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Autore: dreamlikeview    23/12/2017    5 recensioni
Castiel ha 24 anni, un fratello minore e sogna di trovare il vero amore.
Dean ha 26 anni, un fratello minore e non crede nell'amore.
Un giorno di inizio dicembre si incontrano, e da questo incontro, la loro vita è destinata a cambiare.
[Destiel, Christmas, Human!AU]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Desclaimer: Niente di tutto ciò ha come fine il guadagno, nessuno dei personaggi mi appartiene (perché altrimenti sarebbero canon già dalla quinta stagione) e non intendo offendere nessuno.

Avviso: L'autrice è un'inguaribile romantica e ama scrivere anche cose ricche di fluff, amore e romanticismo. Una semplice One Shot - not very short - per augurare a tutti i miei seguaci un felice Natale. 
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Once upon a December.
 
How does a moment last forever?
How does our happiness endure?
Through the darkest of our troubles
Love is beauty, love is pure
Love pays no mind to desolation.
(How does a moment last forever – Celine Dion)
 
C’erano due cose che Castiel Novak, ex studente di lettere, attuale bibliotecario, aspirante scrittore, residente a New York, amava della sua vita: pattinare sul ghiaccio e leggere per i bambini che frequentavano la biblioteca il sabato mattina. Castiel si sedeva sempre sulla stessa panca, prendeva un libro di leggende o di favole e ne leggeva una ai bambini, che finivano per ascoltarlo interessati ed emozionati, soprattutto per le voci buffe che assegnava ai vari personaggi. Amava vedere i loro sorrisi, ascoltare le loro fragorose risate e osservarli scegliere il libro che preferivano, chiedendogli poi se potevano portarlo a casa per leggerlo. E il pattinaggio, beh, il pattinaggio era un’altra storia, aveva messo per la prima volta i pattini a quattro anni, quando suo padre lo aveva portato al lago ghiacciato e lo aveva portato a pattinare. Aveva amato il pattinaggio fin da subito, si sentiva libero quando scivolava sul ghiaccio, si sentiva libero sentendo il freddo gelido sul viso e il cuore gli batteva forte nel petto, quando prendeva velocità. Era la sensazione più bella che avesse mai provato, ed era l’unica cosa che gli rimaneva di suo padre, fin da quando lui se ne era andato, abbandonando lui, sua madre e suo fratello minore, Samandriel. Quando l’uomo era andato via, lui aveva solo vent’anni, suo fratello dodici e Castiel, in quanto maggiore, aveva dovuto prendere in mano la situazione, divenire l’uomo di casa e prendersi cura di sua mamma e Samandriel. Aveva lasciato il college, aveva mandato curriculum in tutta la città, ma alla fine, passando davanti ad una biblioteca, aveva visto il cartello cercasi aiuto-bibliotecario, ed era entrato. Il colloquio era stato semplice, rapido e gli avevano dato il lavoro, il suo capo era un tipo abbastanza simpatico, con la passione per i dolci, un certo Gabriel Trick, ed era stato davvero molto accomodante con lui, gli aveva spiegato ogni cosa e lo aveva messo perfettamente a suo agio in un luogo di lavoro nuovo. Castiel si era subito messo all’opera, si era rimboccato le maniche e aveva iniziato a sistemare e ripulire le aree più in disuso, aveva svuotato scatoloni, riempito scaffali, e alla fine aveva scoperto che avere a che fare con i libri era la sua vocazione, al punto tale da iniziare a desiderare di vedere esposto un libro con il suo nome impresso sulla copertina. Era un desiderio stupido, visto che alla fine era più il tempo che passava in biblioteca, che quello in cui riusciva a scrivere, ma stava bene, sua madre e suo fratello stavano bene, e il minore sarebbe andato al college una volta finito il liceo. Da quattro anni, aiutava sua madre con le spese domestiche, c’erano mesi in cui doveva lavorare di più per poter pagare le bollette, altri mesi in cui riusciva anche a concedersi l’acquisto di qualcosa che desiderava o di cui aveva bisogno – come quando per necessità, aveva dovuto acquistare un cellulare nuovo, perché il suo era pressoché morto – o altri in cui era lui a fare la spesa quotidiana. Aveva solo la domenica come giorno libero, e lo sfruttava per andare alla pista di pattinaggio, e restarci più tempo, dove poteva liberarsi e rilassarsi sui pattini, dove si sentiva libero di essere se stesso e non il ragazzo con delle responsabilità più grandi di lui sulle spalle. Vi andava ogni volta che aveva tempo, e nel periodo natalizio, riusciva a recarsi lì quasi tutti i giorni dopo il turno in biblioteca che finiva intorno alle sette. Sebbene fosse un ragazzo con la testa sulle spalle e i piedi perfettamente per terra, sapeva anche sognare, sperare in un futuro migliore per lui e la sua famiglia. Non sognava l’amore eterno, o infinito, anche se credeva in esso, sperava solo di trovare qualcuno che potesse fargli provare emozioni, qualcuno che potesse farlo sentire amato, nel modo in cui aveva bisogno, qualcuno, non importava se uomo o donna, che lo consolasse nelle sere difficili e lo ascoltasse quando non aveva più voglia di andare avanti, semplicemente qualcuno che lo amasse e basta. Aveva bisogno di sentirsi amato, aveva bisogno di essere stretto forte e consolato, aveva bisogno di qualcuno che allontanasse da sé tutti gli incubi e semplicemente lo facesse ridere, aveva bisogno di qualcuno che portasse nella sua vita una ventata d’aria fresca. Non aveva mai avuto nessuno, era sempre stato solo in un certo senso. Non aveva molti amici, e i pochi che aveva erano maggiormente colleghi della biblioteca o semplici conoscenti. Amava sua madre e suo fratello minore e con entrambi aveva un rapporto splendido, lei, sebbene si sentisse in colpa per la decisione di suo figlio di abbandonare gli studi, era orgogliosa del ragazzo e del fatto che si era rimboccato le maniche per aiutare la famiglia in un periodo così terribile – Castiel ricordava bene i mesi seguenti all’abbandono, aveva visto sua madre crollare e lasciarsi andare, e non poteva abbandonarla anche lui.
Era alla pista di pattinaggio, quando la sua vita cambiò radicalmente. Stava pattinando, libero come sempre, attento a non cadere o a non urtare le persone; alcune ragazze lo guardavano interessate e affascinate, e dei bambini si inseguivano, c’erano anche delle coppiette che pattinavano mano nella mano, quando improvvisamente una forza bruta lo spinse per terra. Il colpo arrivò rapido, e il dolore alla schiena fu quasi inevitabile, chiuse gli occhi all’impatto e restò senza fiato per qualche istante, mai in tutta la sua vita gli era capitato di cadere sul ghiaccio così violentemente, quello che gli era finito addosso doveva essere un armadio o qualcosa del genere per averlo spinto in quel modo.
«Porca puttana!» esclamò la persona sopra di lui «Scusa amico, non ti avevo proprio visto, ti sei fatto male?»
«No, sono solo ferito nell’orgoglio» rispose schiettamente Castiel, aprendo gli occhi, e ritrovandosi negli occhi più belli che avesse mai visto, wow, non era stato investito da un energumeno a sei ante, ma da un vero e proprio angelo.
«Meno male» disse sollevandosi da lui, rivolgendogli un sorriso mozzafiato «Io sono Dean, e ti chiedo umilmente scusa» si scusò con lui, porgendogli la mano in un gesto gentile, Castiel lo guardò scioccato e restò qualche istante in silenzio senza sapere come reagire, poi gli afferrò la mano e sorrise leggermente.
«Oh, non…non importa» disse poi sbloccandosi «Io sono Castiel» si presentò.
«Ti chiedo ancora scusa, ma vedi quel tizio alto quasi due metri che mi fa ciao con la mano?» chiese indicando con la testa un ragazzo poco distante da loro, che sghignazzava e guardava nella sua direzione muovendo una mano a mo’ di saluto «Mi ha convinto a venire a pattinare, quando sa che sono totalmente negato» si lamentò «Mi ha spinto, e credevo non ci fosse nessuno, quando ti ho visto ho cercato di deviare, ma non ci sono riuscito e ti sono venuto addosso» disse ancora con tono lamentoso, poi il suo sguardo si posò sull’altro e sorrise compiaciuto, mentre Castiel si interrogava sul perché di quello sguardo un po’ strano «Ma credo di essere stato dannatamente fortunato ad essere caduto su un angelo come te» disse ammiccando. Il moro inclinò leggermente la testa e studiò il volto dell’altro alla ricerca di una vena di divertimento o di presa in giro, perché non era possibile che qualcuno parlasse così con lui. Nessuno gli faceva complimenti o qualcosa di simile, anzi nessuno lo notava mai. Riusciva facilmente a passare inosservato, forse a causa del suo lavoro o per qualcosa di se stesso che ancora non capiva, ed era semplicemente strano l’atteggiamento di Dean.
«Ho detto qualcosa che ti ha offeso?» chiese.
«Cosa?»
«Non volevo offenderti, senti, facciamo una cosa. Usciamo da questa pista infernale, ti offro qualcosa di caldo da bere, ti va? C’è un chiosco poco fuori di qui» propose Dean, guardandolo ancora, cercando invano il suo sguardo.
Castiel batté le palpebre qualche istante, senza capire. Cosa stava accadendo? Perché quel ragazzo stava parlando in quel modo con lui? Come doveva reagire? Come doveva comportarsi? Perché si sentiva un idiota?
«Non mi hai offeso, è che… non sono abituato a ricevere complimenti. Non riuscivo a capire se scherzassi o dicessi sul serio e…» balbettò, adesso un po’ a disagio, abbassando lo sguardo sui pattini, mordendosi le labbra, dannazione era un idiota, era un idiota patentato e se ne era accorto anche uno sconosciuto che voleva solo essere gentile con lui. Aveva fatto di nuovo la figura dello strambo e… voleva solo essere inghiottito dal ghiaccio e magari svanire nel nulla «Io-Io devo andare, scusa, ciao!» esclamò poi, puntando i piedi per terra, e pattinando di corsa verso l’uscita della pista. Sfilò velocemente i pattini, infilò le scarpe e corse più velocemente possibile fuori dalla struttura. Poi corse a casa, e decise che avrebbe archiviato quella giornata, senza troppi ripensamenti. Aveva fatto una figuraccia, ma gli capitava così spesso che quasi era diventata un’abitudine, quindi non vi faceva più caso ormai.
 
