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Autore: mido_ri    29/12/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lun, 20 novembre, sera

Riccardo era fermo dinanzi all'uscio e si torceva le mani nervosamente; rabbrividiva per il freddo nonostante fosse incappucciato da capo a piedi.

- Hey! -

Sollevò una mano e mi corse incontro sul terriccio umido.

- Entra, fra poco arriverà un temporale! -

Alzò il viso all'insù e puntò gli occhi nei nuvoloni grigi che ingombravano il cielo già buio.
Sbuffai. Mi piaceva la pioggia, ma i temporali che si scatenavano in quella zona erano più violenti del normale ed erano una vera seccatura quando si trattava di spostarsi all'aperto, per non parlare delle continue allerte meteo.
Strofinai i piedi sul tappetino dinanzi all'ingresso e seguii il più piccolo con il viso basso.

- B-buonasera... -

Mi bloccai sull'uscio non appena notai che la nonna di Riccardo era seduta in cucina e mi guardava in modo scettico.
Mi rivolse un cenno con il capo, poi fece finta che non avessi mai varcato la soglia di quella casa.
La capivo.

Per sdrammatizzare, il ragazzo mi rivolse un sorriso tirato e mi invitò a seguirlo su per le scale, ma la signora anziana richiamò la sua attenzione, continuando a tenere lo sguardo fisso sul tavolo.

- Devo uscire, riuscite a stare tranquilli per una mezz'ora? -

- Dove devi andare? -

- A trovare i nostri vicini, hanno avuto una bambina la settimana scorsa, lo sai -

Riccardo annuì, poi si avviò su per le scale con me al suo seguito.
La sua stanza era pulita e ordinata come al solito e il suo pupazzo preferito era stato accuratamente posizionato al centro fra i due cuscini del letto a due piazze.

- Hai portato il libro di italiano? -

Vuoto totale. Avevo completamente dimenticato il motivo per cui mi trovavo a casa sua a causa della troppa felicità, ma anche a causa dei fatti sconvolgenti che erano accaduti poco prima.

- Tu lo vedi? -

Mi limitai a un'alzata di spalle e mi sedetti sul suo soffice letto, mentre lui mi guardava sconsolato.

- Uhm... possiamo usare il mio -

- È proprio necessario? -

- Ovvio! -

Si chinò a sollevare lo zaino da terra e ne estrasse un libro massiccio e consumato.

- Penso che nonna sia uscita, scendiamo! -

Lo seguii nuovamente giù per le scale.

Riccardo si sedette sul divano, aspettò che facessi lo stesso, dopodiché aprì il libro e sospirò soddisfatto; ma neanche due secondi dopo che ebbe pronunciato il titolo della lettura, lo implorai di posare quell'oggetto malefico.

- Muoviti! -

Non avevo mai letto una cosa così noiosa in vita mia, forse perché effettivamente non avevo mai letto niente a parte il menù dei locali in cui ero solito andare e i messaggi sgrammaticati dei miei amici; il rilassante rumore della pioggia all'esterno, insieme con la mia voce che leggeva pigramente, rischiò di farmi addormentare svariate volte, ma puntualmente l'altro mi diede dei pizzichi sul viso.

- Ro, per favore, non ce la faccio più. A che mi serve leggere tutte queste parole incomprensibili? -

- Ti serve perché dopo farai una relazione di tutti i brani che ti ho fatto leggere e la consegnerai alla prof! -

- Ah, quindi sono tutti dello stesso autore? -

Il ragazzo si batté una mano in fronte e mi rivolse un'occhiata fulminante.

- Ora capisco perché in italiano fai così schifo -

- Non solo in quello -

- Leggi! -

Feci finta di essere offeso e mi appollaiai accanto ai cuscini con le ginocchia al petto, poi ripresi la noiosa lettura. Di tanto in tanto la luce azzurrina di un lampo serpeggiava fra le tende tirate, subito dopo il rombo di un tuono faceva sussultare entrambi.

- Uhm... Ro, c'è una cosa che mi vibra sotto il sedere, ah! -

Saltai in aria sotto lo sguardo infastidito di Riccardo.

- È il mio telefono, idiota -

Fece finta di tirarmelo addosso e mi coprii il volto con le braccia.

- È mia nonna... Pronto? S-sì... sì... vado subito -

Alzai le sopracciglia con fare interrogativo.

- Devo scendere in cantina ad attivare il generatore di riserva... con questo tempaccio potrebbe saltare la corrente da un momento all'altro. Mi accompagni? -

- C-certo... ma doveva essere proprio in cantina questo coso? -

- Hai la fobia delle cantine per caso? -

- N-no... macché... anche se di solito ci sono cose losche lì sotto -

Mi afferrò per una manica e mi condusse verso l'appendiabiti.

