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Autore: Ode To Joy    24/12/2017    2 recensioni
ABBANDONATA
[Lotor x Lance]
Post-S3
”I tuoi occhi sono blu…”
Lance avvertì una nota sorpresa nella sua voce. Sorrise.
“Adesso, però, devi dirmi di che colore sono i tuoi.”

Dopo una battaglia finita male, Lance si ritrova solo ed incapace di vedere a causa di un danno irreversibile subito agli occhi.
"Mi permetterai di vedere il tuo viso, prima che tutto questo finisca?"
Viene salvato e fatto prigioniero da un giovane generale Galra senza nome che ha tutte le intenzioni di sfruttare il Paladino a suo vantaggio.
"Hai già visto molto più di quello che avresti dovuto, Paladino Blu."
Ma ogni strategia ha i suoi punti deboli.
[Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, McClain Lance
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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XII
Piano




La parete esterna della stanza era una grande vetrata che dava sul resto del quartier generale. Quell’enorme ed inquietante macchina di distruzione era il cuore dell’Impero Galra. Lance ricordava la battaglia in cui avevano tentato di distruggerla, la stessa in cui avevano perso Shiro. Non erano mai stati tanto vicino alla morte come in quel momento.

Era così assurdo essere di nuovo lì,  a vagare nella camera da letto del Principe come se fosse un ospite come tanti.

Lance appoggiò la fronte al vetro freddo e prese un respiro profondo. Lotor lo aveva portato lì e, dopo avergli ordinato di non fare sciocchezze, se ne era andato.

Lance non aveva avuto il tempo di ribattere in alcun modo. Aveva annuito e lo aveva lasciato andare.

Non dovevano essere passate che poche ore, eppure a Lance parevano secoli. Non era abituato al silenzio e tutto quel viola lo deprimeva. In compenso, il mal di testa era passato.

Lance si allontanò dalla vetrata ed osservò il proprio riflesso. Addosso aveva una tuta scura, priva di armatura, aderiva al suo corpo come una seconda pelle e, a dire la verità, lo faceva sentire nudo, a disagio. La manica destra era strappata e l’interno del gomito era gonfio, di colore violaceo. Dovevano avergli conficcato qualcosa nel braccio: quando Lotor lo aveva strappato dal sogno, aveva avvertito un forte dolore in quel punto.
“Quintessenza…” Mormorò. Aveva udito Lotor parlarne alla donna inquietante alle sue spalle. Gli avevano iniettato della Quintessenza? A che scopo?
Arrivò al grande letto al centro della stanza. Non c’era niente di personale in quella camera. Era esageratamente spaziosa e terribilmente vuota. Vi si accedeva attraverso un salottino privato e non aveva ancora visto il bagno. Era una suite spaziale, non la camera di un Principe.

Lotor non doveva dormire su quel letto da molto tempo o, forse, non era mai riuscito a considerare quel luogo casa. Lance lanciò un’altra occhiata all’esterno, alle navi da guerra che andavano e venivano. Storse la bocca in una smorfia: non biasimava il suo salvatore per non amare quel posto.

Non era nato in una famiglia benestante e la sua non era stata un’infanzia propriamente dorata ma aveva sempre avuto il mare e l’immensità del cielo stellato. Da lì, la luce delle stelle appariva fredda, artificiale, morta.

L’oscurità di quel luogo sembrava penetrargli fin sotto la pelle.

Si strinse nelle braccia per combattere un brivido freddo. Si passò una mano tra i capelli e cercò di pensare ad altro. L’immagine di due occhi color indaco gli strappò un sorriso. Lance aveva cercato di dipingere un ritratto mentale di Lotor attraverso le sue mani, il suono delle sua voce, le sensazioni che provava quando gli era accanto. Tuttavia, la realtà aveva di gran lunga superato la sua fantasia.

Ridacchiò con se stesso lasciandosi ricadere sul letto. Era un Paladino di Voltron alla corte dell’Imperatore Zarkon e, fino a prova contraria, era un prigioniero del Principe Lotor. Eppure, non riusciva a smettere di sorridere. Aver recuperato la vista contribuiva enormemente al suo buon umore, ma era a Lotor che continuava a pensare e a quegli occhi blu con qualcosa di viola.Il ricordo di un tramonto che non aveva mai visto e di un bacio che non gli era mai stato rubato spensero il suo sorriso.

