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Autore: Dreamfire98    27/12/2017    2 recensioni
Gael, una bambina di dieci anni, è l'unica superstite al disastro di Valyria. Dopo anni passati in attesa della morte, si rende conto che è sopravvissuta per un motivo. La sua storia è destinata a incrociarsi con quella di molti dei personaggi che conosciamo, dando nuova vita alle antiche arti magiche di Valyria, ormai dimenticate.
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daenerys Targaryen, Illyrio Mopatis, Nuovo personaggio, Viserys Targaryen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sua vita era completamente cambiata da quando era giunta a Pentos. Non aveva mai avuto una routine prima, ora invece ogni giornata era uguale alla precedente. Si svegliava ogni mattina all’alba, e ogni volta si sorprendeva ritrovandosi in un letto morbido, sotto coperte calde. Per quanto non fosse neanche lontanamente simile a quello a cui era abituata nella sua piccola stanza a Valyria, dove, le rare volte in cui dormiva a casa, condivideva il letto con il fratellino, le dava comunque una strana sensazione di familiarità. Iniziava a lavorare presto, aiutando in cucina per la preparazione di colazioni così ricche di sapori e colori, che la prima volta che le aveva viste, aveva pensato che dovessero sfamare l’intero esercito della Fortezza Libera. Passava il resto della mattinata in quasi totale libertà, fino a quando non iniziavano i preparativi per il pranzo, ancora più abbondante e variegato delle colazioni. Solitamente non avevano bisogno di lei per le cene, il Magistro era quasi sempre impegnato in altro modo, quindi durante le calde notti estive era solita passeggiare per le vie trafficate della città. Tutto quel brulicare di vita la infastidiva, le ricordava troppo ciò che aveva perso. Però, se usciva leggermente dal quartiere più popolato, si ritrovava improvvisamente sola. Non c’era niente che le desse più piacere di quelle sere passate a osservare le stelle che luccicavano gialle nel cielo. La facevano tornare ai momenti più piacevoli della sua vita, quelli che era sicura di poter rivivere anche in questo nuovo mondo. Le notti stellate osservate dalla groppa di Dreamfire, quelle notti in cui ogni cosa sembrava possibile, ogni momento era allo stesso tempo unico e infinito, un cerchio senza fine, la ruota del tempo che, per un breve istante, si fermava, lasciando ogni cosa immobile, cullata solo battere ritmico e placido delle ali della dragonessa. Tornava a casa tardi, quando il palazzo di Illyrio era già addormentato. I momenti che aspettava con più ansia erano le notti. Da quando aveva visto il Uēpa nel tempio dei quattro fuochi, qualcosa era cambiato in lei. Non sapeva spiegarselo, e aveva impiegato un po' di tempo prima di rendersene conto, ma era come se il legame tra lei e Dreamfire si fosse intensificato. Ogni notte, sognava di volare in cieli inesplorati, di raggiungere le stelle, di bagnarsi nel Mare Stretto, di cacciare e sentire il sapore ferroso del sangue sulla lingua. La cosa strana, era che non erano gli stessi sogni che faceva da bambina, quando cavalcava il drago, ora era come se, durante il sonno, diventasse lei stessa un drago. Quando si svegliava, sentiva ancora il calore delle fiamme ardenti nel petto, che le davano forza e coraggio per tutta la giornata. Una sola cosa del suo soggiorno a Pentos non stava andando come previsto: non aveva ancora incontrato i fratelli che, a quanto pareva, erano discendenti dei signori di Valyria.

 

L’incontro ebbe luogo dopo quasi tre settimane da quando Gael aveva iniziato a lavorare per Illyrio. Loyse, una delle cameriere, si ammalò di febbre. Il Maestro disse che non era grave, però era meglio che, per la sicurezza di tutti, evitasse i contatti. La governante, ritrovatasi improvvisamente senza la cameriera, convocò tutte le sguattere che lavoravano in cucina.

-Bene ragazze! Per una di voi sarà una giornata fortunata. Come sapete, Loyse si è ammalata di febbre. Siamo tutte spiacenti per lei, ma non possiamo permettere che questo blocchi gli impegni continui ai quali dobbiamo adempiere in questa casa, non è vero? Sceglierò tra voi chi dovrà, per il momento, sostituirla-. Per un breve momento, che a Gael parve interminabile, i suoi occhi si spostarono su tutte le ragazze, cercando quella più adatta. -Tu! Qual’è il tuo nome?-

Impiegò qualche istante a capire che la governante si stesse rivolgendo proprio a lei. -Gael, signora. Sono qui da tre settimane.- rispose, tenendo gli occhi puntati su di lei.

-Bene, Gael- disse il suo nome con una lieve nota di disprezzo, che la ragazza non seppe spiegarsi. -Sono sicura che il Principe Viserys apprezzerà il fatto che non temi di guardare negli occhi gli altri quando parli, anche se ti consiglio prudenza. Il nostro drago ha un carattere… come dire, focoso.- Si lasciò sfuggire un sorrisetto beffardo, e Gael ebbe la netta sensazione che la sua promozione a cameriera fosse tutto tranne che un premio.

