza dire niente, senza fare alcun movimento, solo continuando a fissarci, la tristezza di uno riflessa negli occhi dell’altro.
Alla fine è lui a distogliere lo sguardo e mi sembra quasi che mi manchi il fiato. I suoi occhi sono ancora più tristi di prima.
- Questo è un addio? – dice, inclinando la bocca in quello che dovrebbe essere un sorriso, anche se somiglia più a una smorfia.
Lo guardo confusa, senza sapere cosa rispondere, e lui sembra interpretare il mio silenzio come un consenso. Sposta la sua attenzione dal mio viso al quadro dell’auto e gira la chiave per far ripartire il motore.
- Logan…
Si ferma e si volta nella mia direzione, con un’espressione interrogativa.
- Non vado da nessuna parte. – dico, prima di avere la possibilità di ripensarci.
Lui non risponde, un’espressione confusa sul volto.
- Non torno a San Diego. Rimarrò fino a quando non avrò scoperto chi ti ha incastrato.
- E il tuo lavoro? – chiede dopo un po’.
- Frank sa quanto valgo, non mi licenzierà.
- Veronica, non voglio…
- Ormai ho deciso. – lo interrompo, sorridendo.
Alla fine un sorriso spontaneo compare anche sul suo volto, mentre l’espressione triste piano piano sembra svanire dai suoi occhi.
- Ti accompagno alla porta. – dice e insieme ci avviamo verso casa mia.
Arrivati sulla soglia, abbasso lo sguardo. Mi blocco all’istante, congelata sul posto, mentre un brivido mi attraversa la schiena. Logan si accorge che qualcosa non va e mi si avvicina.
- Veronica, tutto bene? – chiede.
Ma i miei occhi restano puntati verso il pavimento. Una lettera raffinata, color crema, come la carta da matrimonio, spicca in tutta la sua eleganza sul pianerottolo. Senza aspettare ulteriormente una mia reazione, Logan la raccoglie e la apre, senza chiedermi il permesso. Poi me la mostra.
“Bentornata a Neptune. Non aspettavo altro.
A presto”
Il carattere è sempre lo stesso. La lettera non dice altro, però mi si gela il sangue ancora di più. Pensavo che sarei sfuggita al mio stalker almeno qui a Neptune, ma l’incubo mi ha raggiunto anche a casa.


Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo.
Ringrazio L Ignis_46
   
 
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