Dean Winchester era un casino che camminava su due gambe leggermente storte, la vita non era stata clemente con lui, gli aveva portato via la mamma quando era ancora molto piccolo, e suo fratello Sam ancora un neonato, e gli aveva lasciato un padre con un serio problema di alcool e parecchia rabbia repressa. Cresciuto nel Kansas, aveva sempre avuto il timore delle grandi metropoli, ma quando suo fratello, ormai ventenne, gli aveva detto che sarebbe andato a New York, perché non sopportava più vivere con John Winchester, Dean non aveva esitato nemmeno un attimo a seguire il fratello minore in quell’avventura, perché se c’era una persona da cui non si sarebbe mai potuto separare, questa era il più piccolo. Vivevano a New York da un paio d’anni, Sam lavorava come cameriere in un bar, mentre lui aveva trovato lavoro presso una pasticceria, e in poco tempo si erano circondati di buoni amici, come Charlie Bradbury, la cassiera della pasticceria, Garth Fitzgerald, un collega di Sam, e Benny Lafitte, uno dei superiori di Dean. Lui e Sam vivevano in un piccolo appartamento nella periferia della città e conducevano una vita piuttosto tranquilla. Appena sbarcato a New York, Dean era rimasto strabiliato dalla grandezza di essa, tutto lì era più grande, e non era un eufemismo. Era felice di vivere lì, perché erano lontani da tutto ciò che aveva segnato la loro vita, ed erano sereni, Sam era sereno e lui era orgoglioso del suo fratellino. Non era stato per niente facile, ambientarsi, quando erano sbarcati lì, avevano pochi soldi, un borsone a testa e una vagonata di problemi. Ed era il periodo natalizio, Dean lo ricordava bene, due anni prima, quando erano fuggiti dal Kansas ed erano arrivati a New York, avevano festeggiato in una piccola e pidocchiosa camera di un motel, con cheeseburger e patatine, ed era stato il Natale migliore che avessero mai vissuto da una vita, si erano persino scambiati dei regali, Sam aveva regalato a Dean un portachiavi con un piccolo omino attaccato e Dean aveva regalato a Sam un simpatico cappello con una renna. Poi le cose per loro si erano in qualche modo sistemate, si erano rimboccati le maniche, sostenendosi a vicenda, avevano aderito agli annunci che trovavano sul giornale e alla fine, avevano trovato dei lavori accettabili. Per un po’ avevano vissuto in quella stanza di motel – avevano fatto amicizia con il proprietario, un simpatico uomo barbuto con un cappellino da baseball che si faceva chiamare Bobby, che, dopo aver sentito la loro storia, dopo quasi due settimane che soggiornavano lì, aveva permesso loro di restare, fino a che non avessero trovato un posto migliore. E in poco più di sei mesi, avevano messo da parte abbastanza soldi da poter cercare un appartamento. Un po’ ci erano rimasti male, quando avevano comunicato all’uomo che sarebbero andati via, ma lui aveva detto loro di tornare, ogni qualvolta ne avessero avuto bisogno. In quei due anni, comunque, quell’uomo era stato un punto di riferimento per loro, in una città nuova, e avevano iniziato a volergli bene come ad uno zio. Si erano ritrovati spesso ad andare a pranzo da lui nel fine settimana, e avevano instaurato con lui un ottimo rapporto. Avevano trovato un piccolo appartamento, lo avevano arredato come piaceva a loro, avevano trovato un lavoro e dei buoni amici, inoltre c’era Bobby che li aveva presi a cuore e si preoccupava che loro stessero bene e avessero tutto il necessario. Cosa potevano volere di più? Forse solo che loro padre avesse accettato le loro scelte di vita, piuttosto che decretare che fossero solamente dei falliti e lui non avesse più due figli – sì, John sapeva essere un vero bastardo a volte.
Tutto sommato, però, erano felici e appagati, finalmente stavano vivendo la vita che volevano ed erano sereni.
E poi Sam lo aveva convinto ad andare alla pista di pattinaggio, e lì Dean lo aveva visto. Era meraviglioso, un angelo su pattini, poteva essere suo coetaneo, o di poco più piccolo di lui, ma era rimasto rapito dai suoi movimenti sinuosi e aggraziati, dal suo modo di pattinare, dal suo modo di chiudere gli occhi e lasciarsi andare… e non poteva esprimere a parole la gratitudine che provava verso suo fratello per quel piccolo regalo che gli aveva fatto inconsapevolmente. Si era ritrovato ad andare spesso alla pista per vederlo, era moro, su questo non c’era dubbio, alto e muscoloso, affascinante, e dalle movenze aggraziate e delicate. Dean lo aveva osservato spesso, e sì, un po’ si era sentito uno stalker, fino a che suo fratello non lo aveva convinto  a parlargli, più che convinto, lo aveva letteralmente spinto tra le braccia dell’angelo del ghiaccio, come lo definiva lui. E gli aveva parlato, e poi si era specchiato in quegli occhi blu e aveva perso la testa, in modo imbarazzante lo aveva invitato ad uscire, aveva flirtato con lui, ma non aveva sortito alcun effetto. Lui era semplicemente scappato via, senza guardarsi indietro. Si era voltato verso suo fratello sconfitto e aveva alzato le spalle simulando che non gliene importasse poi molto. Però adesso conosceva il suo nome, Castiel, doveva solo studiare bene le sue prossime mosse, e cercare di tenere Sam lontano da quella storia, perché era imbarazzante parlarne con il minore, già era stato difficile dichiarargli di essere gay, anni addietro, certo, Sammy non aveva battuto ciglio, lo aveva abbracciato e gli aveva detto che gay o etero non faceva differenza, che era ugualmente suo fratello e ugualmente un idiota a temere il suo giudizio – non gli aveva mai detto che saperlo gli aveva tolto un enorme peso dal cuore – ma non avrebbe parlato con lui di sentimenti e cose del genere, non era da lui, non rientrava nel suo carattere.
«È andata tanto male?» chiese Sam guardandolo dall’alto con aria mortificata.
«Nah, è solo molto timido, credo» disse Dean, scuotendo la testa «Si chiama Castiel, ma non credo sia il tipo per me, andiamo, gli ho fatto un complimento ed è scappato via perché non capiva se stessi scherzando o dicessi sul serio» spiegò con tono lamentoso non poteva di certo dire al minore che aveva preso un’enorme cotta per il pattinatore sexy, lo avrebbe preso in giro fino alla fine dei suoi giorni. Sam rise un po’ e diede una pacca su una spalla al maggiore.
«Mi dispiace, Dean. di solito ti va bene con tutti» mormorò mestamente «Andrà meglio la prossima volta».
«Certo» disse il maggiore, annuendo. Ma già aveva in mente la sua prossima mossa con il bel pattinatore, se l’approccio classico non funzionava, avrebbe usato un cliché dei peggiori film americani.
 
«Lezioni di pattinaggio?» chiese Castiel strabuzzando gli occhi «Senti, non credo di essere la persona giusta, e-»
«Per favore, Castiel, sono disposto a pagarti. Vorrei non finire addosso a tutti i ragazzi carini che incontro» disse ammiccando leggermente. Era andato diretto, quel giorno, cercando di non cadergli addosso. Alla solita ora, di solito intorno alle sette di sera, Castiel era lì, sulla pista di pattinaggio e Dean lo aveva raggiunto sorridendo, tenendosi al bordo della pista per non cadere, e gli aveva proposto di dargli lezioni di pattinaggio. Era un approccio graduale, Castiel sembrava davvero un tipo timido e riservato, doveva andarci piano con lui, e per questo gli era sembrato che prendere le mosse da un cliché di un film, avesse potuto sortire degli effetti. Anche se Castiel non sembrava molto propenso alla cosa, anzi. Gli era sembrato quasi terrorizzato all’idea di dare lezioni di pattinaggio.
«Non-non io» smozzicò, mordendosi le labbra «Non posso. Non sono qualificato» disse come se volesse giustificarsi per la sua risposta negativa. Dean gli fece gli occhi dolci, quegli occhi verdi divennero ancora più grandi e irresistibili e Cas sentì la gola secca e il cuore in tumulto.
«Per favore, sarebbe importante per il mio fratellino» mormorò sbattendo le palpebre, rapendo lo sguardo del giovane di fronte a lui «Se accetti, questo è il mio numero, ci organizziamo per le lezioni e il tuo compenso» disse ammiccando. Castiel allungò timidamente una mano verso la sua per prendere il foglietto con il numero di Dean, e quando le loro mani si sfiorarono, un brivido d’emozione rotolò lungo la sua spina dorsale. A Dean non sfuggì quel brivido, e indugiò con la mano verso la sua, sorridendo leggermente «Ti devo sempre una cioccolata calda».
«Ci penso, okay?» mormorò «Non ti prometto niente» affermò ritraendo la mano dalla sua e riprendendo a pattinare nella direzione opposta alla sua. Dean si appoggiò con la schiena alla balaustra dietro di lui e lo osservò, wow, era incantevole, e non solo perché era incredibilmente sexy, ma perché era una serie di aggettivi che non riusciva a trovare, era attraente, e bellissimo, e affascinante, e magnetico. Se fossero gli occhi o altro, Dean non lo sapeva, ma quel ragazzo era un magnete e lui il suo fottuto pezzo di ferro, e doveva venire a capo di questa cosa. Restò lì ad osservare la gente pattinare, per circa mezz’ora, e si fece forza su se stesso e cercò di girare i tacchi e andare via, poi lo vide avvicinarsi di nuovo a lui, con le gote e il naso rossi, il fiatone e quello sguardo blu magnetico fu su di lui.
«Mio fratello desidera andare al college» gettò fuori «Un po’ di extra mi può far comodo, ma non aspettarti grandi cose. Non sono un pattinatore professionista».
«Non importa, davvero» rivelò con un sorriso spontaneo «Quindi quanto vuoi? E quando iniziamo?» chiese.
«Non so… non so come funziona» ammise, abbassando il capo «Ma anni fa ho fatto il doposcuola a dei ragazzini, mi davano dieci dollari a lezione. A te va bene?» chiese «E potremmo vederci ogni domenica, qui alle dieci».
«Perfetto, sì» annuì Dean, perché stava facendo una cosa del genere? Cosa c’era che lo attirava verso questo Castiel? «L’invito a prendere la cioccolata calda, però, è ancora valido» tentò. Si preparò all’ennesimo rifiuto da parte di quel ragazzo così affascinante, quando per la seconda volta lo sorprese.
«Sì, penso che accetterò, sto congelando».
Dean si sciolse in un sorriso felice e insieme a Castiel uscì dalla pista di pattinaggio, dirigendosi con lui al piccolo chiosco poco lontano da lì, dove entrambi presero della cioccolata calda, sorridendosi a vicenda. Era un buon inizio, tutto sommato il cliché dei film aveva funzionato.
 
