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Autore: InuAraXHaikyuu    26/12/2017    1 recensioni
[Azumane Asahi/Nishinoya Yuu] [Sawamura Daichi/Michimiya Yui]
Forse non tutti sanno che Ennoshita nel tempo libero si diletta a girare film, coinvolgendo tutti i compagni di squadra (e a volte anche membri di altre scuole).
E se decidesse di girare una commedia romantica rifacendosi a un famoso successo hollywoodiano?
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L’ultima settimana di vacanza, un set cinematografico, equivoci e rivelazioni. E uno stormo di corvi allo sbaraglio. Insomma, caos assicurato!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Daichi Sawamura, Un po' tutti, Yui Michimiya, Yuu Nishinoya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(Fanart by Viria)



Si gira! (E mi gira la testa per te)
 
 
Giovedì
 
 
Asahi era immobile a guardare Michimiya.
 
In piedi davanti a lei, rimase a guardarla da dietro le lenti scure degli occhiali.
Entrambi smisero di respirare.
 
Nell’afa del tardo pomeriggio un alito di vento smosse i capelli di Asahi, che si scomposero sulle spalle.
Ci siamo (1)”, mormorò con voce ferma. Ma la mano gli tremava quando si sfilò gli occhiali. E agli angoli di quegli occhi grandi color terra bruciata luccicava indiscutibilmente qualcosa.
 
Michimiya si prese un ricciolo ribelle tra le dita. Tentò di sorridergli. “Non riesco a immaginare come starò qui senza di te
Fece un passo verso di lui.
 
E’ semplice” Asahi si tolse la giacca di pelle e la gettò sul sedile posteriore dell’auto insieme agli occhiali. E non tolse lo sguardo da lei, neanche per un secondo. “Avrai più tempo per i giochi e per fare il bagno nel lago…
 
Michimiya esitò. Poi gli posò le mani sul petto, stretto in una maglietta nera e sgualcita.
 
Le mani di Asahi si chiusero intorno alla sua vita, forti.
 
Michimiya lasciò scappare un sospiro. “Abbiamo dato scandalo” Le sue guance erano rosse come due ciliegie.
 
Sì, è vero” Una risata lieve lo scosse per un attimo. Sincera e triste allo stesso tempo. L’aria vibrò intorno a lui e continuò a vibrare per qualche istante anche dopo che la risata svanì. “Non rinnego niente”, aggiunse poi.
Con un movimento delicato del pollice Asahi liberò il labbro inferiore che Michimiya stava tormentando tra i denti.
 
Nemmeno io” La voce di lei si incrinò, ma gli occhi non smisero di sorridergli.
 
Asahi lasciò che le dita scivolassero tra i capelli di Michimiya.
Anche l’altra mano si sollevò.
Le prese il viso.
Deglutì e il pomo d’adamo fu l’unica cosa che si mosse.
 
Erano così vicini, pigiati l’uno all’altra, che se avessero anche solo respirato avrebbero rovinato ogni cosa.
 
Le labbra di Asahi erano socchiuse. Difficile dire dove cominciassero e dove finissero: si perdevano nel viso abbronzato e, cercandole, l’occhio avrebbe facilmente indugiato sulla linea tesa della mandibola, sulla barbetta appena accennata, per salire ancora una volta allo sguardo, intenso, feroce, carezzevole. E poi scendere di nuovo sulle labbra.
 
Lui non aspettò oltre.
Si piegò verso di lei.
La attirò a sé.
Chiuse gli occhi e…
 
 
 
“Stoooop!”
 
 
 
 
“Oh cazzo”
L’imprecazione sfuggì immediata dalle labbra di Nishinoya.
“Mi piace Asahi”, scandì tra sé e sé con la faccia di uno che era appena stato folgorato.
 
 
“Buona!”, tuonava intanto nelle sue orecchie la voce di Ennoshita, che aveva passato la macchina da presa a Narita ed era entrato nella scena per dare indicazioni agli attori.
“Asahi, Michimiya, era tutto perfetto! Il controcampo lo vediamo domani perché già la luce sta cambiando”
 
Nishinoya si rese conto che era ancora con le braccia tese a tenere il pannello riflettente alto sopra la testa.
La scena era finita da un pezzo.
Lo abbassò lentamente.
Si guardò intorno allarmato. Nessuno sembrava essersi accorto della rivelazione che aveva appena avuto. Nè che la sua salivazione si fosse azzerata e i suoi occhi fossero praticamente fuori dalla testa. Proprio nessuno sembrava aver registrato lo stesso terremoto che aveva distrutto le fondamenta del mondo che aveva conosciuto fino a quel momento.
 
“E domani vediamo anche la scena del bacio vera e propria!”
 
A quelle parole Nishinoya si voltò di scatto e quasi imprecò di nuovo.
La scena del bacio.
Ennoshita si era spostato per riferire qualcosa a qualcuno che capire chi fosse in quel momento aveva per Nishinoya davvero poca importanza. Quel che importava era che Asahi era rosso in volto, si passava una mano dietro il collo come se non sapesse cos’altro fare, e ridacchiava imbarazzato guardando Michimiya e guardando in terra. E, a un certo punto, guardando… lui.
Cazzo.
Nishinoya distolse subito lo sguardo; e la temperatura corporea gli salì di botto a millemila gradi; e sicuramente doveva esserselo immaginato, perché non c’era motivo che Asahi guardasse nella sua direzione se non per sbaglio.
Maledetto Chikara e la sua commedia romantica.
Nishinoya sollevò nuovamente lo sguardo e questa volta si ritrovò a incrociarlo con quello di Ryuu che, poco lontano, con un sorriso ebete e completamente ignaro di quello che lui stesse passando, gli fece un pollice alzato. Un cazzo di pollice alzato.
 
Nishinoya si stropicciò il viso, sconfitto.
Erano solo a giovedì: quella sarebbe stata una lunga, lunghissima settimana.
 
 
Era cominciato tutto con quel foglio di carta. Quel maledetto foglio di carta su cui erano scarabocchiati tutti i loro nomi come una promessa.
 
