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Autore: EngelDreamer    01/01/2018    3 recensioni
-prima che voi mocciosi ve ne andiate, vi comunico che dovrete fare una tesi di gruppo che sarà materia d'esame. Il lavoro sarà alquanto libero, voglio vedere se siete capaci di tirar fuori qualcosa di accettabile senza troppe indicazioni, vi scegliete una tematica o un autore in particolare e l'approfondirete. I gruppi saranno formati da tre persone e sono stati già formati da me. Sulla lavagna sono scritti i nomi, cercate di non fare chiasso mentre venite a leggerli-.
...
Quando Katsuki aveva iniziato ad individuare per la prima volta le varie tendenze di Akemi, dovute a questa sua voce narrante interiore che la colpiva in qualsiasi momento, l'aveva trovata strana ed anche un po' noiosa.
Ma, ora, la sua idea iniziale era cambiata notevolmente.

•NoQuirk!AU dove i personaggi hanno dai venti anni in su e sono alle prese con l'università e la loro crescita interiore.
[Principalmente: Bakugou x OC; KiriKami; TodoDeku; SeroMina; IidaOcha; OjiKure; MomoJirou.
Accenni a: Todoroki x OC (one side); BakuDeku; HitoDeku]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Nuovo personaggio, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Oltre ciò che gli occhi vedono

{ Un intero universo si staglia dentro la mente umana }


Prologo

Si svegliò con l'insistente rumore della sveglia che suonava Burn it down dei Linkin Park e, se non fosse partita dal suo cellulare, era certa che l'avrebbe scaraventata a terra senza alcuna esitazione pur di farla smettere e poter tornare a dormire, cullata dal piacevole tepore delle coperte, ma purtroppo non poteva e quell'affare infernale non si fermava e continuava imperterrito a suonare quella che una volta era stata una delle sue canzoni preferite, ma che adesso era diventata un supplizio bello e buono per le sue orecchie. Si tirò su scostando le coperte di un pallido rosa ed osservò l'ambiente intorno con gli occhi appannati dal sonno e dalla miopia.
Yumemori Akemi aveva venti anni e non era mai stata un ragazza di spiccata bellezza. Aveva i capelli castani, lisci come fili d'erba, tenuti lunghi fin sopra al fondoschiena, e questa loro lunghezza li faceva ricadere sempre senza un minimo di volume sul suo viso tondeggiante e dalle guance rosee. Il resto della sua pelle era pallida, come se il sole non fosse mai riuscito a raggiungerla per darle un colorito un po' più vivo ed il suo fisico era di corporatura normale, con solo un po' di pancia dovuta all'estrema golosità che l'aveva sempre accompagnata fin da bambina, ma che rimaneva tonico su braccia e gambe grazie alle giornate passate in palestra. Luogo da lei odiato a causa della sua pigrizia, ma dove il desiderio di essere forte ed in grado di buttare a terra con una sola mossa chiunque osasse attaccarla l'aveva portata ad iscrivercisi per fare pesistica ed aggiungere qualche muscolo in più per rendere le sue basi di karate, sport che aveva praticato fino all'anno precedente, più efficaci.
I suoi occhi erano verdi, ma cambiavano di sfumatura, scurendosi o schiarendosi, in base all'intensità della luce presente nell'ambiente circostante, proprio come faceva il suo atteggiamento in base alle persone con cui si trovava ad interagire. Erano dei begl'occhi quelli, glielo si doveva concedere, che sembrava guardassero il mondo con lo sguardo curioso e fantasioso di un bambino durante le sue prime scoperte, analizzandolo in ogni particolare con innata sensibilità e stupendosi per ogni piccola cosa senza eguali, come se il fanciullino di cui Pascoli parlava, in lei fosse più spiccato che mai, ma essi erano anche resi più piccoli della norma e forse un po' meno piacevoli a causa degli occhiali da vista che doveva portare perennemente se voleva vedere più in là del suo naso, occhiali che si trovavano, in quel momento, sul comodino bianco neve accanto al letto, vicino all'iPhone che ancora intonava la canzone che l'aveva fatta svegliare. Li prese, raccattando anche la pezza che usava per pulirli e poi se li mise su quel naso a patata che si ritrovava, riuscendo finalmente a focalizzare ciò che aveva intorno. Portare gli occhiali non le era mai dispiaciuto più di tanto, inoltre la montatura che aveva scelto, grande, nera e lucida, le piaceva, però a volte non poter vedere chiaramente il mondo che la circondava senza di essi l'intristiva un poco, perché sembrava che questa situazione volesse ricordarle che non poteva vivere senza essere dipendente da qualcosa.
Posò i piedi sul parquet e finalmente si alzò pronta ad andare in bagno per farsi una doccia veloce prima di fare colazione. Quel giorno sarebbero ricominciati i corsi della sua università e, anche se era il suo secondo anno, le emozioni che provava, un misto di ansia ed entusiasmo, erano forti quasi quanto il suo primo vero giorno lì.
Akemi frequentava l'università di filosofia e storia in quella città dove non era nata e condivideva un appartamento con due sue vecchie compagne di liceo che avevano deciso con lei di trasferirsi lì per seguire i loro studi. Seppur le fosse sempre piaciuto stare da sola, quella convivenza non le dispiaceva affatto, le due erano sue care amiche, le uniche con cui aveva mantenuto un rapporto stretto per tutto il periodo delle medie e delle superiori ed anche le uniche a cui il suo carattere introverso e perennemente sulle nuvole sembrava andar bene anche se le loro personalità erano praticamente l'opposto.