 

************

 

Non aveva mai percorso i corridoi che portavano all’ala riservata agli ospiti. Erano estremamente claustrofobici, e si ramificavano come un dedalo oscuro che avvolgeva la casa. Non c’erano finestre. Se non fosse stato per l’addestramento ricevuto a Valyria, Gael era certa che non si sarebbe riuscita ad orientare facilmente. Portava tra le mani il vassoio con la prima colazione per Viserys, e, appeso al braccio sottile, un enorme cesto con lenzuola fresche e pulite per il letto. Non aveva socializzato molto con le altre ragazze, quindi era rimasta totalmente estranea ai pettegolezzi che giravano sul conto del Principe: per il suo sacro dovere, poteva basarsi solo sul suo istinto, non poteva permettersi di farsi condizionare da chiacchiere di persone non coinvolte. Il cuore le batteva a mille, non sapeva cosa aspettarsi. Stava per conoscere la persona ancora in vita più vicina a lei per legame di sangue. Bussò lievemente alla porta, attenta a non far troppo rumore. Quando una voce assonnata rispose -Avanti!-, si fece coraggio e aprì il pesante portone.

La stanza era avvolta nella semi oscurità provocata dalle pesanti tende rosse, che impedivano alla luce di entrare liberamente nella stanza. L’enorme letto a baldacchino era ancora occupato da Viserys, steso sotto le coperte nere ricamate con un drago rosso a tre teste. Gael aveva già visto quel simbolo, lo riconosceva…. Ma dove? In un’altra vita, questo era sicuro. Doveva essere il simbolo usato da una qualche importante famiglia Valyriana… ma non ricordava. Era passato troppo, troppo tempo. Per la prima volta, si sentì vecchia. Riflettendoci, non aveva mai conosciuto prima qualcuno con più di quattrocento anni. Poteva essere rimasta una bambina nell’aspetto, ma la sua anima era vecchia, più vecchia del Uēpa. Strattonò con forza le pesanti tende, lasciando che il sole inondasse la camera. Poi, con le ginocchia che rischiavano di cederle ad ogni passo, si avvicinò al letto e, con un inchino elegante come solo una danzatrice dell’aria può fare, porse il vassoio a Viserys. Lui si sedette e, con un gesto sprezzante e senza lanciarle neanche uno sguardo, afferrò un’arancia di un arancione così vivido da abbagliare Gael. Lei, molto contrariata dal fatto di essere stata così palesemente ignorata, alzò lo sguardo, fissandolo senza alcun contegno. I suoi capelli argento la fecero trasalire. Erano così fini, delicati, così simili a i suoi da lasciarla senza parole. Non vedeva una persona che le somigliasse così tanto dalla caduta di Valyria. Sentendosi osservato, anche lui alzò lo sguardo.

-Cosa hai da guardare, mocciosetta?-

Gael non rispose. Rimase immobile a fissarlo dritto negli occhi, lo sguardo perso in quei riflessi viola. Sentì le lacrime arrivare di nuovo. Lacrime per suo fratello, che non aveva mai raggiunto l’età del giovane principe che le stava davanti, lacrime per tutti quei giovani ragazzi che volevano diventare Signori dei Draghi, i ragazzi con cui era cresciuta, gli stessi ragazzi che erano morti cercando di salvare il popolo dal Disastro. Lui era troppo cieco per leggere gli occhi di Gael, per comprendere la quantità di emozioni che le esplodevano nel corpo, lasciandola senza fiato. Ma una cosa la notò: il colore degli occhi della ragazzina che lo fissava impietrita.

-Devi rispondermi quando ti faccio una domanda. Sei nuova? Non che mi importi di te, ma… hai uno sguardo familiare. E sbrigati a riordinare, non star ferma a perdere tempo!-

Gael si riscosse, e, alzatasi in piedi, iniziò a sistemare la camera, a piegare vestiti e a tirarne di nuovi fuori dall’armadio. -Mi chiamo Gael, Mio Signore, e non avevo mai avuto il piacere di vedervi. Lavoro qui da poche settimane-.

-Bene, allora probabilmente non hai ancora chiaro quali siano le tue mansioni. Devi soddisfare ogni mio più piccolo capriccio, senza storie. Ora vieni qui.-

Lei si avvicinò, sempre tenendo lo sguardo basso.

-Hai gli occhi viola. Perché? Non puoi essere di sangue Valyriano-.

-No, mio Signore. Però so che, dopo il Disastro, alcuni valyriani riuscirono a sopravvivere e a formare delle nuove famiglie mischiandosi con tutte le popolazioni di Essos. Immagino che devo avere qualche gene recessivo che rende i miei occhi di una tonalità simile alla vostra-.

