Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: aoinohjme    24/12/2017    0 recensioni
«Sai che si dice che il sole e la luna si amino, segretamente, e che ciascuno muore per far vivere l'altro?» chiese, ricordandoti la cazzata più cliché che avessi mai sentito in tutta la tua vita. Facesti una smorfia disgustata. […]
«Se ci pensi un attimo, ci conosciamo da due giorni e non abbiamo fatto altro che arrenderci all'altro, proprio come il sole e la luna.»
Giurasti che il suo monologo sembrava uscito da un libro di Nicholas Sparks, quel ragazzo era per davvero un personaggio di un libro.
«Sarei felicissimo se questo rapporto continuasse così, sai? È come se avessi ritrovato un'amica persa ormai da tempo.»
https://www.wattpad.com/story/132546648-the-blue-light-that-was-with-me
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
         
 
 
 
   I couldn’t give up
   I couldn’t fall asleep for a single night
   'cause maybe if I keep trying to get up like this
   I will find myself
 


 
*











                       2.

 

Ti rendesti conto di aver lasciato la serranda alzata la sera prima quando la luce proveniente dalla finestra ti travolse, al mattino, costringendo i tuoi occhi sensibili alla luce del sole ad aprirsi. Eri sempre stata il tipo da svegliarsi al minimo cambiamento, che fosse la luce della stanza o un suono improvviso. Quando vivevi con i tuoi ti svegliavi regolarmente alle sei con tuo padre che andava silenziosamente al lavoro, attento a non svegliare i propri figli, ma tu percepivi che qualcosa si muoveva all'interno della casa e non riuscivi a sopportarlo. Quando vivevi con le tue coinquiline e quest'ultime si alzavano presto per studiare, allora ti alzavi anche tu in automatico - poi ti riaddormentavi per un'altra ora, e ne risultava che passavi l'intera mattina a sonnecchiare, con gli occhi che piagnucolavano da soli per la stanchezza come se avessi perso un'intera notte di sonno.
Il tuo sonno debole, la grande fatica che ti serviva per addormentarti la sera, il numero di volte durante la notte in cui ti svegliavi senza alcun motivo, erano sempre stati un enorme motivo di stress che ti aveva sempre rovinato le mattinate. Per tutti quegli anni al liceo, all'università, che avevi impiegato a trascinarti a lezione, costringendo i tuoi occhi a rimanere aperti e le tue gambe a camminare, eri felice di essere finalmente in grado di dormire.
Forse era il fatto che fossi sola a casa, che nessun rumore potesse interromperti, che la tua vita stesse andando come volevi: probabilmente eri semplicemente serena e il tuo sonno lo era a sua volta. 

Quella mattina, con quella luce accecante che inondava la tua stanza, rinunciasti immediatamente a riposarti. La prima cosa che facesti fu sbuffare, come se un sensore nella tua testa avesse cominciato a lampeggiare per informare il tuo cervello che ritornare a dormire sarebbe stato infattibile. Ormai conoscevi bene la dinamica del tuo dormiveglia e, proprio perché non potevi interferire, sbuffavi.
Sollevasti le lenzuola dal tuo corpo, contemplasti la stanza, poi cercasti l'orologio con i tuoi occhi ancora confusi a causa dell'eccessiva luce. Era così presto che avresti preferito tornare a letto, ma, sbuffando una seconda volta, ti costringesti ad alzarti. Abbassasti la serranda, finalmente riuscendo a vedere, poi adocchiasti il tuo cellulare.

[01:48] Alice: Deficiente, grazie mille per aver ascoltato il mio audio di ieri
[01:48] Alice: Ho capito che ora sei troppo coreana per poter capire l'italiano ma non rompere il cazzo e ascolta

La tua ex coinquilina, per un periodo la tua più grande amica, ti aveva inviato un messaggio vocale appena due giorni prima e ovviamente avevi scelto di posticipare l'ascolto, ma non per noia o perché non ti sarebbe piaciuto sentire la ragazza, la tua scelta era basata su una semplice regola generale del tuo perfezionismo: odiavi i messaggi, vocali o no, avevi sempre acceso il cellulare solo per controllare l'orario, leggere news quando eri troppo pigra per accendere il televisore e, nell'ultimo periodo, per parlare con i tuoi al telefono. Ciò significava che rimanere in contatto con i tuoi, stranamente, tanti amici era una seccatura. Questi ultimi ormai ti ringraziavano quando rispondevi, il che dava un'idea di quanto testarda fossi nei tuoi schemi mentali. 
Ascoltasti l'audio inutilissimo di Alice in cui si lamentava come al solito del suo capo e cercava consigli, come se tu fossi qualche esperta di lavoro che dal momento che è partita per la Corea sa benissimo come funziona il lavoro in Italia.