Dopo essere uscita dalla doccia ed essersi infilata in una semplice felpa color terra bruciata ed un paio di skinny jeans, perché non aveva alcuna voglia di vestirsi in modo più curato di mattina, entrò in cucina e lì vide le sue due coinquiline, sedute sul tavolo in legno, già intente a fare colazione.
-Buongiorno Yume-chan- la salutò una di esse con il sorriso caldo e gentile che da sempre sfoggiava come il più bello dei gioielli, il vestito color pastello ad avvolgerle la vita sottile e ad enfatizzarle il seno. Ella aveva la pelle lievemente abbronzata, con le gote arrossate naturalmente di rosa, e con gli occhi, due pozze color cioccolato, tonde, grandi e luminose, a rendere il suo viso ancora più bambinesco di quel che già era, accentuando la dolcezza che aveva nell'animo ma nascondendo quella forza e quella determinazione fuori dal comune che la spingeva sempre a dare il massimo per raggiungere i suoi obbiettivi. I capelli erano anch'essi castani, lunghi fino alle spalle e con due ciocche più lunghe sul davanti, e le contornavano il viso paffuto in un modo così grazioso che più che una bambina forse sembrava una vera e propria bambola, talmente fragile da poterla rompere con un solo tocco di troppo. La realtà era che fragile non lo era per niente, questo Akemi lo sapeva, ma il suo aspetto e l'atteggiamento mite ed amabile non facevano altro che celarlo. Uraraka Ochako, così si chiamava, le spostò la sedia accanto a lei per farla sedere ed Akemi la risalutò con un "'giorno" detto sbadigliando ed un sorriso un po' stanco.
Dall'altra parte del tavolo, Hagakure Tooru, si alzò allegramente dalla sedia per darle il buongiorno abbracciandola, trascinando Akemi in tutta la sua vitalità e facendola svegliare un po'. Hagakure, parlando prettamente di aspetto fisico, era l'esatto opposto delle sue coinquiline: aveva infatti i capelli di un biondo chiarissimo che le circondavano il visetto vivace con delle leggere onde, lunghe fin sotto le spalle, e gli occhi di un tenue azzurro chiaro, quasi trasparente, come a far intendere che tutto ciò che le passava per la testa e per il cuore si potesse leggere limpidamente in essi come se ci si stesse trovando davanti ad un libro aperto. La sua pelle aveva un pallore quasi spettrale, tanto da fare concorrenza alla stessa Akemi, e la faceva sembrare quasi invisibile e, nonostante la sua personalità frizzante e perennemente entusiasta, riusciva sempre a passare inosservata agli occhi degli altri, come se, per qualche strana ragione, invisibile lo fosse per davvero. Forse era per il desiderio di essere notata dal resto del mondo che i suoi vestiti avevano sempre tonalità brillanti, in contrasto con l'evanescenza dei suoi colori naturali, come la maglietta bianca con le maniche color rubino che indossava adesso, accompagnata da collant a righe dei medesimi colori e la gonna di jeans blu scuro.
-Pronte per un nuovo anno di studio e lavoro?- chiese la bionda pimpante, tornando a sedere al suo posto per finire di mangiare le sue brioche alla vaniglia.
-Come no- soffio sarcastica Akemi, prendendo una fetta di pane ed iniziando a spalmarci sopra della Nutella. -L'idea di tornare a frequentare le lezioni mi piace, ma se penso che dovrò passare interi pomeriggi sui libri invece di leggere o scrivere o guardare Anime mi butterei dalla finestra- aggiunse per poi addentare il pane. Effettivamente Akemi non aveva mai amato studiare, le piaceva sapere le cose, fare ricerche, avere un minimo di cultura, quello sì, specialmente se si trattava di filosofia o letteratura, ma memorizzarle no, quello proprio non le piaceva anche perché ci metteva un sacco di tempo e finiva per scordarsi la maggior parte dei concetti in un lampo, rendendo vano qualsiasi sacrificio fatto.
-Almeno tu non devi anche lavorare- disse Uraraka, la voce sempre gentile, passando alla castana una tazza rosa confetto con dentro il suo cappuccino. Non che le dispiacesse lavorare, fare la cameriera in quel bar ad un quarto d'ora di pullman di distanza dal loro appartamento le piaceva, nonostante lo dovessere fare più che altro per non pesare economicamente sui suoi genitori, dopotutto lì poteva conoscere gente nuova e scambiare un paio di chiacchiere con chiunque avesse voglia, ma doveva ammettere che questo aveva però anche delle ripercussioni sui suoi studi.
-Io non vedo l'ora di ricominciare, poi il professor Yamada è davvero fantastico, fa morire dal ridere anche quando spiega, vero Ochako?- affermò Hagakure per poi rivolgersi ad Uraraka.
-Sì infatti, fa sembrare lo studio quasi divertente- rise finendo la sua fetta di pane e marmellata.
Akemi le guardò poi scherzare su una vecchia battuta di quello che era ormai diventato il loro professore preferito, rimanendo in silenzio a bersi il suo cappuccino, e pensò che l'università che si erano scelte fosse veramente adatta a due personalità come le loro, sempre allegre e vogliose di parlare con qualsiasi essere vivente dotato di respiro. Sia Uraraka che Hagakure frequentavano, infatti, l'univeristà di scienze della comunicazione, situata vicino al bar dove Uraraka aveva trovato lavoro, e sembravano trovarsi veramente bene lì, sia con le materie sia con i professori.
-Va bene ragazze, io devo andare altrimenti faccio tardi. Ci vediamo questa sera!- le salutò Akemi alzandosi dal tavolo dopo aver guardato l'ora sul grande orologio appeso sopra al frigo che segnava le otto e mezza. Le due la salutarono a loro volta mentre la ragazza raccattava in fretta il suo zaino grigio con attaccato un portachiavi di stoffa a forma di bruco verde e si infilava la sua giacca di un caldo marrone, la grande sciarpa rossa e gli anfibi neri.