**
 
Mancavano poche settimane a Natale, era sabato mattina e Castiel era nella biblioteca, nel reparto libri per giovani e stava leggendo ai bambini venuti quella mattina, Canto di Natale di Charles Dickens. Era una storia simpatica e a tema, visto che il Natale si avvicinava ed era una delle sue preferite. I bambini si divertivano soprattutto perché lui dava una voce diversa ad ogni personaggio, e gli ricordava quando era più piccolo e raccontava favole a Samandriel per farlo addormentare, quando il più piccolo aveva solo sette anni e lui già quindici. Samandriel aveva sempre adorato il modo di raccontare le fiabe del maggiore, perché non solo le rendeva divertenti, ma le modificava solo per poterlo sentire ridere. Castiel si ritrovò a sorridere al pensiero di suo fratello ancora bambino che pendeva dalle sue labbra, esattamente come quei bambini che lo guardavano in attesa del continuo. Quando giunse alla fine della storia, lo guardarono con gli occhi pieni d’aspettativa, e spiegò loro il significato non proprio nascosto di quel libro, in fondo, era una storia di fantasia, con un gran risvolto morale. Bisognava essere generosi e non avari.
«Ne leggi un’altra Castiel?» chiese una bimbetta pimpante. Il moro guardò l’orologio e si disse, che sì, poteva regalare a quei bambini un’altra storia.
«Certo» asserì seriamente, poi cercò tra i vari libri che erano esposti in quell’area e ne trovò uno di miti e leggende metropolitane. La grande raccolta delle leggende che non tutti conoscono – era il titolo. Castiel strabuzzò gli occhi, non conosceva quel libro, eppure li aveva sistemati lui stesso. Forse gli era sfuggito.
«Che ne dite di una bella leggenda?» disse aprendo il libro ad occhi chiusi. I bambini lo guardavano carichi d’aspettativa, adoravano quando Castiel prendeva uno dei libri pieni di storie e ne sceglieva una a caso. Lo sguardo del bibliotecario si soffermò sulla pagina che aveva aperto. L’amore impossibile di un angelo e il suo umano. Oh, angeli e umani, ecco da dove avevano preso ispirazione tutti quegli autori che avevano iniziato a proliferare storie  di quel genere. C’era sempre una leggenda da cui attingere, in fondo.
Con voce grave iniziò a leggere quella leggenda, e poi man mano se ne appassionò anche lui. Era una storia così bella, così dolorosa, perché era finita nella sezione dei bambini? Wow, il finale poi… così misterioso. Quei bambini erano pozzi di curiosità, più leggeva più volevano sapere cosa si celasse dietro quelle parole appena udite.
“Una leggenda metropolitana narra che un tempo un angelo disceso sulla terra dal paradiso, rimase affascinato dalla popolazione del pianeta, aveva osservato gli umani per tutta la vita, ma li aveva sempre reputati una razza inferiore. Si rese conto ben presto che gli umani avevano tanto da offrire, che sì, c’erano umani crudeli, senza cuore, inferiori, ma c’erano anche quelli buoni di cuore, gentili e caritatevoli. Si innamorò perdutamente di un umano, che gli mostrò le cose belle dell’essere umani. Alla scoperta della natura dell’amato, l’umano non fece una piega, e si scoprì ad amarlo ancora di più. Sfortunatamente, il loro amore era tanto puro quanto proibito e quando la notizia giunse al paradiso, i due furono costretti a vivere il loro amore in clandestinità, ma ciò non affievolì il forte sentimento che provavano l’un per l’altro. Riuscirono a restare nascosti, fino a che non furono scovati e condannati. La notte della vigilia di Natale, consapevoli che sarebbero morti da lì a poche ore, consumarono il loro amore, che divampò con forza, tutt’intorno a loro, con forza, luminoso, e li avvolse, proteggendoli con la sua intensità. Quando gli angeli scesero sulla terra per eseguire la condanna, la mattina di Natale, al posto dell’umano e dell’angelo, trovarono un pupazzo di neve e la sagoma di un angelo sulla neve. L’angelo aveva dato tutto il suo potere per proteggere il suo amore, e in qualche modo, avrebbero vissuto per sempre, ognuno dell’amore dell’altro. Si dice che ogni anno, tra la notte della viglia e la mattina di Natale, gli spiriti dei due amanti si incontrino ancora nello stesso punto, per darsi l’ultimo addio”.
«Quindi non sono morti?» chiese uno di loro. Castiel scosse la testa, l’amore li aveva tenuti in vita, per sempre. Era questo il tipo d’amore che tutte le persone sognavano, ma lui sapeva che non avrebbe mai potuto provare un sentimento così coinvolgente, così meraviglioso quanto pericoloso. Sapeva che a causa del suo carattere sarebbe rimasto solo.
«No, l’amore li ha protetti, sono… svaniti» spiegò il bibliotecario.
«Ho un’idea!» propose una bambina «Andiamo al parco e facciamo tanti pupazzi di neve e angeli di neve, così l’angelo e l’umano possono tornare insieme!» esclamò euforica, mentre gli altri bambini annuivano convinti. Si alzarono dai loro posti e salutarono Castiel ringraziandolo per le storie che aveva letto loro, e raggiunsero di nuovo i loro genitori.
Sarebbe stato bello tornare ad essere bambini, di nuovo con quella dolce ingenuità, di nuovo con quelle dolci idee romantiche, con quell’essere così ingenui e puri. Stava posando i libri che aveva letto, quando qualcuno alle sue spalle iniziò ad applaudire. Si morse le labbra, ignorando chi potesse essere, sperava non qualche genitore arrabbiato per la storia un po’ triste che aveva letto. Lentamente si voltò verso quel battito di mani, e restò di sasso quando vide Dean.
«D-Dean!» esclamò, il libro quasi gli volò dalle mani «C-Cosa ci fai qui? Dovevamo vederci domani».
«Lo so» mormorò lascivamente «Ma volevo vedere dove lavoravi, parli sempre così bene di questo posto» disse facendo un piccolo sorriso «Sei bravo con i bambini» disse poi.
«Ci provo» ammise, guardandolo «Mi piace leggere per loro, è un modo per avvicinarli, sai, alla lettura» mormorò «Da quanto sei lì?» chiese poi, spostando lo sguardo da quello del biondo.
«Non più di dieci minuti» ammise «Ma ti ho visto interagire con quei bambini, ed eri, beh, fantastico» disse mordicchiandosi il labbro inferiore «E comunque, devo essere onesto, è vero che i bibliotecari sono sexy». Castiel sentì le proprie gote andare a fuoco. Dean aveva un modo così naturale di dirgli le cose, che lo faceva andare in confusione.
Si vedevano da circa due settimane, ogni domenica per le lezioni di pattinaggio di Dean. Era uno che imparava in fretta, era vero, ma Castiel non poteva ignorare il brivido che provava lungo la schiena ogni volta che gli prendeva le mani per aiutarlo a muoversi nel verso giusto. Dean era uno degli esseri umani più belli che avesse mai avuto la fortuna di incontrare, e santo cielo, ci provava spudoratamente con lui ogni volta. Lo aveva capito, dopo un po’, che le sue erano semplici avance e nessun tipo di presa in giro o altro, Castiel non era abituato a cose del genere, spesso le persone si erano rivolte a lui con intercalari fastidiosi, con orribili epiteti e lui non aveva mai ribattuto, troppo timido per farlo. Aveva sempre avuto il timore di incontrare qualcuno che potesse trattarlo come i giocatori di football al liceo, e Dean aveva esattamente l’aspetto di uno di essi, alto, forte, muscoloso, e poi era bello come il sole. Era stato difficile iniziare a fidarsi di lui, ma pian piano, si era sciolto, le lezioni di pattinaggio, che aveva accettato di dargli solo per qualche dollaro extra, erano diventate piccoli momenti di relax. Nelle ultime due settimane, si erano visti per le lezioni di pattinaggio la domenica, e poi Dean lo aveva sempre sorpreso, perché una volta lo aveva invitato ad assaggiare i dolcetti più buoni di tutta New York nella pasticceria dove lavorava lui, ed era rimasto estasiato da quei dolcetti e dal modo semplice in cui Dean gli diceva come erano stati preparati e gli offriva un’altra fetta di torta o di crostata. Un’altra volta l’aveva invitato a guardare un film horror con lui, perché il fratello gli aveva dato buca e lui aveva un biglietto in più, e si erano divertiti davvero tanto, soprattutto perché Dean non sapeva stare in silenzio e commentava ogni scena, guadagnandosi gli shhh indignati delle altre persone in sala. E c’erano stati tanti piccoli momenti, anche quando dopo una lezione Dean gli aveva chiesto se volesse andare a pranzo fuori con lui, in cui si erano ritrovati faccia a faccia, seduti in una tavola calda, a parlare, semplicemente a parlare, Dean gli aveva raccontato di essere approdato a New York due anni prima con suo fratello minore, perché entrambi erano alla ricerca di nuove emozioni, ma non era sceso nei particolari, però il modo in cui parlava del minore, il modo in cui gli brillavano gli occhi, faceva sorridere Castiel, ed era questo che l’aveva convinto che, in fondo, Dean era un tipo di cui ci si poteva fidare. Un po’ era come lui, anche lui con un fratello minore a cui badare, di cui prendersi cura, anche lui con un carico sulle spalle più grande di lui, e forse era per questo che più passava il tempo, più si affezionava a lui.
«Okay, non arrossire, Cas, andiamo! Non ti si può fare un complimento» scherzò «Avevi programmi?»
«No» disse con una scrollata di spalle «Devo solo accompagnare mio fratello ad una festa con i suoi amici».
«Perché scusa, non sa andarci da solo?» chiese sarcasticamente.
«Ha solo sedici anni. non potrei mai lasciarlo andare da solo» disse, voltando lo sguardo. Dean non poteva sapere che lui avesse la responsabilità della vita di una persona così giovane, lui non poteva sapere tutti i retroscena della sua vita, perché se li avesse saputi, sarebbe svanito, come tutti gli altri.
«Ehi, amico, scusa» disse raggiungendolo «Non potevo sapere che tuo fratello fosse così piccolo» disse «Cavolo, ti capisco, anche io non lasciavo andare Sammy da solo alle feste» disse, adesso con serietà «Essere il maggiore è sfiancante».
«Lo è» ammise Castiel, doveva imparare ad ammorbidirsi in quelle situazioni di certo Dean non poteva sapere tutto di lui, si conoscevano da nemmeno un mese. Dean lo guardò e comprese dal suo tono contrito che c’era molto di più di quello che diceva, e voleva scoprire cosa fosse. Così andando contro ogni sua previsione, lo guardò negli occhi e: «Ascolta, Cas. So bene cosa significa tenersi dentro un sacco di merda, dio, sono l’esperto in queste cose. Se vuoi, con me puoi parlarne. Non ti giudicherò» disse «Posso essere tuo amico, se vuoi».
Castiel deglutì, in tanti anni nessuno gli aveva mai rivolto quelle parole, mai nessuno aveva lanciato un’ancora di salvataggio per lui, che si sentiva annegare nel mare dei problemi che aveva. Mai nessuno si era dimostrato così premuroso con lui, e mai nessuno gli aveva promesso amicizia, così, senza alcun fine.
«Sarebbe ancora valido l’invito… che stavi per propormi prima?» domandò allora, con una punta d’imbarazzo nel tono.
«Maledizione, sì!» esclamò Dean, dandogli una pacca sulla spalla «Facciamo così, ci vediamo al bar sulla trentaquattresima, ci lavora mio fratello ed è un posto tranquillo. Va bene per te?»
«Mi sembra perfetto, Dean» disse con il sorriso sulle labbra. Dean lo salutò con un rapido abbraccio, dicendogli che lo avrebbe lasciato in pace al suo lavoro, e voltò le spalle per andare via, ma Cas lo fermò afferrandogli un gomito.
«Sì?»
«Grazie Dean» disse abbozzando un sorriso. Il sorriso che gli restituì il biondo, gli scaldò il cuore, e gli fece andare in pappa il cervello. Dannazione, era davvero fottuto.
 