[08:20] oddio santo licenziati e trova un lavoro migliore, quante volte devo dirtelo ancora
[08:21] ah e devo raccontarti roba, non è nulla di che ma ieri ho parlato con gente chiamami appena ti svegli

La punteggiatura era talmente difficile da utilizzare e tu eri talmente pigra che non importava, allo stesso modo per il tuo vocabolario debole. Pensare in italiano era una fatica, probabilmente le parole più difficili le avresti dimenticate col passare degli anni e non vedevi l'ora che ciò accadesse - non ti capacitavi ancora di avere la parola 'pentacosiomedimni' in testa dal primo superiore, avevi bisogno che sparisse perché al solo pensare alla parola ti girava la testa.
Apristi le altre chat con i tuoi amici che si chiedevano come andasse, o che ti parlavano di cos'avessero fatto il giorno prima, o che continuavano qualche conversazione lasciata in sospeso a causa del fuso orario. Eri sempre stata abituata ad essere abbastanza sola, eppure le persone si erano accumulate intorno a te e, quando finalmente eri felice e in compagnia, tutte le tue relazioni diventavano a distanza. Eri tornata alla solitudine e forse non ti dispiaceva. 
D'accordo che durante i tuoi anni da adolescente la solitudine era stata il tuo più grande peso, ma in quel momento ti rendevi conto di quanto fossi stata stupida, che, per una persona come te, la solitudine è probabilmente la più grande forma di libertà.

Lanciasti un'occhiata velocissima alla felpa blu di Taehyung, ma non ti ci soffermasti perché quella mattina avevi ben altro per la mente: apristi l'armadio col solo scopo di renderti il più presentabile possibile. Entro le nove saresti dovuta essere fuori casa, diretta alla metropolitana e al centro, dove saresti andata, per tua grande felicità, alla ricerca di un lavoro. Non che il fatto di essere baby-sitter non ti bastasse, semplicemente non era il tuo lavoro dei sogni ma un passatempo per poterti pagare il cibo, l'affitto e l'essenziale per poter vivere da sola in una nuova città. Quello che era il tuo obbiettivo, grazie alla tua grande passione per le lingue, era trovare un lavoro che le riguardasse; fino a quel momento non eri stata molto fortunata e le poche agenzie che avevi avuto la possibilità di visitare ti avevano messo in qualche lista di attesa, ti avrebbero chiamata in caso di necessità, ma più o meno avevi intuito che avrebbero preferito chiamare coreani di una certa età, piuttosto che un'italiana piccola e senza esperienza che è appena uscita dall'università e che, nonostante sappia parlare cinque lingue e stia studiando da autodidatta il cinese, come se fosse umanamente possibile, è praticamente una neonata che non sa dove andare a sbattere la testa - avevi lo stesso valore sociale di Juun, a dirla tutta. Motivata dai consigli che la signora Choi ti aveva dato negli ultimi giorni, un sorriso ti occupava il viso senza alcun motivo, come se ti volessi illudere che qualcosa sarebbe stato diverso quella mattina.

Dopo una doccia calda, dopo esserti vestita comodamente, facesti una colazione modestissima ed eri già fuori all'esplorazione di nuovi quartieri, nuove possibilità, di una città fin troppo grande rispetto al tuo paese natale che risiedeva nella tua memoria come un luogo tranquillo, nonostante avesse visto i tuoi momenti peggiori.
Avevi prenotato alcuni incontri per compagnie alla ricerca di impiegati competenti in lingue, e, tra queste, spiccava una casa editrice per cui avevi aspettato un mese intero: avevi organizzato tutto ordinatamente e quella mattina avresti avuto una conversazione con qualche impiegato del capo. Effettivamente stavi per svenire dall'ansia e il tuo battito cardiaco era fuori controllo, ma stavi benissimo.
Avevi deciso a diciassette anni che tradurre libri sarebbe stato il tuo lavoro dei sogni, per quanto fosse astratto e all'epoca irrealizzabile. Nella tua vita da nerd, di fanfiction ne avevi tradotte parecchie, tra libri in inglese, musica coreana, giapponese, anime, ormai eri sicura che sarebbe stato il tuo lavoro ideale. All'inizio avevi valutato l'idea di trasferirti in Giappone, trovare un modo di inserirti nel mondo dei manga, ma avevi scartato l'idea per non si sa quale motivo; o meglio, il tuo cuore continuava a dirti di seguire la Corea piuttosto che il Giappone, e, trovando l'appartamento in cui avevi cominciato a vivere su un sito a casissimo su internet, era ormai fatta. Col tempo accettasti anche l'alternativa dell'interprete, non potendoti permettere di essere troppo selettiva in un contesto in cui farsi assumere è già una grande lotta.

