Capitolo 22
Regina lasciò l’ospedale dietro di sé con un’angoscia nel
cuore. Si sentiva in colpa per quanto stesse succedendo. Non perché la
situazione in cui si trovava Emma era colpa sua, ma perché per colpa sua aveva
reso la vita di quella donna un inferno per molti anni e ora sembrava che il
fato continuasse ad accanirsi lei. Se solo non fosse stata così accecata
dall’odio verso Neve, Emma avrebbe avuto tutto quello che una persona avrebbe
voluto fin dall’inizio e forse il fatto che non sarebbe diventata la salvatrice
forte come era ora, non sarebbe stato poi così male. Forse il mondo creato dal
desiderio della regina cattiva qualche anno prima, non mostrava esattamente
come sarebbe stata la vita di Emma. Magari era tutto creato con il solo intento
di sconfiggere la salvatrice. La sua vita sarebbe stata, si un po’
superficiale, come quella della maggior parte delle principesse, ma con una
madre come Neve, le veniva difficile pensare che sarebbe cresciuta codarda e
con nessun amore verso il suo popolo.
Sospirò. Era inutile avere quei pensieri. Ormai il passato
era passato e ora le toccava il duro compito di dire quanto stesse succedendo a
Henry.
Pensò a lui e comparve nella sua stanza, nell’abitazione di Killian ed Emma.
“Henry!” lo chiamò . Il ragazzo non rispose. Era intento a
scrivere con fare veloce, come se fosse in trance.
Regina comprese che era sotto l’effetto dei suoi poteri e si
sedette sul letto, dove egli si trovava e attese che il ragazzo finisse.
Henry tornò in sé e sussultò quando vide la madre davanti a
lui, che lo osservava con un dolce sorriso.
“Mamma!”
“Vedo che hai scritto la storia di quello che ci è successo
in questi giorni, fino a mezz’ora fa!” disse Regina, notando i disegni che
corrispondevano a quanto successo nella foresta incantata del passato e
leggendo la richiesta di Hook a Whale di salvare
Emma.
Henry annuì “Non ero venuto qui per questo.
Volevo…volevo curare la mia mamma e il
mio futuro fratellino o sorellina. Poi ho cominciato a scrivere la vostra storia
e…ora che so come le loro condizioni sono peggiorate sono ancora più tentato di
scrivere di una loro guarigione miracolosa!”
Regina prese le mani del ragazzo e gli chiese “Sei sicuro di
quello che vuoi fare?”
Henry la guardò negli occhi e disse “Non l’ho fatto quando è
diventata la signora oscura e so che non dovrei farlo nemmeno adesso. Non
voglio diventare l’autore che era Isaac, ma voglio aiutare mia madre!”
Regina gli accarezzò il volto e disse “Lo so tesoro, lo so…ma
non è questo il metodo giusto. Vuoi essere un eroe, ma gli eroi non usano i
loro poteri a vantaggio proprio, non è così che funziona!”
“Ma io non lo faccio a mio vantaggio. Voglio solo che mia
madre sia felice e se perderà il bambino…”cominciò Henry con le lacrime agli
occhi.
Regina sorrise tristemente “Ascoltami Henry. Tu hai un cuore
d’oro, ma come è successo a Isaac, anche tu verrai punito se utilizzi i tuoi
poteri in modo sbagliato. Credi che Emma se lo potrà mai perdonare se dovesse
accaderti qualcosa per colpa sua?”
“Ma non sarebbe colpa sua, sarebbe una mia scelta e lei
avrebbe una famiglia felice con il bambino e…” disse Henry.
“Henry no. Non sarebbe felice allo stesso modo. Anche tu sei
suoi figlio e vuole il tuo benessere prima di ogni cosa al mondo. Credimi, lo
so. Lo capirai quando diventerai padre, un genitore non può scegliere un figlio
piuttosto che un altro e il semplice fatto che non sia propriamente lei a
scegliere, ma tu, non le può essere d’aiuto. Henry sei stato tu a farmi
cambiare e a portarmi ad avere speranza e…lo so, non è facile adesso, ma
dobbiamo continuare a crederci. In un modo o nell’altro le cose si
sistemeranno! Forse non adesso, ma prima o poi le cose andranno meglio. Te lo
prometto!”
“Non farmi promesse che non puoi mantenere!” disse Henry.
“Hai ragione Henry, ma tu promettimi di continuare a credere.
Hai il cuore del vero credente, se smetti tu, come possiamo noi?”
Henry abbozzò a un sorriso e annuì.
Regina gli accarezzò i capelli, poi alzandosi disse “Vieni,
immagino tu voglia vedere tua madre prima che vada in sala operatoria per dirle
che le sei vicino!”
All’ospedale Killian e i Charmings entrarono nella stanza dove era stata destinata
Emma. Era la stessa della volta scorsa.
Killian si fermò alla soglia della porta.
Sentendosi invadere dalla paura per quella scelta che si era visto costretto a
fare. Aveva appena condannato a morte il loro bambino e non sapeva se aveva
fatto la scelta giusta. Forse se c’era la minima probabilità che il bambino
sopravvivesse doveva provare, ma il rischio di perdere entrambi era troppo
elevato per poter rischiare. Aveva già perso Milah in
passato e nonostante non fosse il suo vero amore, aveva sentito il suo cuore
frantumarsi e il dolore per la perdita lo aveva ossessionato per anni, finchè non aveva incontrato lei: Emma. Era stata lei a
cambiarlo e a darle la speranza di un lieto fine e la possibilità di perdere
anche lei era…era un dolore troppo enorme da sopportare solo a pensarlo.
