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Autore: Ulissae    25/06/2009    5 recensioni
[One shot sulla fine di un'era, quella di Aro]
Aro brucia, Volterra brucia, soccombe alle fiamme primitive, soccombe al volere del suo creatore.
Quinta classificata al contest "When the dawn is only another night" indetto da kajii
Dedicata a Lollo, tutta per te.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ideale utopistico'
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dsfgh
Dedicata al miglior beta del mondo, Lollo
Che sopporta una babba balenga come me, sopporta le mie virgole, i miei (o)errori grammaticali, insomma, sopporta.
Dedicata a lui perché è perfidix XD e perché è buono.
Dedicata a lui perché ha dato un nome al mio stile, Lallian.
Se Aro Ha creato un impero del genere noi riusciremo a conquistare il mondo con i nostri info point, ci tengo, eh!XD

Dedicata a lui. Punto.

The King will die Tomorrow



Note: Un What if...dove Aro viene spodestato e condannato a morte. Forse banale ed idiota, una ff che mi ha parecchio scombussolato. Per me lui è il creatore, quindi alla sua morte tutto finisce. Un po' come quei re che, come comete, tracciano la strada del LORO potere.



La vita di ognuno è come una sacca di monete d’oro; al momento della nascita qualcuno le lascia cadere per terra, e queste, tintinnando scherzosamente, iniziano a girare su se stesse, finché qualcuno non deciderà di fermarle con un gesto più o meno brusco.
Difatti la vita non è nient’altro che un' infinita serie di cose relative a se stesse. Il buio non è nient’altro che la mancanza di luce, il coraggio l’assenza di paura. Tutto, nel mondo, deriva da qualcosa: niente si crea, tutto si distrugge.
Perfino un re.

Osservava in silenzio quella prigione sotterranea, rinchiuso in una cella da lui creata, da lui voluta; schiavo di leggi da lui ideate, da lui concepite; prigioniero di se stesso e della propria avidità.
Seduto, con la tunica nera logora e stracciata, rifletteva su ciò che aveva avuto e su ciò che lo aveva spinto a tanto.
Sorrise, sardonico, scoprendo di essere lui e solo lui la causa della sua prigionia. Idiota patentato, maestro sopraffino di astuzie che,
purtroppo, l'avevano intrappolato. Come un gatto che, giocando con i piccoli topolini, si ritrova intrappolato nella loro tana, mentre questi, ghiotti di vendetta si avventano su di lui.
Tutto all'aria, la cenere dalla quale aveva fatto rinascere il mondo lo stava per raccogliere nuovamente, eppure, lui non poteva fare a meno di ridere; un riso cattivo il suo, come quello dei folli, velato di malignità e cinismo.
Aveva lasciato cadere quella maschera di eleganza ed educazione, sostituendola con un'altra di freddo divertimento. Dopo tutto lui era un attore, un attore e nient'altro, si stava semplicemente adeguando al copione; anche se il copione non prevedeva un lieto fine.
Le macchie di umidità tingevano di verde i mattoni di tufo, erodendoli fino a marcirli, lasciando crescere del muschio viscido, unico abitante di quel luogo.
Si poteva morire di noia, pensò.
Si poteva semplicemente morire, aggiunse.
I capelli sporchi, unti e non suoi, di un colore corvino; gli occhi socchiusi, sospinti dalle guance scarne -mortali-, e circondati da occhiaie violacee -sempre troppo evidenti-; occhi di animale, occhi che maledivano tutti.
Sarebbe passata la notte, l'ennesima notte della sua esistenza, un lento sciabolare di stelle, onde pesanti e tediose di un cielo troppo cupo; sarebbe passata la luna, che lo fissava sorniona, lasciando scappare piccoli raggi della sua luce; sarebbero passati tutti, perfino
lui.
Delle volte ci si illude di essere eterni, si crede, erroneamente, di poter veramente vincere Dio, di divenire, a nostra volta, Dio stesso.
Errore sciocco, ammise, scuotendo la testa.
Sospirò, muovendosi un poco, assaporando per l'ultima volta il suono del vento, una ninna nanna infernale, che scuoteva le fondamenta del palazzo, il campanile di fronte a loro.
Fine misera, per un potente come lui.
Fine stupida, per un astuto come lui.
Una semplice fine, per l'uomo che è.
Nessuno pensa mai alla morte, non finché questa non lo chiama, con voce gracchiante, di un'anziana strega, che da troppo tempo lo insegue, con il suo passo strascicato.
Lasciò cadere un medaglione a terra, vecchio e inutile, proprio come lui. Un pallido riflesso di un mondo che è stato e che mai sarà.
Hanno vinto gli animali, hanno vinto loro; con la loro forza bruta, con il loro intelletto fino, come quello dei maiali, che urlano con voce sottile e nauseante.
Hanno vinto i cani, rabbiosi e dementi; troppo impulsivi e smisurati per capire come va veramente il mondo.
L'indomani Aro sarebbe morto ed il mondo con lui. Un mondo regolato dall'equilibrio della civiltà, dell'umanità. Un mondo suo,
unicamente suo.
Sogghignò sentendo un chiavistello girare nella toppa arrugginita ed inutile: come se fosse possibile intrappolarlo contro la sua volontà!
Un vampiro enorme e stranamente goffo entrò, dovendosi chinare per l'altezza: Felix, quella nullità.
Non riusciva a guardarlo negli occhi, teneva la testa, incorniciata da riccioli color della pece, bassa, un'umiltà tipica dei servi e dei figli, quei figli degeneri, traditori ed assassini.
-Signore,- balbettò -dobbiamo andare.-
Il più anziano alzò il capo, un sogghigno divertito a solcargli il volto, senza alcuna fatica si tirò in piedi, dando una pacca alla guardia, che lo fissava affranto ed umiliato.
-Signore, lo sa che io... lo sa bene che io... io le sono...- non riusciva a parlare, un nodo alla gola gli toglieva un respiro che non aveva.
Aro sorrise, affabile come sempre, e fece un cenno di noncuranza.

