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Autore: MeliaMalia    29/12/2017    9 recensioni
“Dimmi dove ti trovi” la incitò nuovamente.
Rey lo fissò con tutto il disprezzo di cui era capace. Assunse un’espressione determinata e tornò a sollevare il braccio, richiamando un oggetto davanti a sé. Forse la spada laser?
Il suo corpo venne travolto, sollevato e gettato a terra da qualcosa che lui non vide. La sentì urlare per il dolore, un suono che scese fin nei crepacci più profondi del suo animo oscuro e lì si depositò sotto forma di un incubo nuovo di zecca.
Il collegamento s’interruppe e lui rimase a fissare il pavimento di freddo metallo, teso come una corda di violino. Sudava freddo.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kylo Ren, Principessa Leia Organa, Rey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SECONDO

Trascorsero nove ore dal loro ultimo contatto, quello che si era interrotto con urla lancinanti di Rey e il suo corpo scaraventato chissà dove da chissà cosa. Kylo Ren passò quel lasso di tempo nella rabbia più cieca e sorda. Non sapeva neppure lui per quale motivo il non conoscere la sorte della donna lo facesse infuriare tanto e ciò, paradossalmente, aumentava a dismisura la sua collera.
Gli venne difficile occuparsi delle sue incombenze quotidiane – prima di ammazzarlo, non si era del tutto reso conto di quante decisioni Snoke dovesse prendere ogni giorno. Il suo era un ruolo complicato – e fu evitato con grande attenzione da quasi tutti i suoi sottoposti, tranne ovviamente Hux, perché Hux stava alla selezione naturale come Rey stava all’elasticità morale.
“Leader Supremo” gli andò incontro il rosso in divisa, quando lo vide sopraggiungere sul ponte di comando. Il principe di Alderaan gli rivolse uno sguardo che avrebbe indotto anche il meno saggio degli uomini a fermarsi, zittirsi e fingersi morto, ma quello non vi badò minimamente e proseguì: “Abbiamo ricevuto una segnalazione sulla posizione della Resistenza.”
Kylo Ren rimandò il seducente desiderio di aprirlo in due con la propria spada laser e gli concesse tutta la propria attenzione. “Come sapete che la fonte è attendibile?”
“Proviene da un uomo di fiducia, signore. Se mi permette, io …”
Lo stomaco del giovane Leader Supremo si contrasse all’improvviso, ed egli ebbe la sensazione di stare precipitando pur con tutt’edue i piedi ben saldi a terra. Stava succedendo. Proprio in quel momento.
“Proceda come ritiene più giusto e porti con sé tutti gli uomini che ritiene necessari” tagliò corto. Le sue viscere ebbero un secondo spasmo, più forte. “Ci aggiorneremo a breve.”
“Signore…?” esalò Hux, mentre il suo superiore gli dava le spalle e usciva dalla sala comandi in un’unica mossa, fluida e imperiale ma non per questo poco frettolosa. L’uomo cercò incerto lo sguardo di un addetto alle comunicazioni seduto poco distante, il quale corrugò le sopracciglia e fece spallucce.
Il cavaliere di Ren fece appena in tempo a gettarsi in un corridoio secondario, al riparo da sguardi indiscreti. Poi, accadde. Il ponte tra loro divenne solido, tangibile e reale. Rey apparve davanti ai suoi occhi.
Stava seduta – o meglio, rannicchiata – a terra, la schiena appoggiata a una parete. Le gambe raccolte al petto, la spada laser spenta stretta in una presa spasmodica. Il capo piegato di lato e… gli occhi scuri che fissavano il vuoto.
Lui dimenticò di respirare. Era morta? Poi, con un moto di sollievo per il quale non trovò spiegazioni razionali, si rese conto del movimento ritmico del suo petto e delle sue spalle. No, era viva. Non in ottima forma, ma sopravvissuta.
Sembrò rendersi conto della sua presenza a fatica. Mosse il capo, senza però riuscire ad orientare lo sguardo nella sua direzione.
“Ben?” sussurrò, la voce ridotta a un suono flebile, debole.
“Non chiamarmi così” la riprese, più per abitudine che per altro. “Dove sei?” le pose la stessa, identica domanda del loro precedente incontro, cui lei rispose scuotendo il capo e mordendosi il labbro inferiore, come impaurita. Ma da cosa?