Dio, se suo fratello avesse continuato in quel modo, Castiel sarebbe rimasto figlio unico per tutta la vita. avrebbe fatto fuori quel ragazzino petulante che non sapeva decidere se era meglio la camicia bianca candida o quella bianca a righe blu. E se gli avesse fatto vedere un altro paio di jeans, avrebbe davvero dato di matto.
«Sam, non sei, tipo, in ritardo?» domandò esasperato, voleva bene a suo fratello, avrebbe dato la vita per quel ragazzino, ma in quel momento non tanto, perché stava iniziando a spazientirsi.
«No, la festa è alle cinque e mezza e sono le…» iniziò, guardando l’orario «Oh merda, sono le cinque e venti!»
«Modera il linguaggio, ragazzino» lo rimproverò scuotendo la testa.
Samandriel alzò lo sguardo al cielo e Castiel ebbe l’impulso di strozzarlo sul posto, ma ebbe il buon senso di trattenerlo e non dire niente, per evitare un’inutile discussione con il minore. Anche l’altro non obiettò e in fretta si preparò per la festa. Uscirono di casa pochi minuti dopo, e Castiel non riuscì ad evitare di notare quando il più piccolo fosse preoccupato. Da cosa? C’era qualcosa che non andava? Perché non gliene parlava?
«Tutto bene, Sam?» gli chiese.
«Sì» rispose con tono asciutto «Perché non dovrebbe?»
«Ti vedo un po’ teso, e prima eri in panico per dei vestiti» disse, guardandolo con la coda dell’occhio. Vide il suo volto contrarsi in uno spasmo di terrore, come di qualcuno che era stato scoperto e scosse la testa.
«Va tutto bene, Cassie, non fare il papà affettuoso con me» disse con tono acido.
«Sono tuo fratello maggiore» disse «È  mio dovere…»
«Farti una vagonata di cazzi tuoi, e lasciarmi in pace!» esclamò stizzito il minore. Castiel ebbe il buon senso di tacere, ma restò comunque preoccupato. Se c’entrava qualcosa il bullismo? Aveva letto di ragazzini senza genitori che erano potenziali vittime, perché più deboli. Se Samandriel stava vivendo una cosa del genere… come poteva farlo parlare? Come poteva aiutarlo? Per evitare di parlare, il minore accese la radio dell’auto e iniziò a canticchiare, scuotendo la testa, mentre il più grande lo guardava preoccupato, come se da un momento all’altro avesse potuto perderlo. Certo, era un ragazzino di sedici anni fastidioso e petulante, ma era comunque suo fratello e se qualcuno voleva farlo soffrire, sarebbe passato prima sul suo cadavere. Il luogo della festa era sorprendentemente vicino a casa loro e vi arrivarono davvero in fretta, Samandriel stava per scendere dall’auto quando Cas lo fermò per un gomito.
«Promettimi solo che se succede qualcosa, qualunque cosa, mi chiamerai, Sam» disse preoccupato, e Samandriel si rese conto di averlo allarmato troppo con il suo atteggiamento. Sospirò e scosse la testa pentito, sapeva quanti sacrifici facesse suo fratello per lui, non era giusto farlo preoccupare tanto per le sue stronzate.
«Scusa, so che ti preoccupi per me» disse mortificato «Solo... non ridere, okay? Mi piace una ragazza e ci sarà anche lei, poi ti racconto
» promise. Castiel tirò un sospirò di sollievo, sorridendo «Se succede qualcosa ti chiamo. Promesso».
«Divertiti, okay? E se qualcuno ti offre della droga, tu ignoralo» si raccomandò «Non bere alcolici, alla tua età sono vietati e-» come si affrontava il fratello minore in piena pubertà? Doveva dargli dei preservativi o…? Oh santo cielo.
«… afferrato, Cassie, ora mi lasci andare? Sarò un bravo bambino e appena finisce la festa ti chiamo. Giuro, non toccherò alcolici o droghe. Va bene?» domandò sarcasticamente, facendo sbuffare leggermente il maggiore.
«Va bene» Castiel gli fece un sorriso dolce, affettuoso «Sono sempre raggiungibile».
«Purtroppo lo so, ora vai? Per favore? Mi sento un po’ in imbarazzo».
«Certo. Vado. A dopo, divertiti fratellino» disse rimettendo in moto la sua auto, e sparendo dietro al viale. Forse si stava solo allarmando troppo e suo fratello stava solo affrontando la pubertà, anche lui alla sua età era molto chiuso e parlava poco di sé, ma era anche vero che lui alla sua età, aveva ben altri problemi al liceo. Scosse la testa e si concentrò su altro, ad esempio, il bel ragazzo che lo avrebbe aspettato al bar sulla trentaquattresima.
 