“Lance.”
Il Paladino reclinò la testa all’indietro: il Principe dei Galra era sotto l’arco che divideva la camera da letto dal salotto privato. Non indossava più l’armatura, solo una tuta blu scuro. “Alzati,” ordinò ma il Terrestre stava già scivolando giù dal letto. “Raccontami tutto quello che è successo,” ordinò esaurendo la distanza tra loro. “Le domande che ti hanno fatto e quello che hai visto nei tuoi sogn-”

Lotor non vide lo schiaffo arrivare e non potè fare nulla per evitarlo. Lance si sorprese della sua stessa azione e rimase con il braccio sospeso a mezz’aria, gli occhi sgranati. “Mi… Mi…” Non riuscì a dire niente.

Lotor lo afferrò per le braccia e lo sbattè con forza contro la vetrata. Lance chiuse gli occhi e strinse i denti: gli stava facendo male.

“Stammi bene a sentire,” sibilò Lotor contro il suo orecchio. “Non credo che tu sia tanto stupido da non comprendere la nostra attuale posizione. Per tanto, evita di comportarti come un idiota o non uscirai vivo di qui.”

Lance strinse i pugni. “Se non te ne fossi andato, non saremo in questa situazione.”

Le dita di Lotor gli artigliarono le braccia ed il Paladino strinse le labbra per non lamentarsi: aveva toccato un nervo scoperto. Forse, si sentiva in colpa… O era solo frustrato perchè suo padre lo aveva costretto con le spalle al muro.

Lance aggrottò la fronte. Un pensiero molesto prese velocemente forma nella sua mente: perchè Lotor era lì?

Al momento dell’attacco, non era sulla nave e non avevano rapito le ragazze. Almeno, Lance non le aveva viste in quella specie di camera delle torture in cui si era risvegliato. Dovevano aver preso Red ma Lotor non era Zarkon, non era ossessionato da Voltron al punto d’affrontare suo padre per un singolo leone.

“Perchè sei qui?” Domandò Lance con un filo di voce.

Lotor si fece indietro, ma senza lasciarlo andare. La sua espressione era indecifrabile.

“Sei venuto da solo?” Domandò il Paladino.

Il Principe non rispose.

Lance scosse appena la testa: non aveva senso. “Perchè?” Domandò nuovamente. “È un comportamente senza senso.”

Lotor continuò a rimanere in silenzio. Abbassò gli occhi e Lance seguì il suo sguardo: stava guardando il livido violaceo che stava comparendo sull’interno del suo gomito.

“Non fa male,” lo rassicurò Lance, sebbene l’altro non avesse chiesto niente. “Non molto…”

Il viso del Principe continuò ad essere una maschera inespressiva. “Vieni con me.” Lo tirò per un braccio ma con più gentilezza.

Lance si lasciò guidare senza opporre resistenza.

Il bagno non era poi così diverso da quello della sua stanza al Castello, solo più grande e decisamente più viola.

Lotor lo lasciò andare per aprire il box della doccia e far scorrere l’acqua. “Voltati…” Ordinò.

Lance lo fece, rabbrividì nel sentire le dita del Principe sul retro del collo e si avvolse le braccia intorno al corpo. Lotor se ne accorse. “Hai freddo?”

“No,” disse Lance. Non mentiva.

“Stai tremando.”

Il Paladino si umettò le labbra. “Soltanto un po’...” Lo disse solo per giustificarsi.

Lotor fissò la sua nuca per un lungo istante: i capelli castani si erano allungati nelle settimane di prigionia. Erano spettinati, un po’ selvaggi.

“Hai i capelli ricci?” Domandò il Principe passando le dita tra le ciocche ondulate per scoprire la zip alla base del collo.

Lance sgranò gli occhi e s’irrigidì. “Oh, no! No! No! Si sono allungati fino a quel punto!”

“Stai fermo,” ordinò Lotor e prese ad aprire la cerniera della tuta nera.

“Tu non capisci!” Si lamentò Lance. “Quando ero bambino, mia madre mi faceva sempre crescere i capelli finchè non avevo un orrendo casco di riccioli in testa, Lei diceva che erano adorabili ed io li odiavo! Mi hanno scambiato per una bambina fino alla prima elementare! Mia sorella mi faceva i codini! I codini, capisci? Mi diceva che ero bello ed io ci credevo! Mi portava al parco con quei maledetti codini!”

