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Autore: julierebel17    03/01/2018    0 recensioni
"Dunque lei è la contessina Emily Spencer?" le chiese un baldo giovane dai lineamenti angelici dopo averle baciato la mano.
La fanciulla sorrise appena, intimidita dal suo gesto:"Si, in persona, lei è?" fece per chiedergli il nome.
"Stephan" rispose.
"Stephan cosa?". "Solo Stephan, mi concede questo ballo?". Il ragazzo non proferì altre parole e la convinse a danzare con lui...
Genere: Erotico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Giunti alla tenuta, il marchese e la serva si separarono senza dare nell’occhio.

“A stasera” disse Stephan prima di dirigersi nello studio dove Godric, suo fedele servitore, lo aspettava con l’aria di chi aveva trascorso una pessima mattinata.

“Signore, ci sono problemi con i Fitzgerald” ammise con sincerità mentre il conte si sedeva alla lucida scrivania di faggio; Kenneth Fitzgerald era il più famoso mastro costruttore del paese e suo fratello, David, uno dei migliori fabbri di tutti i tempi.

 

“Che genere di problemi?”

“David ha convinto Kenneth a non lavorare per noi. La considera un vile ed ha detto che suo fratello non ha bisogno dello “sporco denaro del marchesuncolo”.

 

Gli occhi di Stephan brillarono lucidi di rabbia.

“Me lo ricordo, quel David, un mendicante da quattro soldi. Avrà anche fatto fortuna, ma resta un dannato pezzente. Portalo qui da me, ad ogni costo, cercherò di fargli cambiare idea.”

 

“E se non volesse, mio signore?”

“Userò le maniere forti, mio caro Godric.”

 

***

 

Samantha era stanca e stressata per ciò che era successo al parco con Stephan, davvero non si capacitava di cosa lui trovasse di tanto attraente in lei.

 

Non che fosse brutta, anzi, a detta di molti il suo viso esprimeva dolcezza e perché no, anche un pizzico di furbizia; il suo nasino all’insù l’aveva salvata da molte pericolose situazioni, soprattutto durante gli anni in cui era stata costretta da suo padre a rubare.

 

Sua madre l’aveva avuta a diciassette anni e l’aveva amata tanto, finché la notte del suo quindicesimo compleanno era sparita; fu proprio quella notte che Sammy scappò di casa ed incontrò il marchese.

 

Margaret, serva invidiosa, la guardava con disprezzo.

 

“Sei stata col marchese questa mattina? Con le tue gambette devi averlo accontentato per bene, sei dello stesso stampo di tua madre d’altronde.” disse indicando l’orlo strappato della gonna.

“Non ti azzardare mai più a nominarla!” urlò la mora lasciandole uno schiaffo bollente sulla guancia prima di correre via, con le lacrime agli occhi.

 

Era stanca di quella vita da serva, della spavalderia continua di Margaret e delle frecciatine velenose da cui difendersi in continuazione; decise di fare un bagno caldo e rilassarsi, mise due grosse pentole da stufato sul fuoco per scaldare l’acqua e si fece aiutare da Annette, sua confidente ed amica, a svuotarle nella grossa tinozza che teneva in stanza per lavare i vestiti.

 

“Se non ci fossi tu, Annette, non sopravvivrei un giorno in più in questa casa.” affermò con voce dolce, quasi riconoscente, alla rossa che le stava accanto.

 

“Tranquilla, Sammy, ci sarò sempre per te, ma ora è meglio che vada a preparare la merenda al marchese o sarà lui a cacciarmi a pedate!”

 

Samantha si accoccolò nell’acqua che di lì a breve avrebbe perso ogni traccia di quel profondo calore che sapeva d’abbraccio, chiuse gli occhi ed immaginò di farsi stringere da Stephan così come era successo altre volte.

 

Si vide, nei suoi sogni, con indosso un abito morbido, dalle lunghe maniche affusolate e che metteva in risalto la sua bellissima vita. Pensò che sarebbe stato perfetto poter condividere ogni momento della propria esistenza con qualcuno come il marchese, così premuroso, forte, dolce.

 

Si addormentò nella tinozza e si risvegliò che era pomeriggio inoltrato.

“Oh cielo! Devo prepararmi, stasera devo vedere Stephan!” pensò appena aprì gli occhi senza neanche capire dove fosse.

 

Si alzò di scatto e, facendo attenzione a non cadere, si avvolse un telo di stoffa indosso per poi uscire dall’acqua.

 

Sciolse lo chignon che le teneva legati i capelli e li intrecciò morbidamente con non poca pazienza, infine si asciugò, indossò biancheria pulita ed un morbido abito di cotone che Annette le aveva regalato l’anno precedente per quelle che ritenevano “occasioni speciali”.

 

Il verde scuro della stoffa s’intonava col colore della sua chioma, ma di certo il vestito di cotone non bastava a tenerla al caldo. Samantha, allora, indossò una morbida casacca di lana che aveva comprato al mercato tempo addietro e che usava spesso in periodi freddi come quello; era piuttosto logora, l’aveva usata molte e molte volte, ma manteneva la sua morbidezza nonostante i vari lavaggi.

 

Prima di andare in cucina per preparare la cena del marchese, la serva indossò l’unico gioiello che possedesse ed avesse mai posseduto: il medaglione di sua madre; come sempre lo nascose all’interno dell’abito cosicché nessuno potesse vederlo.

 

***

 

Stephan era impaziente di cenare, quella sera.

