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Autore: Mikirise    01/01/2018    1 recensioni
Tony ha incontrato Steve a 17 anni. Quando si sono sposati, aveva 21 anni. Adesso ha 24 anni e nessuno dei due vorrebbe davvero divorziare.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“But if you want to leave, you can. I’ll remember you. I remember everyone that leaves.”






 

I Consulenza di coppia



Thor fa scivolare la punta della matita sul foglio, arricciando le labbra, per poi alzare lo sguardo su Anthony e Steven, seduti nervosamente su una poltrona davanti a lui. Steven prende un respiro profondo e sembra voler dire qualcosa ad Anthony ma, per qualche stranissima ragione, nel momento in cui i loro sguardi si incrociano, tace e abbassa gli occhi.

Anthony si gratta il pollice e continua a guardarsi le mani, mentre il silenzio nella stanza continua a prendere tutto lo spazio possibile tra loro due. Thor li osserva e continua a disegnare sul foglio bianco del quaderno. “Potreste raccontarmi il motivo di un tale litigio?” chiede, schiarendosi la voce e accavallando le gambe. Inclina la testa e poi torna a disegnare. Sente Steven sospirare, mentre si accarezza le palpebre con una sola mano. Si muovono ancora una volta, nervosamente, guardando ovunque nella stanza che non sia l'altro. Thor annuisce lentamente e continua a disegnare. Crede che sia quella che Jane ha chiamato papera giorni prima. “Cosa avete fatto nell'ultima settimana?” chiede, grattandosi una guancia e lanciando loro un altro sguardo d'attesa.

È Anthony a prendere la parola ancora una volta, mentre si gratta il pollice. “Siamo andati a una mostra” risponde, sbattendo velocemente le palpebre. “Un salone per far conoscere degli artisti emergenti. Steve ne era entusiasta.”

“Tony non ne capiva molto” completa Steve, con un sorriso nascosto tra le dita. Gli lancia anche un'occhiata veloce, e il suo sguardo si addolcisce di quell'affetto che sembrava essere scomparso pochi attimi prima. Anche Anthony sorride, ma i suoi occhi rimangono fissi sul pollice che continua a grattare ininterrottamente. “Abbiamo passato la serata a bere vini troppo invecchiati e a parlare.”

“Steve è un ottimo insegnante . Forse è per questo che i ragazzi di Xavier lo adorano così tanto. Gli ho potuto fare qualsiasi domanda, e lui sapeva rispondere e non smetteva più di parlare. Nel senso. È un po' come ascoltare un genio nel suo habitat naturale.” L'unghia che gratta il pollice si ferma e Anthony aggrotta le sopracciglia. “Un po' come ascoltate me.” Scuote leggermente la testa e sospira. “C'è questo artista, che ha iniziato facendo graffiti a Brooklyn e Steve è rimasto a guardare questo enorme dipinto di una strada in cui era cresciuto. Mi pare che sia stata distrutta, giusto? Una bonifica di quartiere. E Steve ha detto: da qui sembra ancora viva. Io non ne capisco di arte, e devo essere stato un po' brillo ma, devo dire che è un dipinto che piace molto anche a me. C'erano molti critichi d'arte, molti artisti. Jubilee ad un certo punto ha preso Steve per il braccio e lo ha portato a fare un giro per la sala e per presentargli un po' tutti. Tutti i pezzi grossi, in pratica. Sono importanti i pezzi grossi. Soprattutto se si ama l'arte come lui la ama. Steve ama tremendamente l'arte. Fa parte di lui in maniera inoppugnabile. È uno dei motivi per cui ho scelto di passare la vita con lui. Lui è arte e ama l'arte. Io l'arte non la capisco e quindi ciccia. Ma, voglio dire, quel luccichio negli occhi. Quello. Quello non lo puoi rubare a nessuno, sai?” Anthony sospira, passandosi una mano trai capelli, forse, volutamente, bloccando la porzione di campo in cui si trova Steven, che gira lentamente lo sguardo verso di lui, nella speranza di trovare qualcosa che non sia un gomito a dividerli. “Era uno dei motivi. E lui comunque era felice e contento con Jubilee, coi ragazzi, e sembrava essere a suo agio e io ho pensato -non lo so cosa ho pensato. Ho pensato okay. E mi sono guardato intorno e ho aspettato. Era veramente una bella mostra.”