Lotor lo lasciò parlare scoprendo la sua schiena lentamente, stando attento a non ferirlo con la cerniera per sbaglio. Notò che la fossetta della colonna vertebrale era accentuata ma non in un modo che potesse suggerire un lungo periodo di denutrimento. Pur non toccandolo, Lotor poteva avvertire il calore della sua pelle ed i suoi occhi seguirono le linea di quella schiena man mano che la zip scendeva. Vi erano altre due fossette alla basa della spina dorsale. La struttura ossea di Lance non sembrava diversa dalla sua, solo più piccola. La massa muscolare era nettamente inferiore ma questo non lo rendeva meno gradevole da guardare.

Soprapensiero, Lotor tirò la zip un paio di volte, prima di rendersi conto che aveva aperto la cerniera fino in fondo. Lo spettacolo finiva lì.

Quando Lotor sollevò gli occhi, quelli blu di Lance lo stavano osservando da sopra la spalla. Aveva dimenticato che ora poteva vederlo.

“Mi stavi guardando?” Domandò il Paladino. Non sembrava offeso, nè spaventato. Sorpreso, forse.

“Ti stavo spogliando,” rispose Lotor. “Dove volevi che tenessi gli occhi?”

Lance si voltò. “Hai capito cosa intendo!”

“No, non capisco la maggior parte delle cose che dici,” mentì Lotor. “Fatti una doccia, poi la farò io.”

“Non ho altri vestiti,” disse Lance.

“Te li procurerò io.”

Lotor lo superò evitando accuratamente di guardarlo negli occhi.

Lance si morse con forza il labbro inferiore, prima di trovare il coraggio di parlare. “Dove sei stato quella notte?”

Lotor si bloccò ad un passo dalla porta ma non si voltò. “Non è una cosa che ti-”

“Non avresti dovuto mandare Acxa ad informarmi che non c’eri, se è una cosa che non mi riguarda,” disse Lance.

Lotor sentiva quegli occhi blu contro la sua schiena. Gli sarebbe bastato fare un passo per liberarsene e lasciare il Paladino da solo con i suoi dubbi. Fu il fruscio della tuta che cadeva a terra ad indurlo a voltarsi. Tutto quello che la zip non gli aveva permesso di scoprire era lì, davanti ai suoi occhi.

Lance resse il suo sguardo per un lungo istante. Le guance erano rosse ma l’orgoglio era più forte dell’imbarazzo. Lotor sollevò l’angolo destro della bocca ed incrociò le braccia contro il petto. “Ti sto guardando, contento?” Se il Paladino voleva giocare, allora perchè non divertirsi?
Lance aprì e chiuse la bocca un paio di volte, poi abbassò lo sguardo e lo invitò ad avvicinarsi con un gesto della mano. Lotor lo assecondò. “La tua prossima mossa?” Era curioso.

Il Paladino tornò a guardarlo in faccia. “Voltati…”

Lotor inarcò le sopracciglia. “Prego?”

“Devo farmi una doccia,” disse Lance. “Tu devi farti una doccia, ma io voglio risposte e non sono un tipo paziente. Quindi…” Fece un gesto nervoso con la mano. “Voltati… E togliti quell’espressione divertita dalla faccia.”

Lotor non poté accontentare quell’ultima richiesta ma non si fece ripetere l’ordine una terza volta. Liberò il collo dai lunghi capelli e le mani di Lance afferrarono frettolosamente la zip della sua tuta. Non la abbassò con la stessa cura che gli aveva dedicato lui.

Era nervoso e Lotor ne era divertito. Prima che riuscisse a spogliarsi completamente, Lance battè in ritirata sotto la doccia.

Il getto d’acqua calda fu una benedizione per il Paladino. Le palpebre si abbassarono sugli occhi blu ed un sospiro sfuggì dalle belle labbra carnose.

Per un momento, ogni muscolo del corpo di Lance si rilassò completamente. Non appena il vetro della doccia si aprì, tornò a fissare la parete e s’irrigidì completamente.

“Intendi darmi le spalle per tutto il tempo?” Domandò Lotor.

C’era abbastanza spazio perchè entrambi potessero stare sotto il getto della doccia senza toccarsi. Lance ne fu sollevato: aveva cominciato quel gioco impulsivamente e non era certo di sapere come mandarlo avanti.

“Mi hanno iniettato della Quintessenza?” Domandò Lance.

