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Autore: PrincessintheNorth    22/12/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MURTAGH
 
- Signore?
A quel punto, mi venne voglia di ammazzarlo, quel ragazzino.
Sarà stata la ventesima volta, in un’ora, che continuava a chiamarmi per le più stupide cose. Al soldato uno non va bene la spada, all’altro si è rotto l’arco … c’erano persone deputate a svolgere certe attività, il fabbro e il carpentiere. Che quei soldati andassero da loro.
Grazie.
Per non parlare del fatto che erano due settimane che gli ricordavo che avevo un nome. Ma lui sembrava dimenticarsene miracolosamente.
- Cosa c’è adesso?
-  Ehm … dicono che il pranzo tarderà ad essere pronto perché non sono riusciti ad ammazzare la pecora.
Perfetto.
Una giornata splendidamente perfetta.
- Va bene. – sbuffai, prendendo una galletta. Quel cibo mi ricordò di lei, di quella “gita” in nave di tre giorni che avevo provocato sbagliando la rotta completamente. Katie che mi guardava stringendo gli occhi e dicendo “se è mangiabile, è cibo. E non lamentarti.”
Pensare a lei riuscì un po’ a risollevarmi l’umore. Almeno l’avrei rivista molto presto, e con lei il piccolo. Probabilmente avrebbe avuto un pancione enorme.
Con lei però sarebbero arrivate anche le due pazze scalmanate. Non mi dispiaceva rivederle, mi erano mancate, ma avremmo dovuto badare a loro. Io ero perennemente occupato, e lei incinta. Non potevamo affidarle a qualche soldato, anche perché loro due erano piccole molto diffidenti e riservate, sia prima ma soprattutto dopo la fuga da Winterhaal, e non volevano stare con nessun altro a parte Katie, e in parte me.
Non importa, non è impossibile. Annabeth è tranquilla, la curerò io. April starà con Katherine, anche perché vuole stare solamente con lei.
 Si poteva fare. In fondo, anche a Lionsgate avevo dei doveri che alla fine avevo delegato.
Derek mi aveva affidato la vita delle sue figlie e di sua nipote, e almeno per me loro tre erano più importanti di qualunque terra.
Lanciai un occhio al cassetto della scrivania, poi lo aprii per assicurarmi che fosse ancora lì.
La scatolina di velluto blu era intatta, ma la aprii comunque per verificare che l’anello ci fosse.
Era lì, per fortuna, luccicante e pronto per essere dato a Katie.
Magari in quei giorni sarei riuscito a trovare l’occasione …
Forse.
- Signore …
Respira profondamente, Murtagh. Non prendere la spada e sfilettare quel ragazzino. Fa solo il suo lavoro, sono i tuoi soldati che ti rompono le balle. Non sfilettare il ragazzino.
- Cosa?!
- La pecora aveva l’aviaria … e per risparmiare, il cuoco ha deciso che oggi si salterà il pranzo.
Di bene in meglio.
Sperai che Katherine arrivasse in fretta, così da portarmi un po’ di felicità.
 
 
 
 
 