“Dalla quale te ne sei andato” incalza Steve, inclinando leggermente il tronco verso di Anthony che registra velocemente il movimento e si tira indietro con discrezione. Tanta discrezione che un occhio non esperto, forse come quello di Steve in questo momento, accecato da una rabbia ferita, non lo avrebbe notato.

“Io non la capisco l'arte” sbotta Anthony, incrociando le braccia. “L'arte non è una cosa mia. Non la capisco, probabilmente non la capirò mai, probabilmente in quel preciso momento non mi sentivo a mio agio io non -non ti saprei dire, va bene? Magari c'è stato qualcosa che -Steve, io sentivo di non dover essere lì, okay?”

“E quindi te ne sei andato?” chiede ancora Steven. “Senza dire niente, senza lasciare detto niente a nessuno. Io pensavo che -come potevi pensare che io non mi preoccupassi?” Si gratta nervosamente la testa e sembra star lottando per continuare a parlare. Calcola quanto gli convenga. Quanto sia utile. “È scomparso, okay? Se n'è semplicemente andato. L'ho cercato ovunque, ho chiesto a tutti, ho fatto il giro dell'isolato e l'unica cosa che riuscivo a pensare era -ero preoccupato. Ero davvero preoccupato.”

“Io non -” Anthony si stringe nelle spalle, gira di poco la testa verso Steven, ma non crede di avere ancora il coraggio di un confronto diretto. Sospira e decide di continuare a guardare verso qualsiasi altra cosa all'interno della stanza. C'è una vecchia foto di qualcuno che nessuno nella stanza conosce. Thor è affascinato dal pensiero di fotografie di perfetti sconosciuti nelle cornici in vendita. Jane lo trova odioso. Anthony, per quello che vede, lo trova distraente.

“Tu non. È questo il problema. Tu...” Si blocca anche fisicamente, posando una mano sulla bocca, come a volersi imporre il silenzio. Poi scuote la testa. “Comunque dopo ore a cercarlo, torno al nostro appartamento e c'è il quadro che avevamo visto, attaccato al muro. E lo so che doveva essere un bel gesto, ma la cosa mi fa arrabbiare. Perché nell'appartamento c'è qualcosa che Tony ha lasciato per me, ma non c'è Tony, lo capisci? Lui non...”

“Io devo...”

“No, tu non devi proprio niente.”

Io,” ripete con ancora più forza Anthony, slacciando le braccia incrociate e prendendo un respiro profondo. “Io devo prendermi cura della compagnia di mio padre. E tu lo sai. Lo sai benissimo che devo farlo, lo sai benissimo che è uno dei miei compiti e sai benissimo che questa cosa,” gesticola vagamente, “è l'unica cosa che posso fare. E che mi porta via tempo. Sì, okay, va bene. Come tutto. Ma lo sai che è l'unica cosa che posso fare.”

“Per fare cosa? Rendere fiero tuo padre? Beh, sai che ti dico, Tony? Anche se fosse -anche se fosse, che importa? Come puoi rendere fiero di te un uomo morto?”

Anthony ride amaramente e si posa una mano sulla fronte. “Oh, certo. L'orgoglio del padre. È di questo che pensi che io stia parlando. Senti, capitano so qualunque cosa, ora ti dico un segreto, non è certo per rendere fiero mio padre che porto avanti le Stark Industies.”

“Ah, sì, davvero? Allora il motivo? Il motivo quale sarebbe? Perché ti piace andare a degli incontri con persone ben vestite che capiscono la metà di quello che dici e che provano a dirti tutto quello che devi fare? È questo? O, aspetta, non lo so, startene tutto il giorno in un ufficio che detesti a, cos'è che fai?, firmare scartoffie? Tu adori farlo, certo.”

