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Autore: Seleryon    05/01/2018    1 recensioni
"È un'ottima amica!"
[...] non doveva assolutamente ascoltarle quelle parole, ma lei era là, appena detrasformata, e non poteva correre via in incognito come avrebbe fatto con indosso la maschera di Ladybug. E quindi l’aveva sentito. Adrien. Il suo bellissimo, dolce, gentile Adrien che, alla domanda di Kagami “Ti piace molto, vero?”, rispose “Oh, sì, è un’ottima amica!”. [...]
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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— Chat Noir! — lo salutò Marinette aprendo la botola. La sua espressione non era per niente amichevole come al solito ma più una reprimenda. Lui, con tutta l’innocenza di questo mondo, discese la botola e, una volta approdato sul suo letto l’abbracciò e le fece le fusa. La ragazza non riuscì a scollarsi il suo partner da dosso neanche dopo vari tentativi quindi si arrese sotto al suo peso e sospirò. — Che ci fai qui a quest’ora?
— Ma come, non abbiamo sempre un appuntamento serale, My Lady? — ribatté lui senza smettere di stringerla e coccolarla. Lei grugnì e, afferrato il cuscino dietro la schiena, riuscì a metterlo tra i loro volti. — Sono le dieci, non vieni mai prima di mezzanotte, quindi perché sei qui prima del tuo classico orario, Chat Noir? — l’eroe sospirò e smise di produrre quel basso suono così rilassante che fanno i gattini contenti. Sapeva che quando Ladybug lo chiamava per nome intero era irritata o seria. Ma anche lui era irritato e aveva una missione da compiere, per questo ignorò il tono da ramanzina della sua compagna e semplicemente le si sistemò in grembo, riprendendo a fare le fusa. — Beh, vedi, Milady, oggi avevo voglia di vederti prima, così sono già qui.
— Certo, — disse lei — e quindi davvero non c’è nessun altro motivo se non la tua voglia stratosferica di irrompere nella mia camera e monopolizzarmi?
— Ladybug appartiene a Chat Noir e viceversa. E poi sento la puzza di un altro ragazzo qui dentro e su di te, devo rimediare e ci vuole tempo. — senza darle il tempo di capire cosa stesse succedendo, Chat Noir l’aveva di nuovo presa tra le braccia e le si strusciò contro testa, spalle e braccia, passando anche sulla pancia e le gambe. Marinette era letteralmente senza parole. Non aveva mai visto Chat Noir così geloso, e sì che mesi prima aveva provocato lo scultore facendolo akumizzare in Copycat, ma mai si sarebbe aspettata un comportamento tipico felino con tanto di marcamento del territorio. Non sapeva se sentirsi lusingata per il fatto che il gattone fosse geloso che lei avesse passato del tempo in compagnia di qualcun altro, oppure irritata perché lui sembrava volerla monopolizzare, il che non sarebbe stato giusto perché lei aveva tutto il diritto di passare tutto il tempo che voleva con chi voleva, e lui non aveva il diritto né lo avrebbe mai avuto neppure se ci fosse stato altro tra loro, di sentirsi in dovere di ristabilire l’ordine marcando il suo territorio e ciò che pensava che fosse di “sua proprietà” col suo odore. Ma comunque, rifletté, se tutto ciò si fosse limitato a quanto stava facendo e non avesse mai oltrepassato il limite del buonsenso con scenate e robe varie avrebbe potuto benissimo accettarlo. Poi però nella sua mente passò di sfuggita l’immagine di Adrien di qualche ora prima e al suo tentativo di allontanare chiaramente Nathaniel mostrando il suo comportamento possessivo, e no, avvertì la rabbia crescerle dal basso ventre e quando questa raggiunse il suo petto, diede uno schiaffo su una spalla al micione e lo allontanò bruscamente. Gelosia sana e moderata d’accordo, scenate e ristabilimento di ordini no. Okay, forse non proprio tassativamente no, ma con moderazione e ricordando che, anche se affetti dai