Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: mido_ri    11/02/2018    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lun, 20 novembre, sera

- Cosa diavolo avete da urlare voi due? -

Riccardo balzò in avanti e salì le scalette di corsa; si posizionò davanti alla figura ricurva della nonna, intenta a ispezionare la zona.

- N-n-niente... abbiamo fatto quello che ci avevi chiesto. Andiamo su! -

Prese l'anziana signora sottobraccio e la condusse lontano dalla mia vista, poi indietreggiò e mi fece segno di sbrigarmi. Feci scattare verso l'alto quello che sembrava l'interruttore che stavamo cercando e mi avviai in fretta verso l'altro, intenzionato a sparire da quel luogo il prima possibile.

- Allora, cosa volete per cena? -

Storsi le labbra alla vista di una cesta piena di broccoli poggiata sul ripiano di marmo della cucina.

- Io... uhm... dovrei tornare a casa -

Lanciai un'occhiata d'intesa a Riccardo, dopodiché ci incamminammo su per la scalinata che portava al piano superiore; mi chiusi alle spalle la porta della sua camera e mi ci appoggiai contro.

- Perché diamine non hai fatto vedere la macchina a tua nonna?! -

- Shh, abbassa la voce! -

- Anche tu stai urlando! -

L'altro si lasciò cadere sul letto a pancia in su e liberò un lungo sospiro.

- Le sarebbe venuto un infarto, anche lei non ne può più di questa storia -

- Sì, ma prima o poi si verrà a sapere e sarà ancora peggio quando sapranno che abbiamo tenuto questa cosa nascosta... -

- Perché arrivi sempre alle conclusioni più drastiche? -

- Perché è così che funzionano le nostre vite... -

- Hai ragione -

Mi sedetti accanto a lui.

- Quindi cosa hai intenzione di fare? -

- Contattiamo la polizia o chiunque si stia occupando di questo caso, però non voglio che nonna lo sappia, mi odia già abbastanza -

Corrugai la fronte e mi stesi anche io, congiungendo le mani sul ventre.

- Perché dovrebbe odiarti? Insomma, tu non hai fatto niente, anzi... non mi sembra che ti odi così tanto -

- Be'... penso che semplicemente non ne possa più di tutto questo...-

Le sue parole divennero a un tratto trasparenti e in primo piano subentrò una domanda tanto sciocca quanto assillante.

- Ro, tu non hai mai picchiato tua madre, vero? -

- Così pensavo -

- Ma sei stato assolto, vuol dire che non hai nessuna colpa, nessuna... -

Di tutta risposta il ragazzo mi diede le spalle e tirò su con il naso.

- Hey... non intendevo farti stare di nuovo male... -

Mi rispose la sua voce incrinata da qualcosa di più forte della tristezza.

- Sai... a volte penso di non essere puro, e non è per le cose che sono successe... -

Il mio cuore perse un battito e mi ritornò alla mente l'immagine di quella figura ripiegata sul corpo addormentato di Riccardo.

"Lui non sa"

- In che senso? -

Si voltò di nuovo verso di me e mi puntò in viso uno sguardo perso.

- Non lo so, è come se fossero successe molte cose che non ricordo. Cose importanti... -

Le immagini erano ancora vivide nella mia mente.

- Ro, davvero non capisco... spiegati meglio -

- Mi sento sporco... non so come fartelo capire. Ti sei mai svegliato la mattina con la strana sensazione di essere stato toccato? -

Mi ricordai della scomoda esperienza avuta con Matteo poco tempo prima.

- Toccato in che senso? -

Il ragazzino si mise a sedere e tirò su con le spalle con fare ingenuo.

- Capiscimi... -

Un allarme scattò nella mia testa e balzai in piedi quasi urlando.

- Togliti la maglia! -

Riccardo si tirò indietro con un'espressione sorpresa e contrariata.

- Eh?! Ma che stai dicendo? -

Ridussi la distanza che ci separava e cercai di invitarlo a seguire il mio consiglio.

Lui chinò il capo dubbioso e si portò le mani al bordo della maglietta; si spogliò e rimase in attesa, diritto di fronte al mio corpo scosso. Sussultai.

- Non c'è più niente... -

Allungai le dita tremanti su di lui e le feci scorrere sul suo addome che si alzava e abbassava velocemente. Faticavo a credere ai miei occhi: ogni traccia di violenza subita non era più presente sulla sua pelle ora liscia.

- Oh, dovevano guarire prima o poi... -

- Già... e dopo la morte di tua madre, non hai notato altri lividi? -

Mi guardò interdetto e aggrottò la fronte. Poi parlò in modo insicuro.

- No... non mi sembra. Chi avrebbe dovuto farmi male? -

Mi morsi un labbro ed esitai per qualche secondo.