Anthony accavalla le gambe e, nel farlo, sembra allontanarsi impercettibilmente da Steven che questa volta se ne rende conto. Per un microsecondo indossa un'espressione disperata, rendendosi conto di quanto la sua mano voglia muoversi per arrivare al braccio di Anthony. Ma la mano non si muove e Anthony rimane lontano da lui.

“Non...” Steven deglutisce, lanciando uno sguardo in basso, verso i cuscini della poltrona. “Non mi darebbe fastidio che tu abbia il tuo tempo a lavoro se solo ti rendesse felice. Ti ricordi? I tempi del laboratorio? Non mi darebbe fastidio se almeno sapessi che sei imbrattato di olio dalla testa ai piedi, costruendo qualcosa in cui credi, facendo qualcosa che soltanto tu puoi fare. Che sei felice.” La sua voce è bassa, sottile. Sembra ancora sforzarsi di parlare, come se qualsiasi frase da lui detta fosse sepolta all'interno di lui e lui avesse giurato di non farla mai uscire. Steven ci sta genuinamente provando, cosa che comunque non si può dire di Anthony, che rimane chiuso, anche fisicamente, con la sua distanza.

Steven e Thor rimangono in attesa di una risposta, che però non arriva. Da parte di Anthony c'è un silenzio ostinato. Riprende piuttosto a grattarsi il pollice, come gesto nervoso dietro il quale si nasconde. Steven si lascia sfuggire un sospiro frustrato, tirandosi indietro, verso il lato opposto del divano.

“Perché sei scappato dalla mostra, Anthony?” chiede dopo qualche secondo Thor, inclinando la testa.

Anthony aggrotta le sopracciglia, lanciandogli uno sguardo. “Non me la sentivo di rimanere lì” risponde e potrebbero esserci centinaia di giustificazioni a questo, ma lui non ricorre a nessuna. Sbatte le palpebre e torna in silenzio.

“Non hai pensato che Steven potesse notare la tua assenza?” chiede ancora Thor e Anthony inclina la testa, dimostrando la sua completa confusione ad entrambi gli uomini nella stanza.

“Perché avrebbe dovuto notare la mia assenza?” chiede, come se anche soltanto l'idea di uno Steve mancante di qualcosa fosse un'dea assurda. “Era in un bellissimo posto, che amava. Perché avrebbe dovuto notare la mia assenza?” chiede.

Steven gira tutto il busto verso di lui e sbarra gli occhi. “Sei mio marito” sussurra. Si avvicina a lui quel tanto che basta per fare in modo che il loro calore potesse toccarsi. “Io sono tuo marito. Come puoi pensare che -come puoi credere che non mi mancheresti mentre visitiamo una mostra? Come...? Che razza di...?”

Anthony sbatte ancora una volta le palpebre. “Certo” mormora, prima di annuire. Sembra star cercando di ricordare qualcosa, di vedere con la mente un documento, o una fotografia. Delle memorie sfocate. Apre il palmo della mano sulle proprie ginocchia e lancia sguardi veloci all'anello che porta al dito e poi a Steven, che cerca ancora parole nell'aria, dove non le troverà mai. “Perché io sono parte di te” continua a mormorare Anthony. Ci sono sinapsi nel suo cervello, rapidi e in un certo senso visibili nei suoi occhi. Pensa velocemente. Apprende lentamente le faccende umane. “E tu di me.”

“E se non ci fossi, mi mancherebbe una parte di me” spiega Steven, prendendogli la mano e portandosi davanti alle labbra le nocche. “È questo che intendevo quando ti ho sposato.”

Anthony sembra ancora confuso. si guarda intorno e annuisce. “Mi dispiace di essere scappato dalla mostra” dice a bassa voce. E Steven sorride e gli bacia ancora una volta le nocche delle mani.

Sono, comunque, ben lungi dal risolvere i loro problemi, pensa Thor, abbassando la testa e tornando a disegnare sul foglio bianco.





 
  
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