Cioccolata calda e biscotti alla cannella erano l’abbinamento che Castiel amava più in assoluto. Era questo che aveva ordinato al suo incontro – non poteva chiamarlo appuntamento – con Dean in quel bar. Il biondo invece aveva optato per un caffè con una fetta di crostata alla ciliegia. Erano l’uno di fronte all’altro, in completo silenzio, ma era piacevole la compagnia di quel ragazzo, Castiel doveva ammetterlo, sembrava come se Dean potesse capirlo, e non sapeva ancora perché. Sorrise timidamente dietro la sua tazza, mentre il ragazzo di fronte a lui, lo guardava con comprensione.
«E così, hai un fratello minore rompiballe» ruppe il ghiaccio Dean, prendendo un pezzo della sua crostata.
«Già, anche tu, da quello che dici» rispose Castiel sorridendo.
«Sammy, la palla al piede che mi porto dietro da quando avevo quattro anni» scherzò «Lui è tutta la mia famiglia».
Castiel strabuzzò gli occhi e immediatamente il suo sguardo divenne dispiaciuto, posò la tazza sul tavolino e allungò una mano verso quella del biondo, sfiorandogliela per confortarlo e «Oh Dean, mi dispiace tanto… non sapevo…»
«Nostra madre è morta quando eravamo piccoli» spiegò, lo sguardo di Cas divenne ancora più triste «Nostro padre ci ha tirato su come poteva, ma aveva dei problemi con la sua rabbia e con l’alcool» disse ancora «Io e Sam siamo andati via dal Kansas due anni fa, perché non sopportavamo più vivere con un uomo come lui».
«Beh, nemmeno mio padre è l’esempio di padre dell’anno, ha abbandonato me, mia madre e mio fratello quattro anni fa, sparendo nel nulla. Io mi ero da poco iscritto al college, ho dovuto lasciare per prendermi cura di Sam e di mia mamma» raccontò, ora capiva perché sentiva che quel giovane potesse capirlo, le loro vite erano piuttosto simili, nella loro tragicità. Dean girò la mano in modo da far scontrare il proprio palmo con quello di Cas, e gli strinse la mano nella sua, sorridendogli leggermente comprensivo. Il tocco di Dean era così delicato che il moro si sentì rabbrividire, per un istante. Guardò le loro mani unite e non ebbe il coraggio di lasciare la sua mano, era un tocco così rassicurante, così bello, così spontaneo che lo fece tremare, solo per un momento, ma lo sentì, il suo cuore perse un battito in quel momento, e non vi trovò nulla di sbagliato.
«Mi dispiace, Cas» disse con l’espressione triste «Beh, abbiamo dei padri di merda, dovremmo fondare un club» scherzò. Quella battuta buttata lì, così spontaneamente, fece scappare una leggera risata a Castiel, che si sentì per la prima volta, dopo tanto tempo rilassato e in pace. Bevve la sua cioccolata calda, e gustò quei meravigliosi biscotti alla cannella, sorridendo come mai in vita sua, per la prima volta, dopo tanti anni, si sentiva a suo agio con qualcuno, si sentiva felice e sereno. Wow come poteva una persona far sentire un’altra in quel modo? Realizzò solo qualche istante dopo che Dean lo aveva fatto ridere, e aveva alleggerito la sua giornata pesante. Si ritrovò a deglutire, una miriade di pensieri confusi passò nella sua mente. Cercò di ignorarli, cercando di godersi il pomeriggio con Dean, stava davvero bene in sua compagnia, lui scherzava e lo faceva ridere. Dean gli stava raccontando della meravigliosa torta nuziale che stavano preparando in pasticceria, quando il suo telefono iniziò a squillare. Credendo fosse sua madre, o suo fratello, rispose senza nemmeno guardare il numero.
«Pronto?» rispose al telefono, guardando Dean che mimava di chiudere immediatamente la telefonata.
«Signor Castiel Novak?» gli chiese una voce sconosciuta dall’altro capo del telefono. Il sorriso sulle sue labbra si spense, e il cuore iniziò a battergli forte per i motivi sbagliati, che diavolo era successo?
«S-Sì, sono io» rispose, il cuore in gola e gli occhi spalancati a dismisura.
«Questo è il numero delle emergenze di Samandriel Novak, la chiamo per informarla che suo fratello è stato coinvolto in una rissa». Castiel si immobilizzò, deglutì cercando di riprendere fiato, ma non sapeva cosa dire, fare, pensare. Suo fratello, il suo fratellino coinvolto in una rissa.
«Come sta? Dov’è?» chiese immediatamente, allarmato e preoccupato a morte. La persona dall’altro capo del telefono gli diede tutte le informazioni che gli necessitavano e gli chiese di presentarsi lì quanto prima perché il ragazzo era ancora minorenne. Castiel la ringraziò e chiuse la chiamata con un groppo in gola, guardò Dean davanti a lui che aveva smesso di fare battute stupide e lo guardava serio.
«Amico, hai una pessima cera, che succede?» gli chiese. Castiel si alzò sulle gambe, tremanti per la preoccupazione e non si accorse che stava quasi per andare in iperventilazione. Doveva controllare il proprio respiro o non sarebbe stato utile a suo fratello, doveva essere forte, doveva esserlo per lui, ma era in ospedale e non capiva perché. Come si era ritrovato in una situazione del genere? Era tanto grave quello che si era fatto? Al telefono non gli avevano potuto dire troppo, e sentiva l’ansia, la preoccupazione e altre cose spiacevoli salire dentro di sé. Come avrebbe spiegato a sua madre, ciò che era successo? Santo cielo, cosa aveva combinato Samandriel? E se fosse stato grave?
«Mio fratello… ospedale. Io… devo andare… da lui» smozzicò, cercando di articolare bene le frasi, perché sapeva di star allarmando anche l’altro ragazzo e non voleva, certo, ma neanche lui sapeva come comportarsi o come muoversi, si sentiva bloccato dalla preoccupazione, ma aveva la consapevolezza di dover andare lì e vedere come stesse Samandriel.
«Ehi, Cas» lo chiamò Dean, alzandosi e raggiungendolo, gli appoggiò le mani sulle spalle e lo guardò dritto negli occhi «Amico, calmati, respira» si sentì dire da Dean «Ti accompagno io, okay? Non sei nelle condizioni di guidare». Castiel annuì semplicemente, e lasciò che Dean lo guidasse fuori dal bar. Non ricordava di avergli detto dove andare, ma lui sembrava già saperlo. Arrivarono in pochi minuti al pronto soccorso indicato a Castiel e immediatamente il moro chiese del fratello minore. Dean gli disse che lo avrebbe aspettato nella sala d’attesa e Cas lo ringraziò dandogli un leggero bacio sulla guancia. Poi sparì seguendo un infermiere che lo porto nel box dove era stato portato il minore.
«Sam, santo cielo!» esclamò correndogli incontro «Che diavolo è successo?»
«Niente» gracchiò, senza guardarlo «Un idiota è successo» sbuffò scuotendo la testa «Un idiota grande quanto un armadio che ha insultato mio fratello». Castiel si accigliò e lo guardò inclinando la testa confuso.
«Se mi stai nascondendo che hai problemi di bullismo, giuro che…» iniziò.
«No, Castiel! Davvero, mi ha visto arrivare con te, e ha iniziato a dire cose assurde, ti ha dato del frocio e l’ho colpito» raccontò «Solo io posso prenderti in giro». Castiel sorrise e si slanciò verso il minore abbracciandolo forte.
«Sei un idiota, Sam, non dovevi farti pestare in questo modo» disse «Ma grazie per avermi difeso, suppongo» il minore dei Novak scoppiò a ridere, e con il braccio sano diede una pacca sulla spalla al fratello «Ma non azzardarti più a farmi preoccupare in questo modo, stavo per svenire quando mi hanno chiamato dall’ospedale».
«Confermo» sentì dire dalla voce di Dean «Tu devi essere Sam, giusto?» domandò avvicinandosi ai due Novak «Sono Dean, un amico di Castiel».
«Oh! Sei quello delle lezioni di pattinaggio!» esclamò sorridendo «Sì, sono Samandriel, detto Sam».
Castiel si voltò verso Dean e gli sorrise in modo tenero: «Sta bene, per fortuna. Grazie per avermi portato qua, Dean».
«Figurati, Cas» gli disse sorridendo, il sorriso di Dean fu la cosa più bella che Cas avesse mai visto in vita sua, e si sentì scaldato da esso. Dean era bello, lo aveva fatto ridere, sentire apprezzato e lo aveva sostenuto in un momento difficile.
Oh cazzo, sono fottuto.
 