Avresti fatto visita a tre diverse agenzie quella mattina, le tue aspettative erano talmente alte che sapevi già che ne saresti rimasta delusa. Erano le uniche agenzie che ti avevano dato disponibilità per tutta la settimana, quindi ti mettesti in testa di dover essere convincente, di fingerti la persona interessante che non eri, di catturarli almeno un minimo e far in modo che una chiamata di lavoro sarebbe arrivata veramente.
Avesti bisogno di qualche ora per i primi colloqui, e l'ultima sarebbe stata l'agenzia di editoria, motivo per cui la tua ansia aumentò fino a farti tremare, contorcendo il tuo stomaco e aumentando il tuo battito cardiaco di quattro volte. Ma era ancora tutto okay, eri un'adulta e non avevi di che preoccuparti, avresti parlato con un altro essere umano delle tue tendenze, dei tuoi interessi, delle tue motivazioni, non facevi altro da un mese e non capivi come sarebbe potuta andarti male.
Così pensasti.
Per qualche motivo fu il colloquio peggiore che avessi avuto in quattro settimane di far avanti e indietro per edifici sconosciuti. Uscisti dalla stanza in cui eri stata convocata tremando, le tue mani non riuscivano a reggere la borsa che avevi portato in giro per tutta Seoul, i tuoi piedi non desideravano altro che liberarsi delle scarpe scomode che avevano indossato fino a quel momento. La tua mente era vuota, non ricordavi quello che fosse successo, per di più non volevi saperlo. 

Dopo una mattinata talmente affaticante, decidesti di tornare a casa e non uscirne per altri due mesi.
Un altro giro di autobus, quindici minuti di metro, dieci minuti a piedi che passasti a rimuginare su quanto fossi stupida... eri nuovamente davanti al tuo appartamento, mai lo sentisti così simile ad una casa. La sensazione che provasti liberandoti delle tue scarpe, dei tuoi vestiti, ributtandoti sul letto, fu indescrivibile - eri davvero a casa, un po' meno calorosa di quella con i tuoi genitori e un po' più piccola rispetto a quella con le tue coinquiline, ma pur sempre casa. Ed era soltanto l'una, mancavano due ore all'arrivo di Juun.

Ti rigirasti sul letto, non potendo evitare di mettere il broncio, riflettendo a caso e arrivando alla conclusione che forse non vedevi l'ora che arrivasse il bimbo. O forse non vedevi l'ora di sfogarti con la signora Choi, dal momento che farlo con i tuoi genitori sarebbe stato fuori discussione. A quell'ora dormivano ancora, non avesti nemmeno bisogno di prenderli in considerazione. La tua mente era talmente in movimento dopo essere stata vuota tutta la mattina che non riuscisti a stare ferma. Dal letto passasti velocemente al soggiorno, accendesti la TV ma non trovasti nulla di interessante, quindi prendesti il cellulare, ma tutti i tuoi amici dormivano, quindi andasti in cucina e mangiasti, ricordandoti che era momento di pranzare, ma ti stancasti pure di mangiare. Alla fine, stanca della tua stessa iperattività, ti accasciasti sul divano, abbracciando un cuscino alla ricerca di conforto.
Non eri solita lasciarti andare a momenti di fragilità simile, ma quando eri sola non avevi nessuno di cui vergognarti. Ciò nonostante desiderasti che il cuscino che stringevi tra le braccia fosse un tuo amico, un tuo parente, chiunque avesse un minimo di calore e che potesse confortarti con parole banali, o semplicemente stringendoti. Non vedevi l'ora che arrivasse Juun, e ne avresti fatto il tuo peluche.