-
 
DIRTY VOLLEYBALL
Scritto e diretto da Ennoshita Chikara
Con: Azumane Asahi, Michimiya Yui, Takeda Ittetsu, Shimizu Kiyoko, Tsukishima Kei, Tanaka Saeko
Camera: Narita Kazuhito
Fotografia: Yachi Hitoka
Musiche: Sugawara Koushi
 
Staff tecnico e artistico: Kageyama Tobio, Hinata Shoyo, Kinoshita Hisashi, Yamaguchi Tadashi, Nishinoya Yuu, Sawamura Daichi, Tanaka Ryuunnosuke, Aihara Mao, Sasaki Chizuru
 
-
 
 
Una settimana prima, sventolandogli quel foglio sotto il naso al termine dell’allenamento pomeridiano, Chikara aveva catturato la sua attenzione.
E quella del resto della squadra.
 
“Un altro film bolle in pentola, Ennoshita?”, aveva chiesto Daichi, con un sorriso incoraggiante.
 
“Già”, aveva annuito Chikara, la flemma rimpiazzata da una certa elettricità, “E mi piacerebbe coinvolgervi tutti”
 
“Wow, che figo!”, aveva esclamato Shoyo.
 
“Sta’ zitto, idiota. Fallo finire di parlare” Le solite parole col solito tono scontroso di Kageyama.
 
“Ma guarda!”, si era avvicinato Suga, sbirciando il foglio, mentre si stava passando un asciugamano sul collo. “Stai pensando a una commedia romantica?”
 
Ryuu si era voltato verso Nishinoya, Nishinoya verso Ryuu, entrambi verso Kyoko-san.
E tutti si erano voltati verso Ennoshita.
 
“Beh, ho notato che non ho ancora trattato questo genere. Un film così manca al mio repertorio e penso sia arrivato il momento di mettermi alla prova”
 
“Parole sagge, Chikara! Questa squadra ha bisogno di un po’ di romanticismo!”
 
Yachi era arrossita e la risatina imbarazzata di Yamaguchi era stata la sola a rompere il silenzio.
Ennoshita non aveva degnato Ryuu di uno sguardo ed era andato avanti.
“Pensavo in effetti di potermici dedicare nell’ultima settimana delle vacanze estive”
 
“Credo non ci sia momento migliore”, l’aveva appoggiato Daichi.
 
“Sì, coi lavori che devono fare in palestra e tutto, non potremo comunque venire a scuola per l’allenamento”, aveva aggiunto Suga, sollevando un lembo della maglietta per farsi aria nella calura del tardo pomeriggio.
 
“Beh, non è che smetteremo di allenarci”, si era affrettato a precisare Ennoshita, “Il film parlerà di pallavolo e quando non saremo impegnati nelle riprese, potremo giocare delle partite”, aveva concluso con una punta di orgoglio.
 
Nishinoya aveva esclamato qualcosa. Anzi, probabilmente aveva esultato a pieni polmoni tirandosi dietro gli altri e si era guadagnato - come da copione, era proprio il caso di dirlo - un rimprovero dal capitano.
 
La verità era che dopo la vittoria sulla Shiratorizawa e prima di buttarsi a capofitto negli allenamenti in preparazione dei nazionali tutti loro avevano bisogno di tirare un po’ il fiato. E un po’ di distrazione non guastava davvero.
Quella era una splendida occasione. Grande Chikara! Grande ‘regista Ennoshita’!
 
“Per l’attrezzatura non ci sono problemi: dopo i premi che hanno vinto i miei film, la scuola mi ha messo a disposizione degli ottimi strumenti. La telecamera, le luci, l’impianto audio…”
 
“Ennoshita-san! Di cosa parla la storia?”, l’aveva interrotto Hinata.
 
“Mi sembra che il titolo parli chiaro”
Tsukishima l’aveva guardato dall’altro in basso e Hinata aveva grugnito, indispettito.
Dirty volleyball”, aveva continuato Tsukishima come parlando a un bambino totalmente incapace di comprendere, “…Mi pare ovvio che l’idea registica sia di rifarsi alla commedia americana ‘Dirty dancing’”
 
“Bravo, Tsukki! Tu sai sempre tutto!”
 
“Piantala, Yamaguchi”
 
“Scusa, Tsukki!”
 
‘Dirty dancing’? Ma non era uno di quei film melensi e vecchiotti che piacevano tanto alla sorellona Saeko? Un film con dei tizi che ballavano?
 
“Tsukishima non si sbaglia”, aveva proseguito Chikara, “La mia storia prenderà spunto da questo successo hollywoodiano, ma con alcuni cambiamenti. Sarà la storia di Baby, una ragazza un po’ maldestra che va in vacanza in un villaggio turistico con la famiglia. Lì, Baby conoscerà Johnny, un giocatore di pallavolo eccezionale che per arrotondare insegna questo sport e fa fare delle partitelle ai clienti del villaggio”
 
A quel punto quel furbone di Chikara aveva sbrodolato una storia infarcita di tutti i soliti clichè: qualcosa del tipo che il super schiacciatore avrebbe dovuto giocare una partita due contro due, ma all’ultimo la sua abituale partner di gioco era rimasta impossibilitata da un imprevisto. Guarda caso avrebbe chiesto a Baby di salvargli il culo e mentre i due si fossero allenati, in previsione del match, sarebbe sbocciato l’amore. Impedimenti da parte della famiglia di lei, ostacoli della sorte, lieto fine; tutto il pacchetto, insomma.
 
“Il protagonista ha il fascino del cattivo ragazzo, ma si rivelerà avere un gran cuore…” Nishinoya si era fatto improvvisamente più attento. Cattivo ragazzo, gran cuore…
“E vorrei che lo interpretassi tu, Azumane-san”
Bingo.
Nishinoya si era voltato di scatto verso Asahi.
Anche tutti gli altri dovevano essersi voltati di scatto verso Asahi nello stesso momento, perché il ragazzo aveva fatto un passo indietro.
 
Dopo essersene stato stato zitto fino a quel momento, Asahi aveva parlato: “Ehm… in effetti, mi chiedevo… Voglio dire, mi è parso di leggere il mio nome su quel foglio e… non credo di essere all’altezza, voglio dire, il protagonista…”
 
“Sarai perfetto”, l’aveva rincuorato Ennoshita, “In fondo non è la prima volta che ricopri un ruolo importante nei miei film. E te la sei sempre cavata alla gran-”
 
“Asahi-san!!”, si era intromesso Nishinoya superando Chikara e saltando – letteralmente – addosso ad Asahi, facendosi leva sulle sue spalle. “Sarai fighissimo!! E non provare a fare il cagasotto!”
Asahi si era affrettato a scuotere la testa e aveva ridacchiato qualche scusa, il viso color porpora.
A Nishinoya l’euforia sfrigolava nello stomaco come burro in padella.
Era fiero di lui, cazzo se lo era.
“Ma l’hai visto il film originale?! Sei perfetto per quel ruolo!”
Asahi non aveva saputo contraddirlo, come sempre.
 