**
Dean era di nuovo alla pista di pattinaggio, stava osservando Castiel mentre pattinava, ed era davvero bello stare lì semplicemente ad osservarlo. No, non era uno stalker, semplicemente avevano appuntamento lì – lui aveva rinunciato a quelle lezioni, alla fine aveva confessato a Castiel che l’aveva proposto solo per potersi avvicinare a lui, e aveva giurato a se stesso che la visione del moro che arrossiva alle sue parole, era la cosa più tenera a cui avesse mai assistito (Quindi tuo fratello non doveva fare una cosa importante? Nah, Sam è più negato di me, Sei un idiota, Dean) – per uscire insieme, Dean doveva fare degli acquisti natalizi – doveva assolutamente prendere a Sam qualcosa, perché aveva scoperto che suo fratello gli aveva preso un regalo – e chiedere a Cas di accompagnarlo, gli era sembrata un’ottima idea. Castiel mentre pattinava era semplicemente angelico, in quelle settimane durante le quali lo aveva frequentato – solo come amico, eh – aveva notato che sorridesse poco e si lasciasse andare davvero troppo poco spesso, tuttavia, quando era sui pattini era completamente un’altra persona. Probabilmente stava ascoltando delle melense canzoni natalizie, vista la sua passione per il Natale e il romanticismo, e non si era accorto della sua presenza, perché teneva gli occhi chiusi e le cuffie. Sorrise tra sé e sé, mentre lo guardava, non nascondeva che provava una sorta di attrazione verso di lui, non solo qualcosa di fisico – Castiel era davvero un bel ragazzo, decisamente il suo genere di ragazzo – ma anche più profondo, non aveva pensato ad analizzarlo, perché non vi aveva dato importanza.
«Ciao Dean» lo sorprese la voce di Cas, che si era avvicinato a lui «Sei già qui?»
«Ehi, è domenica» si lamentò «Non lavoro la domenica».
«Le pasticcerie non lavorano di più la domenica?» chiese.
«Sì, ma ho il turno lungo a Natale, quindi ho preso una domenica libera» per te – aggiunse mentalmente. Doveva fare dei regali di Natale, ma fondamentalmente voleva passare del tempo con Castiel, e non lo nascondeva. Persino suo fratello aveva capito che lui provasse qualcosa per il moro, sì alla fine non era riuscito a tenere Sam lontano dalle sue questioni di cuore. L’unico idiota che non voleva ammetterlo nemmeno a se stesso era lui. Si disse che non poteva lasciarsi distrarre da sentimentalismi e guardò Cas sorridendo.
«Allora mi tolgo i pattini e sono da te, okay? Ci metterò solo cinque minuti» promise. Dean annuì e gli disse che lo avrebbe aspettato nella sua auto, parcheggiata non molto lontano dall’entrata della pista.
Pochi minuti dopo erano nell’auto di Dean, diretti al centro commerciale, Dean accese la radio, e con sua irritazione, stavano mandando la versione di Michael Bublè di All I want for Christmas is you. Gli occhi di Castiel si illuminarono nel sentire quella canzone, mentre Dean stava per cambiare stazione per non sentirla, il moro gli bloccò la mano e: «Ti prego, adoro questa canzone!» esclamò.
«Come ti può piacere questa roba? Andiamo!» esclamò «Troppo romantica, troppo melensa, e poi Bublè, dai».
«A me piace. Trovo che abbia uno stile piacevole» ammise «Perché, tu che genere di musica ascolti?»
«Io preferisco il rock, amico, quello vero».
«Ovviamente» disse, ridacchiando «Tu sei il classico esempio di ragazzo a cui piacciono le auto d’epoca, il rock e le giacche di pelle, perché pensi che faccia figo» spiegò. Dean lo guardò, incredulo «Ho ragione?» scherzò.
«Sei… incredibile, Cas. Incredibile e inquietante».
«Ora mi lasci ascoltare questa canzone in pace?»
«Va bene, ma poi metto una canzone dei Metallica per disinfettarmi le orecchie» disse con serietà, facendo scoppiare a ridere il moro che scosse la testa e alzò un po’ il volume, e mentre le note di quella canzone, troppo lenta e sdolcinata, si diffondevano nell’abitacolo dell’auto, Dean sentiva il proprio cuore perdere un battito, e quando Cas iniziò a canticchiare, credette di non averlo proprio più, il cuore. Era stato letteralmente rubato dal moro dagli occhi blu. Si ritrovò a sorridere, guardandolo con la coda dell’occhio, forse con Cas, anche Bublè non era poi così male.
Arrivarono al centro commerciale dopo una mezz’ora durante la quale Dean aveva mantenuto la parola e aveva fatto ascoltare a Castiel una serie di canzoni rock e gli promise che gli avrebbe fatto un mixtape con quelle che riteneva migliori, solo per fargli capire quale fosse la vera musica. Castiel era divertito dai suoi atteggiamenti da vero macho, sotto i quali nascondeva la sensibilità e la dolcezza che gli stava dimostrando in quei giorni.
Il giro al centro commerciale diede i suoi frutti dopo circa un’ora, Dean finalmente trovò un regalo perfetto per Sam, un modellino in scala dell’Enterprise di Star Trek e Cas comprò una felpa a suo fratello e un ciondolo a sua madre.
Era relativamente presto quando lasciarono il centro commerciale, avevano pranzato qualcosa lì velocemente ed avevano continuato i loro acquisti di Natale, comprarono anche delle ciambelle glassate da portare a casa e il dvd di Love Actually, per passare la serata insieme. Dean aveva invitato Cas al suo appartamento, perché Sam non c’era e non avrebbe giudicato come un appuntamento quella cosa (un film romantico, ciambelle e un plaid da condividere non erano di certo sinonimo di un appuntamento, dopotutto) e non sarebbe stato tra i piedi.
Era ancora presto per la serata, così optarono per fermarsi a Central Park e fare una passeggiata nel parco, c’era stata una bella nevicata e tutto era innevato, bianco e puro, e Castiel si guardava intorno estasiato. Dean non riusciva a capire come un ragazzo, suo coetaneo, che aveva una vita pessima alle spalle, esattamente come lui, riuscisse ancora ad essere così innocente e ingenuo, era una delle cose che gli piacevano di Castiel.
C’erano dei bambini che costruivano dei pupazzi di neve, e altri che disegnavano angeli nella neve, a poca distanza da quei pupazzi, e immediatamente pensò alla leggenda che il moro aveva letto ai bambini della biblioteca una settimana prima - era arrivato lì mentre la leggeva, ma non lo aveva detto all'altro, per il troppo imbarazzo, forse.
«Sai, c’è una leggenda» disse Cas sedendosi con Dean su una panchina, indicando i pupazzi e gli angeli «Si dice che un angelo e un umano si innamorarono l’uno dell’altro, il loro amore era così puro e perfetto, ma anche proibito… così furono scoperti» raccontò, Dean lo guardò inclinando la testa «La notte tra la vigilia e la mattina di Natale, quando gli angeli stavano per andare a prelevarli per condannarli, si dissero addio» spiegò ancora, Dean non sapeva perché pendesse dalle sue labbra «E il loro amore esplose così forte che li avvolse e li protesse. L’angelo diede tutto se stesso per proteggere il suo umano, quest’ultimo divenne un pupazzo di neve, mentre di lui restò solo l’ombra per terra» indicò la forma dell’angelo nella neve «Secondo questa leggenda, è il motivo fondamentale per cui a Natale si fanno pupazzi di neve e angeli nella neve, si dice anche che nella notte tra la vigilia e la mattina di Natale, i loro spiriti scelgano un particolare pupazzo e un particolare angelo e si diano ancora l’ultimo addio, ogni anno, a Natale» terminò. Dean era incantato e terrorizzato allo stesso tempo, esisteva davvero un amore così forte? Certo, quello che aveva raccontato Castiel era solo una leggenda, ma ogni leggenda aveva un fondo di verità, giusto?
«Wow» disse «Questa è la storia più assurda che abbia mai sentito, Cas».
«Secondo me, è una delle più belle, i bambini della biblioteca erano così entusiasti di poter far ritrovare i due innamorati che hanno trascinato i genitori al parco» ridacchiò, scuotendo la testa «Mi piace pensare che possa esistere un amore così forte, un amore così puro e bello, da vivere anche dopo la morte» disse, abbassando lo sguardo, era di nuovo giù di morale «Anche se so che io non lo avrò mai».
«Non dire così» disse, appoggiando una mano sulla sua gamba «Avrai anche tu, il tuo lieto fine».
Castiel puntò lo sguardo in quello di Dean, e sorrise in maniera dolce, Dean gli portò una mano sul volto, guardandolo negli occhi forse potresti averlo anche ora, avrebbe voluto dire, ma quelle parole si bloccarono sul fondo della sua gola, e non riuscì ad esprimerle a voce. Si sporse verso di lui e, prima di potergli dare un bacio sulle labbra, deviò la direzione delle sue labbra e gli diede un bacio sulla guancia. Aveva il cuore che batteva come impazzito nel suo petto, il respiro corto e troppe cose non chiare. Che diavolo stava succedendo tra loro?
«Grazie, Dean» soffiò, rivolgendogli un tenero sorriso, poi archiviarono quella conversazione e quel piccolo momento che avevano avuto. Nessuno dei due voleva dirsi troppo coinvolto.
Quella sera, però, dopo aver ordinato una pizza d’asporto, aver bevuto tre birre a testa, gustato quelle meravigliose ciambelle glassate ed aver guardato tutto Love Actually, condividendo un plaid a quadri neri e rossi, Castiel si addormentò con la testa sulla spalla di Dean, e Dean con la guancia tra i capelli morbidi e scuri di Cas.
Quando Sam Winchester tornò, restò basito e contemporaneamente intenerito dalla scena che si palesò davanti ai suoi occhi, e sorrise dolcemente, sistemò la copertina che avevano addosso e scattò loro una fotografia, così avrebbe avuto le prove visive che lui aveva ragione, aveva sempre avuto ragione. Quei due erano perfetti l’uno per l’altro, dovevano solo capirlo loro in prima persona.
 
«I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
All I want for Christmas is you» canticchiava Dean, mentre sistemava la cucina dopo cena, lui e Sam erano tornati stanchi morti dal lavoro, ma ciò non lo aveva fermato dal preparare i suoi famosi maccheroni al formaggio surgelati. Aveva sporcato un po’ – lavorava in pasticceria, sapeva fare dolci, mica era uno chef – e stava riordinando, altrimenti suo fratello gli avrebbe reso la vita un inferno, nemmeno si fosse trattato del diavolo in persona. Di chi era stata l’assurda idea di dividere in turni la cura della cucina? Non poteva occuparsene sempre Sam? No Dean. Ovviamente.
«Dean, sul serio? Stai cantando quella canzone? Tu odi quella canzone» esclamò il fratello minore, sorpreso dal sentire suo fratello cantare una canzone di Natale, e non una qualsiasi, una di quelle sdolcinate e piene di romanticismo, lontano dalle corde e dal genere del maggiore.
«Recentemente l’ho rivalutata» mormorò, imbarazzato, mentre sistemava le ultime pentole sul ripiano accanto al lavandino. Aveva in testa quella canzone fin da quando l’aveva ascoltata con Cas un paio di giorni prima, e non riusciva a togliersela dalla mente. Che potere ancestrale aveva quella canzone? Perché restava impressa nella mente?
«Mmh… è implicato un certo pattinatore barra bibliotecario dagli occhi blu?» chiese curioso, raggiungendo il maggiore alle spalle.
«Potrei averla ascoltata con lui domenica, quando siamo andati in giro» ammise «Ma non significa niente, è solo che questa canzone maledetta ti entra dentro la testa e non esce più!» esclamò. e mi fa pensare a Cas – pensò, ma non diede voce ai suoi pensieri, era già abbastanza imbarazzante che Sam lo avesse sentito cantare All I want for Christmas is you.
«Quando dirai a Castiel che ti piace e vorresti una relazione con lui?» chiese a bruciapelo, prendendo in contro piede Dean, che sobbalzò a quelle parole, nemmeno gli fossero state urlate dietro, e quasi ruppe un bicchiere di vetro, che gli stava per sfuggire dalle mani. Santo cielo, Sam e i suoi attentati alla sua salute mentale e fisica.
«Cosa? Ma che diavolo…?» cercò di domandare, ma le parole uscirono un po’ borbottate e non in fila.
«Dean, ti conosco. So quando sei veramente preso da qualcuno» spiegò il minore, stupido, piccolo saccente «E a te piace Castiel, del tipo che lo baceresti usando la scusa del vischio».
«Non bacerò mai nessuno sotto il vischio» si lamentò. No, era fuori discussione, non avrebbe mai baciato nessuno sotto al vischio, nemmeno se aveva l’aspetto incantevole e da angelo di Cas o altro. Era un cliché che non era disposto ad usare, aveva già fatto la scenata patetica avvicinandolo chiedendogli lezioni di pattinaggio.
«Hai guardato Love Actually con lui, canti All I want for Christmas is you, canzone che sicuramente ti ha fatto ascoltare lui, e pretendi di farmi credere che lui non ti piaccia? Nemmeno un pochino? Non sei così di pietra come fingi di essere, Dean» disse, guardandolo. Dean si sentì punto sul vivo, colto nel segno. Sam aveva ragione, non aveva mai fatto con nessuno cose così romantiche, e non riusciva a capire cosa ci fosse che lo trattenesse dal correre da lui e baciarlo, e dirgli ogni cosa. Anzi, sapeva perfettamente cosa fosse, il suo non sentirsi all’altezza della situazione, in quel caso della persona, Castiel era puro, bellissimo e credeva che l’amore esistesse, lui invece era macchiato, sbagliato e odiava credere alle favole come quelle dell’amore eterno, non avrebbe mai potuto renderlo felice, come poteva dirgli di provare qualcosa per lui? Forse era meglio rinunciare e lasciar in pace Cas, era giusto così per entrambi. Restare amici era più che sufficiente e non avrebbe fatto soffrire nessuno, poteva convivere con quella consapevolezza, no?
«Terra chiama Dean, mi ricevi?»
«Cosa…? Ah, sì» borbottò, impilando l’ultimo piatto nella credenza «Stavo solo pensando».
«Ho paura di te quando pensi» scherzò il minore. Dean scoppiò a ridere e scosse la testa dandogli una pacca sulla spalla.
«A Natale, insomma, è tra pochi giorni».
«E io ho il turno di mattina» sospirò «Come te d’altra parte».
«Sì, ma è meglio, no? Il pomeriggio siamo qui, insieme, ci facciamo una birra e ci scambiamo i regali, magari mangiamo delle ciambelle, tu se vuoi puoi mangiare le tue erbette verdi» scherzò guardando il minore.
«Mi sembra un buon piano, ma se vuoi invitare Castiel…» cercò di dire, ma Dean lo stoppò, non voleva invitare Castiel a Natale, non voleva coinvolgerlo troppo con la sua famiglia, non voleva che finisse incasinato anche lui.
«Ha la sua famiglia» tagliò corto. Sam sbuffò alzando gli occhi al cielo, e Dean gli offrì una birra, quel gesto segnava la fine della conversazione, ma non della battaglia personale di Sam: far in modo che suo fratello accettasse i suoi sentimenti per Castiel.
 
