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Autore: Jenna Ravenway    23/12/2017    0 recensioni
Juno li ha già visti. Tutte le notti sogna sempre gli stessi volti e lei sa che il momento giusto sta arrivando. Le sue visioni non sbagliano mai.
Ma quando finalmente incontra Lyllian, Finnick, Donovan e Alyssa tutto va a rotoli. Ripetuti attacchi li costringono a scappare di continuo e nessuno di loro riesce a spiegarsi come mai, ad un certo punto, perfino i loro stessi amici e parenti provino ad ucciderli.
L'unica possibilità che hanno è quella di risvegliare i propri poteri e smetterla di nasconderli. La loro lotta per la sopravvivenza è iniziata e sarà meglio scoprire la verità in fretta, perché chiunque gli stia dando la caccia diventa più potente ogni secondo che passa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Juno

02/15/2014 ore 00:17 am Titolo: Giorno 254°

Nessuno dovrebbe poter scegliere il destino degli altri.

Il futuro non può essere manipolato a proprio piacimento. Non è forse questo il significato di tutto? Andare avanti e scoprire cos'è che la vita ha in serbo per noi. Vivere sul serio, senza nessuno che possa decidere che fine faremo.

Ma se ci fossero persone in grado di farlo? Se ci fossero persone in grado di manipolare il futuro, piegarlo a proprio piacimento e farlo proprio cos'accadrebbe?

La vita non sarebbe più così ignota e contorta.

Incontrare per caso un vecchio amico non darebbe più la stessa gioia, dichiararsi a qualcuno che ci piace provocherebbe in noi lo stesso batticuore? Le stesse farfalle?

Partire per scoprire posti nuovi non sarebbe più così eccitante, fare cose insensate senza sapere che conseguenze scatenerebbe non ci darebbe più la stessa adrenalina.

Abbiamo una sola vita, perché viverla con la consapevolezza di quello che accadrà?

Perché non buttarsi ad occhi chiusi e vivere tutte le emozioni che possiamo provare?

Amare, gioire, sorprendersi, disperarsi per qualcuno, sentire l'adrenalina, la rabbia...

Vivere.

File. Salva. Documenti importanti.

Lo schermo si spense poco dopo e la ragazza rimise il portatile nella borsa nera ai piedi della sua sedia. Avrebbe scritto il resto nella biblioteca dell'università dopo le lezioni, ora aveva solo voglia di dormire e calmare quel mal di testa assurdo.

Si era ritrovata davanti al computer con l'ispirazione per scrivere quelle poche righe, ma ne era rimasta delusa: nella sua testa suonava tutto molto più profondo e ben narrato di quanto ne fosse poi uscito fuori.

La sedia stridette contro il pavimento quando lei si alzò, e la borsa appoggiata alla sua gamba scivolò sul pavimento.

La ragazza accese la luce della cucina e si diresse verso il frigo: doveva esserci ancora il burrito del giorno prima da qualche parte dietro le lattine di soda, con un po' di fortuna l'avrebbe trovato.

Aprì l'anta e provò a cercarlo con lo sguardo ma, quando il muro di latta non le permise di trovarlo, decise di fidarsi del suo tatto e infilò una mano tra tutta quella soda.

Perché ne ho comprata così tanta?

Le sue dita sprofondarono in qualcosa di gelatinoso.

«Cazzo...»

Ritrasse la mano dai meandri del frigo e si pulì i resti del budino su un fazzoletto.

Beh, aveva appena rovinato la sua colazione, quantomeno sarebbe comunque riuscita a mangiarla.

Posò alcune lattine di soda sul pavimento e prese la ciotola con la gelatina color cioccolato.

«Come non detto...» i suoi occhi esaminarono il mezzo burrito sprofondato nel suo budino.

Perfetto.

Prese un piatto e lo posò accanto alla ciotola con il disastro al suo interno.
Sarebbe riuscita a mangiarlo comunque, no?

Si tirò su la manica fino al gomito e sospirò: doveva trovarsi una coinquilina dedita alla pulizia e alle faccende domestiche.
Qualcuno che pulisse i pasticci che lei combinava, insomma.

Estrasse il burrito con le dita e gli diede un morso.

«Mio dio, che schifo» mormorò disgustata.

Corse al cestino della spazzatura e sputò tutto, maledicendosi per quello schifo che le era appena costato la cena.

Lanciò un'occhiataccia al pasticcio che si era creato sul tavolo e poi spense la luce. Avrebbe sistemato tutto il giorno dopo, non c'era da preoccuparsi, ora voleva solo dormire.
Si lanciò sul letto disfatto e spostò un pantalone da sotto la sua faccia.

Si, aveva bisogno di una coinquilina più che dedita alle pulizie.

O forse aveva solo bisogno di un esorcista: i suoi vestiti erano ovunque ormai.

