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Autore: Arthalmia    28/12/2017    1 recensioni
Dieci anni fa, un incendio ha inferto al cuore di Fuyuki una ferita ancora aperta. Il Graal, col suo rovente abbraccio, ha lasciato al suo passaggio una scia di desolazione e morte… e parti di sé.
Uno di quei frammenti è finito in mano ai più grandi avversari dei maghi giapponesi: la Torre dell’orologio. Aiutati dagli Einzbern, che hanno visto l’occasione come una benedizione, gli inglesi hanno sfruttato la reliquia per creare il proprio Graal e la propria guerra. Cosa succederebbe dunque se sette nuovi Master, contemporaneamente a quelli di Fuyuki, combattessero per la coppa su suolo inglese?
Genere: Dark, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emiya Shirou, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Per un attimo le girò la testa, ma riuscì a reggersi in piedi.
La luce color blu elettrico in cui era avvolta svanì poco a poco, permettendole di vedere qualcosa senza avere fastidio agli occhi... o almeno così credeva. L'illuminazione era minima: la sola fonte di luce, in quella che pareva essere una grossa sala, erano tre candele mezzo consumate poste su un tavolo al centro della stanza.

Gatto.

Di riflesso, a rivestire i suoi occhi comparve una brillante pellicola color oro. Avvertì le pupille restringersi e allungarsi; ora poteva finalmente osservare l'ambiente circostante, arredato con sfarzo, a partire dalle pesanti tende di velluto che coprivano finestroni alti il triplo di lei. Si accorse solo in quel momento di star poggiando i piedi nudi su un morbido e pregiato tappeto. Sulle interminabili librerie disposte lungo le pareti, davanti ad enormi libri, facevano bella mostra di sé statuine d'argento e fermacarte di cristallo.
Era una biblioteca, non una sala. 

Il tavolo si rivelò essere una scrivania in mogano con accanto un unica sedia imbottita. Su di essa si accasciò una donna dall'aria stanca. Aveva di gran lunga passato la mezza età, a giudicare dalla cascata d'argento che indomabile ricadeva sulle spalle, coperte a loro volta da uno scialle di lana. Era ancora bella però, ed il fisico ben curato. Non mostrava rughe molto profonde, se non ai lati del naso sottile, e i piccoli occhi scuri trasmettevano una fredda ma sincera vitalità. Fu proprio per osservare questo particolare che la ragazza si accorse che la stava osservando con un sopracciglio inarcato, quasi ad aspettarsi qualcosa... quasi a volere che fosse lei a fare la prima mossa. 

Si riscosse. In effetti era suo dovere farlo, dire come si chiamava. Presentarsi col suo nuovonomeufficiale, insomma, quello che il Graal le aveva messo nella testa appena qualche secondo fa. Molto bene, allora. Signore e signori, che partano gli applausi.

- Servant Caster! - Non avrebbe voluto metterci tanto entusiasmo, non le piaceva come appellativo; tuttavia, sarebbe servito da preannuncio al vero spettacolo. Sì, perché mai avrebbe mai provato più orgoglio che nel pronunciare quanto seguì: - Circe, terribile maga, figlia di Helios e sorella del re Eete. Sei tu, o donna, colei che ha richiesto i miei servigi sotto forma di tuo famiglio?

Si aspettava una risposta gentile o, quanto meno, una risposta, e invece l'anziana si alzò sospirando e prese a girarle intorno con fare lento.

- Ehi, ma ci senti? - L'ultima cosa che ci mancava era un Master sordo ora. Dopo qualche altro passo, la donna sentenziò:

- Parli troppo, ragazza...

Rimase pietrificata. Un vulcano in eruzione, Circe avvertì la rabbia montarle su dallo stomaco e il viso incendiarsi. Come osava quella mera umana parlare in quel modo? A lei, poi!