Sarebbe morto per suo volere, non per quello di quattro sciocchi idioti, che pensavano di divenire i nuovi proprietari di quel regno, il suo regno.
Seguì Felix placido, come un agnello il giorno di Pasqua, ben conscio del proprio destino, ma completamente soddisfatto; non avrebbe fatto nulla, assolutamente nulla.
La sala dove arrivò neanche la vide, rimase con gli occhi socchiusi e l'espressione serena -sbruffona- tipica del suo volto. Non si curò delle decine di vampiri nemici -amici finché il potere era suo, non loro-, andò silenzioso al suo posto, al centro di tutto, mentre gli sguardi di ognuno si posavano su di lui.
Morire in modo così plateale, per una persona come lui, è la cosa più gradita che si possa desiderare; essere, fino all'ultimo respiro, all'ultima parola, all'ultimo battito di ciglia, considerati come grandi è tutto ciò che si vuole. Tutto quello per cui si esiste.
Sarebbe morto da lì a poco, mentre l'alba avrebbe sciolto al sole la brina invernale, inondando i campi di calore freddo e distaccato, di un astro senz'anima. E quella sarebbe stata un'alba diversa dalle altre; perché non ci sarebbe stato più un giorno, ma un'eterna e buia notte, dalla quale lui aveva cercato di riemergere.
La colpa era dell'uomo dai capelli castani, che lo guardava con occhi colmi di rabbia animale, desiderio di vendetta. Marcus lo
fissava, dal suo trono rialzato, mentre, al suo fianco, Caius iniziava a leggere.
Capi di accusa, dicevano. Quanta burocrazia per una morte già stabilita.
-Fratricidio, oscurando per anni la colpa, omettendo tutte le prove- annunciò con voce di tuono il vampiro dai capelli bianchi.
Tutti annuirono. -Colpevole-
Lui sorrise, come se ignorasse ciò a cui stava andando incontro.
-Abominevoli crimini contro la sua specie- continuò. Era riuscito a togliersi da ogni accusa, da ogni colpa. Ammirevole l'astuzia della gallina.
-Colpevole-
Due guardie, dai visi scuri e gli occhi rossi, si avvicinarono, iniziando a tirarlo, con spinte forti e decise. Un suono secco e gli arti vennero amputati. Sempre quel ghigno, sempre quell'espressione di vittoria.
-Esperimenti su infanti, vietati dalla legge-
-Colpevole-
Il coro della congrega si unì allo scoppiettio del fuoco, appena acceso dai due.