Quando frequentavi ancora le medie, non avresti mai pensato di diventare una tale bisognosa d'affetto. Non ti era mai importato di avere qualcuno da abbracciare, avevi i tuoi amici superficiali e, sebbene ti sentissi sola, riuscivi a sopravvivere. Quando quegli amici superficiali ti lasciarono sola, allora sì che desiderasti avere qualcuno con cui sfogarti, qualcuno da insultare senza motivo per poterti liberare di tutta la frustrazione che avevi dentro; per un paio di anni la accumulasti, a tal punto che, quando le persone cominciarono ad entrare nella tua vita, non mostrasti loro alcuna emozione. Eri diventata brava a trattenere per te qualunque cosa sentissi, non ti sembrava il caso di disturbare gli altri col tumulto che avevi dentro, non necessariamente perché ti vergognavi. I tuoi amici si abituarono alla te apatica, spesso ti facevano i complimenti per il modo in cui riuscivi a nasconderti, mantenendoti sempre calma quando avresti dovuto arrabbiarti e rimproverare chi ti faceva un torto.
Con la tua prima relazione avesti modo di occuparti dei tuoi sentimenti repressi e a causa loro non funzionò per niente, né la tua seconda, né la terza, né la quarta relazione a dirla tutta... però sapevi che avresti trovato qualcuno che riuscisse a tenere testa ai tuoi sentimenti un po' vaghi.

Passasti alcune ore in quel modo, persa tra i tuoi pensieri, ormai diventando un tutt'uno col cuscino, a tal punto che guardando l'orologio ti venne un infarto.
Dovesti andare a cambiarti proprio mentre il campanello suonava, non avesti tempo di sistemare i capelli né renderti un minimo presentabile. 
Apristi la porta già col presupposto di scusarti, col fiatone come se avessi appena corso per tutta la casa.

«Signora Choi, mi scusi se sono conciata così male, non avevo nemmeno visto che ore fossero e-»
Una risata angelica ti interruppe, come se il tuo fiatone, il tuo viso rosso fossero inesistenti.

«Sei bellissima lo stesso, ti assicuro che potresti anche uscire in questo modo e far innamorare chiunque» la donna ti rivolse un occhiolino, facendoti arrossire dalla testa ai piedi. 
Abbassasti lo sguardo insicura e non lo rialzasti finché non ricominciò a parlare, notando la tua reazione buffa.

«A quanto pare sei andata davvero all'Aoi!» esclamò, attirando la tua attenzione con la sua voce piacevolmente acuta.

«Sì, mi ha incuriosita» ammettesti, sorridendole.

«E dimmi-» mentre parlava, si spinse un po' in avanti come se dovesse dirti qualche segreto, e abbassò la voce «ti sei innamorata di qualche bel cameriere?»
La sua domanda ti sorprese, ti allontanasti e facesti segno di no con la testa, imbarazzata.

«Sto scherzando, ma so anche che effetto fanno quei tipi sulle ragazze. Quel bar ha clienti solo per i camerieri» commentò, sorridendo ampiamente.

«Ho conosciuto solo Taehyung e il padre» ammettesti, facendo dipingere immediatamente una smorfia sul viso della donna.

«Allora vai di nuovo qualche mattina e incontra gli altri, ogni volta che entro in quel posto mi sento in un host club, ma purtroppo io sono vecchia per quei bimbi» ridesti, e il suo sorriso diventò ancora più grande.

«Non so se tornerò, sinceramente» borbottasti, volendole dire la verità.

«Dovresti» rispose immediatamente, e ti sorprese il fatto che non chiese il motivo per cui non saresti voluta tornare. Forse un po' ti capiva davvero. 
Ti guardò cortesemente mentre ti studiava.

«Possiamo andarci insieme, come preferisci. Ma io insisto, secondo me saresti ben accetta» le sue guance rosse vennero picchiettate da Juun, che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione tra le braccia della madre, nonostante non potesse capire.

«Va bene, immagino Juun voglia stare con te e non con questa vecchia-» si lamentò, porgendoti il bambino «-così come tutti i camerieri all'Aoi, sai quanto sarebbero felici di avere te invece che me come cliente!» ironizzò.

«Non scherzi, sono sicura che non sarebbe così» dovesti contestare, sentendoti chiamata in causa. Dopo aver visto Taehyung e tutto il suo entusiasmo nel parlare della signora, eri sicura di quello che dicevi.

«Non lo saprai mai se non provi» disse lentamente, come se stesse cercando di convincerti a riprovare. Si sistemò la borsa in spalla come era solita fare quando stava per andare.