- Non so. Per esempio lo stalker? Non hai mai pensato che abbia potuto fare male a entrambi mentre eravamo incoscienti? Come quella volta della finestra rotta... -

- Mi sarei ricordato una cosa tanto grave... -

- E allora perché non ricordi di tutte le volte che tua madre ti ha picchiato e... -

Riccardo mi mise le mani al petto a intimarmi di fare silenzio, ma gli mancarono le forze e fu costretto a sedersi nuovamente. Ne approfittai per continuare.

- Ripensa a tutti i ricordi sfocati e ai vuoti di memoria... non sai cosa è successo in quei momenti-

- E tu invece lo sai? -

Mi osservai le mani sudate in cerca di una risposta che non arrivò.

- Allora? -

- Ricordi quando sono precipitato dal balcone della tua camera? Non sono sicuro di quello che sto per dirti, sai che ho sbattuto la testa a terra, ma quelle immagini non vogliono andarsene dalla mia mente -

L'altro mi incalzò con tono impaziente.

- Parla -

- Ecco... non è semplice. Quella sera credo di aver visto qualcuno... la stessa persona che mi ha spinto giù -

- Aspetta... mi avevi raccontato di essere scivolato. Cos'è questa storia? -

- I-io ho detto di aver sbattuto la testa, non ricordo bene... -

- Oh, invece mi sembra che tu ricordi fin troppo bene, ma chissà per quale motivo non vuoi parlarmene -

Si avvicinò inaspettatamente e mi prese il viso fra le mani; la sua espressione si addolcì.

- Poco prima ci siamo promessi di sostenerci a vicenda in qualunque situazione, sai che puoi dirmi tutto -

- Ro... quell'uomo... io credo che ti abbia stuprato -

Bastò meno di un istante prima che i suoi occhi si rabbuiassero.

- C-cosa... n-non capisco... -

Avrei dovuto quantomeno prepararmi un discorso o qualcosa di opportuno da dire in base alla sua reazione e, invece, come lui, non riuscivo a spiccicare parola. Tentai invano di sfiorargli un braccio, perché lui si spostò immediatamente, rivolgendomi uno sguardo spaventato e ostile.

- È... è una cosa che hai pensato t-tu, oppure... -

Mi morsi un labbro, indeciso se continuare a parlare o no, ma ci ero dentro fino al collo esattamente come lui. Doveva sapere la verità nonostante l'enorme dolore che gli avrebbe procurato.

- È quello che ho visto -

- E tu... t-tu sei abbastanza sicuro di quello che hai visto? -

- Sì, e questo spiegherebbe molte cose... -

Il ragazzo scattò in avanti e mi afferrò per lo scollo della felpa.

- Spiegherebbe cosa, esattamente? -

- B-be'... tutti i lividi che... -

- Intendi questi?! -

Si portò le mani alla cintura di cuoio e lasciò cadere i jeans sul pavimento. L'imbarazzo del momento ebbe il sopravvento e mi voltai, ma l'altro mi richiamò con insistenza.

- Guarda, ho detto! -

Mi girai titubante e passarono dei secondi interminabili prima che riuscissi a posare gli occhi sulle sue gambe esili. La pelle olivastra era ricoperta di lividi e segni rossi, come se qualcuno lo avesse afferrato con forza.

- Quelli... da quanto...? -

- Non lo so, li ho visti stamattina -

Deglutii rumorosamente e mi sedetti sul letto, che cigolò impercettibilmente sotto il mio peso. Scossi la testa e puntai gli occhi a terra, laddove non potevo assistere a quello spettacolo doloroso.

- Come... com'è possibile... allora coma fai a dire che non ho ragione? -

- Ale! Me ne sarei accorto... -

- E come te lo spieghi?! -

Riccardo si chinò a raccogliere gli indumenti e si rivestì lentamente, seppur tremando dal freddo, forse per prendere tempo prima di rispondermi.

- Penso di averlo fatto io -

- Tu? E come? -

Mi scappò una risata amara.

- Il compagno di... mio padre... diceva che spesso mi agitavo nel sonno, forse per il troppo stress...-

- Ti stai arrampicando sugli specchi, ti sembra così assurdo quello che ho detto?! -

- S-sì... non è possibile -

- E io ti dico che ho visto quella cosa con i miei occhi! -

- No! Non... non è possibile... -

Il suo volto si ricoprì di lacrime e presto la sua voce mutò in deboli singhiozzi.

- Non ci sono prove... e io... nessuno mi si è mai avvicinato più di te! -

Fui tentato di corrergli incontro e stringerlo nell'abbraccio migliore che potessi dargli, per poterlo confortare e dirgli che era tutto un brutto sogno; purtroppo perfino io faticavo ad avanzare in quella situazione.

