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Autore: _Schwarz    29/12/2017    1 recensioni
Prima mia fanfiction nel mondo di Dragon Age, si basa sulla domanda che mi sono fatta mentre giocavo le origini dei nani: perché Duncan non avrebbe potuto essere ancora nelle Vie Profonde quando il nano nobile viene esiliato?
E quindi eccole, Nahir Brosca e Sereda Aeducan, due nane che stanno per insegnare agli umani come si combattono i Prole Oscura.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Leliana, Zevran Arainai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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In War, Victory

 

“Maybe I'm foolish,
Maybe I'm blind,
Thinking I can see through this,
And see what's behind”.

~ Rag'n'Bone Man - Human.
 
 


Nahir si trovava a concludere spesso che l’unica cosa davvero fortunata che le fosse successa nell’ultimo anno – il lungo ed estenuante anno che l’aveva portata via dalla sua famiglia e da tutto ciò che aveva sempre conosciuto – era stata incontrare Sereda;
non aveva idea di come sarebbero andate le cose senza di lei, ma sapeva che molte scelte che aveva fatto l’Aeducan lei non le avrebbe mai prese: per esempio non avrebbe perso tempo a contattare i maghi per salvare Connor, il figlio dell’Arl di Redcliffe, avrebbe semplicemente ucciso il piccolo abominio dove si trovava.
Non avrebbe nemmeno tentato il tutto per tutto per salvare i maghi, al contrario di quello che aveva fatto Sereda: certo, i maghi servivano, ma quella torre non l’aveva fatta dormire per settimane, dopo esserne usciti.
La magia la spaventava, il fatto che qualcuno avesse tanto potere da uccidere centinaia di persone solo volendolo la inquietava, e a volte anche Wynne e Morrigan le mettevano agitazione: sapeva che erano entrambe maghe forti e capaci, e che non avrebbero mai ceduto ai demoni, ma bastava un nulla in realtà, perché cadessero, volenti o nolenti.
La ex-principessa di Orzammar aveva un approccio completamente diverso, infatti non giudicava mai la possibilità che qualcuno facesse qualcosa di male come sufficiente per condannarla, anzi; per lei tutti avevano diritto alla possibilità di dimostrare che erano migliori di quello che il mondo credeva, aveva dato quella stessa possibilità anche a Nahir, e non l’aveva mai trattata con nulla di diverso da gentilezza prima e rispetto poi.
Per quello Nahir, nonostante non condividesse sempre il suo approccio o le sue idee, la seguiva senza protestare: perché Sereda poneva il bene comune e la loro missione sopra ogni altra cosa; la vistosa cicatrice lasciatale da Flemeth sulla schiena quando erano andate a ucciderla per aiutare Morrigan dimostrava quanto la nana fosse disposta a fare per le persone che considerava care.
Come Bhelen o Trian avessero potuto anche solo pensare di buttare via una persona simile Nahir non riusciva nemmeno a immaginarlo, ma si sarebbe assicurata di fare quello che quei due poveri idioti non erano riusciti a fare: amare quella giovane donna come la sorella che meritava di poter dimostrare di essere.
 
