Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Eleonora Bonora    30/12/2017    0 recensioni
Estratto dalla storia
«E' davvero questo il modo in cui vuoi rendere fiero tuo padre?»
«No, tu non capisci: non ho altra scelta.»
«Tu non sei così e lo sai bene.»
«Lui è mio padre, è mio dovere rispettare le sue scelte.»
«Caleb, lui è malato.»
La fissò, guardava i suoi occhi chiari e cercava le cose giuste da dire. Ma scelse la codardia e scappò.
«No, ascoltami: dimentica. Dimentica tutto quello che ti ho detto. Non avresti dovuto sapere nulla.»
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Caleb Il ragazzo continuava a guardare il suo orologio: erano le 11:15 e aveva dieci minuti per tornare a casa. Adam non sarebbe sorvolato sul suo ennesimo ritardo. Doveva trovare un'altra scusa per lasciare la lezione in anticipo, mezz'ora prima che finisse. Era stufo di questa noiosa routine. Una volta tornato a casa, avrebbe dovuto aiutare Bonnie che ancora non era sciolta nei suoi movimenti. Cosa doveva saperne lui? Il tempo stava scorrendo e i minuti rimasti erano sei. Non faceva che torturarsi le labbra con fare nervoso. I denti facevano una forte pressione sul labbro inferiore e capì di doversi sbrigare quando iniziò a sentire un leggero sapore di sangue in bocca. Non sarebbe mai arrivato in tempo. Si alzò senza dire una parola e uscì dall'aula, sotto il severo sguardo del professore che ormai non chiedeva più il motivo di tutte quelle uscite anticipate. «Hey Caleb!» una voce fece fermare il ragazzo che era quasi arrivato all'uscita. Si girò verso la figura familiare che l'aveva richiamato. «Blake» Blake era uno dei suoi migliori amici: lo conosceva da circa tre anni. Era alto, biondo, palestrato; quello che si potrebbe definire un ragazzo modello sia caratterialmente che fisicamente. Caleb sapeva tutto di lui: suo padre era un poliziotto, quando aveva cinque anni era scappato di casa per vivere avventure, insomma, cose di ogni genere. Il problema era che Blake conosceva solo un terzo della vita dell'amico, o meglio, conosceva solo un terzo di verità: sicuramente non sarebbe mai venuto a sapere del modo in cui Adam si procurava da vivere. «Che mi racconti, amico? Salti le lezioni eh?» «Potrei dirti la stessa cosa, amico» rispose con un sorrisetto beffardo. «Giusto.» Caleb aveva due scelte: poteva dedicare un po' di tempo al suo amico, oppure andare via di corsa nella speranza di arrivare in tempo a casa, ma non sarebbe mai riuscito a correre tanto veloce, quindi optò per scambiare qualche parola con Blake. «Qualche novità?» «In realtà no, sempre la solita routine. Mio padre è impegnato col lavoro e io devo tornare a casa per stare con la mia sorellina» «Avevo capito che per questa settimana qualcun altro gli avrebbe coperto il turno.» «Sì, in teoria sarebbe dovuto essere così, ma devono fare un'ispezione in un locale di cui hanno sentito parlare da diverse persone e, da quanto hanno sentito dire, conviene essere in tanti perché il proprietario è piuttosto violento e dicono che non sia solo» spiegò il biondo. «Che tipo di locale?» domandò senza accorgersi di star trattenendo il respiro. «Uno in America Avenue, da quanto ho capito si trova nel seminterrato di un vecchio bar ormai chiuso da tempo. Dovrebbe esserci un'entrata dal retro per accedere al locale.» Quello di cui stava parlando era senza dubbio il locale di suo padre, in cui sarebbe già dovuto essere arrivato da svariati minuti. Doveva andare subito a casa e nascondere tutto ciò che dimostrasse la verità. «Ah capito, sono già là quindi?» «No, non ancora, ma credo che partiranno a momenti quindi mi devo dare una mossa e tornare a casa.» Caleb ringraziò mentalmente l'amico che gli aveva appena tolto il