Comprese che non riusciva a vederlo, per motivi che gli erano ignoti, dato che lui poteva distinguere con terrificante chiarezza ogni ferita che le deformava il corpo: uno squarcio aperto sul bicipite sinistro, diversi tagli sulle gambe e parecchie ecchimosi sul volto. Per non parlare di quello che la sua posizione celava. Tremava impercettibilmente ed era pallida.
Si accasciò al suo fianco e Rey sembrò rendersi conto della sua presenza da quel movimento. Girò il viso nella sua direzione, senza guardarlo davvero, ma fissando qualcosa oltre la sua spalla.
“Dove sei?” ripeté egli, vincendo ogni esitazione e alzando una mano. Si chiese se la Forza gli avrebbe concesso di toccarla, magari di tirarla via da quella situazione pericolosa, come un pescatore che ritira la lenza e trascina a sé la propria preda.
Sfiorò la mano destra di lei, ritrovando la sensazione della sua pelle, giovane e liscia. E bollente. Ecco perché tremava in quel modo. Era preda della febbre.
“Sei con la Resistenza?” insistette, ritraendo le dita, quasi il suo calore fosse stato in grado di ustionarlo. “Smetti di proteggerli. Dove ti trovi?”
“Sono sola” biascicò la giovane, socchiudendo le palpebre per la sofferenza e aggrappandosi maggiormente all’elsa della sua spada laser.
“E allora dimmi dove ti trovi.”
“No.” Esitò, prima di proseguire. “Questa… è una trappola. Qui c’è solo… morte. Se ti dicessi dove sono, tu verresti a cercarm…”
Le spalancò la mente con una furia e un’energia che non sapeva neppure di possedere. Prima di quell’occasione, aveva frugato tra i suoi pensieri con tanta irruenza solo due volte: cercando la mappa che conduceva a Luke Skywalker e, successivamente, tentando di costringerla a rivelargli la posizione dell’ultimo maestro Jedi. Ma mai era affondato così rapido e così deciso. L’aprì senza ritegno, dividendola in due come un frutto maturo. Le fece male.
Sordo all’urlo di protesta della donna, trovò e afferrò ciò che stava cercando; uscì rapido, lasciandola agonizzante e debilitata. Memorizzò le coordinate spaziali appena ottenute e la fissò con determinazione. Doveva averle procurato una bella cefalea, ma stabilì che quello era l’ultimo dei suoi problemi.
“Dimmi chi è il nemico” le ordinò. Nonostante la furia e il bisogno impellente di raggiungerla, qualcosa del suo vecchio addestramento lo frenò e lo costrinse a cercare cosa lo attendesse. Sarebbe stato stupido gettarsi in una battaglia alla cieca.
“Non venire.” Fu il bisbiglio con il quale lei scomparve dalla sua vista.

SEI MESI PRIMA

Quella cosa del non considerarsi vicendevolmente sembrava funzionare assai più di quanto avessero pensato.
Rey impugnò saldamente l’elsa della propria spada laser e si concentrò. La Resistenza aveva trovato asilo presso un pianetino poco abitato, un vecchio insediamento abbandonato da secoli. Campi dimenticati si estendevano a perdita d’occhio davanti a lei, dove le piantagioni crescevano ancora, seppur inselvatichite e prive di controllo. Steli dritti e verdi, che si piegavano flessuosi al vento e la superavano in altezza di un metro buono. Erano radi e, tra di essi, le era possibile intravedere l’alta sagoma scura del suo nemico numero uno.
Le dava le spalle e sembrava intento ad esaminare dei documenti. Era straniante osservarlo muoversi, poiché gli schermi olografici apparivano e sparivano man mano che lui li toccava. Rey ipotizzò che fosse loro concesso dalla Forza vedere soltanto gli oggetti a diretto contatto con il corpo dell’altro. Quel fenomeno era davvero bizzarro, oltre che fastidioso.
Continuò ad allenarsi, menando fendenti con tutta la precisione di cui era capace. Ogni tanto Kylo Ren pronunciava dei monosillabi e lanciava dei cenni a qualcuno davanti a lui, stando bene attento che i propri discorsi non significassero nulla alle orecchie di lei.
Si ignoravano a vicenda e la cosa funzionava.
Fino a che lui, ad un certo punto – e con una certa stizza – non sbottò: “Allinea quei piedi, sembri uno K’naary!” e lo disse con tanta energia che era evidente per quanti minuti avesse covato dentro di sé quell’osservazione.