Quando si trovò sul marciapiede ricoperto da alcune foglie secche, si rese conto che faceva davvero freddo, quella mattina, ma dato che nella zona in cui si trovavano già dall'inizio di Settembre le temperature iniziavano ad abbassarsi notevolmente non era strano che l'aria mattutina fosse particolarmente rigida. Ad Akemi non dispiaceva tutto quel freddo, era sempre stata più una ragazza da inverno che da estate ed aveva deciso di andare a frequentare l'università lì anche per questo, oltre per il fatto che fosse una delle migliori in assoluto, con insegnanti preparatissimi non solo sulle materie proprie dell'università, che erano appunto la filosofia e la storia, ma anche sulla letteratura, locale e straniera, che, grazie ad uno dei migliori professori in circolazione, Aizawa Shouta, veniva insegnata come se si stesse frequentando un'università di lettere ed aveva anche la stessa importanza. Lo studio in quel modo risultava molto più pesante, era vero, ma infondo le andava bene così.
Intanto, mentre cercava di districare i suoi auricolari per ascoltare un po' di musica, sentì una voce maschile chiamarla alle sue spalle. -Yume-chan!- aveva urlato con allegria e allora lei si era voltata, lasciando perdere le cuffiette, trovando un cespuglio di capelli neri e due grandi e lucidi occhi verde bosco che le venivano incontro in tutta fretta. Midoriya Izuku, imbacuccato nel giubbotto grigio e nella sciarpa dello stesso color verde scuro dei suoi occhi, le sorrise gioviale da lontano, con quel sorriso a trentadue denti che sapeva fare solo lui, ed arrestò la sua corsa solo quando le si trovò davanti, aggiustando poi il grande zaino che aveva in spalla e che stava per cadergli e dando il tempo ad Akemi di pensare che il ragazzo che l'anno scorso non riusciva nemmeno a parlarle tanto provasse imbarazzo nel rivolgere la parola ad una ragazza, ora era cambiato notevolmente, diventando molto più aperto.
Dopo aver ripreso anche un po' di fiato, lui le rivolse un caloroso buongiorno, puntando i suoi occhioni in quelli di lei mentre il sole mattutino gli illuminava dolcemente la pelle rosea, quasi come se volesse carezzargliela con amore, e le lentiggini gli puntellavano le gote donandogli un'aria talmente adorabile che Akemi dovette trattenere l'impulso di abbracciarlo.
-Ehi, Mido, dormito bene?- gli chiese sorridendogli a sua volta ed iniziando a camminare insieme a lui verso l'università.
-Non ho dormito molto, in realtà, ero troppo emozionato all'idea di ritornare, non mi sono ancora abituato all'università nonostante sia passato un anno, poi non vedevo l'ora di riascoltare le lezioni di storia del professor Toshinori, lui è davvero bravissimo, mi fa amare ancora di più questa materia-- iniziò a sproloquiare come era solito fare quando era nervoso, gesticolando con quelle sue mani piccole e piene di cicatrici, dovute agli allenamenti di boxe che aveva preso durante le superiori e che non accennavano ad abbandonarlo. Ad Akemi sembrava veramente buffo quando faceva in quel modo, un bambino troppo cresciuto che era alto più o meno quanto lei e che non faceva altro che sprizzare tenerezza da tutti i pori. Se fosse stato etero lo avrebbe visto benissimo insieme ad Uraraka, avrebbero sicuramente vinto il premio di coppia più dolce al mondo senza problemi, ma etero non lo era ed Akemi cercava ancora qualcuno di adatto con cui poterlo accoppiare, essendo lei perdutamente innamorata dell’amore e delle coppiette felici e ricercando questo sentimento in ogni persona che le si parava davanti. -Oh guarda c'è Todoroki!- terminò il suo monologo indicando un punto davanti a sé dove si trovava il sopracitato Todoroki Shouto, elegante come sempre nella lunga giacca scura e nella sciarpa blu notte. Akemi ebbe un tuffo al cuore vedendolo ed arrossì un poco, ma Midoriya non se ne accorse tanto era preso dall'andare incontro, sorridendo, anche a lui.
-Buongiorno Midoriya- lo salutò lui con un lieve sorriso, i capelli da un lato bianchi e dall'altro rossi ad enfatizzare la chiarezza della sua pelle, che sembrava splendere di luce propria grazie a quel tiepido sole che quella mattina sembrava puntare i suoi raggi sulle persone per renderle ancora più belle di quel che erano. Dopo aver salutato il più piccolo, puntò i suoi occhi eterocromi, uno grigio tempesta che sotto ai ciuffi candidi gli donava una freddezza innaturale e l'altro azzurro cielo che sotto a quelli vermigli, invece, lo rendeva un po' più vivace, verso Akemi che, dal canto suo, lo salutò con un cenno della mano ed un semplice "giorno", nascondendo l'imbarazzo che provava stando vicino alla persona che le piaceva segretamente dall'anno precedente.
Ricominciarono a camminare tutti e tre insieme ed Akemi, mentre i due ragazzi davanti a lei parlottavano di storia tra loro, sorridendosi compiaciuti da quell'interesse comune che li aveva fatti entrare subito in confidenza l'anno precedente, si estraniò dalla realtà entrando nella sua mente, straripante delle immagini eteree di Todoroki.