problema di congedarsi. Lo salutò e velocemente tornò per la sua strada, intento a tornare a casa il più presto. Era di fronte all'alto palazzo, forse uno dei più alti del quartiere, ma anche uno dei più trasandati: d'altronde, il quartiere in cui viveva, non era famoso per la sicurezza o per l'educazione dei ragazzi che ci vivevano. I muri erano decorati da una miriade di graffiti, ma si intravedeva ancora il colore nero che anni prima ricopriva il palazzo. Si diresse verso il retro cercando di evitare la spazzatura buttata per strada ed entrò di corsa sperando che ciò che poteva evitare dicendo a suo padre dell'ispezione a sorpresa evitasse che quest'ultimo lo cacciasse di casa. Entrando, vide che Adam non era presente, perciò corse il più veloce possibile al piano di sopra arrivando davanti alla porta della casa col fiatone. «Finalmente!» esclamò Adam che, come previsto da Caleb, era molto più irritato del solito. «Finiscila, sai che ho una vita al di fuori del locale.» «A me non interessa, tu sai che questo» con le braccia indicò il locale «è l'unico modo che abbiamo per vivere e per pagare la tua scuola» In quel momento gli venne voglia di lasciare che la polizia scoprisse tutto, perché Adam non aveva ragione: New York era piena di opportunità di lavoro e Caleb sapeva che della sua scuola non importava nulla a suo padre. In realtà, Adam, non capiva perché il figlio avesse scelto di studiare medicina, quando entrambi sapevano che il ragazzo sarebbe rimasto ad aiutare il padre. Ma alla fine decise che non poteva permettersi di vedere suo padre arrestato; probabilmente avrebbero arrestato anche lui: certo, il locale era di suo padre, ma lui aveva contribuito a tutto, soprattutto ai rapimenti delle ragazze. Proprio per questo motivo se le sarebbe ritrovate tutte contro. «Stanno venendo per un'ispezione.» buttò fuori. Adam si accigliò e il suo sguardo passò da arrabbiato a spaventato. «E tu come lo sai?» «Ti importa?» «E ora dove le nascondo? Le donne sono sempre solo un casino: inutili e portano solo casini; anche quando le usi per i tuoi scopi» Improvvisamente gli venne in mente del luogo in cui si nascondeva sempre da piccolo, a casa del suo amico dell'asilo: era un seminterrato nel quale si accedeva tramite una botola nel pavimento. Nei vecchi palazzi era quasi sempre presente e, forse, avrebbe potuto salvarli, se ci fosse stato anche lì. «Vieni» Caleb si fece strada nel locale mentre Adam sbatté violentemente la porta evidentemente irritato dal fatto che il figlio non gli stesse dando alcuna spiegazione. Lo sguardo dell'uomo mutò velocemente nel momento in cui si rese conto che il tempo a loro disposizione era sicuramente molto poco; era uno sguardo cupo, preoccupato, completamente diverso dal solito viso corrucciato e costantemente arrabbiato. In fondo, era un uomo anche lui, nonostante la sua umanità fosse minima. Mentre il ragazzo cercava un posto dove potesse trovare la botola, sentì il padre mormorare che le donne creavano solo problemi. Non era per niente d'accordo con questa affermazione: le donne erano importanti tanto quanto gli uomini e che non erano tutte uguali, ma non provava mai a parlarne con lui siccome non avrebbe mai capito. Quel pensiero era una costante nella mente di Adam e niente gli avrebbe mai fatto cambiare idea. Gli occhi del ragazzo caddero sul bancone del bar, o meglio, sul suo retro. Era un ottimo posto no? Dirigendosi verso il luogo che avrebbe potuto salvarli informò suo padre che era tutto risolto. «Ringrazia che il locale sia un edificio vecchio» disse a voce abbastanza alta. «Cosa vuoi dire?» ricevette di rimando. «C'è una botola che porta alla cantina, ma è quasi invisibile: si confonde col pavimento scuro. Falle andare