Nella sala del trono del nuovo Leader Supremo, il povero Hux abbassò lo sguardo e si fissò le scarpe, cercando di capire cosa ci fosse di così sbagliato nella propria postura da farlo somigliare a uno K’naary. Smarrito, rialzò gli occhi sul tizio fuori di melone che aveva preso il comando del loro esercito e costui lo liquidò con un gesto secco, invitandolo ad uscire e a lasciarlo solo. Si affrettò ad obbedire, preferendo mettere quanta più distanza possibile tra sé e Kylo Ren in uno dei suoi momenti di poca lucidità mentale.
Rey era rimasta impietrita. Si fissò le gambe, incerta. Poi, sistemò il piede destro, in modo che fosse in linea con il sinistro. Tentò di affondare la spada in quella posizione, ma le non riuscì al meglio. Si sentiva in equilibrio precario.
Kylo Ren si girò a fissarla. Gli occhiacci neri erano più cupi del solito e la mano guantata reggeva l’elsa della spada. L’accese e l’impugnò con sicumera, alzandola e mostrandole un movimento fluido, perfetto.
La sua eleganza la colpì. Era un gesto ben diverso dalle mosse furiose e omicide che aveva usato contro di lei durante il loro primo scontro su Starkiller. Le parve di stare osservando un ballerino.
“Luke Skywalker non ti ha insegnato niente?” sbottò lui quando si fermò, irato. “Mi ha costretto a ripetere questo movimento un giorno intero, una volta.”
“Mi ha insegnato a pescare” replicò Rey, con voce torva. L’osservò ripetere il gesto ancora una volta e infine lo imitò, riuscendo a compiere una mossa fluente, rapida e letale.
Il suo nemico annuì una volta soltanto, secco. Poi, tornò a darle le spalle, riprendendo ad esaminare qualcosa davanti a lui. La giovane lo fissò, incerta.
“Secondo te perché?” disse infine, dopo un lungo silenzio assorto.
Ottenne la sua attenzione. Tornò a girarsi nella sua direzione e il lungo manto nero accompagnò il movimento del suo corpo come un’ombra. “Perché cosa?”
“Perché proprio noi due?”
Non le rispose. Ma il modo in cui abbassò il volto e l’espressione riflessiva che assunse le diedero da pensare. Probabilmente quel dubbio gli rodeva la mente già da parecchio tempo. E non gli era mai riuscito di risolverlo.
“Forse perché…” proseguì Rey, incerta. “Ci siamo solo noi?”
“Non dire sciocchezze. Esistono decine di creature sensibili alla Forza, nella galassia. Non le percepisci?” la rimbeccò il principe di Alderaan, come sempre pronto a darle torto. “E non ero certo l’unico Jedi addestrato da Skywalker.”
“Già. Peccato che tu abbia provveduto a ucciderli tutti.”
“Si svegliarono e credettero di dover difendere il Maestro da un discepolo impazzito. O la loro vita o la mia.” Kylo scrollò le spalle, forse infastidito da quel ricordo. “In ogni caso, nessuno di loro ha mai avuto un legame con me. Soltanto tu. Sei diversa e non so il perché.”
Scomparve in quel momento, privandola del diritto di replica senza volerlo realmente fare. Rey rimase sola nel mezzo della vegetazione che ondeggiava tutt’attorno a lei, con le ultime parole del ragazzo che le riecheggiavano nella mente.
Spense la spada laser e osservò la luce della lama sparire nel nulla, proprio come aveva appena fatto il cavaliere di Ren. Sei diversa e non so il perché. Qualcosa in quel discorso le suonava storto, sbagliato. Era più di una sensazione, era qualcosa nel profondo della sua anima che le indicava l’errore presente nella frase con la pazienza di una maestra.
Forse il segreto del loro legame era qualcosa di completamente diverso.
E forse c’era una persona, su quel pianeta, che avrebbe potuto aiutarla a scoprire cosa fosse. Pregò che Leia Organa fosse disposta ad affrontare gli spettri del suo passato e a narrarle qualcosa dell’infanzia di Ben Solo.