«Ci vediamo alle sette» disse infatti.

«Non posso perdere altro tempo o il signor capo mi licenzia una volta per tutte.»

«Buona fortuna a lavoro!» le augurasti, lasciandola andare via, chiudendo la porta quando salì in macchina.
Sbuffasti ampiamente una volta sicura che non ti potesse vedere, avendo immaginato che la signora fosse quel tipo da insistere su una cosa fino a quando non la otteneva, non perché fosse testarda ma perché ci credeva veramente. Osservando Juun, sperasti che non sarebbe cresciuto subdolo fino a quel punto. Lo mettesti a terra per lasciarlo gattonare al suo solito, mentre ti riprendevi dalla conversazione appena avuta. 

L'idea dell'host club, a dirla tutta, un po' ti aveva incuriosita e ammetterlo a te stessa non fu difficile. Non che avessi bisogno di relazioni o nulla del genere, l'idea di tanti bei ragazzi, probabilmente anche simpatici, in un solo posto contemporaneamente ti allettava più del previsto. Avendo già visto Taehyung le tue aspettative si fecero improponibili, quasi che ti venne l'impulso di tornare e vedere con i tuoi occhi.
Quando la parte razionale del tuo cervello riprese i sensi, tuttavia, ammettesti che sarebbe stata un'idea orribile. Innamorarti di qualche cameriere coreano sarebbe stata la rovina della tua carriera ideale, che prevedeva lavoro e l'impossibilità di avere una distrazione, che fosse un ragazzo attraente o meno. Scuotesti la testa più volte alla tua indecenza, reggendoti sul tavolo della piccola cucina che Juun stava esplorando.
Decidesti che saresti tornata solo per riportare la felpa e per nessun altro motivo. 

Già.

E come già avevi previsto inconsciamente, i tuoi piani cambiarono del tutto quando arrivò la chiamata attesa da parte di Alice, la quale ti chiese immediatamente di raccontare quello che fosse successo in quegli ultimi giorni. Non appena menzionasti dei camerieri coreani fighi fu la fine di Alice.

«Mi stai prendendo per il culo? La Y/n che conosco io si sarebbe già fatta almeno due di quei camerieri, non ci credo che stai riflettendo sul fatto di tornare o meno!» esclamò, con un accento nordico talmente marcato che ti venne da ridere. Ti mancava.

«Non ho vent'anni, cazzo» dovesti rispondere comunque a tono e difendere la tua dignità, nonostante in altre occasioni saresti scoppiata a ridere e avresti avuto difficoltà a fermarti. Sapevi che aveva ragione.

«Ma che significa? Forse, okay, non c'è bisogno che tu ti faccia almeno due dei camerieri-» si corresse, un po' ridendo di se stessa «ma devi fare amicizia cristo santo! Che sia un cameriere o un barbone, devi farti un amico, devi parlare con qualcuno, ti conosco troppo bene e tu non ce la fai a vivere sola per così tanto tempo senza avere del contatto umano» ti espose come se potesse vedere il tuo cervello, facendoti riflettere.

«Non hai venti anni ma ti assicuro che ne hai due nel cervello se credi di potercela fare semplicemente interagendo con la tua signora Ciop o come cazzo si chiama-»

«Choi» correggesti, vigile.

«Non m'interessa, non puoi avere come unica amica una signora con tutti i suoi impegni e roba varia, hai bisogno di qualcuno della tua età con cui parlare di quello che vuoi. Pensi che io abbia torto?» ti chiese, aspettando paziente una tua risposta.

«No, ma ho paura che-»

«Ma ti pare che avere due, tre amici possa causare problemi alla tua fantastica carriera? Smettila di fare il lupo solitario, non importa se rinunci a qualcosa, l'importante è che io possa considerarti ancora umana e non una macchina» ti interruppe come se già sapesse quello che avevi da dire.
Il tuo viso si contorse in una smorfia che avrebbe dovuto vedere.

«Sei troppo emozionata, mi spieghi cosa succede?» ridendo, riuscisti a farle la domanda che più ti premeva. Eri già in grado di immaginare la risposta eccentrica che ti avrebbe dato.

«Succede che dopo averti sentito parlare due secondi ho capito che hai bisogno di scopare e lo sai quanto queste cose mi diano sui nervi!»

«Ma che c'entra!» esclamasti, non potendo credere alle tue orecchie. Ridevi e lei con te, essendo evidentemente ironica. Forse?