- T-ti consiglio di moderare le parole! Bada bene, potrei incenerirti in un istante, donna, fare di te il più mansueto degli animali da latte, il più codardo dei polli, la più fetente fra i porci! Mi basta schioccare le dita e ti ritroverai a leccare il pa...

- Accidenti, questa guerra non farà che peggiorare le mie emicranie... - L'altra la interruppe portandosi due dita alla tempia. La giovane, che avrebbe volentieri continuato il suo elenco di minacce, decise di tacere. Ok, forse era logorroica... e magari non era il caso di iniziare un litigio con qualcuno appena arrivata in un'epoca. Ma principalmente, se quella donna aveva appena nominato la sacra Guerra significava solo una cosa, e se Circe aveva ricavato un insegnamento utile dalla sua vita passata era che giocare con chi avesse anche il minimo vantaggio su di lei non portava a nulla di buono. Meglio evitare la disgrazia, per gli scherni avrebbe atteso i pezzenti. Quelle magie di comando sul polso della vecchia, per l'appunto, furono immediatamente riconosciuti come vantaggio. Abbassare i toni era conveniente.

- Hai appena parlato della guerra del Santo Graal. Sei dunque davvero la mia Master...

- Spero di non pentirmene - scherzò aspramente. - E tu sei Caster, hai detto. Credo sia meglio iniziare fin da subito a esporre i tuoi punti forti. 

- A-aspetta, Master. Voglio sapere almeno il tuo nome! Non posso ritenere valido il nostro contratto, altrimenti.

- Sì, senz'altro. Chiedo perdono, lo avevo dimenticato, presa dal tuo sproloquio. Sono Eleanor Willow, ex insegnante della Torre dell'Orologio. Specializzata nell'elemento fuoco e nella necromanzia. - Le porse una mano pallida. Il gesto sorprese la ragazza, che la accettò con riluttanza.
- Siamo a posto, dunque. Possiamo passare a cose più importanti, adess...

- Sì, in effetti, quelle tende sono davvero disturbanti! Vedere con l'ausilio della magia è stancante, alla lunga, lo sapevi? - Eleanor sbuffò, stavolta pesantemente, ma non sembrò arrabbiarsi. Un secco gesto della mano destra bastò a sollevare i pesanti tendaggi, permettendo a una luce tenue ma estremamente gradevole di penetrare nella stanza.
Circe si avvicinò al finestrone, rinunciando agli occhi felici, e quando si accostò al vetro dalle sue labbra sfuggì un gridolino di stupore.
Gran parte del visibile era occupato dalla proprietà confinante, ma c'era ancora spazio per scorgere un'enorme palla infuocata che dava l'addio al mondo, per quel giorno, sporcando il cielo del suo arancio acceso.

- Ti piacciono i tramonti? - Fu la prima volta che sentì la sua Master parlarle in tono gentile, finalmente. Annuì.

- Mi ricorda quelli che ammiravo con mio figlio sulla mia isola. Non è lo stesso di un tramonto sul mare, ma l'effetto che fa è comunque molto bello. - Per qualche secondo, la donna non rispose. Ebbe il sentore che stesse per tornare alla vecchia glaciale che aveva conosciuto finora, ma alla fine la udì rispondere:

- In effetti li gradisco molto anche io... ma ora non è il caso. Dovremmo parlare di cosa sei in grado di fare e se stai lì conciata in quel modo e qualcuno ti vede, avrò un altro problema per le mani. Dovresti stare in forma spirituale, quando usciamo. Sempre che tu non abbia in mente qualcosa e debba cambiarti... 

- Vuoi conoscere i miei... poteri? - Circe osservò la cappa color sangue che aveva indosso, su cui si posavano ciocche sparse di capelli bianchi come nuvole. Non avrebbe avuto a che fare con essi... ed era tanto carina, era un peccato doverla togliere, uffa!