«Credo che ci siamo persi» interruppe i suoi pensieri la voce di Zevran che si guardava attorno spaesato: per essere un elfo, figlio di una Dalish oltretutto, non era a suo agio tra gli alberi e lo aveva rimarcato diverse volte da quando, tre giorni prima, avevano iniziato a girovagare per la foresta di Brecilian, alla ricerca dei famosi elfi.
Zevran, nel piccolo campo che avevano stabilito la notte prima, le aveva raccontato la storia di sua madre e la sua disillusione riguardo gli elfi nomadi; Nahir era molto curiosa di vederli, si chiedeva se davvero fossero diversi dagli altri elfi come parevano tutti pensare, o non fossero semplicemente elfi normali: certo, ammirava la loro ferrea volontà di preservare le loro tradizioni e la loro storia, ma dopo tutti quei secoli di schiavitù, quanto potevano davvero aver ritrovato? E come sapevano di non aver mal interpretato quello che credevano di sapere?
Nahir non aveva ovviamente risposte per quelle domande, e sapeva di non poterle nemmeno porre, o avrebbe rischiato un incidente diplomatico che non potevano permettersi al momento.
E Sereda le avrebbe staccato la testa, perché avevano camminato sotto la pioggia per settimane per arrivare in quella foresta, quindi meglio evitare.
«Lo credo anche io… Che facciamo, ci accampiamo?» domandò la sopracitata principessa, guardandosi intorno, ma non ebbe alcuna risposta dal gruppo, cosa che la innervosì al quanto, poiché si girò e disse: «Com’è che devo essere sempre io a prendere le decisioni in questo gruppo? Avete una lingua, non ve la stacco se ogni tanto mi suggerite qualcosa!».
«Ma tu prendi sempre la decisione più giusta, darti pareri è superfluo» le rispose semplicemente Nahir, facendo spallucce e lasciandosi cadere a terra senza troppa grazia, e fu presto imitata dal resto del gruppo: se dovevano discutere, tanto valeva farlo comodi.
«Io non prendo sempre la decisione giusta, Nahir! Da dove ti viene questa idea?» ribatté Sereda, sedendosi su una roccia che spuntava dal terreno: ci si accomodò come avrebbe fatto su un trono, la schiena dritta e il capo alto, sorridendo lievemente a Leliana quando le si poggio accanto.
«Quello che dice Nahir non è infondato: nessuna delle tue decisioni ha dato cattivi risultati» si intromise Alistair, sedendosi anche lui su una roccia.
«Fino ad ora, ma non è quello il punto! Il punto è che siamo un gruppo ma per qualche motivo, nonostante ci siano diversi individui assolutamente capaci e ben tre Custodi Grigi, la guida spetta sempre a me».
«Il gruppo ha scelto te perché sei nata per fare questo, Kadan» li interruppe inaspettatamente Sten, guardando dritto negli occhi l’ultima figlia in vita di Endrin Aeducan: «tu pensi logicamente le tue strategie, riesci a mantenere la calma in situazioni stressanti, sei una buona combattente e hai un buon naso per la politica: tutte queste caratteristiche hanno portato – più o meno inconsciamente – ognuno di noi a darti quel ruolo nel nostro gruppo».
«Ma io…!».
«Niente ‘ma’, Kadan. Quello è il tuo ruolo e il tuo dovere, non puoi sottrarti, puoi solo portarlo avanti» pose fine alla discussione Sten, senza dare a Sereda possibilità di ribattere, poi organizzò un gruppo per procacciare del cibo e un gruppo per la creazione dell’accampamento, sperando che questo desse alla bionda il tempo che le serviva per riflettere.
 