“Sì.”

“È per questo che vedo di nuovo?”

“Probabile…”

“Perchè lo hanno fatto?”

“Hai fatto dei sogni, vero?” Domandò Lotor. “Sogni molto vividi…”

Lance annuì. “Era come passare da una realtà all’altra in un battito di ciglia. Ho capito subito che non poteva essere reale ma ho creduto d’impazzire.”

“L’intento era quello,” disse Lotor allungando un braccio oltre la spalla del Paladino. Lance trattenne il fiato ma non si mosse.

C’era un display accanto al miscelatore della doccia. Lance non era in grado di leggere ciò che vi era scritto. Lotor vi premette il palmo ed un pannello della parete si sollevò rivelando un piccolo scompartimento.

Lance sobbalzò e fece un passo indietro. Non appena sentì il calore del corpo di Lotor contro la schiena, si rintanò nell’angolo con un gridolino.

Lotor ridacchiò a bassa voce.

“Non ridere!” Urlò Lance isterico. “Perchè volevano farmi impazzire?”

“Ti hanno fatto delle domande, immagino. Attraverso la Quintessenza, la tua mente risponde automaticamente creando delle immagini. È impossibile mentire ad un interrogatorio del genere,” spiegò Lotor afferrando una delle bottigliette all’interno dello scompartimento che aveva aperto.

Lance ripensò ai sogni in cui si era ritrovato prigioniero ed alle domande che li avevano provocati. “Mi hanno chiesto di te.”

Lotor fissò la schiena del Paladino. Si versò dello shampoo sulla mano. “Che cosa ti hanno chiesto?”

Che cosa sei per lui?” Disse Lance appoggiando la fronte alla parete fredda. “Sì, la domanda era: che cosa sei per lui?

Lotor strofinò i palmi l’uno contro l’altro, poi s’infilò le dita insaponate tra i capelli. “E la tua mente come ha risposto?”

Lance chiuse gli occhi serrando i denti sul labbro inferiore. Non poteva confessare al Principe dei Galra di essersi risvegliato in un sogno erotico che lo riguardava. Non poteva davvero, ne andava del suo orgoglio.  Perchè la sua mente gli aveva giocato uno scherzo simile?

Confuso dal suo silenzio, Lotor puntò gli occhi indaco sulla nuca del Paladino. “Lance.” Incalzò.

Lance inspirò profondamente dal naso. “Dov’eri quella notte?” Se doveva umiliarsi, tanto valeva giocare il tutto per tutto.

“Ti ho detto che-”

“Ti risponderò solo se sarai sincero con me!” Esclamò Lance. “Sapevi che sarei rimasto sveglio ad aspettarti. Sapevi di aver creato un’aspettativa ed è per questo che hai mandato Acxa nella mia cella.”

“Qualunque aspettativa tu avessi, era solamente nella tua testa,” replicò Lotor. “Sono andato dove sapevo di trovare compagnia… Avevo bisogno di liberarmi la testa.”

Lance sgranò gli occhi e strinse i pugni. Ingoiò a vuoto ma la rabbia rimase lì, all’altezza del petto. “Pezzo di merda…” Sibilò.

“Hai detto qualcosa?” Domandò Lotor spostandosi sotto il getto dell’acqua per lavare via il sapone. Lo aveva udito benissimo.

“Ho sognato che scopavamo,” sibilò il Paladino lanciandogli un’occhiata astiosa da sopra la spalla. “Adesso, probabilmente, credono che siamo amanti.”

Lotor lo guardò senza una reale espressione. Non si era aspettato una risposta simile. “Finisci di lavarti,” disse, prima di uscire dalla doccia. “Ti farò trovare dei vestiti in camera da letto. Non metterci troppo.”

Quando la porta del bagno si richiuse, Lance appoggiò la fronte alla parete e scoppiò a piangere.





Quando uscì dal bagno, Lotor era in piedi di fronte alla vetrata ed osservava l’esterno con espressione pensierosa. “Mettiti quei vestiti,” disse indicando il letto con un cenno del capo.

Lance non poté fare a meno di fissarlo: aveva raccolto i lunghi capelli alla base del collo e gli abiti che indossava erano dello stesso stile di quelli di Allura e Coran, solo dai colori più scuri. Nero e blu scuro per la precisione, non molto diversi da quelli dell’armatura che gli aveva visto addosso quando lo aveva salvato. Assomigliava davvero ad un Principe vestito in quel modo.