- Sì, esatto. Non ero preparata all'idea di vedermi affidare un mago. Il catalizzatore che mi avevano fornito sarebbe dovuto servire ad evocare un eroe... senza offesa, ovviamente. Il Graal deve avermi giocato uno scherzo, non è colpa tua. Tuttavia, resta il fatto che non so come muovermi con un Servant che non lotta, per di più una donna di del tuo periodo... Sarai inabile al corpo a corpo. Per quello vorrei conoscere i tuoi...

- Master! - La furia di adesso era diversa da quella che l'aveva assalita quando le aveva dato della logorroica; questa era ben peggiore. Stavolta, superò perfino l'accortezza di stare sulla difensiva se svantaggiata. - Non mi aspettavo nulla dalla vostra lurida epoca, assolutamente nulla! La sola cosa che ero certa di trovare era una briciola di maschilismo in meno! Se l'umanità non è riuscita a progredire in questo, ogni vostra scoperta o invenzione è del tutto irrilevante! - Orso! La delicata manina della maga impiegò un secondo a diventare una zampa artigliata capace di uccidere all'occorrenza. - Credi ancora che solo perché sono più piccola e la mia anatomia è differente non riuscirei a far fuori qualcuno ora?! Rispondi, Master!

- Caster...- cominciò pacatamente l'altra, indicandole la sedia. - Ti pregherei di calmarti. Siediti, e rimetti a posto quella... mano. Non era assolutamente mia intenzione offenderti...

- Hai offeso me e ogni donna che ha sudato per ottenere un briciolo di quello che ai maschi viene offerto su un piatto d'argento, con quelle frasi. - Circe non rifiutò tuttavia la sedia, che la accolse in un morbido abbraccio.

- Sarei incoerente, se quello fosse stato il mio intento. Noi maghi abbiamo meno problemi, in questo campo, ma nonostante tutto io sono stata una di quelle donne, disgraziatamente. La mia posizione all'interno della loro società è frutto del mio impegno. Quelle affermazioni sono dettate dalle conoscenze che ho del tuo tempo e della tua leggenda, giovane maga. Sei conosciuta da tutti come la strega formidabile che solo Odisseo riuscì a sopraffare con astuzia, ma non come una combattente. Il tuo tratto peculiare sono i farmakoi con cui tramutavi le persone in maiali. Nessun libro in nessuna biblioteca accenna ad altre tue abilità.

Il Servant abbassò il capo, riottenendo una mano con fattezze umane. Quel che la Master aveva appena detto era deprimente.

- Tutti uguali... a meno che non sia strettamente necessario, nessun uomo parlerà mai dei pregi di una ragazza. Hanno messo in risalto proprio il particolare di me che è stato causa della mia sconfitta. - Guardò Eleanor e all'improvviso scorse il suo viso rabbuiarsi. - Ma...ster?

- Sì... sai, hai ragione. Vedo che abbiamo opinioni in comune, per certi aspetti. Ad ogni modo, mi scuso per aver in qualche modo urtato la tua sensibilità, Caster. Alla luce di questi fatti, non mi permetterò più di parlare di te alla leggera.

- Beh... grazie. Anche io ho esagerato, forse - ammise la ragazza. - L'unico che non mi ha mai fatto pesare il mio sesso è stato lui. Il mio amato Odisseo. Gli altri uomini erano tutti stupidi, come i porci. Per quello li trasfiguravo. Ma non so fare solo quello.

- Ho notato. E dunque, tornando al discorso di prima... parlami un po' di quella mano. Oh, e già che ci sei, cos'è quel segno sul tuo volto?

- Uh? Quale segno? - L'anziana si alzò e uscì dalla stanza per tornare con un piccolo specchio. Circe poté finalmente osservarsi. In effetti, nulla era cambiato. Gli occhi color sangue, i capelli bianchi, i canini appuntiti e... il "segno" cui Eleanor aveva accennato. Ci si era abituata col tempo, anche se all'inizio non le piaceva, quando molti avevano iniziato a dirle che comunque non deturpava la sua bellezza. Era una specie di vena scarlatta in evidenza sulla guancia sinistra, che partiva da metà collo e finiva in tre prolungamenti che si aggrappavano alla carne intorno all'occhio. Ridacchiò.
- Oooh, quello! Quel "segno" altro non è che un prolungamento visibile del mio circuito magico! - dichiarò fiera. - E' ciò che mi permette di attivare con facilità l'arma nobile. Peserò anche meno sulla tua energia, usandolo.