- Metti il cappuccio, fuori c'è il diluvio universale -

- Hai mai sentito parlare di ombrelli? -

- L'ho rotto perché non riuscivo a chiuderlo -

Trattenni un risatina.
Lì fuori pioveva davvero a dirotto, più di quanto avessi immaginato. Aggirammo quel poco d'erba bagnata che circondava la casa e, laddove non avevo mai messo piede, c'era una piccola porta di ferro su cui batteva insistentemente la pioggia fitta.

- E questa da dove sbuca? -

- Oh... in realtà è collegata al garage, si può entrare anche da lì, ma non ho le chiavi -

Mi indicò la saracinesca abbassata con un dito, che ritrasse subito in tasca per via del freddo.

- Ma... quindi è una cantina o un garage? -

Riccardo sbuffò e mi rivolse un'occhiataccia.

- È la stessa cosa -

Evitai di fare una puntualizzazione sulla sua affermazione palesemente errata: sarebbe riuscito a farmi sentire nel torto in ogni caso.

Il ragazzo infilò la piccola chiave nella serratura apparentemente arrugginita, che difatti scricchiolò in un modo sinistro e non volle saperne di aprirsi.

- Faccio io -

Strinsi il pugno attorno alla chiave e la ruotai con forza finché non udii un leggero scatto.

- È la cosa più utile che ti abbia mai visto fare, sai? -

- Quando la smetterai di essere così cinico? -

- Scusa! Lo sai che scherzo... -

Questa volta ottenni un bacio su una guancia che bastò a farmi chiudere la bocca.

Sussultai quando mi accorsi che ero io quello davanti e che quindi spettava a me accendere la luce.

"Cavolo... "

Appiattii una mano al muro ruvido e umido e cercai l'interruttore a tentoni. Fui costretto a stringere le palpebre quando la stanza fu inondata dalla luce, seppur opaca e tremolante.
Riccardo chiuse la porta dietro di sé e rimase imbambolato con le labbra socchiuse e le sopracciglia aggrottate, fissando un punto dritto di fronte a lui. Dal mio canto ero nella stessa posizione, ma intento a chiedermi se il panno nero sul cemento fosse un topo morto o uno scarafaggio radioattivo.

- Ro, c-cos'è quella roba? -

- Non ne ho idea... -

Avanzò con la stessa espressione da ebete in volto; io lo seguii titubante.

- Cosa credi che sia? Com'è arrivata qui? -

- E lo chiedi a me? È la tua cantina-garage! -

Un grido poco virile fuoriuscì dalla mia bocca quando mancai uno scalino, rischiando così di cadere in avanti e rotolare sul suolo fino a raggiungere quella cosa nera.

Finite le scale, presi un respiro profondo e mi chinai lievemente per osservare meglio il misterioso oggetto.

- Toh, è un calzino! -

- Ma di che cavolo stai parlando?!-

Mi voltai verso Riccardo, il quale teneva ancora lo sguardo fisso su qualcosa.

- Oh, perché... non stavamo parlando della stessa cosa? -

Mi grattai la nuca imbarazzato, in attesa di una risposta che non arrivò.

- Hey, si può sapere che diamine stai guardando da tre ore? Sbrigati ad accendere quel coso e andiamocene, questo posto non mi piace e puzza di vecchio -

Mi avvicinai al volto del ragazzo e mi abbassai alla sua altezza per seguire la traiettoria del suo sguardo.

- La macchina? -

Fu come se si fosse risvegliato da un sonno profondo.

- Sì! Come ci è arrivata quella macchina qui? -

- Be', siamo in un garage... oh! A meno che le cantine-garage non abbiano una funzione particolare... in effetti questo spiegherebbe molte cose -

Incastrai il mio mento fra indice e pollice, assumendo una finta aria pensierosa, ma il ragazzo non mi degnò di un solo sguardo.

- No, stupido! Questa macchina non è mia, non è mai stata qui -

- Ro, da quanto tempo non scendi qui giù? -

- Da almeno due anni... ma non c'entra! In questa casa c'è sempre stata una sola macchina, che è andata distrutta dopo... dopo l'incidente di papà... -

La terribile immagine dell'auto in fiamme apparve nella mia mente e improvvisamente la voglia di scherzare scomparve del tutto, lasciando spazio a un crescente senso di angoscia e paura.

- Q-quindi stai dicendo che... no, Ro, non è possibile. Può darsi che tua padre l'abbia comprata prima dell'incidente... -

- Senza dirmi nulla? -

Anche lui dava l'idea di essere scioccato.

- Hai ragione... e tua nonna? -

- Mia nonna vive qui da anni e in ogni caso non guida più -

- Allora cosa cavolo... hey! Non avvicinarti! -

- Perché? -

Abbassai il tono di voce.