“E per la protagonista femminile”, aveva continuato Ennoshita spostando lo sguardo trionfante da Asahi agli altri due del terzo anno, “avrei pensato a Michimiya Yui”
 
“Mmm…?” Un sorrisetto disorientato si era bloccato sul volto di Daichi. “Michimiya?”
 
“Oh, ma sarà perfetta!”, Suga aveva approvato con gioia la scelta del regista. “Chi meglio di lei? Sa giocare a pallavolo e…”, si era voltato verso Asahi e gli aveva messo un braccio intorno al collo, “…starete proprio bene insieme!” Si era poi girato verso Daichi per chiedergli manforte: “No?”
 
“S-sì!” E Daichi gliel’aveva data.
 
“Devo solo trovare la giusta location, forse potrei chiedere…”
 
“Ennoshita-san!” Shoyo trepidava come un attimo prima di schiacciare una palla che Kageyama aveva alzato solo per lui.
 
“Sì, Hinata?”
 
“I miei genitori non ci saranno per tutta la settimana, vanno a trovare dei parenti con la mia sorellina e… voglio dire, posso chiedere, ma credo non ci siano problemi! Lo sapete, vivo al di là della montagna. E vicino c’è pure un piccolo lago e c’è un campetto. Potremmo montare una rete e…”
 
“Sarebbe perfetto”, gli occhi di Chikara si erano illuminati, la sua mente sicuramente già in moto per far combaciare ogni cosa, “Potremmo fermarci lì anche la notte, in questo modo potremmo girare il più possibile e in una settimana il film sarebbe pronto… Sempre che ai tuoi genitori vada bene”
 
Shoyo aveva annuito convinto.
 
“Sempre che a tutti voi vada bene…”
 
Avrebbero ancora dovuto chiedere alle loro famiglie, e organizzarsi con gli ultimi cazzo di compiti delle vacanze, e con la logistica, ovviamente. Ma in quel momento gli era bastato guardarsi. E in un riflesso condizionato di esaltazione collettiva, avevano gridato all’unisono: “Karasuno, fight!”
 
 
 
 
 
Era passata più o meno una settimana.
In un modo o nell’altro avevano messo in piedi il set del film “Dirty Volleyball”.
 
In quel momento Asahi se ne stava lì, sul quel set.
E Nishinoya se ne stava lì a guardarlo da lontano, pietrificato.
 
Era appena successo l’impensabile. Ma nessuno se ne era accorto.
Il tempo non aveva smesso di scorrere. Il sole non aveva smesso di illuminare il viso di Asahi, mentre rideva con Michimiya, gli occhi stretti e la testa all’indietro.
 
Quello che aveva smesso di battere era il suo cuore.
Al diavolo.
Nishinoya  raddrizzò la schiena e si voltò imperativo verso Ryuu, impegnato ad aiutare Yamaguchi a spostare uno scatolone pieno di cavi.
Quando Nishinoya piantò gli occhi su di lui, una qualche spia nel suo istinto di migliore amico dovette lampeggiare, perché Tanaka si voltò verso di lui con aria interrogativa.
 
A Nishinoya bastò fargli segno con un dito.
Tu. Io. Seguimi.
E Tanaka mollò tutto e lo seguì.
 
 
 
***
 
 
 
“Stoooop!”
 
 
 
Michimiya aveva posato le mani sul petto di Asahi.
Dovevano essere fresche, quelle mani, contro la pelle.
Michimiya era arrossita.
Le sue guance sembravano così lisce…
Michimiya aveva fatto uno strano piccolo verso, impossibile da catalogare.
Uno strano piccolo verso da perderci la testa.
E poi aveva chiuso le palpebre sugli occhi.
Ma da quando quelle palpebre avevano ciglia tanto lunghe?
E aveva reclinato appena il capo all’indietro, lasciando libero l’accesso alle labbra.
Le sue labbra.
 
 
Daichi non aveva sentito la voce di Ennoshita fermare le riprese.
Aveva dimenticato di essere sul set di un film.
Aveva dimenticato persino di essere il capitano della Karasuno, al suo terzo anno di scuola.
Non toglieva gli occhi di dosso da Michimiya, e sembrava l’unica cosa in grado di fare in quel momento. Non che se ne rendesse conto.
 
“Che hai? Sembra che tu abbia ingoiato un cubetto di ghiaccio…"
 
Non aveva neanche sentito Suga avvicinarsi a lui.
 
Michimiya era appoggiata al cofano dell’auto ed era così rilassata… (ma se un attimo prima sembrava sul punto di piangere?) e si stava sciogliendo in una risata argentina e frizzante. Asahi si era avvicinato a lei, per nulla teso, e si era passato le dita tra i capelli. Sembrava contagiato dalla risata di lei.
Poi lei si sporse appena verso di lui, e appoggiò una mano sul suo braccio.
 
"Aaaah, ma quant'è carina Michimiya tra le braccia di Asahi…”
Il commento di Suga, quello sì che fu in grado di sentirlo. E anche quel tono di chi la sapeva lunga.
“No, dico, ma guardala”
Daichi non potè farci niente: la guardò.
“Un vero peccato che il regista Ennoshita non abbia scelto te per la parte, Daichi…", lo punzecchiò.
 
“Piantala”, tagliò corto lui.
Si alzò bruscamente e si avviò verso casa, lasciandosi Suga alle spalle, a ridacchiare.
 
Una doccia gli avrebbe fatto bene, si disse. Una bella doccia gelata.
 
In fondo si trattava di Michimiya. E di Asahi. Perché prendersela così?
 
 
 
***
 
 
 
Nishinoya era seduto con i piedi penzoloni su un muretto di pietra. 
La testa gli ronzava e se ne stava da un pezzo con gli occhi fissi davanti a sé.
 
Ryuu era appoggiato allo stesso muretto, le mani nelle tasche dei pantaloni che arrivavano al ginocchio. Anche lui guardava davanti a sé, senza dire niente.
 
Non erano così lontani da perdere di vista la strada sterrata dove avevano appena girato la scena incriminata, nè così vicini perché qualcuno potesse sentirli.
 
Poco distante c’era ancora un gran movimento. Yachi si affannava a riportare in casa alcuni oggetti di scena, aiutata da Tsukishima. Kageyama inveiva contro Hinata, che nel passaggio dei viveri dalla dispensa alla cucina aveva fatto cadere alcune patate per la cena di quella sera.
E Asahi, ancora in piedi sul set accanto a Michimiya, sfogliava insieme a lei quello che aveva tutta l’aria di essere il copione.
 