- Un prolungamento? Ma casi simili non si registrano da...

- Dall'età degli dei, esatto! Ma io in origine ero temu... venerata come tale! La fama di strega mi venne attribuita dopo, ma anche allora i miei circuiti erano troppo numerosi e potenti. Ero una dea maga, sissignore!

- Capisco... In questo caso, potrò affidarmi al Noble Phantasm più spesso, deduco. In cosa consiste esattamente? 

Circe distese le labbra in un sorriso da orecchio a orecchio e si alzò. Oh, quanto amava quella parte!

- Meglio se ti siedi tu, Master. Lascia che mi occupi io di usare questo potere, e ti consegnerò il Graal nel giro di una settimana!

***** *****

- Servant Lancer, dunque... - Myra Edgeworth troneggiava su di lui di almeno venti centimetri, grazie ai vertiginosi tacchi. Indossava come tutti i giorni un vestito nero, lungo e aderente, che ne metteva in risalto le abbondantissime forme e faceva risplendere i suoi capelli dorati, come diceva lei.

Charles annuì. Accanto a lui c'era l'appena nominato Lancer, un uomo sui quarant'anni, dai lunghi capelli castani e l'armatura in bronzo.

- Sembra vecchio per combattere. Sei certo che un simile fossile del campo di battaglia sia di una qualche utilità, razza di figlio scellerato?

- Siete... siete stata voi a darmi il catalizzatore, madre.

- Ma certo, senza dubbio. Io ti fornisco una reliquia eccezionale, la prima copia dell'Iliade mai trascritta, piena di eroi di ogni genere, e tu evochi questo qua? - Charles avrebbe voluto ribattere, anche se aveva paura, ma Lancer lo anticipò, brandendo la lunga lancia.

- Non accetterò altri affronti, mia signora. Ho giurato di essere il corpo e le armi del mio padrone e di aiutarlo fino all'ultimo, non di sopportare queste offese senza aver potuto mostrare il mio potenziale.

- Oh oh... abbiamo la lingua lunga, vedo. E sia. Ti darò una possibilità: sia mai che abbia parlato troppo presto, in effetti. - Myra, con fare teatrale, alzò un braccio e guardò verso il soffitto. - Che tu possa essere uno spirito eroico all'altezza della tua fama a discapito dell'aspetto: questo te lo ordino, Lancer!  Patroclo che guida i cavalli, sappi tu condurre questo mio misero figlio alla vittoria!

Charles annuì nuovamente.

- Master?

- Andiamo, Lancer.

Lasciarono la sala da pranzo nel più completo silenzio. La odiava. Charles odiava sua madre come un figlio non dovrebbe mai odiare chi lo ha messo al mondo, ma anche lui, fra i tre figli di Myra e Terence Edgeworth, era il più detestato dalla donna.
Terence non era un mago, ma un semplice uomo dalle ottime rendite e dal soddisfacente lavoro. Myra lo aveva sposato solo per condurre una vita agiata. Nessuno le avrebbe trovato un marito mago, dopotutto, vista la sua attitudine alla magia praticamente nulla. Non ne valeva la pena. E sempre nessuno avrebbe scommesso che da quella unione sarebbe nato un mago.
La scommessa l'avrebbero persa.
I due fratelli minori, Daria e Walter, erano praticamente umani, ma un ultimo miracolo aveva decretato che il sangue di mago della famiglia Fareneith doveva vivere ancora. In quanto primogenito, Charles era stato il destinatario unico di quel miracolo, e i suoi circuiti magici avevano superato persino il numero di quelli del suo bisnonno, ultimo magus degno di nota della casa. Myra, che avrebbe dovuto essere la più felice della famiglia per un simile evento, era stata invece disgustata. L'invidia aveva cominciato a corroderla e Charles era cresciuto cercando di evitare gattonando insulti sputati che piovevano come saliva acida. Sua madre non perdeva mai l'occasione di mortificare ogni suo gesto per auto convincersi che in realtà era lui l'essere inutile. Il padre lo difendeva come poteva, ma la sua bellissima moglie lo aveva avuto in pugno, fra i grossi seni, fin dal primo incontro. I suoi fratelli, neanche a parlarne. Non sapevano della magia, ma essere i cocchi di mamma non dispiaceva loro nemmeno un po'. Era solo, in casa come fuori.