Lotor dovette percepire l’insistenza del suo sguardo perchè gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. “Hai recuperato la vista e perso l’udito?” Domandò spazientito.

Lance si strinse di più nell’asciugamano in cui si era avvolto. Abbassò lo sguardo sugli abiti che avrebbe dovuto indossare: sembravano identici a quelli di Lotor.

“Perchè io non ho un mantello?” Domandò con lo stesso tono di un bambino viziato.

“Vestiti e taci.”

Lance sbuffò ed ubbidì. I vestiti non gli calzavano a pennello ma potevano andare. “Dove li hai trovati così piccoli?”

Mentre il Paladino tentava di allacciarsi la cintura in un modo che non facesse apparire la lunga casacca come un sacco in cui era caduto per sbaglio, Lotor lo guardò con un sorrisetto divertito. “Sono vestiti di quanto ero un ragazzino.”

Lance fissò la cintura tra le sue mani, poi sorrise sarcastico. “Bel tentativo di minare alla mia virilità ma, tecnicamente, io sono un ragazzino.”

“Sei un prepubescente?” Domandò Lotor con altrettanto sarcasmo.

Lance scosse la testa spazientito. “Non importa!” Sbottò stringendo la cintura fino all’ultimo buco – e gli rimase comunque lenta sulla vita. “Quale sarebbe il piano?”

Lotor diede le spalle alla vetrata per guardarlo. “Chi ti dice che ho un piano?”

Il Paladino sbuffò di nuovo. “Ti piace perdere tempo, Lotor? Sei venuto qui da solo, pur sapendo che tuo padre ti voleva a costo di farti spezzare le gambe e trascinarti al suo cospetto. Questo mi ha fatto giungere a tre conclusioni: uno, sei un idiota; due, desideri suicidarti con stile; tre, hai un fottuto piano di cui io faccio fottutamente parte!”

Lotor lo fissò annoiato. “Pensi di poter parlare senza urla-?”

“No!”

Il Principe sospirò e si spostò verso il salotto accanto alla camera da letto. “Siediti,” ordinò indicando indicando il grande divano a mezzaluna. Quella stanza non era poi così diversa da quella comune in cui lui ed i suoi compagni solevano rilassarsi.

Lance alzò gli occhi al cielo ed ubbidì. “Bene!” Esclamò isterico lasciandosi cadere proprio sulla curva. “Quale sarebbe il piano?”

Lotor rimase in piedi di fronte a lui. “Continua a parlarmi del tuo interrogatorio.”

Il Paladino si calmò di colpo, lo sguardo serio. “Non mi hanno chiesto altro su di te,” disse.

“Allora devono aver scavato dentro di te,” ipotizzò Lotor. “Ti hanno fatto domande sui tuoi desideri? Sulle tue paure? Su ciò che ami?”

Lance annuì. “Sì, tutto questo,” confermò. “Non ne ho ancora capito la ragione.”

“Sei un Paladino, Lance,” disse Lotor. “Ti hanno preso per quello che sei, non per arrivare a me. Ti hanno fatto una sola domanda sulla nostra relazione proprio per questo. Una volta chiarito cosa siamo l’uno per l’altro, si sono concentrati solo su di te.”

“Hai detto che è impossibile mentire durante un simile interrogatorio,” disse Lance. “Perchè allora ho sognato di fare sesso con te? Gli altri sogni che ho fatto erano inerenti alle domande, ma…” Scosse la testa. “Perchè la mia mente ha risposto in quel modo?”

“Non lo so,” disse Lotor con tono incolore. “Dillo tu a me.”

Lance lo fissò. “Ti sei divertito mentre giocavamo a toglierci i vestiti e dividevamo la doccia.”

Il Principe inarcò un sopracciglio. “E questo cosa vorrebbe dire?”

“Non ti diverte sapere che ci ho visti insieme mentre la Quintessenza mi dava alla testa,” notò Lance. “Quello di cui parlo è solo un sogno, quello che è accaduto prima era reale.”

“Prima era un gioco, lo hai detto tu,” spiegò Lotor. “Quel sogno è ciò provi, ciò che hai nella testa…”

Lance prese un respiro profondo ed affondò le spalle nell’imbottitura dello schienale. “Non ti diverte che sia attratto da te?”