Guardò il pigiama con gli orsetti ma i suoi occhi si chiusero prima che lei potesse allungare una mano per prenderlo e cambiarsi.
E lei sapeva già cosa stava per succedere. Come al solito.

***

Donovan

Quella mattina la mamma di Donovan aveva deciso di svegliarlo con la sua dolce voce da usignolo morente.

Sì, era anche in ritardo per la scuola, ma ormai c'era abituato.

Quella notte aveva piovuto a dirotto, aveva sentito i tuoni e la pioggia contro la sua finestra e non era riuscito a chiudere occhio. Quando alle tre aveva smesso, si era finalmente addormentato con il cuscino a coprirgli le orecchie e le coperte arrotolate tra le gambe.

La strada verso la sua scuola era immersa nelle pozzanghere e nella fanghiglia; aveva pure ricominciato a piovere. Un tuono rimbombò nelle sue orecchie e lui sentì i brividi giù per la sua schiena. Doveva muoversi. Aveva anche dimenticato l'ombrello per la fretta di uscire di casa.

Controllò il telefono: gli restavano solo tre minuti prima della seconda campanella.
In più lui non gli aveva ancora risposto. 
Sospirò e rimise il telefono in tasca.

«Ehi, ragazzo, sei in mezzo alla strada, spostati, sono in ritardo!»
Donovan alzò la testa di scatto e si accorse della macchina ferma a pochi metri dalle sue gambe.
«Oh, mi scusi...» mormorò così piano che l'uomo non lo sentì.
Attraversò in fretta e senza far caso a dove stesse andando a mettere i piedi e si ritrovò con le scarpe fradice.

Sospirò nuovamente alzando la testa verso il cielo coperto da una fitta coltre di nubi scure.
Si morse il labbro inferiore e decise di non provare nemmeno a imprecare.

Intanto la macchina riprese a camminare e lui si spostò sul marciapiede.

Ricordati che sei in ritardo, come sempre.

Cominciò a correre e, per poco, una ragazza non gli venne addosso.
La biondina sfrecciò davanti a lui con un bambino di circa dieci anni al suo fianco. Aveva due zaini sulle spalle, uno doveva essere quello del bambino, con dei supereroi disegnati male e delle onomatopee enormi.
Quella ragazza l'aveva già vista, forse aveva seguito qualche lezione di piano con lui?
Muovi il culo, Donovan.

Arrivò a scuola, cinque minuti dopo la seconda campanella. Il professor Brown lo accolse con un sorriso sadico, ma lo fece entrare comunque in classe. Questo significava più compiti per lui alla fine della lezione.

Il tavolino cigolò quando lui ci appoggiò il libro di storia ma, questa volta, non fece caso all'occhiataccia proveniente da dietro la cattedra: non era colpa sua se l'attrezzatura della scuola fosse buona solo per un falò.

Il telefono vibrò nella sua tasca e si ritrovò a sussultare. Che lui gli avesse risposto?

Guardò l'orologio sopra lavagna. Segnava le otto e trenta minuti, di solito Luke non era un tipo mattiniero e, vivendo da solo, aveva orari propri.

La lezione del professor Brown sembrò disperatamente lunga e Donovan non prese neanche un appunto, pensò tutto il tempo al messaggio che gli era arrivato. Poteva sul serio essere lui?
La voce di Brown lo riportò alla realtà:
«Lindler, voglio che tu faccia un tema di almeno cinque pagine sull'argomento di oggi. Spero che la prossima volta saremo abbastanza degni di te da averti fin dall'inizio della lezione.»

La ragazza accanto a lui ridacchiò e disse qualcosa ad una sua compagna, qualcosa che non gli interessava sapere.

Il professor Brown lo stava ancora fissando. Che si aspettasse una risposta? Donovan non disse niente e prese il suo libro e la sua penna; aveva fretta, voleva leggere il messaggio, e comunque non c'era niente da dire.

Quando imboccò il corridoio gremito di studenti si affrettò a prendere il telefono dalla tasca della giacca con le mani tremolanti e il cuore in gola.
Sbloccò lo schermo e lesse.

"Mittente: Mamma
Hai dimenticato il pranzo a casa, hai soldi per comprare qualcosa in mensa?"
Certo. Luke non gli avrebbe mai scritto a quell'ora. Sicuramente il giorno prima era tornato a casa tardi e, in quel momento, stava dormendo.

Si sentì uno stupido, ma in fondo lui si sentiva sempre stupido quando era con Luke. Quelle stupide farfalle e quello stupido batticuore. Che Luke provasse le stesse cose?

«Mi stai ascoltando? Ehi, tu.»
Donovan alzò lo sguardo dal suo telefono e incrociò gli occhi color mandorla di una ragazza che gli arrivava appena al petto. Una ragazza bionda.
Quella ragazza.

«Mh?» mormorò lui spegnendo il telefono e riponendolo nuovamente nella tasca destra della sua giacca di jeans.
«Tu sei il tipo di stamattina, no? Ti ho quasi investito mentre correvo, mi dispiace, ero troppo di fretta per chiederti scusa.»