Nishinoya deglutì. “Ryuu”
 
“Noya-san?”
 
“Vorrei essere al suo posto”
 
Tanaka scoppiò in una risata carica di comprensione. “Lo so, lo so! Che razza di fortunato che è Asahi-san...! Michimiya è una ragazza così carina. Non bella come Kyoko-san, certo, ma è tanto, tanto carina” Stiracchiò le braccia, il tono più leggero. “Aaah! Anch’io vorrei essere al posto di Asahi-san!”
 
Ci fu un attimo di silenzio. Poi Nishinoya decise di romperlo. “Ma io non vorrei essere al posto di Asahi-san. Vorrei essere al posto di Michimiya”
La bomba era stata sganciata. Nishinoya trattenne il fiato. E sbirciò la reazione dell’amico.
 
“Ah.” Tanaka si era bloccato con le braccia sopra la testa. “Cazzo”
 
“Già”
 
Strano, aveva temuto che Ryuu avrebbe dato di matto e invece…
 
“Cioè TU vorresti essere al posto di…?”
 
Ryuu stava dando di matto.
Nishinoya gli tappò la bocca in malo modo, rosso fin sulla punta dei capelli.
 
“Sssh, Ryuu! Stai urlando!”
 
“Pfcioè ftu forrefti effere al pfofto di Mifchifiya??!!”
 
Annuì velocemente. Tanaka lo guardò con gli occhi più interrogativi che si fossero mai piazzati su quella faccia che si ritrovava.
 
“Perché mi piace”, confessò Nishinoya in un soffio, “Sì, voglio dire… Asahi-san. Ho capito che a quanto pare mi piace”
Nishinoya tenne lo sguardo basso. Si concentrò sulla stringa che gli penzolava da una scarpa.
E non fece resistenza quando Tanaka scostò la sua mano dalla propria bocca.
 
“Ti… piace?”, sussurrò Tanaka per non farsi sentire da altri, “E da quando…?”
 
“Da circa cinque minuti. O forse sono già dieci. Non lo so. Ti ho fatto venire qui e te lo sto dicendo. E tu non sei di nessun aiuto a fare quella faccia. Quanto saranno? Dieci minuti?”
 
“Noya, tu mi stai dicendo che Asahi-san ti piace da dieci minuti?!”
 
“Sì! Cioè, no…! Beh, no, oddio non credo”, si infilò le mani tra i capelli e li strinse, frustrato, “Credo da prima… Non è che ho avuto tutto questo tempo per pensarci. Sono rimasto, tipo, folgorato. Dieci minuti, intendo, da quando l’ho capito. Credo”
 
Tanaka serrò le labbra tra loro e inclinò la testa da un lato. Rimase fermo per un po’. Sembrava riflettere. Nishinoya si era aspettato di tutto. Di vederlo urlare, agitarsi, avvampare, ma non ‘riflettere’.
“Beh… se ci pensi ha senso, no? Gli sbavi dietro da sempre”, alla fine deliberò soddisfatto.
 
“Quella si chiama ammirazione, Ryuu”, sibilò Nishinoya, sbuffando dal naso tutto il suo imbarazzo.
 
“Ma sì, ma sì! L’asso ha sempre il suo fascino, no?”
 
A quel punto Nishinoya non sapeva più se Tanaka stava parlando di Asahi o di se stesso, in una proiezione del futuro.
 
E comunque a chi voleva raccontarla?
Ammirazione.
Di colpo tutte le volte che in campo aveva tenuto gli occhi incollati alla schiena di Asahi assunsero un significato ben diverso dal buon vecchio alibi del bravo libero che assolve ai suoi doveri. Un alibi che a quanto pareva non era neanche consapevole di essersi costruito, giorno dopo giorno.
 
“E comunque siamo qui da tre giorni. Abbiamo girato già un sacco di scene. Asahi-san è il protagonista indiscusso della storia in tutta la sua bellezza”, Tanaka ammiccò sornione, il tempo necessario a farsi rifilare una gomitata nelle costole, “…e com’è che te ne esci solo oggi con questa rivelazione?”
 
“E che ne so? Qua le scene sono tutte incasinate… Ma tu lo sapevi che quando si gira un film le scene non sono in ordine?! Dio, c’è da diventarci pazzi! Abbiamo girato le scene dell’albergo tutti assieme per fare i clienti in vacanza, e poi quelle con Takeda sensei che fa il papà di Michimiya, e qualche altra… e Asahi è sempre stupendo, voglio dire, guardalo! Quando non se la fa sotto è perfetto! Ma erano tutte scene normali, niente di eclatante. Poi ti arriva quella scena. Dico, una delle ultime della storia! E loro si devono lasciare, quando invece vorrebbero stare insieme… E lui è tutto… ma l’hai visto? L’hai visto come si è avvicinato a lei per…? E niente, io a un certo punto ho solo desiderato di essere al posto di Michimiya, capisci? L’ho desiderato! Lo guardavo e non ho capito più niente. E… boom! E’ stato come se il mondo esplodesse insieme al mio cervello. Cioè, volete girare quella scena? Ditemelo, cazzo. Non ero preparato!”
 
“Ma, perché, tu l’hai letto il copione?”
 
L’aria intorno a loro parve cristallizzarsi.
 
“… No”
 
“…”
 
“E tu?
 
“… No”
 
Sospirarono entrambi.
 
“Ryuu?”
 
“Che c’è?”
 
“Tutto questo… cambia… qualcosa?”, azzardò Nishinoya.
Sapeva che la risposta a quella domanda era ciò che temeva fin dall’inizio di quella conversazione.
Conosceva Ryuu, e in cuor suo sperò di conoscere anche quella risposta.
 
“Ma che stronzate spari?! Perché dovrebbe cambiare qualcosa?”
Cazzo, sì, la conosceva!
“Voglio dire, almeno Kyoko-san adesso è tutta per me!”
 
“Nei tuoi sogni!”, lo apostrofò esilarato. (E alleggerito da un notevole macigno). “E comunque mica ho detto che rinuncio a Kyoko-san!”
 
“Ah ah ah! Ma certo, non si può rinunciare a Kyoko-san!”, gli fece eco Tanaka con entusiasmo.
 
“Smetteresti forse di venerare una dea solo perché ti piace qualcuno?”, proseguì Nishinoya, fomentato.
 