- Master, stai bene? Dove vai? - Si rese conto solo in quel momento di aver continuato a camminare senza meta lungo i corridoi di casa.

- Perdonami, Lancer. Ero sovrappensiero.

- Questo lo vedo, mio giovane amico. Le parole di quella donna ti turbano non poco.

- No... no, ci sono abituato - mentì lui. Non si sarebbe mai abituato a sentire quelle stronzate senza avere voglia di schiaffeggiarla. - Piuttosto, tu non farci caso. Tra poco non dovrai più sentirla. Ho deciso di stabilire la nostra base in un piccolo appartamento a Soho, nemmeno lei è riuscita a farmi desistere stavolta. Ci trasferiamo domattina presto.

- Master... va bene. Credo che cambiare aria non ti farà male. Fortificare le tue ossa lontano da questo ambiente malato sarà ottimo, amico. E domani, finalmente, parleremo indisturbati dell'arma nobile. 

- Sì... meglio domani - concordò Charles. Il giovane venticinquenne sbadigliò. - Sebbene non sia un cattivo mago evocarti mi ha un po' stancato ed è tardi. Puoi ritirarti, Lancer, buonanotte.

- Buonanotte, amico mio.

***** ****

Chiuse gli occhi, premendo ancor di più il volto sulla morbida stoffa della giacca di Waver. Avrebbe quasi potuto addormentarsi lì, senza preoccupazioni, come faceva le sere in cui lo implorava di restare alzato fino a tardi per vedere un film che le interessava tanto ma alla fine era sempre la prima a crollare.
Le pieghe della giacca costituivano un appoggio soffice, ma il torace di suo marito era spesso rigido in quei momenti. La faceva ridacchiare il fatto che su certe cose fosse ancora timido.

- Di' un po', quando la smetterai di usarmi come cuscino? - domandò gentilmente lui.

- Il giorno in cui smetterai di essere nel posto giusto al momento giusto quando avrò voglia di sdraiarmi un po'. Mmm - gemette, stanca. - A dire il vero, voglio passare con te più tempo possibile, visto che siamo agli sgoccioli. - Non ebbe bisogno di guardare l'orologio a pendolo del salotto per sapere che le sei erano vicine. Charity e Waver non avevano figli, ma da come aveva visto l'atteggiamento del marito mutare in meglio da quando aveva accettato una certa reliquia per l'evocazione del Servant, le sembrava quasi che in quella casa stesse per arrivare un bambino anziché il Re dei conquistatori.

- Non ce n'è bisogno... - tentò di rassicurarla lui. - Non vado da nessuna parte, lo sai. Starò al tuo fianco in questa battaglia, per questo sono qui.