Lui, la pelle di neve e lo sguardo di ghiaccio, a nascondere il vivido fuoco che divampava dentro il suo animo e che sembrava poter venire alla luce solo da quella parte dei suoi capelli che aveva deciso di tingere di rosso, come marchio indelebile di quello che suo padre era stato e avrebbe voluto che lui fosse, come a voler accentuare la bruciatura che incorniciava il suo occhio azzurro, inflittagli da sua madre nell'esasperante tentativo di non far diventare il proprio figlio come l'uomo che un tempo aveva amato ma che poi aveva iniziato a disprezzare solamente.

Midoriya, dando un'occhiata alle sue spalle mentre continuava il discorso appena intrapreso con Todoroki, notò gli occhi persi di Akemi che, ad occhio estraneo, potevano sembrare semplicemente puntati sull'asfalto con fare timido, ma che lui, ormai, aveva imparato a conoscere e ad interpretare come chiusura al mondo esterno ed inizio di un viaggio immaginario per chissà dove.
-Yume-chan? Sei di nuovo in un pianeta diverso dal nostro- affermò fermando il suo passo e sventolandole una mano davanti al viso, per attirare la sua attenzione. Lei si ridestò all'istante, sbattendo un paio di volte le palpebre confusa, e poi guardò i suoi due amici con sguardo imbarazzato. Il fatto era che non poteva farci niente. C'era una voce dentro la sua testa. Non era sintomo di pazzia, sia chiaro, né di un qualche segno di possessione, essa, semplicemente, era apparsa una volta che lei aveva iniziato a scrivere, a mettere su carta tutto quello che vedeva, sentiva, provava ed immaginava e, da quel momento, qualsiasi cosa, faceva partire quella voce che iniziava a narrare, come se stesse scrivendo quelle cose su un foglio, imprimendo quelle parole con inchiostro nero per renderle indelebili nel tempo, ma, quelle parole, in realtà, si imprimevano nella sua anima, non su fogli o altri tipi di superfici, e le rimanevano incastrate nelle viscere, nei pensieri, rendendosi indelebili nel suo essere. Solo quando tornava a casa, nella sua stanza che più di una semplice stanza era la trasposizione concreta di ciò che era e ciò che avrebbe voluto essere, o quando si trovava nel bel mezzo di una lezione di storia, o tra i tavoli della biblioteca ed il profumo dei libri, quelle parole si imprimevano veramente su un foglio.
Alcune avevano assunto un significato ed una posizione diversa, altre erano rimaste bloccate nel suo inconscio, e allora Akemi se ne dispiaceva, consapevole di non riuscire più a recuperarle, altre ancora erano rimaste le stesse già narrate da quella voce ed impresse su carta sembravano finalmente aver raggiunto lo scopo per il quale erano state create.
Akemi, però, non le scriveva su semplici fogli, sarebbe stato come un sacrilegio farlo tanto quelle erano importanti per lei, ma le scriveva dentro un piccolo quaderno ad anelli, comprato appositamente per racchiuderle e custodirle, e tenuto con una cura quasi maniacale, perché quel quaderno non racchiudeva solo parole, quel quaderno racchiudeva lei e la sua anima.
-Scusate- rispose mettendo su un sorriso e grattandosi una guancia con l'indice, colta in fragrante mentre, come al solito, un nuovo pensiero era uscito fuori dal nulla e l'aveva fatta immergere in sé stessa. Pensiero che, si appuntò mentalmente, avrebbe dovuto scrivere sul suo quaderno per non dimenticarlo, appena seduta tra i banchi dell'università.