“Io no di certo!”
 
“Neanch’io!”
 
“Quindi sei…?” Se ne uscì Tanaka, asciugandosi le lacrime dagli occhi. “Noya, che diavolo sei?!”
 
La domanda era pertinente, ma lui non aveva la risposta.
“Bah! Ma che vuoi che ne sappia? Ha importanza?”
L’unica risposta che riuscì a dargli in quel momento fu stamparsi in faccia il suo solito sorrisetto impunito.
 
“Neanche un po’!” E a Tanaka bastò. “Era così, solo per dire. Non ti capita tutti i giorni una cosa del genere. Voglio dire… è una cosa grossa!”
 
“Puoi giurarci! E’ solo che ho sempre odiato le etichette. Io sono io. Punto. E sì, mi piace Asahi-san!”
Come non mi è mai piaciuta Kyoko-san. (E mi piaceva, mi piaceva un casino! Per lei mi sarei gettato nel fuoco!).
 
“Ben detto! Allora, che hai intenzione di fare?”
 
Nishinoya lo guardò senza capire. “Perché? Devo fare qualcosa?”
 
Tanaka si grattò la testa rasata. “Boh, non so… hai tutto sotto controllo?”
 
“Ogni cosa!”
 
“Sei sicuro?”
 
 
 
“Noya! Ryuu? Dove diavolo siete finiti?”, la voce di Ennoshita li fece saltare sul posto.  “Venite! Bisogna preparare la cena!”
 
Nishinoya non ebbe il tempo di aggiungere altro.
Era sicuro? Lo era?!
Scattò in piedi e seguì Tanaka in casa.
In ogni caso, se gli era rimasta anche solo una certezza alla fine di quella giornata era che accanto aveva il migliore dei migliori amici.
 
 
***
 
 
“Allora, ragazzi, finite voi qui?”
 
Suga si asciugò frettolosamente le mani e gli lanciò lo strofinaccio. Daichi lo prese al volo e in risposta gli lanciò un’occhiataccia: se Suga pensava in quel modo di comportarsi da migliore amico, si sbagliava di grosso.
 
Avevano finito da poco di cenare, e a sistemare la cucina si erano ritrovati loro tre: Daichi, Suga e Michimiya.
 
“Uooohh! Sono più veloce iooooo!”
 
“No, ioooo! Non mi batterai mai, razza d’idiota!”
 
E Kageyama e Hinata, come dimenticarsene; impegnati in una gara su chi fosse più veloce ad asciugare i piatti. Ovviamente.
 
“Ragazzi”, a Daichi la voce uscì pericolosamente bassa, “Vi ho già detto che così li romperete”
 
“Scusa, Dai-san!”, urlarono all’unisono con un’obbedienza che non era nulla in confronto al volume con cui la espressero.
 
Ah già, Suga.
Ancora con le mani a bagno, Daichi guardò la montagna di piatti che dovevano lavare.
Guardò Michimiya che canticchiava tra sé e non aveva smesso di strofinare una padella di ghisa.
E poi guardò Suga.
Stava per dirgli qualcosa quando sulla porta della cucina fece capolino Mao, seguita da Chizuru. Erano le amiche del cuore di Michimiya e sue compagne di squadra e anche loro erano state assoldate da Ennoshita per recitare come comparse nel film.
La prima si guardò intorno, le dita impegnate ad annodare distrattamente i capelli in una lunga coda. “Sugawara, sei qui. Non vieni più?”
 
“Sì, sì, eccomi!”, cinguettò Suga in risposta.
 
“Ragazze, dove andate?”
“Dov’è che staresti andando?”
 
Le due domande si erano sovrapposte, e Michimiya e Daichi arrossirono leggermente.
Seguì una breve danza di “Scusa, stavi parlando tu”, “Ma no, tu”, prima di concordare che, sì, volevano sapere entrambi dove gli altri avessero deciso di andare mentre loro due erano lì a lavare i piatti.
 
Ci pensò Suga a rispondere.
 
“Io e le ragazze pensavamo di fare una passeggiatina al lago. La luna è alta e il sentiero è ben illuminato”
 
Daichi sembrava calmo e tranquillo come al solito, ne era sicuro. Sapeva che gli altri non potevano capire cosa stesse pensando in quel momento. Ma tra lui e Suga c’era una confidenza tale che era impossibile per quest’ultimo non cogliere nel suo sguardo un perentorio “Non ti azzardare”.
 
Eppure questo non impedì a Suga di scrollare le spalle e, senza mai smettere di sorridere candidamente, aggiungere: “Volevamo andare a vedere le stelle”
 
“Wow, sì, le stelle sono bellissime viste dal lago!”, si era intromesso Hinata col suo proverbiale entusiasmo, prima che Daichi riuscisse a dire qualcosa.
 
“Le stelle sono sempre stelle, dovunque le guardi”, e anche Kageyama aveva detto la sua.
 
“Bah! Dovresti vederle, prima di parlare!”
 
“A chi arriva primo al lago?”
 
“A chi arriva prima!”
 
I due stavano già allungando i muscoli di braccia e gambe per prepararsi a partire in quarta, quando un qualche rimasuglio di educazione li fece voltare verso Daichi, in attesa di un permesso.
 
“Ma sì, andate pure”, sospirò lui. E quello fu il segnale di inizio gara, a giudicare dal modo in cui scattarono fuori dalla cucina gridando come dei kamikaze.
 
“Allora, finite voi qui?”
 
“Ma sì, certo, Sugawara, andate pure”, rispose Michimiya per entrambi.
 
“Perché non ci raggiungete, quando avete finito?”, propose Suga dopo un attimo di silenzio. Daichi giurò di avergli visto fare l’occhiolino, a quello sfrontato.
 
“Ma sì”, aggiunse Mao, “prendetevi tuuuutto il tempo che vi serve, e poi venite anche voi a vedere le stelle! Vi lascio qui una coperta, ci sarà freschino là fuori, magari ne avrete bisogno”, ridacchiò, e quando ebbe finito di parlare era già fuori con gli altri.
 
Michimiya teneva una mano sulla spugnetta, l’altra sul manico della padella; e gli occhi fissi su quel misero plaid che avrebbe riparato a malapena una persona.
 
Vedere le stelle. Sotto la stessa coperta. Con Michimiya.
Era una cosa naturale, no? Eppure il cuore gli andò in gola.
Daichi distolse velocemente gli occhi da quel medesimo misero plaid. Prese a sua volta una spugnetta e ricomiciò a strofinare quello che in mezzo alla schiuma gli parve di riconoscere come un tagliere.
Riprese a strofinare anche lei.
La stessa padella di ghisa di prima.
 