Non la trovò facilmente. Dovette cercarla dapprima nella sala comando che i pochi membri della Resistenza avevano imbastito in una delle aree più grandi. Passò nei dintorni dei suoi alloggi, che il Generale aveva scelto il più vicino possibile ad un grande fiume che scorreva silenzioso. C’era pace, in quel mondo, una pace che sembrava impossibile per loro, profughi di una guerra ancora in corso. Talvolta, Rey si chiedeva dove fossero finiti gli abitanti, che cosa li avesse allontanati da campi così floridi e acque così limpide. Per una giovane trovatella cresciuta su Jakku, quel posto era qualcosa di simile al paradiso.
Individuò il soggetto delle sue ricerche seduta in disparte, in una delle ultime aree comuni che esaminò. La principessa Leia stava leggendo dei rapporti su un piccolo schermo portatile, concentrata e attenta. Nel vederla, la giovane jedi non poté non paragonare i suoi modi di fare con quelli del figlio; riconobbe il modo in cui le dita si piegavano sull’oggetto che teneva, il lieve aggrottare delle sopracciglia quando qualcosa richiedeva massimo interesse e anche la smorfietta che piegava l’angolo destro della bocca. Non c’era dubbio che il capo del loro esercito nemico fosse il sangue del sangue di quella donna e Rey non osava neppure immaginare quanta sofferenza albergasse nel cuore della sua condottiera, costretta a piangere un compagno e un fratello uccisi dallo stesso figlio.
Kylo Ren era solo un’ombra portatrice di dolore e morte. Che andava fermata.
E ci sarebbe riuscita solo spezzando il loro dannato legame.
Sedette al suo fianco e raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo. Poi le pose una lunga serie di domande, che furono capaci di inumidire gli occhi del coraggioso comandante della Resistenza.

“Non lo cercammo. Arrivò.” Leia sorrise con imbarazzo nel dirlo, schernendosi il volto con una mano. “Tra me e Han il rapporto era… molto elastico. Ci appartenevamo senza la necessità d’essere sempre presenti l’uno per l’altra. Lui partiva e tornava, partiva e tornava… e per me andava bene così. Il patimento di vederlo salire sul Millenium veniva compensato dalla gioia nel saperlo di ritorno. Un giorno, lui scese a terra e mi trovò al quinto mese di gravidanza. Oh, di che colore diventò!” rise piano, scuotendo il capo.
Rey ascoltava in silenzio, la schiena dritta e le mani intrecciate tra loro. Con sua grande sorpresa, la principessa Organa aveva accettato di rispondere al suo interrogatorio senza chiedere spiegazione alcuna, quasi sapesse – o percepisse – che le informazioni richieste dalla giovane Jedi non erano un capriccio ma una necessità vitale.
“Sai, ero intimamente convinta che sarebbe scappato dall’altra parte della galassia, lontano da quel cambiamento. Secondo me ha esitato parecchio su questa decisione. Ma infine è rimasto. Due sciocchi giovani le cui vite vennero travolte dall’uragano Ben.”
Non essendo la massima esperta nell’argomento famiglia, Rey rimase in silenzio. Ma, in cuor suo, sentì che quella non era la corretta scelta di parole per descrivere l’arrivo di un bambino.
“Io non ero pronta” confessò Leia, d’un fiato. “Avevo affrontato la guerra, il pericolo e la morte stessa, ma per quello… non mi sentivo pronta. Ricordo che, in gravidanza, guardavo il mio ventre crescere e, con esso, la mia paura. Sapevo che non sarei mai, mai stata in grado d’essere un buon genitore. E Han sembrava condividere il mio terrore. Ben si ritrovò in mano a due genitori spaventati, seppur pieni di buone intenzioni.
“Non era un bambino facile. Ci sono cuccioli umani dei quali si può dire che siano angelici, docili e silenziosi. Ben, no. Oh, no.” Fece spallucce, come scusandosi di quell’opinione. “Lui era… energico. E piangeva. Quanto piangeva! Passavo le ore cercando di capire se avesse fame, sete, fosse sporco o che altro. C’erano volte” ammise, gli occhi lucidi al ricordo. “Che singhiozzavo con lui. Perché non avevo la più pallida idea di cosa gli servisse. Sentivo di non capirlo e mi ritenevo una madre incapace. Sai cosa lo calmava? Chewie. Bastava che Chewbecca lo prendesse in braccio. Smetteva di piangere come per magia. Chissà cosa mai ci vedeva, in lui. Forse il pelo, il calore, chissà...? Arrivavo a pregare Han di lasciare a terra il suo copilota, con me. Durante il primo anno di vita di Ben, Chewie è stato il mio trucco per calmarlo. Mi bastava lasciarlo a lui e tutto funzionava a meraviglia.”