Charity non rispose. Proprio perché vuoi starmi vicino ho ancor più paura per te, sciocco. Lo strinse ancor di più a sé, raddrizzandosi sul morbido divano. Essere da soli nel cottage di periferia che avevano scelto come base le piaceva. Per lei che era cresciuta in campagna, vivere anche solo da qualche giorno lì in compagnia dell'uomo che amava era già diventato la felicità. Il dubbio di non volere il Graal si era trasformato in certezza nella prima notte che avevano trascorso nella nuova camera. Che Waver ne facesse quel che voleva, se ciò gli dava gioia: a lei bastava che ciò gli facesse piacere per star bene.
La battaglia la intrigava, quello sì: la magia la divertiva da quando era piccola e non aveva dubbi che se la sarebbe cavata nella guerra. Aveva scelto di partecipare dal momento in cui aveva visto le magie di comando apparirle sul dorso della mano. 
Ma stando lì, la sua mente era ormai talmente proiettata verso il futuro... quella villetta era perfetta. Non era eccessivamente grande come la casa di città della famiglia El-melloi, che sembrava vuota anche se erano in sette a risiedervi, ma neppure piccola. Il caminetto nel salotto dove si trovavano lei e Waver aspettava solo che qualcuno lo accendesse in inverno, fra due o tre mesi, per diventare un perfetto punto dove sedersi a raccontare storie come suo padre faceva con lei e i fratelli. Le stanzette di sopra erano accoglienti e calde, ideale rifugio dove sedersi a osservare una nevicata, e la soffitta, se l'avesse scoperta da bambina, sarebbe stata un paradiso per svolgervi una caccia al tesoro con tutte le cianfrusaglie che conteneva. Una casa da sogno, per le vacanze. Una casa da sogno... per una famiglia.

Non si mosse per alcuni minuti che però le sembrarono brevi istanti. Fu il suono del pendolo a ricordarle che era ora, ormai. 
Si alzò controvoglia e così fece Waver. Quando camminavano sembrava che il suono dei loro passi riecheggiasse fra le pareti di legno. Nessun domestico li aveva seguiti, su ordine preciso della Lady; Reines El-melloi Archisorte, la giovane cognata acquisita, aveva sbottato che neanche morta si sarebbe fatta coinvolgere in un conflitto che già dieci anni prima aveva rovinato la sua famiglia. Si diressero entrambi verso le scale, prendendo quelle che conducevano giù, verso la cantina. L'avevano preparata il giorno prima, per evitare imprevisti dettati dalla fretta, senza nemmeno chiuderne a chiave la porta. Con le misure di sicurezza che avevano posto a guardia del cottage, un incauto intruso sarebbe potuto morire a dieci metri dalla porta di casa se solo lei avesse voluto.

Lord El-melloi II spinse piano l'anta di legno, facendola cigolare in uno stridere acuto. Entrarono. Charity sentì il fresco e gradito odore di muffa penetrarle le narici. Con i pomeriggi che aveva speso a nascondersi in cantine e sotterranei da bambina, persino quella che per molti era una tremenda puzza le ricordava qualcosa di bello.
Pronunciò qualche parola sommessamente e le lanterne posizionate ai quattro angoli della stanza si accesero. Era un ambiente relativamente spoglio, con dei ripiani scavati nelle pareti a fungere da mensole e un tavolo in legno quasi marcio spinto contro il muro in fondo. Lì Waver aveva posto un cofanetto ancora chiuso. 
Accanto al tavolo, a terra, una gabbia con due galline ancora addormentate. Furono i loro passi a svegliarle, provocando un frullio di ali e piume misto a un coro di starnazzi.

- Vuoi che le uccida io? - propose Waver. Charity scosse la testa.

- L'ho già fatto, quando vivevo con i miei genitori. Avevamo un pollaio.

- Da come mi descrivi la tua infanzia, sembra che i tuoi avessero un parco naturale più che una villa.