La cucina sembrò essere diventata silenziosa di colpo. Daichi avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa.
 
“Ti è piaciuto il curry, stasera?” A rompere il silenzio, invece, fu lei.
 
Lui si schiarì la voce. “Buonissimo. Né troppo delicato, né troppo piccante. Il tuo curry è buono sin dai tempi delle medie”
Era vero. La semplice e pura verità.
 
“Beh, non è certo stato tutto merito mio!”, si schermì Michimiya, “Alcuni dei ragazzi mi hanno aiutato a pelare patate e carote… A proposito, ma quanto sono chiassosi quelli del primo anno!?...”
 
“Non me lo dire…”
 
“…del riso poi se ne sono occupate Hitoka-chan e Kyoko-chan… Io mi sono limitata a speziare il tutto. Ma… te lo ricordi ancora?”
 
“Mmm… cosa?”
 
“Il mio curry, dico, quando l’ho fatto alle medie”
 
“Ma certo, eravamo in gita in montagna con…”
 
“…con tutte le classi del nostro anno! Ahaha, sì, mi ricordo! E mi ricordo quanto ero imbranata! E tu te lo ricordi il modo assurdo in cui mi ero sbucciata il ginocchio?! Mamma, che male! Swiiish! L’avevo grattato ben bene contro la corteccia di quell’albero quando ero scesa dopo aver recuperato la palla”
Sembrava non prendere mai fiato, Michimiya, il silenzio di poco prima già lontano anni luce.
“… E tu mi avevi aiutato a tamponare il sangue – ma ti ricordi quanto ne era uscito?! – e… beh, questo me lo ricordo benissimo, mi avevi sgridato così duramente…!”
 
“Ahahah, sì, è vero”
Michimiya Yui era un fiume in piena. E a lui… sì, piaceva così.
“Ti avevo detto che avremmo potuto recuperarla io o Hayato, quella palla, che dovevi stare più attenta e non fare cose avventate. Beh, ammetto di essere stato un ragazzino piuttosto noioso…”
 
“Ma no! In fondo eri solo già molto più maturo di tutti noi! Ed è sempre stato il tuo bello…”
 
“Il mio be-?”
 
“… Ma, sai, io volevo solo passarmi qualche palla con voi: eravate così bravi!”
 
“Ma eri bravissima anche tu!”
 
“Oh, beh…”
 
Prima che li riabbassasse, Daichi vide negli occhi di Michimiya la stessa frustrazione che aveva visto nei suoi quando erano stati sconfitti dall’Aoba Johsai.
Si può essere bravi, ma non sempre è sufficiente.
Provò l’istinto di stringerla a sé. Invece disse: “Sei… sei stata molto brava anche oggi…”
 
“Dici?”
 
Daichi annuì, senza riuscire a togliersi il sorriso dalle labbra. “Ti ho creduto, sai?”
 
“Ma dai, non essere troppo buono con me!”
Il pugno che lei gli sferrò subito sotto lo sterno per un attimo gli mozzò il respiro. Ma quanto era forte quella ragazza?
“Ho così tante cose da imparare! Credo che recitare davvero sia moooolto più difficile di così!”
 
“Ah, lo credo bene”, disse lui, tra un colpo di tosse e l’altro, “Ma tu te la sei cavata alla grande. Ci metti sempre l’anima in qualunque cosa fai. E si vede. Voglio dire, per un attimo ho creduto davvero che voi due, cioè… foste…”
Ma in quale discorso si stava infilando?!
 
“Innamorati?”, finì lei con un filo di voce.
 
A lui mancò anche quello. Annuì.
 
“Beh, sì”, continuò lei tormentandosi le mani bagnate, i piatti dimenticati nel lavello, “Cioè… Ennoshita è bravissimo… Credo che diventerà un regista famoso”
 
“Sì, lo penso anch’io”
Perché sentiva tutto quel calore salirgli su per il collo ed esplodere sulle guance?
 
“E poi è… è tutto merito vostro… dell’illusione, come la chiama Ennoshita! Siete tutti lì, la luce è bellissima, c’è il trucco, e tu devi dire delle cose già scritte, non parli a vanvera come nella vita quando… ahahah… sì, parli parli…”
Quant’era bella quando rideva in quel modo…
“… parli e tu non sai neanche cosa stai dicendo! E poi con Azumane è davvero facile sentirsi a proprio agio!”
 
“Ah… sì?” Sentì la gola annodarsi.
 
“Già” Michimiya sorrise come faceva sempre: strizzando gli occhi e illuminando la stanza.
 
Avrebbe voluto anche lui sorridere così in quel momento, ma proprio non gli riuscì.
“Quindi non… non…” In fondo che aveva da perdere? “… Non ti preoccupa la… scena di domani?” Ecco, l’aveva detto.
 
La vide sgranare gli occhi. E forse era la luce della cucina, ma le guance di lei gli sembrarono arrossate. “Intendi la scena del…?”
 
“Si, quella”, tagliò corto lui e restò in attesa.
 
“Oh ma per niente!”, scoppiò lei come se avesse finalmente capito. Come se fosse incredibilmente felice di aver capito qualcosa che però lui non capiva. “No, proprio per niente, sono tranquillissima!”
 
Perché Michimiya sembrava volerlo rassicurare quando quello che gli stava dicendo non era per niente rassicurante? Perché quanto più gli diceva che era tranquilla di baciare Asahi nella scena del giorno dopo, più a lui si contorcevano le budella?
“Sì… no… quello che volevo sapere…”
 
“Michimiya-san”, la voce di Ennoshita piombò proprio in mezzo a quel suo ridicolo tentativo di chiederle… chiederle cosa, poi?
“Michimiya-san, scusa se ti disturbo. Ce l’hai una mezz’ora? Stavo rivedendo il copione di domani e ci sono un paio di cose che vorrei cambiare. Volevo parlartene prima che le studiassi a memoria”
 
Michimiya si voltò verso di lui, disorientata.
 
“Vai pure”, la rassicurò Daichi sfoggiando uno di quegli stessi sorrisi d’ordinanza a cui come capitano era abituato. “Qui posso continuare io”
 
“Sì ma…”
 
Daichi non sapeva se essere grato o infuriato con Ennoshita. Faceva il suo dovere, e lo faceva con passione. Questo era ammirevole. E tuttavia…
 
“Non ci vorrà molto, davvero”, si scusò ancora Ennoshita. Salutò poi Daichi con un breve inchino e fece strada a Michimiya fuori dalla cucina.
 