Castiel stava ultimando di costruire una casetta natalizia, simile a quella di pan di zenzero, ma fatta di cartone e canticchiava una canzone che aveva ascoltato con Dean il giorno prima. Sorrideva mentre lo faceva, e Samandriel lo guardava dal divano, stupito, era certo che suo fratello non ascoltasse quel genere di musica, ed era strano che canticchiasse una canzone rock. Castiel stava pensando a Dean, a come si sentisse bene in sua compagnia, a come si sentiva stupidamente felice con lui, e non si era accorto della presenza di suo fratello. Era troppo assorto nei suoi pensieri, nelle sue piccole fantasie che si stava concedendo, perché sognare gli aveva sempre fatto bene, sentiva che c’era una specie di attrazione con Dean, e non era una sua illusione, lo sentiva, lo provava, era qualcosa che percepiva, ma tra di loro c’era una sorta di muro impenetrabile, messo lì proprio da Dean, che non voleva lasciarsi andare. Castiel lo sapeva, anche lui era il tipo di persona che non si lasciava andare facilmente, ma perché nasconderlo? Dean gli piaceva, e anche tanto, con lui si sentiva a suo agio e rilassato, felice e accettato. Ed erano così tanti anni che non si sentiva così, che gli sembrava di star vivendo quelle emozioni per la prima volta in assoluto – e forse era anche così.
«Che canti?» chiese il più piccolo. Il maggiore sobbalzò, non aspettandosi un’altra persona nella stanza, era troppo concentrato sul suo lavoro di bricolage, e troppo assorto nei suoi pensieri per prestare attenzione al resto.
«Uhm?» si voltò confuso verso il minore «Ah niente, una canzone che ho ascoltato qualche giorno fa» spiegò risoluto.
«Con quel ragazzo? Quello dell’ospedale?» chiese curiosamente, avvicinandosi un po’ a lui «Quello da cui sei rimasto a dormire senza avvisare e hai fatto prendere un colpo alla mamma?» chiese con una punta di ironia nella voce. Santo cielo, quanto si era sentito in colpa, quando quella domenica era uscito con Dean, e poi avevano deciso di guardare un film insieme, non si sarebbe mai aspettato di addormentarsi lì, al suo risveglio si era ritrovato con decine di messaggi e telefonate perse di sua madre e di suo fratello, che lo avevano dato per disperso. Quanto si era sentito in colpa… non avrebbe mai voluto farli preoccupare per lui, perché era lui ad essere responsabile per loro… «Quello che ti piace tanto?» chiese ancora il più piccolo. Perché tutte quelle domande, così all’improvviso?
Castiel, alle sue parole – insinuazioni – si sentì punto sul vivo e arrossì all’impazzata, riportando l’attenzione sulla sua casetta, perché suo fratello era così fastidiosamente poco discreto? Che aveva fatto di male per avere un fratello del genere? Scosse la testa divertito, e guardò il più piccolo con un mezzo sorriso sul volto: «Anche se fosse?»
«Niente, niente!» esclamò in sua difesa «Non ti ho mai visto così felice» spiegò «È bello vederti così, tutto qui».
«Oh…» non sapeva cosa dire, suo fratello era piccolo, eppure sembrava così maturo; avrebbe dovuto aspettarselo, dopotutto, anche se lui aveva cercato di non fargli mancare nulla, Samandriel a dodici anni aveva dovuto vivere la separazione da un padre disamorato, che li aveva abbandonati «Grazie, Sam».
«Quindi?» domandò interessato avvicinandosi e sedendosi sul letto del maggiore «State insieme? Devo chiamarlo cognato o qualcosa del genere?» domandò ancora, guardando Castiel, che ricambiava il suo sguardo divertito.
«Non stiamo insieme, Sam» disse con tono leggermente mogio «Siamo amici, usciamo insieme e se devo dire la verità, lui a me piace. Ma non sembra il tipo, sai, che vuole relazioni e cose del genere».
«Perché? Gli piacciono le donne?» chiese. Cosa c’era di sbagliato nella sua vita se si ritrovava a fare un discorso del genere con suo fratello sedicenne? A quale entità superiore aveva fatto un torto?
«No, non credo abbia interesse per il gentil sesso, credo di essere io il problema» ammise, con un sospiro.
«Beh, sai che ti dico? È un idiota, tu fai i french toast più buoni del mondo, ma non dirlo alla mamma».
Castiel rise di cuore scuotendo la testa divertito: «Lui lavora in pasticceria, ma grazie, Sam». In quel momento, suo fratello fece una cosa che non era solito fare con lui, si sporse verso di lui e lo abbracciò, sussurrandogli un tenero grazie a te. Castiel restò sorpreso, ma in senso positivo e ricambiò la stretta del più piccolo.
 
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Dean fissava il pacchettino che aveva preparato con un mix di ansia e preoccupazione nello sguardo. Non aveva mai fatto una cosa del genere per qualcuno, eppure per Castiel lo aveva appena fatto: un mixtape con tutte le sue canzoni preferite. Sembrava una cosa patetica e sdolcinata, e lui non era il tipo da fare cose del genere, ma si disse ancora una volta che quello non era affatto un regalo, ma un corso d’aggiornamento sulla buona musica. Aveva avuto quella terribile canzone nella testa per giorni, e non era affatto accettabile una cosa del genere. Erano le sette di sera del giorno della vigilia di Natale, Dean aveva appena finito il suo turno in pasticceria e aveva promesso a Sam che sarebbe tornato a casa per preparare la loro cena insieme – anche se probabilmente avrebbero ripiegato sul cibo d’asporto – ma aveva l’urgenza di dare quel piccolo pensiero a Cas. Forza, questa non è la prima volta che parli con qualcuno che ti piace. Si disse, prima di entrare nella pista di pattinaggio. Pochi minuti prima era stato a casa sua e aveva conosciuto la madre di Cas, una splendida donna dai lunghi capelli neri come quelli di Castiel e gli occhi azzurri – e ora si spiegava da chi il ragazzo avesse preso i suoi – e gli aveva detto che Cas era alla pista di pattinaggio, così senza pensarci due volte lo aveva raggiunto, e adesso si sentiva un completo idiota, ma era qualcosa che aveva bisogno di fare, prima di Natale possibilmente. La pista era quasi deserta, c’erano solo un paio di persone sui pattini, e poi c’era Cas, che pattinava sempre con l’aria assorta, le cuffiette nelle orecchie e il sorriso a contornargli le labbra. Era bello vederlo così, Dean lo vedeva sorridere raramente, Cas era una persona seria, ma sapeva anche divertirsi a modo suo, era un ragazzo con troppe responsabilità sulle spalle per avere solo ventiquattro anni – esattamente come Dean a ventisei – era un ragazzo che si prendeva cura di suo fratello minore e per lui avrebbe fatto qualunque cosa, era un adorabile ragazzo a cui piaceva scrivere storie d’amore – Cas gliel’aveva confessato una sera, mentre erano in un fast-food e parlavano delle loro passioni – a Cas piacevano i film d’amore e di fantascienza, a Cas piacevano le canzoni natalizie, l’atmosfera natalizia, i baci sotto il vischio e tutte le stupide tradizioni del Natale, Cas adorava le canzoni di Michael Bublè e Dean doveva rimediare. E inoltre, cosa più importante, a Dean piaceva Castiel, gli piaceva il suo modo di sorridere leggermente accennato, adorava i suoi occhi blu, e il suo entusiasmo per le cose che faceva. Furono quei pensieri a spingerlo a prendere in prestito dei pattini, il pacchetto al sicuro nella tasca del suo giubbotto e a pattinare verso di lui, deglutì quando gli fu vicino, Castiel si era appena accorto di lui, aveva sfilato una cuffia dall’orecchio e lo stava guardando con un misto di sorpresa e curiosità. Wow, che sguardo, pensò Dean restando imbambolato. I suoi occhi erano così blu, così profondi, che Dean si perse in essi per diversi istanti, restò a fissarlo, senza dire nulla, per quelli che parvero lunghe ore, quasi intere ere geologiche.
«Ciao Dean» ruppe il ghiaccio Cas spezzando il silenzio imbarazzante che regnava tra di loro, Dean provò un brivido lungo la schiena, sentendo la voce leggermente roca di Cas, dire il suo nome in quel modo. Santo cielo.
«Ehi Cas…» lo salutò, sorridendo come un idiota. Si era appena accorto che non gli importava quanto la sua vita fosse incasinata, quanto l’influenza di suo padre fosse ancora presente in lui, in quel momento c’era solo una cosa che voleva fare, che voleva, dimenticò il pacchetto, dimenticò il regalo e tutto ciò che aveva pensato di fare. Si mosse veloce suoi pattini e si ritrovò vicinissimo a lui, portò la sua mano verso quella di Cas, e lo guardò negli occhi sorridendo, senza riuscire a dire nulla.
«Dean? Stai bene?» gli chiese, perdendosi anche lui nel suo sguardo.
«Cas, io non credo alle stronzate sull’amore eterno, come in quella storia che mi hai raccontato, non credo che l’amore esista, ho visto mio padre distruggersi perché amava troppo mia madre ed è impazzito quando è morta» disse tutto d’un fiato «Sono scontroso e rude, sono un casino che cammina e non ho molto da offrire» disse, con quanta più sincerità avesse dentro di sé «Ma so una sola cosa» continuò, sentendo il suo cuore battere forsennatamente «So che mi piaci, e che con te sto bene, e tu mi fai ridere, e mi hai fai guardare commedie romantiche di Natale e cantare canzoni che non avrei mai pensato di cantare, sì, sto parlando di quella terribile versione di Michael Bublè e…» Castiel non gli diede il tempo di finire di parlare, eliminò del tutto la distanza tra di loro e gli diede un leggero bacio a stampo sulle labbra, che zittì Dean immediatamente, e un tenero sorriso nacque sulle sue labbra, a contatto con quelle del moro.
«Mi piaci anche tu, tanto» soffiò sulle sue labbra, poi gli prese il viso tra le mani, e ad occhi chiusi, approfondì il contatto tra le loro bocche e lo baciò davvero. Dean gli mise le mani sui fianchi per tenersi in equilibrio e ricambiò il bacio nel medesimo modo. Entrambi si separarono con un leggero fiatone, cercando ancora le labbra dell’altro.
«Mmh… è stato…» iniziò tentennante Dean, a corto di fiato e di parole.
«Wow» commentò Cas, senza parole «Ti hanno mai detto che parli troppo, Dean?»
Dean scosse la testa e sorrise. Si sentiva un idiota patetico, ma non era poi così importante, un Cas sorridente, felice e rilassato davanti a lui era la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua.
«Ho un… regalo per te» disse mettendo una mano nella tasca e tirandone fuori il pacchetto con la cassetta «Non è molto, è solo una sciocchezza, ma…» Castiel prese il pacchetto tra le mani e sorrise scuotendo la testa.
«Dean, io… è perfetto, non immaginavo che tu…» mormorò imbarazzato. Dean gli aveva fatto un regalo, era quasi certo di sapere cosa fosse – nei giorni precedenti non aveva fatto che ripetere quanto lui avesse bisogno di imparare buona musica, ma il fatto stesso che gli avesse preparato una cassetta con le canzoni che lui riteneva buona musica, significava che l’avesse fatto pensando a lui e quel bacio… quel bacio era stato il regalo più bello che avesse mai ricevuto. Allora, forse era vero che tutti potevano trovare l’amore e viverlo intensamente. Non che Dean gli avesse appena dichiarato amore, ma quello che gli aveva detto andava molto vicino ad una dichiarazione d’amore.
«Mi piacerebbe, poi, passare la vigilia con te. Insomma, non ti offro grandi cene o posti lussuosi, ma una cena d’asporto, un film di Natale e domani mattina potrei prepararti la colazione…»
«Sarebbe perfetto, Dean» gli disse con un leggero sorriso sulle labbra.
 