“Non era quella la domanda,” disse Lotor sedendosi ad un paio di metri di distanza dal Paladino. “La domanda era: che cosa sei per lui?.”

Lance riuscì a reggere il suo sguardo ma con molta difficoltà.

“Siamo amanti nella tua testa, Lance?” Domandò il Principe quasi freddamente. “Hai avuto questa impressione in queste settimane di prigionia?”

“Va tutto bene se qualcuno fantastica su di te, ma è vietato implicare dei sentimenti?” Domandò Lance con tono altrettanto glaciale. “Perchè è questo che ha fatto la Quintessenza, vero? Mi ha scavato dentro…”

“Provi qualcosa per me, Lance?”

“Mi stai interrogando tu, ora?”

Il Principe decise di cambiare argomento. “Cos’altro hai visto?”

“La scuola dove io ed i miei compagni siamo stati addestrati. Immagini della mia infanzia… Il Castello dei Leoni distrutto. Ho dato loro un ritratto di me in brevi spezzoni di sogno.”

Lotor annuì. “E c’era qualcosa che potesse far pensare che detesti Voltron?”

Lance si fece immobile. Sbattè le palpebre un paio di volte. “Non ho capito…”

“C’è qualcosa nei tuoi sogni che potrebbe essere interpretato come una prova che detesti Voltron?” Ripetè Lotor con insistenza.

Il Paladino scosse la testa. “Di che cosa stai parlando? Sono i miei compagni! Sono tutto ciò che ho lontano dalla Terra!”

Lotor annuì di nuovo. “Certo, la Terra…” Ci pensò. “Ti manca, non è vero? Ricordo che me lo hai confidato.”

“E che cosa centra con l’odiare Voltron?” Domandò Lance.

“Tu ami i tuoi compagni ma ami anche quello che ti sei lasciato alle spalle, vero?” Se Lotor si rese conto del dolore che comparve negli occhi blu del Paladino, non se ne curò. “Tu rinunceresti a Voltron per quello hai lasciato sul tuo pianeta?”

“Io…” Lance boccheggiò. “Non lo so…” Distolse lo sguardo.

Lotor sorrise con soddisfazione a quella reazione. “La tua lealtà non è totale.”

Lance lo guardò con rabbia. “Se pensi che tradirò i miei compagni…”
“Io non voglio che tu dia l’impressione di essere un traditore,” disse Lotor. “Non mi serve un traditore. Mi serve un ragazzino spaventato che non sa come sia finito in questa storia e che farebbe qualsiasi cosa per tornare a casa, al sicuro ed insieme ai suoi compagni.”

Lance aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Mi stai cucendo addosso un ruolo?”

Il sorriso del Principe si fece più sicuro, arrogante. “Credono che siamo amanti,” disse. “Sfruttiamolo a nostro favore.”

Il Paladino rifletté. “Non posso essere tuo amante e, contemporaneamente, un Paladino leale,” concluse. “E questo non lo chiami essere un traditore?!”

“Non stai vendendo i tuoi compagni, Lance. Credi che stando al mio fianco tu possa sottrarre te stesso e chi ami da questa guerra e tornare a casa più velocemente. In altre parole, io sono la tua via d’uscita.”

Lance aggrottò la fronte. “Solo uno stupido penserebbe una cosa del genere!”

“Non mi serve che ti credano intelligente.”

“Ehi!”

“Se ti credono un pupazzetto nelle mie mani, abbiamo una possibilità di uscirne.” C’era qualcosa negli occhi di Lotor che assomigliava ad entusiasmo ma Lance non si disturbo ad indagare oltre.

“Non dirò o farò niente che possa danneggiare i miei compagni,” sottolineò il Paladino. “A costo di morire, Lotor. A costo di condannare anche te. Se si arriverà a quel punto, morirò e non m’importerà delle conseguenze.”

Lotor si alzò in piedi, sorrideva ancora. “Per questo mi serve che tu appaia come il mio pupazzetto.” disse. “Tuttavia…” Sfiorò una delle ciocche arricciolate che incorniciavano il viso di Lance. “Dopo quello che la Quintessenza ti ha costretto a mostrare, devo credere che saresti davvero capace di lasciarmi morire?”

Il Paladino scostò il viso con sdegno. “Non mi toccare…” Si alzò. “Sei niente per me, come io sono niente per te.”

Non era vero ma avrebbe imparato a convincersene.






 
   
 
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