“Va bene, allora. Siamo qui per girare un film, giusto?” Michimiya si asciugò le mani sui jeans, ritrovando la grinta che le era naturale.
“A domani, Sawamura!”
 
“A domani, Michimiya-san”
 
Ormai solo, Daichi rimase immobile per qualche istante.
Il canto dei grilli entrò dalla finestrella socchiusa.
E l’occhio gli cadde sul plaid che più tardi quella sera avrebbero dovuto dividersi lui e Michimiya, sotto le stelle.
 
 
 
***
 
 
 
 
Se non fosse stato per il tornado che stava impazzando dentro di lui, più o meno all’altezza della bocca dello stomaco, Nishinoya si sarebbe gustato ogni attimo di quell’ultima settimana di vacanza.
 
La sera era calata da un pezzo, ma l’aria era calda e il canto dei grilli chiassoso.
La casa sembrava un accampamento e nessuno di loro avrebbe potuto chiedere di meglio, con buona pace dei genitori di Hinata.
 
Nishinoya stava rientrando in quel momento dopo aver buttato la spazzatura nei cassonetti all’imboccatura del vialetto.
Tutti gli altri erano dispersi chi dentro, chi fuori in giardino.
Passando sul ballatoio esterno di quella grande casa piena di porte scorrevoli, Nishinoya vide Shoyo in cerca di lucciole esclamare qualcosa del tipo che erano ancora meglio delle stelle e Yachi tutta agitata per il timore di essersene appena mangiata una per sbaglio.
Scorse poi Chikara piegato su un tavolino a scrivere e riscrivere quelle che probabilmente erano battute; stava spiegando fitto a Michimiya perché il suo personaggio faceva quello che faceva. Un genio, Chikara, niente da dire.
 
Nishinoya passò oltre. Era diretto in bagno.
In un modo o nell’altro a cena aveva evitato Asahi. Non che l’avesse deciso, era capitato.
Ora si sentiva più stanco del dovuto. Aveva bisogno di far scorrere un po’ d’acqua sulla pelle e schiarirsi le idee.
 
Suga li aveva avvisati che loro del terzo anno avevano finito col bagno, e per una legge gerarchica non scritta che ricalcava fedelmente le abitudini dei vari campi di allenamento, finalmente toccava a loro del secondo.
 
Nishinoya si accorse di essere totalmente sovrapensiero quando, entrando nel minuscolo antibagno, scontrò contro qualcuno e perse l’equilibrio.
 
Due mani ferme lo sostennero bloccandolo per le braccia. Due mani che si ritrassero subito dopo.
 
“Oddio, scusami, Nishinoya! Scusa, scusa! Non volevo colpirti!”
 
Nishinoya alzò lo sguardo e ci mise un po’ a realizzare che era andato a cozzare il naso contro il petto di Asahi.
Asahi. Con i capelli ancora bagnati sciolti sulle spalle e un asciugamano stretto in vita.
Nient’altro.
A parte quel sorriso imbarazzato e insicuro che lo rendeva se possibile ancora più… Più.
 
Il cervello gli andò in pappa e la cosa più intelligente che Nishinoya riuscì a fare fu scoppiare a ridergli in faccia a un volume parecchio fuori dalla media, dargli un paio di pacche meccaniche - senza indugiare troppo sulla pelle delle spalle - e farfugliare qualcosa del tipo: “Non mi sono fatto niente, Asahi-san! E così la nostra star è bella pulita!!”
 
“Ehm, sì, già…”, gli sorrise Asahi con educazione, probabilmente mosso a pietà dal suo comportamento assurdo e completamente fuori controllo. “In ogni caso, ehm, il bagno è libero”
 
“Ma certo, ma certo! Buonanotte, Asahi-san!” Ormai la sua risata stava rasentando livelli di isteria.
 
Asahi sembrava indeciso se andarsene o accertarsi che Nishinoya stesse ancora respirando. Di sicuro Nishinoya non poteva durare ancora molto, presto gli sarebbe venuto un embolo.
 
Per fortuna alla fine Asahi decise di graziarlo e si allontanò timidamente.
Come fu lontano dalla sua portata, Nishinoya si sgonfiò di colpo e si ritrovò accucciato sulle piastrelle dell’antibagno con le mani tra i capelli, divorato dalla frustrazione.
 
Ci pensò Tanaka a trarlo d’impaccio. Alla sua maniera, ovviamente. Sbucò da dietro un angolo e si affacciò sulla porta aperta dell’antibagno con un sorrisetto impenitente e un sopracciglio alzato.
“E’ così che hai tutto sotto controllo?”
 
“Cazzo, Ryuu! Mi vuoi far venire un colpo?!”
 
“Quello mi pare che ci stessi pensando da solo a fartelo venire!”
 
“Taci!”, alzò su di lui occhi di fuoco. “E così”, non potè impedirsi di mordersi un labbro,  “…hai sentito tutto?”
 
“Ogni parola, sospiro o idiozia usciti da quella tua boccuccia. Proprio così!”
 
“Aaahh, Ryuu! Piantala, ti prego! Non sei di nessun aiuto!”
 
“E dove sta scritto che dovrei esserlo?”, ammiccò Tanaka, sfoderando una buona dose di strafottenza.
 
Nishinoya si strofinò il viso tra versi strozzati di protesta e insoddisfazione.
 
“Oh, andiamo, Noya!”, cedette Tanaka, “Da quand’è che ti comporti così? E’ di Asahi-san che stiamo parlando! Dico, è stato il tuo compagno di squadra fino a ieri e lo sarà anche domani, perciò non mi sembra proprio il caso di dare di matto”
 
“Mmmm… potrebbe essere che per una volta tu abbia ragione”, bofonchiò Nishinoya poco convinto, coi capelli che andavano ormai da tutte le parti. “Aaargh, però! Che figura da idiota!”
 
“E dove sta il problema? Tu sei un idiota. Lo so io, e lo sanno tutti. Perciò, fattene una ragione: lo sa anche Asahi-san. E in ogni caso non sembrava particolarmente turbato dal tuo comportamento. Era troppo impegnato a scusarsi per averti quasi spiaccicato contro il muro con quella sua montagna di muscoli che, parola mia, dovrebbero essere illegali su un ragazzo di diciassette anni”
 
“Spiaccic…? Solo perché Asahi-san è una persona gentile non significa che…”
Uscivano parole dalla sua bocca, ma la sua mente riusciva soltanto a immaginarsi ‘tutta quella sua montagna di muscoli illegali’.
 
