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Autore: Gely_9_5    29/12/2017    1 recensioni
Una raccolta di piccole One-Shot su una ipotetica vita insieme post-guerra di Harry e Draco.
Il rating potrebbe in futuro variare tra verde, giallo e arancione.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Harry
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Avete presente quelle scene che vi vengono in mente, che vorreste inserire nella long che state scrivendo e puntualmente vi rendete conto che avete superato quel momento della storia già da un pezzo? Per fortuna esistono le Missing Moments! Questa serie di One Shot possiamo considerarla associata a Us Against The World, ma si possono leggere senza problemi anche non avendo letto la long.
Detto questo…
Buon divertimento!
 
Quella volta in cui… Harry si dimenticò del compleanno di Draco
 
Che cosa ho fatto di male?
Harry se lo stava chiedendo da quella mattina, eppure ancora non riusciva a capire. Si era svegliato accanto al suo fidanzato come ogni mattina. Come ogni mattina aveva preparato la colazione e lo aveva salutato con un sorriso e un bacio appena sveglio. E fin lì era andato tutto liscio.
Un secondo dopo, però, le cose erano precipitate.
Draco lo aveva fissato a lungo con un’aria a dir poco strana. Era un’espressione che il ragazzo non gli aveva mai visto addosso e gli aveva a dir poco messo i brividi.
Harry gli aveva chiesto con un mezzo sorriso se fosse tutto ok, ma il “uh-uh” ricevuto in risposta non lo aveva affatto convinto. Aveva provato a parlare di qualunque argomento, dalle ultime notizie della Gazzetta del Profeta alla bella giornata di sole che si intravedeva dalle finestre aperte, ma nulla, Draco non aveva dato segni di partecipazione, e la sua espressione si era fatta sempre più cupa, quasi rabbiosa.
Sì, decretò Harry pensandoci su. Il suo fidanzato era proprio arrabbiato.
Ma lui non aveva fatto nulla di male, davvero!
Arrivò un gufo, mentre il moretto fingeva di sorseggiare il suo tè e nel frattempo lanciava occhiate ansiose al ragazzo di fronte a lui, e consegnò una lettera a Draco. Lui la lesse con l’espressione più impassibile del mondo e non disse nulla.
«Di chi è?» provò a domandare Harry, e ricevette in risposta un apatico «Pansy».
Dopo la colazione più tesa di tutti i tempi, il biondo si era alzato senza dire nulla e si era rinchiuso in bagno per oltre un’ora. Harry aveva trascorso tutto quel tempo a ripensare a tutto ciò che aveva fatto, da quando si era alzato fino a quel momento, alla ricerca del suo madornale errore. Che non trovò.
Rassegnato, aveva rassettato la cucina e rifatto il letto in camera, nella speranza che al fidanzato passasse presto il malumore.
Non era andata esattamente così. Draco era uscito dal bagno, se possibile, ancora più arrabbiato, avvolto nel suo accappatoio e con i capelli ancora bagnati, portando dietro di sé una scia di vapore e profumo di bagnoschiuma alla vaniglia.
Harry aveva atteso ancora per un po’ delle spiegazioni che, però, non arrivarono, e alla fine si limitò a prepararsi per andare al Ministero. Aveva un appuntamento con Kingsley, e magari ne avrebbe approfittato per fare una chiacchierata con Hermione: a volte Draco era peggio di una donna e forse l’amica gli sarebbe potuta essere d’aiuto.
Prima che il moretto uscisse di casa, arrivò un secondo gufo, anch’esso con una lettera indirizzata a Draco. Questa volta il ragazzo non domandò chi ne fosse il mittente.
 