- Che cosa ne sai di cosa potrebbe esserci lì dentro? -

- Se ci fosse stato un pazzo omicida non credo avrebbe aspettato così tanto a venire fuori-

La sola idea mi fece rabbrividire da capo a piedi. Osservai il più piccolo avanzare verso la macchina scura, mentre io rimasi impietrito.

"Diamine, non riesco mai a mostrare un po' di fegato in queste situazioni. Come fa quel nanetto a non avere paura? In confronto a lui sono solo uno stupido cacasotto!"

- Vieni a vedere! -

Mi fece segno di avvicinarmi con una mano. Mi affacciai al finestrino chiuso e sbirciai all'interno sotto la luce fioca della vecchia lampadina.

- S-sembra vuota ed è anche chiusa... ora per favore possiamo andarcene? Chiamiamo la polizia, i vigili del fuoco e tutto quello che vuoi... ma non voglio stare qui -

- Non è vuota, guarda meglio! -

Si frugò in una tasca e puntò la torcia del cellulare nell'auto. Racimolai un altro po' di coraggio e mi sporsi nuovamente in avanti.

- Vedi quello? È un portachiavi, ma non l'ho mai visto in vita mia! -

- Oh... i-io invece sì... -

Riccardo mi rivolse uno sguardo sorpreso.

- Dove? -

Strinsi gli occhi e osservai meglio il piccolo pupazzo verde che penzolava dallo specchietto retrovisore interno. Una piccola lettera era cucita sul ventre di quel familiare portachiavi: una "N" in giallo era ben visibile da lì. Non c'erano dubbi.

- I-io l'ho visto... appeso allo zaino di Noemi -

L'altro strabuzzò gli occhi, aveva un'espressione incredula e turbata al contempo. Non volevo sapere invece quale fosse la mia.

- Sicuro che sia lo stesso? Non ricordi se lei ce l'ha ancora? -

- N-no... l'ho visto di sfuggita, ma è identico al suo -

Trasalimmo entrambi.
Una domanda si fece largo nella mia testa, era così insistente che fui costretto a sputarla fuori senza pensarci due volte.

- Credi che dovremmo parlarne con qualcuno? -

- Certo che sì! Hai visto che da soli non siamo stati in grado di concludere niente, no? E aspettare ha solo peggiorato la situazione. Se ne occuperà chi è in grado di farlo, io me ne tiro fuori -

Il triste ricordo di Noemi che singhiozzava disperatamente per la scomparsa del padre mi fece impallidire: d'altronde comprendevo il suo sentimento di smarrimento ed estrema malinconia. E avrebbe dovuto capirlo anche Riccardo.

- A-aspetta... c'è una cosa che non ti ho detto -

Gli raccontai ciò che avevo vissuto quel pomeriggio con voce rotta e tremante.

- E me lo dici solo adesso?! -

- S-scusa... non volevo che questa fosse l'ennesima giornata di merda passata insieme, anche se alla fine lo è diventata lo stesso...-

L'altro si mostrò inaspettatamente apprensivo e premuroso nei miei riguardi: mi prese il volto fra le mani, ma non riuscì a sostenere il mio sguardo. Nonostante ciò mi bastò sentire il calore della sua pelle per calmarmi un po'.
Lo anticipai prima che potesse aprir bocca.

- So cosa stai per dire, e so anche che è la cosa più giusta da fare, ma aspettiamo almeno un altro giorno, ti prego... -

- Perché? Cosa cambierebbe? Anzi, non sai quante altre cose orribili potrebbero succedere in un giorno solo? -

- Ro... lasciami almeno accertare che Noemi c'entri con questa faccenda prima di metterla in mezzo, non voglio che diventi l'ennesima sospettata anche se non ha fatto nulla -

Finalmente i suoi occhi incrociarono i miei.

- Non ho detto questo, per me Noemi non è colpevole ma... -

Serrai le sue labbra con un bacio frettoloso, senza sapere neanche il perché di quel gesto.

- Lo so, lo so, non incolperesti mai una persona senza esserne certo... per questo so anche che sei dalla mia parte e che capiresti i sentimenti di Noemi perché ci sei passato anche tu... -

Le parole mi morirono in gola e quelle precedenti sembrarono improvvisamente prive di significato. Il mio cuore sobbalzò nel petto e parve arrestarsi di scatto subito dopo.
Tutto ciò accadde non appena una punta di ostilità oscurò quei vivaci occhi verdi.

- Da quando ti preoccupi così tanto per Noemi? Pensavo non ti andasse molto a genio -

Il suo tono era freddo e spento, in esso non era riconoscibile nulla della solita voce allegra e un po' acuta.