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Quando la mattina seguente, la mattina di Natale, Castiel si risvegliò, non si sorprese di trovarsi nel letto di Dean, con un braccio del giovane stretto attorno al suo corpo, le loro gambe intrecciate e la sua biondissima testa sul proprio petto. Wow, era la prima vigilia di Natale che passava con qualcuno di diverso dalla sua famiglia, era la prima volta che la passava con un ragazzo e si risvegliava con lui la mattina di Natale. ed era la prima volta che sentiva di aver trovato la persona che aveva sempre sperato di trovare. Dean lo faceva sentire bene, apprezzato, felice, lo ascoltava quando ne aveva bisogno, lo faceva stare bene quando era abbattuto ed era sempre lì a sostenerlo nei momenti difficili. Sorrise guardando il soffitto della camera di Dean, e si sentì davvero bene. Non poteva essere più felice di quel momento. La sera precedente era stata strana, a tratti imbarazzante, soprattutto quando il fratello di Dean disse che aveva bisogno di allontanarsi da loro a causa degli sguardi che si lanciavano, ma si era divertito, ed era stato davvero bene lì. Si erano baciati sotto al vischio che Sam aveva sistemato strategicamente nel corridoio, per convincere suo fratello a fare una mossa verso il moro, ignaro che l'avesse già fatta, e poi si erano ritrovati in camera di Dean, e poi erano stati i loro corpi a parlare, ed era successo.
«Ehi, sei sveglio?» soffiò Dean contro il suo orecchio. Lui rabbrividì ed annuì sorridendo, wow, era il risveglio migliore che avesse mai ricevuto. E anche il miglior regalo di Natale della sua vita.
«Buongiorno, Dean» mormorò «Buon Natale».
«Buongiorno e buon Natale anche a te, Cas» gli diede un bacio sulla guancia «Ho dormito benissimo» sussurrò.
«Anche io…» mormorò, il biondo alzò la testa verso di lui e gli stampò un bacio sulle labbra, per tutta risposta Castiel mise una mano dietro alla sua nuca e lo trascinò in un bacio più appassionato. Da quanto tempo non si sentiva così felice e sereno? Mai, non si era mai sentito così, poi all’improvviso era arrivato Dean e aveva stravolto ogni cosa, e l’aveva resa migliore. L’aveva fatto innamorare, per la prima volta in vita sua, si sentiva innamorato di qualcuno e non si era mai sentito tanto bene prima di quel momento.  Era vero che il Natale poteva essere magico a volte.
«Colazione?» chiese «Ti faccio i pancake» promise, guardandolo negli occhi. Dean era di una bellezza disarmante quella mattina, era rilassato, sereno, felice, e i suoi occhi brillavano d’aspettativa. Era meraviglioso e forse non si rendeva nemmeno conto di esserlo, il moro annuì, accarezzandogli una guancia, nonostante non avesse proprio intenzione di alzarsi da quel letto, perché non voleva separarsi da Dean, voleva restare accanto a lui, stringerlo ancora un po’ a sé, ma non voleva nemmeno deludere la sua aspettativa. Stava per rivestirsi, quando Dean con un sorriso furbo sul volto, gli rubò la felpa e gli porse la propria, Cas sorrise al gesto tenero e indossò la sua felpa senza ribattere; poi raggiunsero la cucina e vide Dean diventare più ansioso, come se temesse qualcosa, ma cosa? In silenzio, il biondo si mise ai fornelli e iniziò a preparare la colazione, non riusciva a capire, aveva sbagliato qualcosa? Aveva fatto qualche errore di cui non si era reso conto? Come poteva, a questo punto, rimediare?
«Dean, nevica!» esclamò, spezzando il silenzio, avvicinandosi alla finestra, e notò qualcosa esattamente di fronte al palazzo, qualcosa che la sera prima era certo non ci fosse. Sbatté le palpebre e mise a fuoco quella cosa, e un sorriso tenero nacque sulle sue labbra «Ehi, chi ha costruito un pupazzo di neve con vicino un angelo di neve di fronte al palazzo?» chiese raggiungendolo alle spalle, e avvolgendo le braccia attorno ai suoi fianchi. Quello era il gesto più tenero e romantico che qualcuno avesse mai fatto per lui, anche se non sapeva esattamente quando Dean avesse fatto una cosa del genere, ma sapeva per certo che fosse opera sua. Ora si spiegava anche l’ansia che stava provando prima, probabilmente non sapeva come dirglielo o come avrebbe reagito lui alla vista di quel piccolo, ma importante gesto.
«Boh… forse qualche ragazzino?» domandò sarcasticamente con la voce tremante, mentre Castiel gli accarezzava il petto «Magari uno della tua biblioteca…» Castiel rise contro il suo orecchio scuotendo la testa «Okay, lo confesso, ho pagato dei ragazzini per farli fare durante la notte. Siamo io e te» disse restando di spalle «Non credo a quelle stronzate, come ti ho detto ieri, ma tu sì… e a me piaci tu» si morse le labbra «Potrei azzardarmi a dire di essermi innamorato di te, ma…» Cas non gli diede il tempo di finire la frase, lo voltò verso di sé in fretta e lo baciò stringendolo forte contro di sé. Quella era la dichiarazione più bella che avesse mai ricevuto – okay, era anche l’unica – e gli aveva scaldato il cuore nel profondo.
«È bellissimo, grazie» lo ringraziò, sentendosi commosso, appoggiò la fronte contro quella di Dean e chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e, sorridendo, affermò: «Anche io sono innamorato di te».
 
C’erano tre cose che Castiel Novak, ex studente di lettere, attuale bibliotecario, aspirante scrittore, residente a New York, amava della sua vita: pattinare sul ghiaccio, leggere per i bambini che frequentavano la biblioteca il sabato mattina e Dean Winchester. E Dean Winchester, casino ambulante che camminava su due gambe storte, oltre ad essere particolarmente affezionato a suo fratello, amava Castiel Novak.

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Hola people!
Come avevo annunciato nel capitolo della mia mini-long ecco a voi una bella One Shot di Natale, so che è lunga, ma chi mi conosce sa che non so proprio scrivere poco. Questo è un piccolo regalino per voi, che da quest'estate, quando ho ricominciato a pubblicare, mi avete seguita e supportata, non sono stati mesi facili, il lavoro mi ha travolta come un treno, le giornate sono lunghe e stancanti, ma a fine giornata, quando mi metto a scrivere sembra che sia tutto meno difficile e stancante, e scrivere su Dean e Castiel mi rilassa in un modo che non posso descrivere. Amo scrivere, ma mi sentivo un po' demoralizzata, poi ho ripreso le cose in mano, soprattutto grazie a mia mamma che mi diceva che se qualcosa mi fa stare bene, non avrei dovuto metterla da parte, e poi ho ricominciato a scrivere e a rendere pubbliche le storie, e voi mi avete accolta in un modo davvero meraviglioso, quindi con tutto il cuore, vi ringrazio per tutto, e vi auguro buone feste, buon Natale e un meraviglioso anno nuovo. 
(Sono troppo sentimentale, sigh) Giuro che in serata pubblico anche il capitolo della mini-long, se non riesco oggi, sicuramente domani perché è già pronto. Ma ci tenevo a farvi gli auguri con questa OS.
A presto, people, e sempre, grazie di tutto! 
   
 
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