- Ro, tu prima hai detto che ti senti sporco e che... -

- Lo so! Ma di certo non intendevo dire che mi hanno messo le mani addosso! -

- E allora cosa volevi dire?! È tutto così chiaro... -

- Non c'è niente di chiaro! Stiamo solo azzardando ipotesi, ma a malapena sappiamo dove cavolo ci troviamo! -

Riccardo stava disperatamente cercando di negare l'evidenza e anche io desideravo che fosse tutto falso, ma sapevamo entrambi che c'era un'ampia possibilità che tutte le ipotesi più spaventose fossero vere.

- Va bene, facciamo finta che io non abbia visto niente. Però devi darmi una spiegazione plausibile per quella roba che hai addosso -

L'altro storse il naso e si fece più indietro sul letto sfatto. Proprio come pensavo, non aveva alcuna idea di cosa rispondere.

- Quindi? -

- Quindi non so cosa diavolo stia succedendo, vorrei solo stare bene. Lasciamo tutto nelle mani degli investigatori e smettiamola di giocare a fare Sherlock Holmes e Watson -

- Sì, ma la macchina... -

- Sì, sì, d'accordo, domani li chiameremo -

Annuii rasserenato, ma il più piccolo non era per nulla deciso a darmi un attimo di tregua.

- Perché ti interessa così tanto di quella ragazza? -

- Te l'ho detto, mi dispiace per lei-

- Sì, ma dallo schifarla ad arrivare a dispiacerti per lei... -

- È normale, si trova in una brutta situazione -

- Anche io! -

Gli misi una mano sulla fronte e gli scompigliai i lunghi capelli che facevano fa frangia.

- Non ti preoccupare nano, le mie attenzioni sono tutte su di te -

Riccardo sorrise e poi, inaspettatamente, si stese al contrario e appoggiò il capo sulle mie ginocchia.

- Dimmi che sono il centro del tuo universo -

- Perché mai dovrei farlo? -

- È divertente sentirti dire cose imbarazzanti! -

Allungò un dito verso il mio petto e cominciò a disegnarvi dei cerchi immaginari.

- Se ti diverte così tanto... sei il centro del mio universo -

Mi rivolse un sorrisino compiaciuto, che mutò poco dopo in un'espressione concentrata.

- Anzi, no! Io sono il tuo universo-

- Ora non esageriamo, esistono anche altre cose oltre a te -

Lo scrutai con la coda dell'occhio e mi morsi il labbro inferiore per trattenere una risata.

- Tipo? Non fai niente oltre a dormire... -

Contò le parole sulle dita.

- Mangiare, lamentarti, dire che ti scocci di studiare, darmi fastidio... -

- Cosa? Ti do fastidio? -

- Sì, e anche tanto! -

Si girò di lato e si coprì il ventre con entrambe le braccia, prevedendo il mio assalto.

- Soprattutto quando mi fai ingelosire -

- Ah, allora lo ammetti! -

- S-sì... però non lo dire a nessuno-

Gli scoccai un bacio sulla fronte e gli feci cenno di tirarsi su.

- Sai che se fosse per me starei qui tutta la notte, ma purtroppo sono ospite e devo rispettare degli orari -

Feci una faccia annoiata e lo abbracciai un'ultima volta, prima di lasciare la stanza e scendere le scale di corsa.

Mar, 21 novembre, pomeriggio

Osservai Riccardo bussare alla porta torcendomi le mani. Quando un freddo "avanti" ci raggiunse, l'altro abbassò la maniglia con cautela e mi fece cenno di star calmo. Deglutii e lo seguii, non di certo più tranquillo ma, se possibile, ancora più nervoso. L'uomo che ci attendeva alla scrivania distolse lo sguardo dalle scartoffie che lo tenevano occupato e ci guardò dapprima spaesato, poi curioso.

- Buongiorno, accomodatevi -

Cercò di sembrare il meno sorpreso possibile, anche se sicuramente non si aspettava quella visita.

- Cosa vi porta qui spontaneamente? Pensavo non gradiste molto questo posto -

Fece un sorriso ironico e attese con le dita incrociate sotto il mento finché non ci fummo sistemati.
Riccardo, per mia salvezza, prese l'iniziativa.

- V-vorremmo denunciare una cosa... cioè... si denunciano solo le persone, o almeno credo... -

- Tranquillo, dimmi tutto -

Osservai l'altro fare un respiro profondo e strizzare gli occhi per concentrarsi. Lo capivo, neanche io sarei stato in grado di fare un discorso sensato di fronte all'uomo che conduceva le indagini legate al nostro caso. Chissà se c'erano altri sospettati, a noi purtroppo non era dato avere alcuna informazione.