Aveva fame, era avido di cibo e, quasi sicuramente, il suo stato non era dovuto all’appetito, ma al profondo senso di frustrazione che provava a causa di David Fitzgerald.

 

Lo aveva incontrato poche volte in quasi ventisette anni di vita, ma lo odiava terribilmente; il padre di David, Herman, era stato un fedele servitore del suo.

 

David era cresciuto nella residenza di Stephan, addirittura da piccoli avevano condiviso spazi e giochi, ma il primo si era mostrato sempre più portato del marchese per qualsivoglia lavoro manuale.

Il Fitzgerald sapeva lavorare il ferro, tirare con l’arco, domare cavalli come se fosse nato esattamente per fare quello.

 

La prima volta che avevano tirato di spada, David aveva ferito Stephan. Ogni cosa gli riusciva perfettamente naturale ed era proprio per quello che il marchese lo odiava dal profondo della propria anima.

 

Ma a David mancava qualcosa.

Il denaro.

Senza denaro e senza un titolo sarebbe rimasto per sempre, pensava Stephan, un povero ed umile fabbro.

***

 

Si fece sera e Samantha, dopo aver preparato un gustoso fagiano arrosto, tornò nella propria camera incerta sul da farsi.

Cosa voleva da lei Stephan?

Per quale motivo la voleva nella sua stanza?

 

Prese a camminare, impaziente, girando in tondo. Non sarebbe andata a cercarlo, non voleva saperne più nulla, era convinta che quella storia le si sarebbe ritorta contro.

 

Sentì bussare alla porta.

 

“Si?” chiese con voce tremante.

“Sono Annette, posso entrare?”

 

La rossa si sedé sul letto e guardò Sammy per qualche secondo.

“Cosa c’è che non va, Samantha?”

“Nulla, Annette. Perché sei qui?”

“Il marchese chiede di te, ha detto che ha bisogno che lo aiuti con gli abiti e con l’organizzazione del pranzo di domani.”

 

Samantha si rasserenò per un secondo.

 

“Il…pranzo?”

“Si, non te lo ha detto? Verranno i fratelli Fitzgerald alla tenuta, domani.” disse Annette con uno strano luccichio negli occhi.

 

La mora rise. “E scommetto che sarai tu a servire le pietanze al dolce David”

 

“E’ ora che vada e tu sbrigati che il marchese ha un diavolo per capello. Sta attenta, ha bevuto come una spugna.” squittì prima di scappare via.

 

Samantha percorse il lungo corridoio che portava dalla residenza della servitù al salone, diretta nella camera di Stephan. Bussò, ma questi non rispose, allora decise di entrare.

 

“Marchese?” chiese con un flebile sussurro puntando gli occhi sulle tende chiare che avvolgevano il letto a baldacchino.

 

“E’ qui?”

 

“Samantha” rispose Stephan con serietà inaudita, quasi inquietante.

“Siediti pure sul letto”

 

La serva si sedette ed il marchese chiuse la porta a chiave, senza nessuna apparente ragione.

 

“Annette mi ha detto che vuole parlarmi del pranzo di dom-“

“No, Samantha. Non voglio parlarti di quello. Non solo.”

 

Si avvicinò a lei osservandola nella luce soffusa che le candele emettevano, le posò una mano sulla guancia e l’altra su una spalla; la sentì sussultare, ma non vi badò troppo.

 

“C-cosa c’è, allora, signor march-“

“Ti ho detto che puoi chiamarmi Stephan quando siamo soli” la redarguì con tono più che serio.

“Cosa c’è Stephan?”

 

Sammy pensò che il suo alito sapesse un po’ troppo di vino, ma cercò di non scomporsi, il suo Stephan non avrebbe potuto di certo farle del male.

 

“Ho bisogno che mi aiuti con gli abiti, c’è da sistemare”, indicò un armadio poco più alto di lei, incitandola ad aprirlo.

 

La ragazza, però, apparve stranita da una tale richiesta; avrebbe potuto sistemare gli abiti alla luce del giorno, che motivo c’era di farlo al buio?

 

“Ti ho appena dato un ordine, Samantha.” disse duramente senza che la mora potesse capire per quale ragione sembrasse così rancoroso.

 

Si alzò, aprì l’armadio e prese a tirare fuori una lunga serie di abiti che avrebbe piegato e risistemato nel giro di qualche ora.

 

Non appena le sue delicate dita si posarono sulla prima camicia sentì due braccia possenti stringerle la vita e per un attimo rimase come pietrificata; il fiato di Stephan viaggiava sul suo collo e le metteva i brividi.

 

Cercò di divincolarsi con calma:”St-Stephan”

“Cosa c’è Sammy?”

 

In quel nomignolo ritrovò lo stesso marchese che la portava nella radura per parlarle di letteratura, storia, caccia; lo stesso Stephan che le aveva regalato un bellissimo abito arancione e che si prendeva cura di lei premurosamente.

 

Si spostò in avanti di qualche passo, ma il marchese non sembrò volerla lasciare:

“Perché ti allontani?”

“Oh, non mi sembra il caso che…”

“Girati, Sammy” le sussurrò con un tono a metà tra il supplichevole e l’autoritario.

 
ANGOLO AUTRICE: odio profondamente l'editor di EFP, non potete capire quanto. Motivo per il quale spesso ho problemi ad aggiornare la storia, uffa!
Comunque spero vivamente che il capitolo vi piaccia :)
xoxo Ju

 

  
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