 
***
 
 
Sereda sedeva con la schiena poggiata a un albero, un po’ lontana dagli altri, cercando di pensare a quanto accaduto nemmeno un paio d’ore prima: nel momento stesso in cui aveva cercato di sollevare la questione del comando del gruppo, si era ritrovata davanti un muro compatto di dissenso alla sola idea che non fosse lei a guidarli.
Era una cosa che non capiva: certo, non pensava di essersela cavata troppo male nell’ultimo anno, avevano trovato quasi tutti gli alleati che si erano riproposti, ma Nahir avrebbe potuto fare altrettanto bene al suo posto, o forse anche meglio per quanto potevano saperne.
La senza casta era furba, aveva un buon occhio per le occasioni e i punti deboli degli avversari, e avrebbe potuto essere un ottimo secondo ad Orzammar, probabilmente anche migliore di Gorim, se le si fosse data la possibilità.
“Se diventerò regina di Orzammar abolirò la differenza tra i senza casta e le altre caste, non è possibile che quasi un quarto della popolazione di Orzammar viva in quelle condizioni”, pensò la giovane, per poi darsi mentalmente uno schiaffo, giacché non era fantasticare sull’improbabile possibilità di diventare regina ciò su cui avrebbe dovuto riflettere, ma sui problemi che aveva ora.
Mentre vagliava le varie possibilità con cui avrebbe potuto mettere a capo del gruppo l’altra Custode, dei passi non troppo leggeri si avvicinarono a lei e li riconobbe come quelli di Nahir, la quale le si sedette accanto offrendole una bottiglia che doveva aver sottratto da qualche cadavere lungo la strada: un anno prima sarebbe stata disgustata alla sola idea di bere da qualcosa appartenuta a un morto, ma dopo tutto il tempo passato in strada, rubando quanto più potevano, aveva imparato ad adattarsi, e così prese la bottiglia e buttò giù due sorsi che le bruciarono la gola e le riscaldarono lo stomaco.
La restituì con un ringraziamento e un sorriso, poi Nahir le chiese, bevendo a sua volta: «Vuoi spiegarmi questa tua improvvisa decisione di farti da parte?».
«È solo che… Non so, mi chiedo se ci sto davvero guidando nella giusta direzione, o se le mie decisioni avranno brutte ripercussioni. E ancora, se tu o qualcun altro nel gruppo non potreste fare meglio».
«È perché ti ho chiesto di diventare regina di Orzammar? Se non vuoi farlo non devi, possiamo cercare e appoggiare un altro candidato…».
«Non è solo quello! Ti ricordi come sono stata esiliata? Perché mi sono fidata troppo di mio fratello! Cosa succederebbe se mi fidassi di nuovo e facessi qualche errore tremendo?».
«Allora fidati solo di me».
«… Come?».
«Se hai paura che qualcuno ti tradisca, fidati solo di me. Di me e di questo gruppo, perché nessuno di loro ti tradirebbe mai» ripeté Nahir, sorridendo lievemente e mettendo un braccio attorno alle spalle dell’altra nana: «Io non ti tradirò mai Sereda, ti dirò sempre la verità e ti darò sempre la mia opinione sincera e tu potrai andare avanti da lì».
Gli occhi verdi della principessa si fecero lucidi per le lacrime e bisbiglio con voce strozzata: «Nahir, io… devo confessarti una cosa».
Il tono della giovane non lasciava adito a dubbi sulla serietà di qualunque cosa stesse per dirle, e la senza casta annuì, spostandosi in modo da avere l’altra di fronte; Sereda infilò la mano dentro una tasca cucita nell’armatura e tirò fuori un mucchio di fogli malamente piegati e un po’ sporchi, per poi porgerglieli; la ragazza li aprì e riconobbe immediatamente il sigillo del Carta e la calligrafia di Berath e Jarvia.
Quando finalmente riuscì a leggere si rese conto di cosa avesse tra le mani: la prova che Bhelen Aeducan aveva fatto uccidere suo fratello era lì, tra le sue mani, e un sacco di domande le affollarono la mente.
«Da quanto le hai? Come le hai trovate?».
«Le ho da Orzammar, da quando ci siamo occupate di Jarvia… erano in bella vista sulla sua scrivania e le ho prese».
«No, non le hai prese, le stavi cercando» rispose Nahir, sicura della sua intuizione.
«… Sì, ero certa che dietro la morte di Trian ci fosse il Carta, e così le ho cercate. Volevo quelle prove a qualunque costo».
«Perché non me ne hai parlato?».
«Non ero certa che mi avresti appoggiato, o che non mi avresti ostacolato; alla fine stavo cercando prove contro il padre di tuo nipote, perché non avresti dovuto fermarmi?».
«Non ti fidavi di me».
«No, ho pensato che avresti scelto tua sorella e la tua famiglia, e avrei capito se lo avessi fatto, ma non mi sarei fermata comunque».
«Anche se ciò avesse distrutto il nostro rapporto? Non avresti cambiato idea?».
«… No, Nahir. Non potevo lasciar salire Bhelen al trono, non dopo che ha ucciso mio fratello e che mio padre è morto per il dolore che gli ha causato. Gli avrei strappato il cuore e mi sarei fatta giustiziare, piuttosto che lasciargli prendere ciò che voleva» disse ferma Sereda, guardandola negli occhi con una convinzione che Nahir aveva visto solo nei loro momenti più disperati.
Ma la consapevolezza che la stessa donna che lei considerava sua sorella non si fosse fidata di lei, che avesse agito alle sue spalle pronta a tradirla pur di avere vendetta, era troppo da sopportare così su due piedi: la senza casta restituì le lettere e si allontanò senza una parola.
Non si scambiarono nemmeno uno sguardo per i tre giorni successivi.
 