- Sono solo in pena per lei dopo quello che mi ha raccontato oggi... pensavo che anche tu avessi compreso la sua situazione -

- E ci pensi mai alla nostra situazione? Alla mia? -

- Ovvio che sì... penso costantemente a quello che abbiamo passato e... -

- È proprio questo il problema! Tu pensi sempre e solo a quello, è come se la nostra relazione, se così si può chiamare, sia basata soltanto su tutte le disgrazie che ci sono capitate! -

- R-Ro... ma che stai dicendo... -

- Pensaci bene: da quando ci conosciamo non siamo mai stati bene, mai! Quei pochi momenti felici in realtà erano solo una breve pausa dal terrore e dalla disperazione! Ed è ancora così... io non ce la faccio più... -

La sua voce si ruppe e i dai suoi occhi cominciarono a sgorgare numerose lacrime.
Strinsi il suo esile corpo in un abbraccio e appoggiai le labbra al suo orecchio bollente.
Nelle sue parole c'era dell'amaro, dell'inaccetabile.

- Non è affatto così... indipendentemente da qualsiasi cosa, io ti amo e ti amerò anche quando tutto questo sarà finito, quando saremo finalmente liberi. Il nostro legame non è fondato sulle cose che ci sono successe, perché l'abbiamo creato noi -

Sospirai con il viso premuto contro i suoi capelli impregnati del solito odore inebriante che non avevo mai sentito da nessun'altra parte e che mi era mancato tanto.

- Ho capito quanto fossi importante per me dalla prima volta che ti ho visto, quando mi hai guardato negli occhi in mondo scontroso perché ti infastidiva il fatto che ti stessi fissando... ma non riuscivo a non farlo, sei così bello... -

Io stesso arrossii per tutte quelle cose imbarazzanti che non avevo mai pensato di dire, eppure stavano uscendo dalle mie labbra in quel preciso istante.

- ... e nessuno è comparabile a te. Per quanto la storia di Noemi o di chiunque altro possa impietosirmi e chiamare in causa tutte le mie brutte esperienze passate, io sceglierò sempre la strada che mi porterà da te e vorrò sempre il tuo bene. Ma questo lo sai già, non è vero? -

Portai una mano dietro la sua testa e gli accarezzai impercettibilmente la nuca con le dita gelide. Lo sentii rabbrividire.

- Sei semplicemente turbato per questo fatto... -

Lanciai un'occhiata insicura all'automobile parcheggiata dinanzi a noi e respirai contro i morbidi capelli dell'altro.

- Per quanto questa faccenda possa farti male, ricorda che ne fa anche a me e che ti capisco in tutto e per tutto. Quindi... sosteniamoci a vicenda -

Il ragazzo tirò su con il naso e si lasciò sfuggire un gemito, poi tentò di parlare fra i singhiozzi.

- Se mi ami così tanto come dici... perché hai accettato di stare lontano da me per tutti questi giorni? So che ci avevano vietato di sentirci e vederci, ma io volevo comunque... -

Si distaccò da me e si passò una manica del giubbino sul volto coperto dai lunghi capelli castani.

- L'unica cosa che mi fa stare bene e non mi fa sentire solo sei tu... perché non mi hai aiutato? Perché mi hai fatto soffrire da solo?! -

Un senso di vuoto si impadronì totalmente del mio stomaco, ne conseguì una forte nausea.

- R-Ro... io non immaginavo che tu... -

- Sei stato male anche tu, allora perché non hai cercato di rimediare?! Sai benissimo che mi tenevano sotto controllo e non mi facevano uscire di casa, mi sarebbe bastato anche solo affacciarmi al balcone e trovarti lì sotto... -

Provai ad allungare una mano verso il suo volto, ma lui la allontanò bruscamente.

- Non hai idea di quante volte l'abbia fatto nella speranza di vederti, ma non c'eri mai! -

Senza che me ne accorgessi, le lacrime cominciarono a scivolare anche sul mio viso contratto per il malessere.

- Scusami, scusami tanto... non sai quante volte abbia pensato di farlo, ma tenevano sotto controllo anche me. Soprattutto il padre di Matteo... pensa che ha fatto bloccare perfino gli infissi dei balconi. Ormai in quella casa mi trattano come se avessi gravi problemi mentali... e forse fanno bene -

Riuscii a strappare un sorriso a Riccardo e d'un tratto fu come se il mio cuore avesse ripreso a battere. Ma l'improvviso scatto di una serratura destò entrambi. Voltammo il capo all'unisono, con un'espressione sconvolta. Fissammo la maniglia abbassarsi lentamente, poi la porta si spalancò e una figura china e grondante d'acqua apparve dinanzi all'uscio.
La stanza si riempì delle nostre urla di terrore.

 

Note dell'autore:

Scusate per l'enorme ritardo! (Come al solito)

Mi farò perdonare >_<

  
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