-Quindi sei una piccola meticcia, eh? Sai con chi stai parlando?- Chiese lui, avvicinando il suo volto al suo e allungando una mano per prenderle una ciocca di capelli -Io sono il Drago. Sono l’ultimo Drago, discendente puro del sangue dell’antica Valyria. Ma immagino che una piccola sguattera come te non ne sappia niente-. Sussurrò nel suo orcchio. -Peccato per i capelli, saresti potuta quasi sembrare una di noi grazie a i tuoi lineamenti. È un peccato che i miei antenati si siano degradati mischiano il nostro sangue con persone comuni e creando mostri come te. Non dovresti mai essere nata, macchi la nostra stirpe- detto ciò, tirò con forza una ciocca di capelli di Gael, staccandola di netto.

Lei, incurante del dolore, alzò lo sguardo su di lui: Uēpa, è veramente questo mostro colui che è destinato a riportare i draghi nel mondo? È un folle… forse avete sbagliato, sono arrivata troppo tardi, in un era sbagliata. Qui non troverò niente.

-Sono spiacente che la mia presenza vi offenda, Mio Signore. Se volete, chiederò alla governante di mandarvi un’altra cameriera-.

-Non serve. Aiutami a vestirmi, piuttosto.- Si alzò dal letto, rimanendo a petto nudo. La sua pelle era chiarissima, quasi impalpabile, e lasciava intravedere la muscolatura tipica di un fisico asciutto. Gael dovette alzarsi in punta dei piedi per abbottonare l’elegante giacca di stoffa pregiata che indossava. “I tuoi antenati non si sarebbero mai vestiti così, come se dovessero andare ad una festa, tutti profumati e puliti. Tu pensi di saperne tanto, ma io li ho conosciuti. Non vali neanche la metà di loro”. La sua mente volò a Yohel, che durante i primi mesi del suo addestramento era stato per lei come un fratello maggiore. Avevano lo stesso fisico, gli stessi capelli, gli stessi occhi. L’unica differenza era che, mentre gli occhi di Yohel ridevano, sprigionando voglia di vivere, quelli di Viserys erano attraversati da un lampo di follia che spaventava Gael.

Una volta che il principe fu pronto, Gael si inchinò elegantemente -Prendo congedo, Mio Lord-. Senza aspettare una risposta, la fanciulla gli voltò le spalle, dirigendosi spedita verso la porta, ansiosa di uscire da quel posto nauseante.

-Quando ti rivolgi a me, devi dire “Mio Principe”, hai capito?- Le urlò dietro. -Non puoi andartene così!- La ragazza corse via, sbattendo la pesante porta di legno scuro alle spalle.

Una volta fuori, continuò a correre, sperando di arrivare presto in un posto sicuro, dove nessuno l’avrebbe potuta vedere. Aveva bisogno di stare in pace e di riflettere. Specialmente di riflettere. Nelle mani di colei che è sopravvissuta, sarà nascosto il sapere del mondo, un dono quanto un fardello ingente, che a controllarlo deve apprender, affinché Westros alla Lunga Notte non debba arrendersi. Le parole della profezia le martellavano sulle tempie. Una sola cosa le era chiara: il suo potere, la sua sapienza e conoscenza diretta dell’Antica Valyria erano decisive per impedire un nuovo cataclisma naturale. Le sue scelte avrebbero portato vita o distruzione. Ma c’era un altro fatto che la tormentava, ed erano la prima frase e l’ultima frase: Il sangue del traditore estinguerà la fiamma nera che su Valyria da molto impera. Un amica per te colei che discende dal sangue della follia sarà, ma ciò che i suoi avi han fatto su te peserà, fino a quando la vendetta consumata non verrà. Era venuta a conoscenza di soli due discendenti diretti di Valyria: i due fratelli che in questo momento erano ospiti a Pentos. Chi aveva tradito la sua amata città, lasciandola in pasto al Disastro? Chi erano gli avi di questi ragazzi, quali dei potenti valyriani che avevano dominato il mondo, erano stati in grado di scatenare l’ira vendicativa dei Quattro? Di chi parlava l’Uēpa?

Proprio in quel momento, mentre era assorta da questi pensieri, viene urtata ad una spalla da qualcuno che le passa affianco. Irritata, si volta di scatto, decisa a dire qualcosa. Ma rimane con il fiato spezzato, le parole sospese sulla punta della lingua. Davanti a lei c’era un fantasma: i lunghi capelli argento, leggermente mossi e tenuti sciolti, gli occhi intensi e penetranti, e quel volto: quel volto così pieno di dolcezza e di amore, impossibile da dimenticare. Kayla.

-Scusa- Dice la ragazza in un sussurro. Avrà avuto circa tredici anni, non molti più di Gael. Lei rimase impietrita a guardarla. Era come se avesse perso la capacità di parlare, e impiegò diversi secondi prima di realizzare che quella davanti a lei non poteva essere la sua vecchia amica, la ragazza con cui aveva condiviso così tanto.

-Qual’è il tuo nome?- Chiese, senza usare il solito tono di deferenza con cui ci si rivolge ai potenti.

-Daenerys, di casa Targaryen.- Rispose lei con semplicità.

Daenerys Targaryen. Ma nella testa di Gael, l’unico nome che compariva era Kayla. Kayla Targaryen.

   
 
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