- Eravamo dei selvaggi - ammise sorridendo. C'era un coltellaccio sul tavolo. Lo afferrò. Voleva finirla il prima possibile. Non le dispiaceva ammazzare un animale, era l'odore del sangue a disgustarla. Cercò di pensare ad altro e respirare il meno possibile mentre la lama bucava la gola del primo pollo, recidendo le vene e tingendo il legno marcio di una indesiderata mano di vernice vermiglia. I versi del volatile si interruppero in un suono strozzato quando soffocò nel suo stesso sangue e la ragazza, le mani ancora imbrattate, finì il lavoro ancor più velocemente col secondo.
Solo quando anche quello fu morto e poté appartarsi il più lontano possibile si concesse una bella boccata d'aria. Waver prese i cadaveri degli uccelli per le ali, lasciando cadere una manciata di piume per terra. Glieli porse senza dire una parola e tornò al tavolo. La delicatezza con cui sollevò lo scrigno intarsiato fu pari alla noncuranza che aveva usato per maneggiare le galline. Aprì il cofanetto e ne estrasse quello che a sua moglie, nella penombra della cantina, sembrò uno scampolo di stoffa, e inginocchiandosi lentamente lo poggiò con somma cura sul pavimento, proprio davanti a dove lei stava allestendo il cerchio magico. 

- E'... tutto pronto. - Probabilmente non avrebbe detto altro, né ce ne sarebbe stato bisogno. 

Charity gli sorrise. Non aveva aspettato quel momento per soli due mesi, da quando era stata scelta come Master, ma per dieci anni. Fece gocciolare il sangue dei polli per terra. Ormai era tutto pronto. Le sole parole necessarie erano le sue.

Il cerchio magico si illuminò all'entrare in contatto col sangue. una miriade di intricati ghirigori brillarono di luce scarlatta, mentre il liquido continuava a cadere.

- All'origine, l'argento ed il ferro! - dichiarò la donna, dopo essersi posizionata al centro di esso. - Come fondamenta la pietra, e l'arciduca dei contratti. Come antenato, il mio predecessore, Wihelm! I cancelli delle quattro direzioni si chiudano, e dalla Corona discenda al Regno lungo il percorso triforme! Riempiti. Riempiti. Riempiti. Riempiti. Riempiti. Cinque volte per ogni ripetizione: basta che tu distrugga il ciclo una volta colmo. Set!

La luce cambiò tonalità. Un'onda arancione la avvolse. Chiuse gli occhi. Non c'era più. Charity Rosewood non era più un nome al quale avrebbe risposto. C'era solo un corpo femminile, un circuito magico e un lavoro da svolgere. Il corpo si ritrovò a essere colmato di energia magica e la assorbì non differentemente da come farebbe una spugna. Faceva caldo e faceva male non essere più umana. Faceva male perdersi nel buio, affogare in un oceano, avvertire la terra mancare sotto i piedi e bruciare nelle fiamme dell'inferno. L'anima soffriva.

Ma non si fermò.

- Lo dichiaro. Che il tuo corpo venga posto ai miei comandi, e che il mio destino sia affidato alla tua spada! Obbedisci alla chiamata del Santo Graal, e se accetti di obbedire a ogni mio comando rispondi! Qui lo giuro: io diverrò il bene dell'immutabile aldilà; dominerò il male dell'immutabile aldilà. Tu sei i sette cieli avvolti da tre sacre parole. Lascia il circolo che ti vincola: vieni a me, protettore dell'equilibrio!

Un flash rischiarò a giorno lo scantinato, ma lei non se ne accorse. In quello stesso istante, Charity Rosewood era tornata fra i comuni mortali e la prima cosa che vide come tale fu il pavimento su sui era china la sua testa. Era in ginocchio. C'era polvere nell'aria.
Tossì. Riuscì a usare un ultimo briciolo di magia perché quella insopportabile barriera di pulviscolo si diradasse, ma si ritrovò davanti una montagna ben più grossa.

L'uomo che le stava davanti non aveva quarant'anni, lo sapeva bene, ma la sua mole e i tratti rudi del volto lo facevano sembrare più adulto ed estremamente più minaccioso. Capelli rossi e corti andavano tutte le direzioni, come in una nuvola diabolica. L'armatura lasciava intravedere addominali scolpiti e un fisico temprato da anni di duro addestramento militare. Waver glielo aveva descritto, ma vedere con i suoi occhi un simile individuo era infinitamente diverso. Alessandro Magno batté un piede a terra e Charity avvertì questa tremare.