Il sangue -non suo, ma di poveri innocenti- scorreva sul marmo bianco del pavimento, il busto oramai completamente privato di ogni cosa. La testa rimaneva a terra, gli occhi vigili e vivaci. Furbo come sempre. Non tentò di riunirsi, lasciò giacere il suo corpo dilaniato sul candido bianco della pietra, macchiandolo di un rosso scarlatto.
-Repressioni violente ed ingiustificate-
-Colpevole-
Fu l'ultima cosa che pronunciarono, per poi rimanere in silenzio, scrutando i pezzi di carne morta bruciare tra le fiamme rosse, che danzavano, ignorando il loro scopo.
L'assenza di brusii o altri rumori faceva in modo tale che lo sfrigolio delle membra risuonasse, ancora più forte e deciso; un violento tuono in quel silenzio vigliacco.
Non uno, in quella stanza, non era in debito con Aro, quel corpo, ormai inerme e morente; ora, tutti fissavano il loro benefattore, interrogandosi internamente.
La voce che irruppe fu potente e lugubre, simile a delle campane di morte. Felix osservava l'assemblea con sguardo cupo e  infischiandosene delle conseguenze delle sue azioni sorrise, guardando il volto del vampiro bruciare nel fuoco, la sua pelle diafana tirarsi ed incenerirsi, gli occhi separarsi poco a poco dalle orbite, le labbra scomparire, lasciando solo un freddo taglio a ghignare.
-Diede vita alla più grande potenza della storia, la fece nascere, crescere, salvando tutti i qui presenti dalla morte e dalla mediocrità,
donò civiltà all'animale, lo rese umano, nonostante l'apparenza. Vinse tutte le battaglie, le rese sue, ed ora, per l'ennesima volta, ci prende in giro- pronunciò le parole con calma spettrale, mentre la sua ombra giocava con la luce dorata che proveniva dal falò, proiettando immagini impossibili. Un sorriso, così simile a quello del suo maestro, comparì a solcargli il volto.
Un altro attimo di silenzio, poi una voce roca e profonda, provenire dalle fiamme.
-Colpevole- asserì, prima di divenire per sempre polvere.
Sapete, un Re non muore mai da solo, porta con sé tutto ciò che ha creato, tutto ciò che è suo; e come i faraoni facevano seppellire con loro gli schiavi e le mogli, lui decise di portarli all'inferno con sé.
Come serpenti, le lingue infuocate risalirono sui drappi scuri, sul legno, inghiottendo, in pochi attimi, tutto il palazzo. Fuggirono tutti, come topi, scappando ovunque, senza ritegno, senza orgoglio. Il coraggio di poco prima svanì in un istante, inghiottito dalla paura per la propria di morte. Solo il servo rimase lì, di fianco al padrone, inginocchiato e pregando un corpo morto per delle scuse.
Aro brucia, Volterra brucia, soccombe alle fiamme primitive, soccombe al volere del suo creatore.
E nell'aria c'è odore di lavanda, quella venduta nella piazza da delle piccole zingare, mentre il cielo si riempie di lui: Aro, pronto, per questa volta, a conquistare eternamente il mondo, spargendosi su di esso come polvere sottile, insinuandosi, finalmente, non solo con le parole.

Alla nostra morte tutte le monete si fermano, rimanendo perfettamente in equilibrio. Quella del bene e del male, quella del buono e quella del cattivo rimangono in mezzo a tutte, impietrite e composte. Quale sarà quella la facciata che il futuro verrà a conoscere? Quale dimenticherà?
La scelta spetta ai giudici della Storia, che decideranno in che modo farle cadere, eleganti e silenziosi.


Mi hanno detto che il re morirà, lo farà domani.
Mi hanno detto che era potente,
che sapeva muover le mani.
Mi hanno detto che il re morirà, lo farà domani.
Mi hanno detto che il mondo finirà,
rimarranno solo animali.

Mi hanno detto che il re morirà, lo farà domani.
Mi hanno detto che pronunciò una profezia,
ma tutti pensarono che fu solo follia.
Mi hanno detto che, perciò, ora è morto,
che riposa sotto un albero,
 cullato dai suoi rami.

Quando l'alba è solo un'altra notte,
lui sa vincere ancora,
facendo nascondere i topi nel buio delle grotte.




Angolo autrice:

Questa storia ha una storia sua, completamente sua.
E' stata scritta in meno di due ore, mentre badavo a due pesti -le mie cugine-; e dopoessere stata finita ha rischiato di morire, cestinata.
 Non mi piaceva, non mi rendeva sicura. Così quando l'ho inviata al contest indetto da Kajii(When the dawn is only another night) neanche l'ho riletta.
 Piccoli appunti:
»Ho usato molti simbolismi con gli animali volutamente, sono dell'idea che i vampiri, in fondo, non siano nient'altro che animali e che Aro abbia, in qualche modo, tentato di elevarli.
»
La storia del gatto e del topo è presa da "Notte al museo 2". Mitico Napy <3.
»
Uccidere Aro, per me, è stato un vero e proprio suicidio. Sappiatelo.
»
Il profumo di lavanda l'ho voluto mettere, non so neanche io perché.
»
Il contest consisteva nell'inserire la frase " Quando l'alba è solo un'altra notte" , creare una storia dai toni cupi e un colpo di scena finale.
Ah, sono arrivata quinta al contest, con 0 alla grammatica XD Eppure sono felice, bhà. Vi lascio il giudizio, sperando in un vostro commento.