lì.» «E cosa centra col fatto che il locale sia vecchio? Stiamo parlando di persone che hanno a che fare con queste cose quotidianamente.» precisò Adam. Caleb lo sapeva, ma questa era l'unica soluzione che potesse funzionare e non restava altro da fare che provarci. Per non lasciar trasparire alcuna insicurezza, rispose semplicemente, cercando di essere sicuro di sé «Lascia fare a me.» Vide suo padre annuire. «Sappi che questa cosa è diventata a carico tuo, perciò pagherai le conseguenze che ci saranno semmai non dovesse funzionare. Chiaro?» No, non era chiaro: se tutto ciò stava succedendo, era colpa di suo padre e non sua. Se mai li avessero scoperti, sarebbe stata solo colpa di suo padre. Caleb stava semplicemente facendo quello che era in suo potere per far sì che entrambi potessero avere i soldi per vivere. Ovviamente sapeva che tutto ciò non aveva senso, ma, seguendo un suo filo logico, il ragazzo era riuscito a convincersi che fosse giusto. Ancora assorto nei suoi pensieri, scese al piano di sotto per controllare cosa lo aspettasse. Vide che l'ambiente era abbastanza grande, ma sarebbe stato impossibile che i poliziotti non vedessero quella botola; suo padre aveva ragione: loro avevano a che fare con queste cose quotidianamente, specialmente in una cittadina come New York, dove queste cose erano all'ordine del giorno. Sperava di non dover lasciare le ragazze troppo a lungo in quel posto: la temperatura era davvero bassa e se Adam non le avesse uccise per un'attacco d'ira, sicuramente sarebbero morte per ipotermia. Stava per tornare al piano di sopra deluso, ma notò una fessura dietro ad un vecchio scaffale impolverato. Ci si avvicinò e lo spostò trovandolo particolarmente pesante. Scoprì una stanza molto più grande di quella in cui si trovava prima. Perfetta per nascondere tutte le ragazze. Tornò nel locale soddisfatto. «Seguitemi.» ordinò. Le ragazze obbedirono senza opporsi. C'era talmente tanto silenzio che si sarebbero potuti sentire i battiti dei loro cuori. «Entrate ed evitate di fare rumore. Fidatevi, vi conviene.» Una volta che tutte furono dentro, spostò a fatica lo scaffale e le lasciò lì, sperando che nessuno le trovasse. Caleb tornò di sopra. «Dovremmo essere tranquilli.» affermò. «Dovremmo? Caleb, ci serve certezza non dubbio.» suo padre alzò il tono della voce. «Sono sicuro.» confermò più convinto. Pochi minuti dopo qualcuno bussò pesantemente alla porta al ché, a Caleb venne in mente una cosa. «Io non posso stare qui.» «Cosa vuol dire? Te ne vuoi andare per evitare casini e lasciare il problema a me, non è vero?» «No. Ma c'è il padre di un mio amico, mi riconoscerebbe.» Dopo un leggero cenno del capo di suo padre, corse al piano di sopra. Fino a quando i poliziotti non fossero andati via, non avrebbe saputo se il suo piano, se così si poteva definire un'idea dell'ultimo momento, avesse funzionato. Non gli restava altro che sperare. Si coricò sul suo letto, nella sua vecchia e spaziosa camera che gli portava alla mente troppi ricordi. Ormai aveva assunto la capacità di reprimere i pensieri che non facevano altro che farlo annegare in un mare mosso da una tempesta che non poteva fermare. La sua mente si soffermò qualche istante su una figura femminile dai capelli biondi, dal carattere incredibilmente forte, dagli occhi pietrificanti. Anche se non lo dava a vedere, adorava quando Bonnie dava risposte pungenti a suo padre e a lui. Ultimamente non lo aveva più fatto e, nonostante non volesse ammetterlo, gli mancava quella che ormai era diventata la sua distrazione dalla realtà. Si voltò su un fianco cercando di nascondere il lieve sorriso che era comparso sulle sue labbra.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Eleonora Bonora