Donovan la guardò per un attimo. Quella piccoletta faceva tenerezza.
Lei aggrottò la fronte e fece una faccia strana.
«Tutto okay? Stai bene?» chiese avvicinandosi di un passo.

Lui si allontanò dello stesso passo. 
«Si, tranquilla, sto bene. Non preoccuparti per oggi, anche io ero abbastanza di fretta per farci caso.»

Lei sorrise e annuì leggermente. «Perfetto, pensavo te la fossi presa o cose del genere. Ora vado, ci si vede.»

Lui la guardò andare via, ma prima che potesse riprendere a camminare, la ragazza si voltò nuovamente con una faccia leggermente imbarazzata.

«Oggi i miei amici non mangeranno in mensa, ti andrebbe di farmi compagnia?» chiese con una faccia innocente.

Donovan la guardò sorpreso «Oh, uhm, si... penso. Per me non c'è problema.»

Lei si avvicinò nuovamente e tese la mano destra «Io sono Lyllian comunque. Tu sei?»

Lui strinse la mano «Mi chiamo Donovan, piacere.»

La ragazza guardò l'orologio sul suo polso e lasciò la sua mano con uno scatto.
«Okay, Donovan, ci vediamo in mensa allora; ora devo proprio andare»

La seguì con lo sguardo finché Lyllian non scomparve dietro l'angolo, lasciando Donovan con un palmo di naso ed un enorme punto interrogativo sulla testa.

***

Lyllian

Lyllian arrivò al suo armadietto con il fiatone. La prossima lezione sarebbe cominciata a momenti e lei non aveva ancora dato i suoi appunti a Donna. 
Si era messa a parlare con quel ragazzo e si era dimenticata dei suoi impegni. Ma lui era... triste, per qualche motivo. Stava guardando il suo telefono e sembrava giù di morale. Chissà a cosa stesse pensando...

Lyllian inserì la combinazione e prese il quaderno di letteratura e il foglio con le note di chimica. Donna le dava dieci dollari ogni volta che lei le portava gli appunti delle lezioni che avevano insieme, quindi non le dava alcun problema cederglieli. In più li ricopiava su un altro foglio, così da poterli usare a sua volta.

Donovan le passò accanto e si diresse verso l'aula di calcolo. La testa bassa e gli occhi intenti a guardare qualcosa sulla copertina dei suoi libri.
La sua aura trasmette ansia e tristezza, riesco a percepirla anche se lui si sta allontanando...

Quella mattina si erano scontrati ma lui non le aveva detto niente e lei era troppo di fretta per scusarsi. Ci aveva pensato solo quando era riuscita a calmarsi da tutta la frenesia e l'agitazione di quella mattina.

Era riuscita a portare suo fratello a scuola prima che le maestre lo rimproverassero e lei aveva solo fatto un leggero ritardo che non le aveva causato alcun problema.

Fortunatamente la sua professoressa di biologia era stata abbastanza comprensiva e l'aveva lasciata accomodare senza dirle niente.

Pensò a sua zia sola a casa, cosa stava facendo?

Era riuscita a buttare tutte le bottiglie di alcool presenti nell'abitazione e le aveva lasciato un biglietto sul tavolo prima di andare via. Sperava che la donna fosse almeno stata in grado di leggere quella mattina.

Il fatto che sua zia fosse un'alcolizzata poteva sembrare alquanto grottesco e spaventoso, ma in fondo Carol non era una donna violenta neanche quando beveva troppo, e questo permetteva a Lyllian di poterla gestire abbastanza bene durante quei momenti di eccessivo inebriamento.

Ma, quella mattina, aveva speso quasi tutto il tempo a pulire il vomito dal pavimento della cucina e a buttare le nuove lattine di birra che aveva trovato mentre cucinava la colazione per Anton.

Se solo sua zia avesse conservato i soldi che spendeva in alcool Lyllian avrebbe avuto meno problemi e non sarebbe stata costretta a dare gli appunti a Donna per 10 dollari.

La campana suonò e lei chiuse il suo armadietto con uno scatto che fece sussultare la ragazza nella postazione accanto alla sua.

Era in ritardo per la consegna delle sue note, doveva correre più veloce.

Angolo Autrice
Ciao a tutti ragazzi! Sono Jenna Ravenway e mi ripresento su EFP con una nuova storia.
Esatto, mi RI-presento, infatti avevo già un account qualche anno fa, ma poi non ci badai più e persi tutti i dati.
Magari qualcuno già mi conosce perché ha letto qualche mia opera di Wattpad, in tal caso ben ritrovati, miei giovani amici!

Ma bando alle ciance e parliamo del capitolo! 

Cosa ve n'è sembrato?
Pensate che sia un buon inizio?

Aspetto tutti i vostri commenti e vi auguro un buon Natale, sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento!

Jen :]
 

   
 
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