 
Quinta classificata

The King will die Tomorrow di princess of vegeta6



Tabella.
Grammatica: 0
Attinenza alle richieste: 50
Lessico: 22
Stile: 41
Originalità: 43
Uso della frase: 17
Aprosdoketon finale: 21
Gradimento personale: 8

Voto finale: 202 su 285



Ecco la fic più deludente dell'anno, la fic più originale e straordinaria, creata in una pappetta di apostrofi sbagliati e segni d'interpunzione, cadaveri, posti a caso nel campo di battaglia del foglio.
Un'aro straordinario, alcune frasi che vibrano di un'energia propria, che volano in alto, che si staccano e tu, con quegli errori patetici, da quinta elementare. Ho letto e ho voluto strozzarti.
Dovevi rileggere assolutamente lalla, assolutamente.
Detto questo la tua fic ha raggiunto duecento, senza un parametro, quindi dovresti essere felice...ma giuro che ti farei scrivere per cento volte i tuoi sbagli.
Come al solito, ti posso solo consigliare di rileggere, perchè gli errori li riconosci, in gran parte, anche da sola, di limare ancora, e di fare penitenza adesso.
Gran bella fic, solito stile avvolgente, grammatica, non ne parliamo.
Un betaggio sarebbe stato l'ideale.
Comunque brava, mi hai conquistato.

PASSIAMO ORA HAI DIVERSI PARAMETRI.

Grammatica: sì, zero in grammatica, tecnicamente erano cinque punti, ma ho voluto penalizzarti (con cinque punti tanto non avresti superato nessuno), passiamo agli orrori che hai scritto:

Di fatti la vita non è nient’altro che un infinita serie di cose relative a se stesse.

Difatti, non di fatti, perchè qui di fatti non ne parliamo;
un infinita serie... e l'apostrofo?

Le macchie di umidità tingevano di verde i mattoni di tufo, erodendoli fino a marcirli, lasciando cresce del muschio viscido, unico abitante di quel luogo.

Infinito di cresco= cresce... lalla rileggi, porca paletta.

Sapete, un Re non muore mai da solo, porta con se tutto ciò che ha creato, tutto ciò che è suo; e come i faraoni facevano seppellire con loro gli schiavi e le mogli, lui decise di portarli all'inferno con se.

Forse non con se, ma con sè?

Il coraggio di poco prima svanì in un'istante, inghiottito dalla paura per la propria di morte. Solo il servo rimase lì, affianco al padrone, inginocchiato e pregando un corpo morto per delle scuse.


Anche se il sevo lo affianca, di solito si dice che è al fianco, quindi a fianco. E come fai a scrivere un'istante con l'apostrofo?
Con questo i mostri sono andati, ma restano le virgole, i punti e virgola da sistemare, ti rifarò ancora un'altra lezione sulle virgole, magari poi ne parliamo insieme.

Attinenza alle richieste: ti sei attenuta alle richieste.

Lessico: lessico alto, studiato e frutto di un buon lavoro di labor limae, tutto si concatena perfettamente, macchina oliata dello scritto.
Mentre leggevo io ero lì con Aro, in quella prigiona putrida dove crescevala muffa e i funghi, ero lì mentre Volterra bruciava, mentre diventava polvere per soggiogare il mondo intero.
Mi hai trasportato nel mondo di Twilight per assistere alla morte di un eroe, di un re, di un Dio, e, con riluttanza, mi hai rigettato indietro in una realtà molto più pacata e tranquilla.

Stile: il tuo solito stile, quei punti precisi, quelle virgole non molto precise, ma che suonano bene, quelle proposizioni quasi serpentose, lunghe e poi corte, poi di nuovo lunghe, poi di nuovo corte, quasi un giro continuo.
In questa fic ho trovato una parte poco capibile, quando gli tagliano le braccia, lì è descritto in modo superficiale, ed è difficile comprendere totalmente la situazione, comunque risaltano frasi come:
La voce che irruppe fu potente e lugubre, simile a delle campane di morte. Felix osservava l'assemblea con sguardo cupo e infischiandosene delle conseguenze delle sue azioni sorrise, guardando il volto del vampiro bruciare nel fuoco, la sua pelle diafana tirarsi ed incenerirsi, gli occhi separarsi poco a poco dalle orbite, le labbra scomparire, lasciando solo un freddo taglio a ghignare.