-Dovresti cercare di rimanere con i piedi per terra almeno per strada, potrebbe essere pericoloso- la rimproverò bonariamente Todoroki.
-Sì, hai ragione, però adesso c'eravate voi due, mi avreste salvato da qualsiasi pericolo!- scherzò allargando il sorriso.
-Come quando stavi per attraversare con il rosso?- le ricordò lui, non riuscendo però a trattenere un sorriso.
-O quando stavi per prendere in pieno un palo?- disse Midoriya ridendo lievemente.
-Già, i miei eroi!- esclamò prendendoli un po' in giro. E dopo quello scambio di battute ripresero il loro cammino, ormai quasi arrivati davanti al cortile del grande edificio dove studiavano.
La loro università era davvero imponente ed essendo una struttura relativamente vecchia possedeva mura spesse e costruite in pietra. Davanti si trovava un enorme parco tagliato in due dalla via sterrata che conduceva all'ingresso e lì la maggior parte degli studenti trascorreva le varie pause intermedie tra le varie lezioni, fermandosi sotto agli imponenti e ben curati alberi o sopra le panchine per riposarsi un po' durante i mesi più caldi.
I corridoi erano ampi e poco illuminati e le aule erano immense, illuminate di una lieve luce giallognola che rendeva l'atmosfera simile a quella di un castello antico, ed avevano banchi in legno di mogano tutti attaccati e disposti a gradoni in modo che il professore potesse avere una visuale completa di tutta l'aula. Le entrate erano diverse, disposte ad ogni lato dell'aula per permettere ad ogni studente di andarsene in bagno o al bar in qualsiasi momento senza disturbare. Akemi, Midoriya e Todoroki entrarono da quella situata vicino alla cattedra per firmare la loro presenza e poi salirono le scale andandosi a sedere su uno dei gradoni più in alto. A loro piaceva stare lassù, non perché volessero distrarsi più facilmente, ma perché in quel modo avevano una visuale più completa e non sentivano la presenza dei vari professori in modo opprimente.
Dalla loro entrata passò qualche minuto, in cui Akemi aveva tirato fuori il suo quaderno ad anelli verde e ci aveva scritto in fretta e furia cìò che quella mattina le era capitolato in mente, senza farsi vedere né da Todoroki né da Midoriya altrimenti sarebbe stato davvero imbarazzante, e intanto il professore di letteratura era entrato in classe con la sua aria perennemente assonnata prendendo posizione dietro alla cattedra ed aspettando qualche istante per far entrare gli ultimi studenti. Aizawa Shouta a prima vista non sarebbe sembrato un professore, la sua aria trasandata ed i suoi vestiti sempre scuri, che sembravano confondersi con i lunghi capelli neri e la leggera barba che gli ricopriva il mento, lo facevano sembrare più che altro ad un barbone in incognito, ma l'aria austera che i suoi occhi color carbone, solcati da occhiaie, infondevano con una sola occhiata ti facevano ricredre all'istante, facendoti pensare di trovarti davanti ad una persona perlomeno importante.
-silenzio. La lezione comincia- proruppe con il suo tono strascinato, che seppur sembrasse impregnato di noia ed indifferenza, bastò per far tacere ogni mormorio, perché gli studenti sapevano che anche se il loro professore di letteratura pareva mantenere una certa calma assonata in qualsiasi momento, era meglio non farlo innervosire.