Rimase lì, lontano a osservare la sua figura immobile addormentata
e pallida, circondata da macchinari collegati a lei e al suo ventre per
monitorare il bambino. Collegata a una flebo, vi era una sacca di sangue, per
andare a integrare quello che poco prima aveva perso.
Neve e David invece si avvicinarono al letto. Neve a malapena
riusciva a vedere il viso della figlia a causa delle lacrime che le offuscavano
la vista.
Le accarezzò i capelli e le disse che sarebbe andato tutto
bene, poteva solo immaginare il dolore che avrebbe provato la donna quando
avrebbe scoperto che il suo bambino era andato per sempre. Sapeva cosa voleva
dire perdere un figlio e anche se non era ancora nato, non vi era differenza.
L’amore di una madre iniziava dal concepimento. Ricordava il dolore che provò
quando vide David allontanarsi con la piccola Emma per portarla alla teca e
quando Neal venne rapito da Zelina. Avrebbe voluto morire. Era un dolore
inimmaginabile e avrebbe fatto di tutto purchè sua
figlia non provasse un tale dolore di nuovo, perché infondo quel dolore lo
aveva già provato quando aveva deciso di separarsi da Henry per garantirgli una
vita migliore.
Sembrava che nella loro famiglia erano tutti destinati a
provare questo dolore, ma lei e David avevano avuto la loro seconda chance e trovava
giusto che anche sua figlia potesse provare le gioie di crescere un figlio.
David strinse e baciò la mano di Emma. Gli si stringeva il
cuore a vederla in quelle condizioni. Come padre voleva proteggerla e in quel
momento si sentiva impotente. Avrebbe voluto una vita diversa per la figlia,
una vita dove lei non era la salvatrice e dove poteva essere felice, come
la maggior parte dei personaggi delle
fiabe.
Sentì i singhiozzi di Neve e avrebbe voluto anche consolare
lei. Sapeva cosa stesse provando. Lo stava provando lui stesso. Aggirò il letto
di Emma, per raggiungere la moglie e l’abbracciò e la lasciò piangere sulla sua
spalla e mentre le strofinava la schiena, alzò lo sguardo su Killian che non si era ancora mosso.
David poteva vedere dal suo volto, che gli mancava poco per
crollare. Inizialmente non sopportava quel pirata, lo considerava un furfante,
inadatto alla figlia e fece poca fatica a non mettere i bastoni tra le ruote
alla loro relazione, ma vedendo come era cambiato, come amava sua figlia e come
lei amava lui, aveva preso a volergli bene, nonostante avesse ucciso suo padre.
“Killian!” disse, sebbene nemmeno
lui lo chiamasse spesso con il suo vero nome, ma in quel momento non gli
sembrava il caso di chiamarlo con i suoi soliti appellativi. “Vieni avanti!”
Killian guardò il volto di David sul quale
si disegnò un piccolo sorriso. Era un sorriso di incoraggiamento ad avvicinarsi
a non rimanere imprigionato nella paura che lo stava divorando.
Il pirata deglutì la saliva in eccesso e si avvicinò.
David lasciò Neve e mise una mano sulla spalla dell’uomo,
prima di uscire dalla stanza con la moglie.
Killian nonostante si fosse avvicinato al
letto, era ancora distante. Ancora paralizzato. Non riusciva a trovare la
forza, così come avevano fatto Neve e David e in quel momento stava facendo
Henry, entrato nella stanza con Regina.
“Mamma, non so se puoi sentirmi, ma non devi perdere la
speranza. Non devi smettere di credere! Ricordi? Quando ti ho portato qui, non
credevi a niente, pensavi che quello che ti dicevo erano solo le fantasie di un
bambino con una fervida immaginazione e poi…hai cominciato a credere. Hai visto
più volte cosa può fare la speranza e devi continuare a sperare, non devi
mollare proprio ora!” disse il ragazzo cercando di trattenere le lacrime.
Regina non disse niente, appoggio le mani sulle spalle del figlio e osservò
Emma. Non aveva bisogno di dire niente. Henry aveva detto quello che anche lei
pensava.
In quel momento entrò Whale che
annunciò il momento per Emma di entrare in sala operatoria.
Regina portò Henry fuori mentre Killian
non si mosse “Potrei avere ancora un paio di minuti per favore?” chiese l’uomo
con una voce triste e debole.
Whale annuì e lo lasciò da solo con il suo
vero amore.
In quel momento Killian trovò la
forza di avvicinarsi a Emma e le afferrò la mano, facendo caso a quanto fosse
delicata. Era difficile immaginare Emma come una donna delicata e fragile, per
la forza che la caratterizzava, ma sapeva anche che molte volte era solo una
maschera. Infatti quando erano soli la donna mostrava anche il suo lato debole,
cercando forza e conforto in lui e ora aveva paura che con la sua decisione,
avrebbe rovinato tutto, che la donna avrebbe rimesso la sua armatura e questa
volta per sempre.
Killian le accarezzò i capelli disordinati e
le spostò una ciocca di capelli ribelli dal viso. Nonostante il pallore del suo
volto, la trovava bellissima. Poi portò la mano al suo ventre ancora piatto.
Non sapeva a quante settimane fosse e in quel momento non lo voleva sapere.
Rendeva quel bambino, di cui non aveva ancora visto nemmeno un’ecografia ancora
più reale.
Guardò il macchinario che indicava i valori del figlio che
non avrebbe mai abbracciato e vide il valori del suo cuore. Non capiva niente
di medicina e non sapeva quanto anomalo fosse il numero dei battiti del cuore
del bambino, ma sapeva che le cose stavano peggiorando, perché vide quel valore
calare sempre di più fino a diventare zero.
Il macchinario cominciò a emettere un fischio acuto e
continuo e fu proprio in quel momento che Killian si
ruppe e scoppiò a piangere.