Quella giornata fu un tripudio di “signore?”. Come minimo, quattro in un’ora, e solo dal ragazzino: perché ogni volta che uscivo, poi tutti dovevano parlarmi dei loro problemi, anche se c’erano delle figure più adatte di me a risolverli.
Ma loro no. Loro dovevano rivolgersi a me. Ma santi dei, hai il dito rotto, va dal medico, no?! No!
Alla fine, arrivai a sera che ero stanchissimo.
Per fortuna, Castigo mi aveva tenuto un po’ di compagnia, raccontandomi delle storielle che April e Annabeth si erano messe a raccontare. Lui non capiva bene cosa stessero dicendo, ma dato che io e Katherine ci eravamo occupati a lungo di loro, intendevamo praticamente ogni parola.
Così venni a conoscenza del fatto che April, una volta arrivata, mi avrebbe chiesto di giocare al cavallino.
E Annabeth pure.
Rimasi in piedi fin oltre la mezzanotte, per finire di ultimare alcune strategie e capire come guadare l’Anora, perché giustamente proprio nel punto in cui si andava al Nord, si trasformava in un lago, e attraversarlo era il modo più veloce di arrivare.
Anche il ragazzino, che avevo scoperto chiamarsi Sìgurd, era rimasto in piedi.
- Quindi Katherine arriverà presto? – chiese.
La Principessa Katherine, mi venne da correggerlo. Poi decisi di lasciar perdere. 
- Mmh. Ti interessa? – ridacchiai. Di certo non avevo paura che mi rubasse Katie, in fondo aveva quindici anni.
- Beh … in realtà …
- Cosa?
- È mia cugina …
A quel punto mi voltai verso di lui, sconvolto.
Ecco perché mi era sempre sembrato familiare.
Adesso che lo guardavo in volto, era impossibile negare la somiglianza con Katie, evidentemente era da parte di Derek. Gli stessi occhi castano chiaro, e forse il naso.
Di sicuro, il ciuffo ribelle, il classico tratto degli Shepherd, che accomunava Derek, Katherine ed April, e in minor misura Annabeth. Anche lei aveva il suo bel ciuffetto biondo incontenibile, ma non dotato di vita propria come quello delle sue zie e di suo nonno.
- Non è possibile.
Beh, in realtà era possibilissimo.
Più che cugino, sembrava il fratello minore di Katherine.
Ma Sìgurd annuì, arrossendo. – Sono il figlio di Jasper ed Alienor …
- Sei un Principe del Nord, come diavolo sei finito a fare da intendente a me?!
- Mia madre mi ha detto di scappare … sono riuscito ad arrivare al Tridente e prendere una nave. Poi, ho trovato un passaggio e sono arrivato qui.
- Sapevi che Katie era qui e non … non hai detto niente? Sapevi che io ero qui, che ti avrei accolto, e non hai detto niente? Neanche un “mi chiamo Sìgurd e sono cugino di Katherine?”
- Ho deciso di trarre il massimo da questo viaggio di fuga. – spiegò, abbassando gli occhi. Come faceva sempre Katie quando pensava alla sua casa. – Ho sempre voluto diventare un Cavaliere … un Cavaliere dei Draghi. Non volevo trattamenti di favore e volevo crescere davvero, senza troppi agi, capire com’è la vita vera, non quella di un principe.
  Volevo diventare un uomo, e dover affrontare gli altri e la vita era l’unico modo. Volevo diventare forte, un vero uomo del Nord, coraggioso come Katie e te.
Voglio che lei mi prenda in Marina e voglio anche essere un Cavaliere dei Draghi. Lei non ha ottenuto ciò che ha solo con il suo nome. Per legge avrebbe avuto la Marina, ma mio zio ha voluto che lei la meritasse, e così lei ha fatto.
  Voglio navigare e voglio volare, so che è ciò che voglio fare. Mia cugina non ha bisogno di uomini deboli e in certe posizioni solo per il proprio nome. In Marina bisogna fidarsi ciecamente della propria ciurma, perché il mare è la più devastante delle forze della natura.
  Devo essere alla sua altezza, alla vostra, per entrare. Voglio essere alla sua altezza. E l’unico modo per diventarlo era affrontare la vita. Quindi lo sto facendo. – disse. Nelle sue parole c’erano la passione e il desiderio di chi vuole intensamente qualcosa, di chi ha un sogno ed è fermamente deciso a realizzarlo.
Se Katherine non l’avesse accettato nella Marina, allora non era poi così sveglia come pensavo.
- E poi volevo proteggerla. – aggiunse rapidamente. – Proteggere lei e le piccole. Seguire te era l’unico modo per tornare a casa e imparare, quindi è ciò che ho fatto.
- Sìgurd?
A quella voce, ci voltammo entrambi.
Katherine era lì, all’ingresso della tenda, gli occhi pieni di lacrime.
Era arrivata.
-  Katherine …
- Sìgurd, sei tu?
Le lacrime iniziarono ad abbandonarle gli occhi, e quando il cugino annuì si corsero incontro. Lei singhiozzava, e le ci vollero cinque minuti per calmarsi.
- Cosa diavolo ci fai qui? – sussurrò asciugandosi le ultime lacrime.
- Io …
- Siediti. – le dissi. Dopotutto, era incinta. Doveva essere stanchissima.