“Che?”
 
“Ah, lascia perdere!”
 
“Noya-san”
 
“Che vuoi?”
 
“Metti la testa sotto l’acqua corrente per tutto il tempo che ti serve”
 
Volente o nolente gli si sollevarono gli angoli delle labbra. “Lo farò. Grazie, Ryuu”
 
“E poi vedi di darti una mossa che siamo in molti ad avere ancora bisogno del bagno!”
 
 
 
La verità era che come mise piede in bagno, Nishinoya non capì più niente.
L’aria era impregnata di Asahi. Dell’odore della sua pelle, del suo bagnoschiuma.
Non aveva mai riflettuto sul fatto che sapesse riconoscere l’odore di Asahi. Ma lo riconosceva, e per la prima volta se ne rese conto.
E rabbrividì.
 
Maglietta e pantaloncini furono abbandonati a terra senza ripensamenti, e Nishinoya infilò un piede nell’acqua della vasca. Era ancora calda. Socchiuse gli occhi.
Asahi era stato lì, pochi minuti prima, a mollo nella stessa acqua.
Forse aveva davvero bisogno di un getto gelato su quella sua testa bacata.
Si prese il viso tra le mani.
Oddio, non era certo la prima volta che condivideva la vasca con Asahi e con gli altri compagni di squadra… Ora  però sembrava tutto diverso.
 
Prese una boccata d’aria e si lasciò scivolare giù, fino a immergere completamente la testa.
 
Per un istante non pensò a niente. Si beò del calore dell’acqua che distese ogni suo muscolo.
 
Poi vide Asahi.
Lo vide prima di decidere di pensare a lui.
Lo vide e basta, col viso abbronzato e quel sorriso genuino che gli faceva venire delle rughette deliziose intorno agli occhi.
Con quella risata un po’ bassa e sfiatata che ogni volta gli provocava la pelle d’oca.
 
E poi vide Michimiya, così fresca e carina. E vide che lui stava ridendo con lei. Che gli brillavano gli occhi.
 
Sentì una fitta al petto.
Risalì di botto e risucchiò con urgenza l’aria nei polmoni.
Cazzo.
Tossì e cercò di calmare il respiro.
Cazzo, cazzo.
Nishinoya non aveva mai visto Asahi sorridere in quel modo a una ragazza.
Quello era il sorriso che riservava alle persone con cui si trovava davvero a suo agio - che non erano poi molte -, il sorriso che riservava a Suga, persino a Daichi.
E a lui.
 
Sbuffò e poggiò la testa sul bordo della vasca.
 
A posteriori aveva tutto perfettamente senso. Tutte le volte che aveva chiesto ad Asahi di aiutarlo con lo stretching e si era goduto il tocco gentile delle sue mani contro la schiena; tutte le volte che lo cercava in campo e fuori dal campo, per allenarsi insieme oltre l’orario o per portargli una bottiglietta d’acqua vincendo Yachi sul tempo, per approfittare di un punto di vittoria e saltargli sulla schiena.
Asahi era sempre lì, da che aveva memoria. E quando c’era stato il rischio che se ne andasse, al diavolo il volley, se ne sarebbe andato anche lui. E lui amava dannatamente il volley.
Si rese conto che quella cosa andava avanti da molto più tempo di quel che immaginasse. Forse fin dall’inizio, dalla prima partita insieme, quando, guardando Asahi giocare, per la prima volta aveva provato quel senso di benessere, come il crepitìo di un fuoco che dal ventre si diffonde in tutto il corpo.
Cazzo.
Quante balle si era raccontato per negare una verità tanto evidente?
Possibile che vedere Asahi quasi baciare una ragazza - anche se per finta - l’aveva rintronato come una pallonata in pieno volto? E possibile che vederlo ridere - per davvero - con la stessa ragazza, gli faceva tanto male? E adesso che diavolo doveva fare?!
 
Si sollevò di scatto dalla vasca e si asciugò alla rinfusa.
Aveva pensato troppo e lui era un uomo d’azione, qualunque essa fosse.
La soluzione sarebbe arrivata, in un modo o nell’altro, e lui non era tipo da rimuginare troppo. O no?
 
Nella forza con cui spalancò la porta cercò di ritrovare la sua convinzione. E tentò anche di rimettere in sesto il solito Nishinoya Yuu, testardo e indistruttibile, attraverso tutto il volume con cui urlò: “Il bagno è libero!”
 
 
----
 
Note
 
(1)
Scena 1.
JOHNNY
Ci siamo.
BABY
Non riesco a immaginare come starò qui senza di te.
JOHNNY
E’ semplice. Avrai più tempo per i giochi e per fare il bagno nel lago.
BABY
Abbiamo dato scandalo.
JOHNNY
Sì è vero. Non rinnego niente.
BABY
Nemmeno io.
(Johnny bacia Baby).
 
 
---
 
Ciao a tutti!
Un regalino natalizio per gli amanti della AsaNoya e della DaiYui. ;-))
Come promesso torno su questi lidi con quest’idea pazza. Forse non tutti lo sanno, ma Furudate ha creato questa meravigliosa sottotrama in cui Ennoshita gira film. O_O
Ho subito notato che tra action movie, fantasy e blockbuster, mancava nel suo repertorio una commedia romantica!
Ed ecco come è nato questo delirio. Che ne pensate?
Prometto che i prossimi capitoli saranno più corposi… ;-)
Ma intanto è importante per me sapere cosa ne pensate, per capire se c’è interesse e come andare avanti.
 
Ho inizialmente pensato di ambientare la storia alla fine nell’estate dopo la sconfitta contro l’Aoba Johsai. Ma per una serie di questioni legate alla trama, questa storia si collocherà invece dopo la vittoria contro la Shiratorizawa.
Tuttavia la linea cronologica sarà sfalsata rispetto a quella del manga, e vi chiedo pertanto di far finta che la partita KarasunoVSShiratorizawa si sia giocata effettivamente in estate e non in ottobre come da canon. In questo modo “Dirty volleyball” continua a essere ambientata alla fine delle vacanze estive.
Ringrazio per la comprensione.
 
Comunque, nonostante l’atmosfera estiva di questa storiella, vi auguro un buon Natale!
 
InuAra(xHaikyuu!!)
 
   
 
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