-Diede vita alla più grande potenza della storia, la fece nascere, crescere, salvando tutti i qui presenti dalla morte e dalla mediocrità, donò civiltà all'animale, lo rese umano, nonostante l'apparenza. Vinse tutte le battaglie, le rese sue, ed ora, per l'ennesima volta, ci prende in giro- pronunciò le parole con calma spettrale, mentre la sua ombra giocava con la luce dorata che proveniva dal falò, proiettando immagini impossibili. Un sorriso, così simile a quello del suo maestro, comparì a solcargli il volto.


O :

Sapete, un Re non muore mai da solo, porta con se tutto ciò che ha creato, tutto ciò che è suo; e come i faraoni facevano seppellire con loro gli schiavi e le mogli, lui decise di portarli all'inferno con se.


E quel finale straordinario:


Aro brucia, Volterra brucia, soccombe alle fiamme primitive, soccombe al volere del suo creatore.
E nell'aria c'è odore di lavanda, quella venduta nella piazza da delle piccole zingare, mentre il cielo si riempie di lui: Aro, pronto, per questa volta, a conquistare eternamente il mondo, spargendosi su di esso come polvere sottile, insinuandosi, finalmente, non solo con le parole.

Alla nostra morte tutte le monete si fermano, rimanendo perfettamente in equilibrio. Quella del bene e del male, quella del buono e quella del cattivo rimangono in mezzo a tutte, impietrite e composte. Quale sarà quella la facciata che il futuro verrà a conoscere? Quale dimenticherà?
La scelta spetta ai giudici della Storia, che decideranno in che modo farle cadere, eleganti e silenziosi.



Originalità: come al solito, originalità al massimo. Un aro straordinario, come al solito la scelta dei personaggi minori, ormai nella letteratura "lallian", grandi dei e costanti. Una volterra, una morte di un vero re, la fine stessa del mondo dei vampiri da lui creata, e quel clima di inquisizione spagnola del seicento, quella tetra paura, quel sorriso sornione sul suo volto.
E quanto terrore, come al solito complimenti lalla, sei capace di rendere tutto unico e speciale .

Uso della frase: la frase è stata integrata bene, diventa una parte della di un discorso più ampio, ma nulla di più, nessun eco nascosto, nessun grande valore, nessuna sorpresa, sono solo parole, parole che però sei riuscita a rendere molto bene. Sopratutto perchè dette da Aro, in quel contesto di morte e di dolore.

Aprosdoketon finale: un bellissimo aprosdoketon, un finale desolante, ma al tempo stesso piacevole, una vendetta su tutti i fronti.
Volterra che brucia, Aro che brucia, uniti insieme, polvere e cenere, per conquistare il mondo.
Il discorso poi dei giudici della storia dà risalto alla sua figura, lo rende un re maestoso, un Re con la r maiuscola e, come tu stessa hai detto, un Dio.
Ho apprezzato la cantilena finale, anche se non in rima, ma sopratuto gli ultimi tre versi:

Quando l'alba è solo un'altra notte,
lui sa vincere ancora,
facendo nascondere i topi nel buio delle grotte.


E' grottesca, quasi piatta, ma incisiva, penetrante; non parla di palazzi, di uomini, o di grandi Dei, parla di topi, e di un conquistatore, di un gatto.
Sono rimasto colpito da questi versi, che a prima vista sembrano smorzare la lettura e l'esaltazione del lettore, ma, subito dopo, risaltano e si imprimono, marcando, la volontà di chi legge.

Gradimento personale: mi hai conquistato con quel:

Aro brucia, Volterra brucia, soccombe alle fiamme primitive, soccombe al volere del suo creatore.
E nell'aria c'è odore di lavanda, quella venduta nella piazza da delle piccole zingare, mentre il cielo si riempie di lui: Aro, pronto, per questa volta, a conquistare eternamente il mondo, spargendosi su di esso come polvere sottile, insinuandosi, finalmente, non solo con le parole.


La grammatica mi ha frenato nel darti di più. ^.^


Complimenti lalla.

Il banner l'ho modificato io ^^
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