Rey ricordò il momento in cui Kylo aveva trafitto Han Solo e il colpo esploso da Chewbecca proprio contro di lui. Quanto era stato terribile, per il Wookie, dover far del male a un bambino di cui si era preso cura per così tanto tempo? Ecco perché non lo aveva ucciso, ma solo ferito.
“E mi sentivo ancora più incapace. Voglio dire, che razza… che razza di madre ha bisogno di un Wookie per allevare il proprio bambino?” Leia sospirò e si passò il dorso della mano sulle ciglia, con una mossa delicata e non del tutto ferma. “L’abbiamo cresciuto così, a tentativi ed errori. Sentendoci pessimi e avendo la percezione di non azzeccarne una. Avevo la continua sensazione che… chiunque fosse in grado di prendersi cura di lui, chiunque tranne noi. Chewie venne sostituito da una, due, tre tate diverse. Capisci, Han era sempre in giro e io avevo molte cose di cui occuparmi, non avevamo il tempo... E poi ritenevo che delle istitutrici fossero… insomma, fossero da considerarsi delle educatrici migliori di noi due. Ma lo amavamo, Rey, noi… io… lo amavamo con tutta la nostra anima. Non avremmo fatto così tante sciocchezze, se non fossimo stati accecati dall’affetto.”
“Lo so.” Era ancora una ragazza giovane e con poca esperienza di vita alle spalle, ma la jedi aveva già una mezza idea di quante idiozie potesse combinare un cervello distorto dal sentimento.
“Aveva un carattere molto forte, Ben. Nonostante l’educazione e le regole, spesso eccedeva nell’ira. Non c’erano punizioni che tenessero. Quando s’innervosiva, aveva questi… questi scatti di rabbia… Poi, quando tornava a mente lucida, quando si rendeva conto d’aver sbagliato, piangeva e correva ad abbracciarci. Ero confusa, le istitutrici non riuscivano a spiegarmi da cosa dipendesse questo comportamento. Han iniziò a parlare di somiglianze con Vader.” Tacque, dopo aver pronunciato quel nome a fatica. “Fu una battuta di un giorno, capisci? Qualcosa del tipo: è proprio uguale a suo nonno. Ci ridemmo su. Poi il tarlo che quello non fosse uno scherzo iniziò a roderci entrambi. E Ben cresceva, divenendo bello, forte e sano. La sua spiccata sensibilità per la forza esplose all’improvviso.”
Leia guardò lontano, oltre lei. Fissò il fiume e lo scorrere silenzioso delle sue acque, una striscia d’argento che spaccava in due i campi abbandonati, illuminata dai tre soli di quel sistema, due piccoli e freddi e uno più grande, più caloroso.
“Era potente nonostante la giovane età. Già peccava di autocontrollo prima… io… e poi c’erano i problemi con Han, insomma… non… non eravamo l’esempio di una famiglia felice. Ben soffriva nel vedere partire il padre. Spesso ci vedeva discutere. Sciocchezze, sia chiaro, ma… il modo in cui ci guardava… Ho creduto che avrebbe potuto essere più felice ovunque nella galassia, ovunque, a patto che fosse lontano da noi. Sapevo che Luke era andato a rifugiarsi da qualche parte e stava raccogliendo giovani promettenti, li stava addestrando. Ho pensato fosse la cosa migliore per Ben” sospirò e Rey percepì il suo dolore, quasi fosse stato un’entità tangibile che vibrava sopra di lei, uno sciacallo che le divorava l’anima e le curvava le spalle. “Oggi, con la saggezza degli anni, mi rendo conto che averlo mandato da Luke fu come lasciarlo con Chewie. Mi ritenevo incapace di gestire la situazione e l’ho affidato a qualcuno che credevo sarebbe stato più competente di me. L’ho perso allora, Rey. Non aveva bisogno di un maestro, ma di una mamma pronta a capirlo, pronta ad accettarlo. E io? L’ho abbandonato.”
“Le sue azioni future non sono state colpa vostra.”
“Ogni azione di un uomo è, direttamente o indirettamente, colpa di coloro che l’hanno generato. Questa è la dannazione d’essere genitori, Rey.” Leia sorrise amaramente. “E, paradossalmente, è anche la dannazione dell’essere figli.”
   
 
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