- E allora! - Il grido del Servant sarebbe stato paragonabile a un rombo di tuono.- Io rivolgo a te, giovane umana, questa domanda: sei stata tu che mi hai convocato qui con l'aiuto del Santo Graal, collocandomi nella classe Rider?

- S-sì - rispose lei, ancora frastornata dal vocione di quello. - Precisamente. Sono io la tua Master. E tu sei Alessandro, Re dei conquistatori cui è valso l'appellativo di magno. Mi sbaglio, forse? 

- Tsk! Se la mia fama mi precede, non ho che aggiungere! Solo una cosa manca perché possiamo stringere un contratto, visto che ti vedo tanto preparata! - Rider si inginocchiò davanti alla donna. - Qual è il tuo nome, graziosa maga?

- Io... sono Charity... - esitò per un istante, ricordando solo ora dell'uomo nell'angolo. Fece un cenno col braccio, intimandogli di raggiungerli. Iskandar la guardò, inarcando un sopracciglio fulvo. - Su, dai! Non vieni?

- Mmm? Perché guardi le ombre, donna? Cosa vi hai scorto? - Charity non rispose. Waver mosse qualche passo, riluttante, per mostrarsi finalmente alla luce di una lanterna. Gli occhi scuri erano fissi sull'omone. Era rigido come non l'aveva mai visto, ma sua moglie notò che una mano tremava lievemente. Sorrise. Non appena Rider l'avesse riconosciuto probabilmente gli sarebbe saltato addosso.

- Servant Rider... - biascicò. - V-voglio dire, Rider... - Proprio questo incrociò le braccia al petto, con espressione corrucciata.

- Ngh? E tu chi eri, uomo che ci osservava dalle ombre? Master, è forse un tuo conoscente, o devo sbarazzarmene? - Senz'attendere risposta, Iskandar estrasse dalla cintola una grossa spada.

- Fermo lì, idiota! - strepitò lei. - Non t' azzardare! Lui è... - Charity esitò. Waver continuava ad avere la stessa, identica faccia. Il suo sguardo non aveva vacillato. Le ricordò per un secondo il lord dai modi freddi che aveva incontrato alla Torre dell'orologio, il professore amato da tutti proprio per essere una roccia. La spalla su cui contare. Quella che non poteva permettersi di mostrare crepe. Proprio perché vide riemergere quel Lord El-melloi II, la giovane seppe che suo marito era appena andato in pezzi, dentro, e la colpa era sua. Lei aveva evocato quel gigante e gli stava causando quel dolore.
- E' mio... - stava per completare la frase e presentarlo col nome di Waver, sperando che ciò rievocasse in Rider anche la più piccola delle memorie, ma venne interrotta.

- Lord El-elloi II. Marito della Lady tua master e vostro aiutante e stratega, se me lo permetterete. E' un piacere fare la tua conoscenza, mio re.


Ciao a tutti! In questo capitolo ho voluto focalizzare l'attenzione sui personaggi di Caster e di Lady El-melloi. L'apparizione del master di Lancer è solo un breve spezzone, la vera caratterizzazione di Charles verrà approfondita più avanti! L'evocazione di Iskandar cronologicamente risulta essere l'ultima, non parlerò di quelle di altri servant. Dal prossimo capitolo di passerà all'azione, di conseguenza! Spero che questo vi sia piaciuto, intanto, e se così non è fatemi sapere perché, mi sareste di grande aiuto, davvero.
Alla prossima,
-Arthalmia

P.S. DISCLAIMER: il Caster di cui leggete non ha nulla a che vedere col Caster apparso da poche settimane su Fate/Grand order. L'ho inventata verso il mese di settembre, mentre ho scoperto della sua comparsa ufficiale solo poco tempo fa. Tuttavia l'avevo già caratterizzata e siccome mi piaceva l'ho tenuta
   
 
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