- E-ecco... -

Non sapevo neanche perché, ma le parole uscirono da sole, sovrastando il tono pacato di Riccardo.

- C'è una macchina nel garage di Riccardo, sappiamo di chi è, ma non abbiamo idea di come sia arrivata lì... -

L'uomo inspirò rumorosamente dalle narici e aggrottò le sopracciglia.

- Aspetta, sei stato a casa di Riccardo? -

- S-sì... pensavo che... -

- Sì, sì, naturalmente vi è concesso vedervi, ma non dovete essere troppo precipitosi, c'è sempre bisogno di attenzione -

Chinai il capo e mi scusai, seguito a ruota dal più piccolo; poi l'uomo volle sapere tutte le informazioni in nostro possesso e ci liquidò, dichiarando che dopo tutte quelle notizie aveva ancora più lavoro da fare.
Ce ne andammo a bocca asciutta e rimpiansi di non aver avuto occasione di dare un'occhiata alle carte che l'investigatore teneva fra le mani.

Io e Riccardo passeggiammo a testa bassa per pochi metri, dinanzi alle espressioni curiose o fredde dei passanti, ormai a conoscenza di parte di quella brutta storia. Lo accompagnai fin davanti casa e rimanemmo a parlare di scuola per qualche minuto sull'uscio, giusto per far finta di avere qualcosa di interessante di cui discutere; poi, non appena scattarono le venti, ci separammo a malincuore, promettendo di vederci l'indomani a scuola.

Mar, 21 novembre, sera

Mi infilai le mani in tasca e avanzai a passi lenti, nonostante dovessi essere a casa entro le venti e trenta. Scorsi in lontananza una figura che passeggiava sul mio stesso marciapiede, ma nel verso opposto; più mi avvicinavo, più potevo distinguerne meglio i lineamenti: era un ragazzo e indossava gli auricolari. Camminava velocemente con le mani nelle ampie tasche dei pantaloni e la sua testa era ricoperta da un cappuccio; non si era ancora accorto di me, difatti mi diede una spallata e subito dopo si fermò per scusarsi.

- Scusami, non ti avevo vist- ah! Alessio, ma sei tu -

- Eh? Oh... ciao Matteo, che ci fai in giro a quest'ora? -

- Uhm... nulla, un giro -

Lo scrutai attentamente, non mi convinceva affatto, ma d'altronde che mi importava di lui? Non lo avevo ancora perdonato del tutto.

- Be', okay. Ci vediamo dopo -

Il ragazzo esitò per qualche istante, poi mi tirò per un gomito.

- Aspetta, mamma e papà sono usciti e tu non hai mangiato, giusto? -

- Già, ma non fa niente. Troverò qualcosa in frigo o posso sempre ordinare una pizza -

- Con quali chiavi? E con quali soldi? -

- Saresti così gentile da... -

- O potrei prepararti qualcosa io -

- Mh... solo se mi dici che stai combinando -

"Diamine! Non deve importarmi !"

- Non sono cose che ti riguardano, e in ogni caso non ho niente da fare... -

Mi prese a braccetto e mi forzò a tenere il suo passo veloce verso casa.

- Hey, ho detto di no! -

Mi divincolai dalla sua stretta e rimasi immobile sotto il suo sguardo scocciato.

- Hai paura di stare da solo con me? -

- N-no, non è questo... -

- Sicuro? -

- S-sì... -

Feci un passo indietro e mi ritrovai con le spalle contro una fredda ringhiera di ferro.

- Quindi non hai paura se faccio questo...? -

Mi circondò un fianco con un braccio e con la mano libera si appoggiò alla ringhiera.
Avvicinò il suo viso al mio e la testa mi girò vorticosamente. Di nuovo le orribili immagini di Riccardo e quell'uomo mi ritornarono alla mente.

- F-fermo! -

Senza pensarci due volte mi protesi in avanti anche io e gli morsi un labbro con forza, fino a farlo sanguinare.

- Ma che cazzo fai?! -

Approfittai della sua confusione per liberarmi di lui e cominciare a correre. La sua voce mi giunse come un eco.

- Guarda che stavo scherzando! -

Non mi importava.

Mi arrestai dinanzi alla porta di casa, piegato in due per il fiatone, con lo stomaco sottosopra e il cuore che pulsava velocemente. Non avevo mai corso così in vita mia.
Ma non ebbi neanche il tempo di riprendermi, perché una voce parlò alle mie spalle.

- Alessio, ti stavo aspettando -

Sobbalzai e mi lasciai sfuggire un singhiozzo di sorpresa, ma tirai un sospiro di sollievo quando constatai che avevo davanti il poliziotto che più volte mi aveva interrogato.

- C-cosa ci fa lei qui? -


  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: mido_ri