La lezione era iniziata da dieci minuti buoni, ma la porta situata sul fondo dell'aula si aprì ancora una volta, sovrastando la voce del professor Aizawa e facendo girare i più curiosi per vedere chi stesse entrando con quel ritardo, anche se la risposta la sapevano già dato che era una persona conosciuta proprio per non rispettare mai gli orari. Bakugou Katsuki era un ragazzo alto e prestante. I suoi capelli erano di un biondo sporco, lisci, ma sparati da tutte le parti come se non fossero mai stati pettinati nemmeno una volta, ribelli e senza regole proprio come il loro proprietario, e stavano lì ad incorniciargli il bel viso chiaro, reso serioso e meno piacevole dalle occhiate di odio che sembrava voler lanciare a qualsiasi essere vivente gli passasse vicino. I suoi occhi erano del color delle braci più ardenti, come se la natura avesse voluto far trapelare da essi il suo animo esplosivo ed iracondo, e la bocca era una linea piegata in un perenne cipiglio scocciato, tanto da farlo somigliare ad un cane da guardia pronto ad azzannare il primo malcapitato che avesse osato entrare nel suo territorio, nella sua bolla d'aria personale.
Dopo aver ricevuto ed ignorato ucchiataccia del professore, ed aver fatto girare coloro che ancora osavano fissarlo guardandoli male, si sedette sull'ultima fila, tre posti più indietro rispetto a dove si erano seduti Akemi e gli altri, posando lo zaino accanto a sé con un tonfo, tirando fuori un quaderno sgualcito ed una matita e mettendo le gambe sopra al banco come se non gli importasse minimamente di trovarsi in un' aula universitaria.
Aizawa, senza smettere di spiegare, lo aveva guardato tutto il tempo con l'impellente voglia di buttarlo fuori per la sua mancanza di rispetto, ma senza farlo perché avrebbe richiesto una spesa inutile di energie che lui voleva evitare. Finché se ne stava buono al suo posto, senza disturbare gli altri, poi, poteva fare quello che voleva.