 
***
 
 
La tensione avvolgeva il gruppo come una nuvola carica di pioggia mentre lasciavano l’accampamento dei Dalish: pareva quasi che qualcuno avesse deciso che fermare il flagello non fosse un compito abbastanza complicato, e avesse quindi concluso che Sereda e Nahir dovessero anche risolvere i problemi di mezzo Ferelden nel frattempo.
Una maledizione che trasformava gli elfi in lupi mannari era sicuramente ciò che mancava alla lista degli orrori cui avevano dovuto assistere da quando avevano messo piede a Ostagar – ed entrambe le nane maledicevano ancora quel giorno a intervalli più o meno regolari.
Il fatto che Sereda e Nahir non si parlassero da più di tre giorni non aiutava l’umore generale: il punto di forza della loro piccola banda era sempre stato la coesione quasi perfetta che ognuno di loro riusciva ad avere con gli altri, e ora la spaccatura tra le due Custodi poneva la prima vera sfida alla loro unità.
Nessuno poi sapeva perché le due non si rivolgessero la parola: nemmeno Leliana era riuscita a cavare il proverbiale ragno dal buco, e questo non faceva che aumentare il livello di ansia generale; gli unici tranquilli erano Sten e Oghren, che sapevano quanto fossero comuni i disaccordi nei gruppi come i loro.
Quella notte però, stufa di quella situazione, Leliana organizzò i turni di guardia in modo che Nahir e Sereda avessero ben tre ore per risolvere il loro problema, e nemmeno l’occhiata omicida che entrambe le rivolsero servì a cambiare le cose.
 
«Devi tenere d’occhio la tua fidanzata, Aeducan, e insegnarle a farsi i fatti suoi» commentò Nahir quella notte, a metà tra lo scocciato e il divertito, arrendendosi all’evidenza che Leliana le avrebbe accoppiate per il turno di guardia ogni notte, fino a che non avessero parlato.
Sereda rise e disse: «In realtà sono fatti suoi, visto che abbiamo messo in agitazione tutti quanti…»; poi continuò, con un tono più serio: «Mi dispiace di non essermi fidata di te, Nahir, ma non mi scuserò per quello che ho fatto».
«Ah, non ti scusi nemmeno?» le chiese l’altra, senza nemmeno nascondere la ferita che le sue parole le causavano.
«No, io non potevo fidarmi di te, Nahir. Mi ero fidata di Bhelen, mio fratello a cui avevo insegnato a parlare e camminare, e mi ero ritrovata esiliata da Orzammar con il mio nome strappato dalle memorie. Non potevo rischiare di nuovo» rispose la Aeducan, guardando verso l’altra nana.
E la senza casta capì, senza bisogno di altre spiegazioni, e disse: «D’ora in poi pretendo la tua fiducia, come io mi fido di te, cioè senza aspettarmi mai che tu possa tradirmi».
Sereda smise di respirare per un attimo, poi annuì lentamente e sorrise: domani sarebbe stato un giorno migliore.
 
«È mai possibile che nulla vada per il verso giusto in questo regno?!» gridò Sereda, spingendo lontano da sé l’ennesimo darkspawn: si erano lasciati la foresta alle spalle da meno di un’ora, dopo aver lottato senza sosta con alberi furiosi, lupi mannari che volevano solo tornare umani e, infine, Zathrian, che non voleva saperne di cancellare la maledizione; non che Nahir lo giudicasse, quello che era successo ai suoi figli era orribile, ma anche quello che lui aveva fatto a quegli umani lo era.
Alla fine comunque i loro sforzi erano valsi a qualcosa: la maledizione era spezzata, Lanaya aveva giurato l’aiuto dei Dalish alla loro causa e il gruppo si era finalmente lasciato quella foresta da incubo alle spalle.
Quello che non si erano certo aspettati era un agguato organizzato dai Darkspawn all’uscita della foresta, e ora, circondati e stanchi, dovevano assolutamente trovare un modo per scappare o sarebbero morti.
«Nahir, abbassati!» urlò Sereda guardando verso di lei, ma la senza casta non fece in tempo a obbedire perché il colpo assestatole da un Ogre la spedì contro una roccia, mozzandole il fiato.
«NAHIR!» urlò una voce a lei conosciuta.
“Zevran”, pensò la ragazza, prima di venire avvolta dal buio.






Note autrice:
Questo capitolo non ne voleva sapere di farsi scrivere! Giuro cavolo, non ne ha voluto sapere!
A un certo punto ho sinceramente pensato di tagliare e andare avanti ma volevo davvero un capitolo in cui mostrare il "cambiamento" che il rapporto tra Nahir e Sereda ha portato in entrambe e boh, spero di esserci riuscita.
So che non è avvincente come gli altri, ma spero proprio di rifarmi nel prossimo!
E niente, Sten è diventato Yoda (No! Provare no! Fare o non fare, non c'è provare!) e... Ah, Nahir si è fatta male? Sì, ho notato. Ma... quanto si è fatta male? :) Ah boh, lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Sì, lo so, sono una stronza :D
Intanto vi auguro buone feste e un buon anno nuovo! Auguri!

_Schwarz


 
   
 
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