«Herm, ho un problema con Draco.»
La riccia aveva sgranato gli occhi e per qualche minuto non aveva detto niente. Era tornata a casa dei suoi genitori e, se pur con qualche difficoltà, era riuscita a sciogliere l’Incantesimo di memoria che aveva lanciato loro un anno prima. Non si sarebbe mai aspettata di trovarsi davanti la porta di casa Harry, e di certo non avrebbe mai immaginato che l’amico le avrebbe detto una frase simile invece di rivolgerle prima un saluto.
«Ciao anche a te, Harry» fece la ragazza, tutto sommato divertita. Riusciva a leggere la perplessità sul volto dell’amico ed era contenta di vederlo in quelle condizioni: preoccupato per il malumore del suo fidanzato e nient’altro. Niente pensieri sulla guerra, niente responsabilità sulle spalle, niente paura di essere ucciso in ogni momento… Niente. Lo invitò ad entrare in casa, ringraziando mentalmente i suoi genitori che avevano deciso di uscire quella mattina.
«Scusa,» fece il moretto muovendo un paio di passi dentro l’appartamento, «è che di solito riesco a capire facilmente a cosa pensa, mentre oggi… Merlino, è stato terribile!»
Hermione gli mise una mano su un braccio per farlo smettere di gesticolare come un forsennato. «Okay, calmati adesso e raccontami com’è andata.»
Harry si sedette sul divano accanto all’amica e cercò di ricordare quanti più dettagli possibile. «Mi sono svegliato. Ho preparato la colazione e l’ho svegliato.» Non parlò del bacio che gli dava ogni mattina per svegliarlo, quella era una cosa tutta loro… e per di più lo imbarazzava parlarne. «Mi ha guardato in modo strano fin da subito e non ha detto una parola né durante la colazione né più tardi. Quando sono uscito di casa sembrava davvero furioso!»
La riccia si mise una mano sotto il mento. «Sei sicuro di non aver detto o fatto qualcosa di sbagliato?»
«Sicurissimo!» ribadì il moro. «Draco è peggio di una donna, a volte… Per questo pensavo che magari tu…»
«…potessi capire cosa gli passa per la testa?» completò per lui l’amica. Non sapeva se sentirsi offesa nell’essere stata quasi paragonata a Malfoy o semplicemente ridere per l’assurdità della situazione. Per anni aveva immaginato di trovarsi in una situazione simile con Harry che le chiedeva consigli su Ginny, ma Malfoy era totalmente fuori dai suoi piani. Eppure…
«Ascolta, Harry, non so cosa gli sia preso. Se davvero non hai fatto nulla di male non vedo come potrei aiutarti. A questo punto…»
«A questo punto…?»
«Beh, ti consiglierei di parlarne con Pansy, o con Zabini.»
Hermione era entrata parecchio in confidenza con la Parkinson, e lo evidenziava il fatto che, dei tre Serpeverde, la ragazza era l’unica che chiamava sempre per nome.
Harry valutò che quella non era affatto una cattiva idea.
 
Quando Pansy Parkinson si trovò davanti la faccia di Harry Potter per poco non cominciò ad imprecare. Si erano visti spesso negli ultimi tempi, ma trovarselo in carne e ossa davanti la porta di casa era tutta un’altra storia.
«Potter!» aveva esclamato. «Per Morgana, cosa ci fai qui?»
Il Grifondoro l’aveva guardata leggermente in imbarazzo. «Ho un problema con Draco…»
La ragazza lo aveva fatto accomodare nel salotto e lo aveva costretto a raccontargli tutto. Alla fine della spiegazione, Harry l’aveva guardata sperando che gli dicesse quale fosse il problema, ma lei fece qualcosa che lo lasciò a dir poco paralizzato: iniziò a ridere. Tanto. E forte.
Rise talmente tanto che un paio di lacrime le scesero dagli occhi e lei le raccolse con fare teatrale.
«Oh, Potter» fece dopo un po’, riprendendo fiato, «sapevo che voi Grifondoro eravate un po’ sciocchi, ma non ti facevo tanto sconsiderato!» E ricominciò a ridere, se possibile, più forte di prima.
Harry aveva provato a convincerla a parlare, a spiegargli quale fosse il problema, ma Pansy si era rifiutata categoricamente di aiutarlo e alla fine il ragazzo si era dovuto rassegnare, uscendo dall’appartamento con nulla di risolto tra le mani.
Sconsolato, decise di fare un ultimo tentativo dall’unica altra persona che poteva aiutarlo.
 
Blaise Zabini aveva appena ricevuto un gufo da Pansy quando il campanello del suo appartamento suonò.
Sapendo chi c’era dietro la porta, se la prese con comoda e quando aprì e si trovò davanti Potter non riuscì neanche a fingere di mostrarsi sorpreso. «Potter» fece.
«Ciao, Zabini» mormorò Harry. «Scusa se ti disturbo, ma avrei un piccolo problema e credo mi serva il tuo aiuto…»
Il Serpeverde gli fece cenno di entrare e chiuse la porta.
«Cos’è successo?» chiese una volta che si furono seduti su due poltrone poste l’una di fronte all’altra.
Ancora una volta, Harry raccontò l’accaduto, e non gli sfuggì il ghigno di Zabini che s’ingigantiva sempre più ad ogni parola.
«Non so cosa gli sia preso» sospirò alla fine.
«Io sì.»
Il moretto gli scoccò un’occhiataccia. Era sicuro che gli amici di Draco sapessero perfettamente cosa gli passasse per la testa, e il fatto che non volessero dirgli nulla e che si divertissero nel vederlo dannarsi in quel modo gli faceva salire una gran voglia di mettere mano alla bacchetta.
«Potresti aiutarmi?» domandò a denti stretti.
Zabini si piegò in avanti e poggiò i gomiti sulle ginocchia, per poi incrociare le dita delle mani davanti a sé. «Vedi, Potter,» cominciò, guardandolo con aria seria, «diversamente da quanto pensate voialtri, noi Serpeverde non gioiamo nel vedere gli altri a disagio. Certo, a volte ci fa piacere, ci rende euforici, ma non è il nostro unico interesse. Dunque, io potrei anche aiutarti, perché ti vedo piuttosto disperato ad essere sincero… Ma ci tengo alla mia vita, e so che se te lo dicessi Draco e Pansy me la farebbero pagare davvero, davvero cara, perciò… scusa, Potter.»
Harry rimase basito davanti a quelle parole. Per un attimo aveva quasi creduto che quel ragazzo volesse aiutarlo, ma naturalmente si era illuso.
Ora però una cosa la sapeva: qualunque cosa avesse Draco, era un segreto di cui i suoi amici erano a conoscenza e dato il loro atteggiamento, non c’era bisogno di allarmarsi troppo.
Convinto ormai che Blaise non potesse più essergli d’aiuto, il Grifondoro lo ringraziò e si congedò. Il padrone di casa gli fece strada fino alla porta e, così facendo, passò davanti il tavolo del salotto sul quale aveva poggiato la posta della mattina. Sulla cima della pila di pergamene, ce n’era una, aperta, con su scritta una sola frase.
 