Probabilmente, notò che esistevo anch’io solo in quel momento.
Le tremarono le labbra, ma per qualche ragione non sembrava solamente felice.
Ma alla fine, la riebbi tra le braccia anch’io, in lacrime.
- Sei stato attento? – fu la prima cosa che mi disse.
- Certo, amore. Anche se non c’è stata ancora una battaglia sono stato attento.
- Bene … - sussurrò.
- Parliamo dopo, noi. – le proposi. Così avremmo potuto avere tempo per noi.
Un piccolo sorriso le affiorò in volto, e capii che avevo fatto centro.
Rimase tra le mie braccia ancora un momento, poi prese una sedia e si sedette.
- Sìgurd, non credere che non sia felice, anzi, ma perché vuoi costringermi a fare da tata anche te? Tu almeno riesci a dire Katherine, vero? – ridacchiò, prendendolo in giro.
- Non dovrai badare a lui. – le risposi. – Ma insegnargli.
- E cosa? – gli chiese.
- Voglio entrare in Marina. Ed essere un Cavaliere. – disse Sigurd.
Lei annuì lentamente, con un’espressione pensosa, e capii che non era più Katie, ma Katherine, Ammiraglio della Flotta.
- Sai che non avrai subito un vascello, vero? Che il primo compito che avrai sarà quello da mozzo?
Lui annuì, convinto.
- La vita del mare è dura. Il cibo non è come quello di casa, la nave non è pulita come le stanze di un palazzo e non ci sono momenti di riposo.
- Lo so. Ma è ciò che voglio fare, Katie.
- Ti sei iscritto all’Accademia?
- Sì.
- E?
- Sono uscito con il massimo dei voti. In tutto. E il mozzo l’ho già fatto.
Un sorriso orgoglioso le dipinse le labbra.
- Allora sarà un vero piacere per me averti sulla mia nave, Sìgurd Jaspersson. – disse.
A lui si illuminarono gli occhi.
Poi aggrottò le sopracciglia.
- Posso? – mi chiese il congedo dai suoi doveri verso di me. Doveri che in realtà io neanche avevo richiesto, me l’ero ritrovato tra capo e collo.
- Se hai il diploma dell’Accademia, allora sei a tutti gli effetti un ufficiale di Marina. Non vedo perché dovresti chiedermi il permesso di fare il tuo lavoro.
Un gran sorriso gli aprì il volto.
- Inizia a prepararti. – sorrise Katie. – Le navi arriveranno presto.
- Sissignore, cioè, Katie, cioè …
- Cioè vai a dormire, che è tardi e sei piccolo.
Lui la guardò male. – Ho quindici anni.
-  Lo so. – rispose lei. – Sei piccolo.
- Katie, mi dispiace dirtelo ma ti supera in altezza. Sìgurd, va a dormire, che a momenti crolli.
Alla fine, andò, e rimasi da solo con lei.
Finalmente, potei stringerla e baciarla. Era lì, con me.
Quel mese era stato un’agonia senza di lei.
- Come va il piccolo? – mormorai sfiorandole la pancia. Non era gonfia … era esattamente come l’avevo lasciata.
- Bene. – sorrise.
- Ma … perché non hai il pancione?
Rise. Anche se quella risata non mi convinse. Sembrava un po’ forzata.
Ma forse ero io, che ero stanco.
- Murtagh, è ancora minuscolo. La pancia inizia ad essere ingombrante verso il quarto mese. – mi rassicurò. – Non preoccuparti. Qua dentro va tutto a meraviglia.
Per fortuna.
- Sai già cos’è?
- Ma se ti ho detto che è piccolissimo! – rise. Stavolta, era una risata meno falsa.
- Va bene …
Un altro bacio. Ne avevo bisogno.
Perciò glielo rubai.
- Le bambine?
- Sono state veramente bravissime. – disse, con ammirazione. – Non me l’aspettavo, ma sono state veramente brave. Avessero dieci o dodici anni, darei ad ognuna una medaglia. Ma penso che gli darò un bel regalo una volta a casa.
- Sì, intanto …
Scostai la tenda che divideva la parte dove ricevevo le persone a quella privata, dove c’era il letto.
Che poi, letto.
Era singolo.
Non ci saremmo mai stati.
Lei era incinta, avrei dormito per terra.
- Non so se ho voglia … - mormorò.
-  Tranquilla. Io di sicuro adesso non ce l’ho. – cercai di non sbadigliare di fronte a lei. Nonostante il suo arrivo improvviso mi avesse mandato sulla luna, la giornata non era stata esattamente facile.
- Bene …
Si sedette, e poi aspettò che lo facessi.
- Allora?
- No, tu dormi lì, sei incinta. – le dissi. – Io dormo qui.
- Non dire cagate. – sentenziò.
- Aspetti un bambino e hai viaggiato a dorso di drago per giorni.
- È un mese che sei stressato e oggi hai avuto una brutta giornata, te lo si legge in faccia. E non è mai un bene quando le cose ti si vedono così facilmente, perché vuol dire che non ce la fai più davvero. – ritrattò. – C’è spazio per entrambi.
- Katie, stacci tu, sei più comoda …
- Ma smettila.
A quel punto, decisi di accontentarla.
Già ero stanco di mio, non era il caso che mi mettessi a discutere con una ragazza incinta e già sclerata di suo.
Perciò, la raggiunsi a letto.
- Contenta?
Il sorriso che fece fu il più vero che le avessi visto in viso da quando l’avevo rivista.
 
 
   
 
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