Angolo Autrice:


Ebbene sì, sono tornata a scrivere qualcosa sul fandom di BNHA con una long incentrata sulla Bakugou x OC e altre coppie, che non saranno messe troppo in secondo piano, ma avranno il loro spazio, promesso! Questo è solo un capitolo introduttivo che mi è servito per presentare alcuni tra i personaggi principali ed inserirli nel contesto, spero non sia stato troppo noioso dato che è pieno zeppo di descrizioni e che vi abbia incuriosito almeno un po', inoltre spero che non vi sembri troppo strana la descrizione di Hagakure. Essendo questo un NoQuirk!AU dovevo per forza inventarmi il suo aspetto fisico. Dal prossimo si inizierà ad entrare più nel vivo della situazione e ci saranno anche delle digressioni sul passato ed il rapporto tra alcuni personaggi. Sinceramente non so a cosa porterà questa storia, ho molte idee ma alcune sono ancora confuse quindi potrei pefino aggiungere altre coppie o cambiare il rating portandolo da giallo ad arancione, chissà. Il secondo capitolo ancora non è pronto quindi non so quando aggiornerò, tutto dipenderà dalla mia ispirazione, spero non mi abbandoni. Detto questo se avete critiche, apprezzamenti, avete notato degli errori o volete farmi sapere la vostra opinione io sarei ben felice di ricevere una vostra recensione e vi ringrazio in anticipo se lo farete! Ringrazio anche chi semplicemente leggerà e deciderà di seguire la storia ^.^

Ah vorrei precisare che ho ambientato la storia all'università solo per avere i personaggi maggiorenni e per non avere i loro genitori in giro a rompere le scatole lol ma la loro università non ha niente di università, è praticamente una scuola superiore XD


A presto,


Engel


  
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