Potter si è dimenticato del compleanno di Dra!!
P.
 
Quella “P” stava per Pansy.
Harry sapeva finalmente cosa fare.
 
Draco era seduto sulla sua solita poltrona a leggere. Indossava l’espressione più arrabbiata che possedesse nel suo repertorio, ma Harry finse di non vederla.
«Ehi» lo salutò, senza però avvicinarsi per dargli un bacio: non voleva tirare troppo la corda. Davanti al silenzio dell’altro, continuò: «Più tardi passeranno Ron e Hermione per un tè. Penso che con loro ci sarà anche Ginny.» A dire la verità, Harry non vedeva la sua ex da diverso tempo, ma questo non doveva certo dirglielo. Se conosceva abbastanza bene Draco, sapeva che quella piccola bugia sarebbe bastata per raggiungere il suo obiettivo.
E infatti… «Salazar divino, Potter! Hai proprio deciso di rovinarmi la giornata, eh?»
Sentirsi chiamare per cognome con quel tono di voce gli fece un po’ male, ma Harry pazientò ed aspettò che il biondo continuasse a parlare.
«Bah, ho capito, mi vedrò con Pansy e Blaise. Non sopporterei di trovarmi davanti la Piattola.»
Harry esultò interiormente, anche se all’esterno si fingeva dispiaciuto e gli chiedeva, senza neanche troppa convinzione, di restare.
Dieci minuti dopo, Draco era uscito di casa. Harry attese un paio di minuti per sicurezza, poi si mise velocemente al lavoro.
 
Il buio era calato già da un po’ quando Draco si Materializzò a Grimmauls Place. Aveva passato l’intero pomeriggio a lamentarsi con Pansy e Blaise di quanto il fidanzato fosse idiota. Gli amici lo avevano assecondato come al solito, ma Draco non si sentiva soddisfatto.
Non pretendeva che Harry si ricordasse quando si erano baciati la prima volta o quando avevano dormito per la prima volta nello stesso letto. Ma almeno il giorno del suo compleanno doveva ricordarselo, per Merlino!
Con l’umore ancora più nero, il ragazzo rientrò in casa e trovò ad attenderlo il buio più totale. Che Harry fosse uscito? Mosse qualche passo fino ad arrivare nel salotto e finalmente la vide: una piccola candela sospesa a poco più di un metro da terra. Draco vi si avvicinò con la fronte aggrottata, e subito dopo si accese una seconda luce poco distante dalla prima. Si avvicinò alla seconda fiammella ed ecco che se ne accese una terza.
Continuò così per un po’. Le piccole candele formavano una specie di sentiero, che portava su per le scale. Draco le seguì, curioso, e si ritrovò davanti alla porta chiusa della camera da letto. La aprì pian piano e si ritrovò circondato da decine, se non centinaia, di quelle candele, che con la loro luce traballante conferivano alla stanza un aspetto totalmente diverso.
Impressionato dal gioco di luci, Draco si accorse solo poco dopo della presenza di Harry. Era seduto sul bordo del letto, ma si alzò in piedi non appena i loro sguardi si incrociarono. In una mano stringeva la bacchetta, nell’altra due flûte di vetro. Ne passò uno a Draco e con un incantesimo non verbale fece levitare una bottiglia di champagne per poi versarne un po’ in entrambi i bicchieri. Posata la bottiglia, Harry agitò ancora una volta la bacchetta, e le candele che fluttuavano in maniera disordinata per la stanza si compattarono per formare una scritta nell’aria:
BUON COMPLEANNO DRACO
Il biondino guardò a occhi e bocca spalancati quella scritta con il fuoco, poi si voltò verso il suo ragazzo che lo fissava leggermente in imbarazzo e lo baciò di slancio. Harry lo strinse a sé con il braccio che teneva la bacchetta e ricambiò il bacio, sollevato.
Si separarono e brindarono. Solo dopo aver svuotato i bicchieri Harry si azzardò a chiedere: «Ti è piaciuto?»
Draco gli sorrise, di uno di quei sorrisi che dedicava solo a lui. «Sì. Decisamente sì. E io che pensavo che te ne fossi dimenticato!»
Harry ridacchiò, cercando di mascherare il suo imbarazzo, ma non dovette preoccuparsene per molto, perché Draco gli fu di nuovo addosso, finalmente libero dell’ingombro dei bicchieri pieni, e lo spinse sul letto.
I due non parlarono molto per tutta la sera.
  
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