«Senti, la prossima volta che mi chiami fallo quando ti sei fatta un amico, non solo concettualmente ma anche fisicamente se ce la fai, non so se mi capisci ora che parli coreano. Parla con la gente nella lingua che vuoi, e pure con la lingua, che cristo santo hai un bel culo, non ci credo che non sarebbero d'accordo.»

«Basta, stacco la chiamata, stai cominciando a dire cose senza senso» intervenisti, ormai con le lacrime agli occhi da quanto stavi ridendo.

«Ottimo, sottovaluta sempre i miei consigli, mi raccomando!»

«Vaffanculo» la salutasti dolcemente, prima di chiudere la chiamata.
Sentendoti offesa, ma comunque non essendoti sentita così per settimane intere, ti accasciasti a terra asciugando le lacrime provocate dalle risate, continuando a ridere perché non riuscivi a credere a quanto quella ragazza potesse essere scomoda nelle sue battutine. 
Se l'avessi dovuta paragonare a qualunque oggetto nel mondo, la avresti paragonata ai fuochi d'artificio: silenziosa, razionale per qualche tempo finché non scoppia, mostrando tutta la sua personalità esasperante. Era una persona stancante, soprattutto per te che i fuochi d'artificio li odiavi, ma chissà come la sapevi gestire.

Mentre asciugavi le ultime gocce con la tua stessa mano e smettevi di ridere, nemmeno te ne rendesti conto quando si trasformarono in vere e proprie lacrime, che cadevano dai tuoi occhi pesanti, come se si fossero addirittura trattenute. Mentre Juun ti osservava curioso tu provavi a smettere di piangere, sentendoti una bambina in preda ad un attacco di panico che non ha idea di come calmarsi. Più provavi a smettere di piangere, più le tue guance si bagnavano, in un ciclo infinito che ti portò a farti calmare solo quanto ti abituasti, dopo diversi minuti.
Fissasti il vuoto, credendo di trovare lì la mano che ti avrebbe rialzato da terra, ma poi lo facesti da sola, portandoti in bagno dove asciugasti via qualunque preoccupazione.

Saresti tornata all'Aoi il giorno dopo, eri una deficiente e dovevi farti un amico, non necessariamente nel modo in cui intendeva Alice. Ti ripetesti le tre frasi mentre osservavi il tuo riflesso allo specchio, dagli occhi rossi e pesanti che non stanno molto bene addosso a qualcuno di così forte e indipendente. O forse avevi bisogno di smettere di idealizzarti.


 






*ho letteralmente cercato su google 'attrici coreane', ho trovato Jeon Do-yeon tra i primi cinque risultati (mi annoia vivere let me be) e pensavo che sarebbe stata perfetta come signora Choi. Ho provato anche a cercare 'fashion blogger italiane' pur di trovare un volto per Alice, ma mi sono sentita disagiata meaning vi lascio solo la signora Choi <3 (il capitolo è inutile e non parla dei bts, ma yk non potevo lasciarvi senza gif)

 



 

 


こんにちは

se avete letto * sapete già cosa penso di questo capitolo, nonché che è inutile, un ammasso di parole che non dà dinamicità alla storia. Evidentemente, se siete qua per smut, avete sbagliato capitolo e probabilmente anche storia - non che io non abbia scritto smut per questa storia !!! semplicemente tengo un po' di più alla trama, alla caratterizzazione dei personaggi, non potendo fare capitoli lunghissimi ho deciso di dedicare un capitolo per presentarvi la protagonista prima di poter effettivamente cominciare a raccontarvi qualcosa. Però vi ho anche presentato un po' la signora Choi, e ovviamente Alice. Okay, quest'ultima sinceramente non so da dove viene fuori, non ho amiche del genere né conosco persone del genere, ho semplicemente pensato che abbinare alla protagonista introversa una personalità più vivace sarebbe stato l'ideale. Non so se posso parlare di mbti? Potreste non capire, sappiate solo che Alice è estp e penso sia facile individuare le sue funzioni nel corso della storia, se vi è chiaro ottimo altrimenti non ve lo spiego, cercate su google 'mbti' vvb.
Mi dispiace se non vi è piaciuto questo capitolo, non è piaciuto nemmeno a me, è pieno di roba che probabilmente ai fini della storia non servirà a niente. Ma grazie per aver letto e buon natale.

:) ciao

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: aoinohjme