Miraculous, sono umani dotati di intelletto e della capacità di scindere giusto e sbagliato, e non animali guidati dall’istinto. — Io non appartengo a nessuno, Chat. — e incrociò le braccia al petto. Il ragazzo risultò prima un po’ meravigliato poi si riprese e si mise tranquillamente a sedere. Dalla mensola sul letto arrivò la risatina adorabile di Tikki che stava mangiando i suoi soliti biscottini. A un cenno di Chat Noir lei si unì alla conversazione. — Marinette, ricorda che finché non viene limitata alcuna libertà e tu rimani sempre libera di fare ciò che vuoi, la gelosia non è una cattiva cosa. — disse lei saggiamente. La sua protetta sembrava sul punto di rispondere ma lei alzò una zampina e la fermò. — Lo so che ti sembra eccessivo e che tu ti senta un po’ legata, ma Chat Noir non ha fatto niente di male. Dovresti preoccuparti per la sanità della vostra relazione se irrompesse all’improvviso nella tua stanza e iniziasse a ringhiare e soffiare contro il tuo possibile ospite — ragionò. Ma la ragazza non si tirò indietro e ribatté con più vigore. — Prima di tutto, io e Chat Noir abbiamo solo una relazione strettamente professionale. E secondo, io non sono un territorio da marcare, e la sua gelosia è fuori luogo. — e girò il viso dall’altro lato, altezzosa. Tikki ridacchiò.
— Oh, com’era fuori luogo che oggi stavi facendo un buco dietro la testa di Adrien e che ribollivi di rabbia ogni volta che Chloé si avvinghiava a lui? — disse la piccola Kwami guardando di sottecchi Chat Noir. Lui sembrò lusingato, poi scambiò un’occhiata di intesa con la piccola dea rossa e ridacchiò, guizzando le sopracciglia. — Anche Ladybug è gelosa, quindi? — chiese all’essere magico che intanto gli si era appollaiato sul ginocchio. Questa ridacchiò di nuovo e diede una breve occhiata alla ragazza in questione. Una volta appurato che lei stesse ancora difendendo la sua posizione senza guardare nella loro direzione e tenendo gli occhi chiusi con aria di sfida, Tikki continuò. — Oh, sì. Lei non lo ammetterebbe mai perché si ritiene matura e crede che la gelosia sia solo negativa, una di quelle emozioni che ti incatena e ti tarpa le ali e limita la libertà altrui. Non riesce ancora a distinguere la sana gelosia tra due persone, siano loro amici o partner o fidanzati o qualunque altra relazione leghi due o più persone che si vogliono bene, e l’ossessione di tenere sotto controllo qualcuno. — scrollò le piccole spalle e si schiarì la voce. — Vorrà dire che glielo insegnerai tu.
— Ma Tikki! — Marinette si sentì chiamata in causa e in dovere di difendersi di nuovo. — Devo ricordarti cos’ha fatto Adrien quando ha sentito che doveva venire Nathaniel? Si è avvinghiato come un polipo e si è strofinato sulla mia testa come un gatto. Quella era una scenata di gelosia in piena regola! E tu! — accusò Chat Noir — Che ti strusci addosso dappertutto e mi appiccichi l’odore della tua Acqua di Colonia e della pelle della tua suit! Non sono un oggetto né una proprietà! Sono una persona e come tale appartengo solo a me stessa! — si impuntò. Tikki e Chat Noir si scambiarono un altro sguardo di intesa e ridacchiarono. Marinette aveva compreso tempo prima il sentimento dell’amore ma doveva ancora sperimentare positivamente anche la gelosia e la relativa tenuta a bada delle sue emozioni negative. — Oh, Marinette. — scherzò la Kwami. — Hai molto da imparare da Chat Noir. — questi annuì e assunse un’aria solenne.
Non so cosa sia successo prima con Adrien, Mari, — iniziò lui evitando brevemente lo sguardo di Marinette che lo guardava con l'espressione di chi la sapeva lunga — ma Tikki ha ragione. Finché la gelosia si compone di piccoli atti, più o meno visibili, per dimostrare affetto e protezione verso qualcosa o qualcuno che amiamo è del tutto normale e giusta. Io trasferisco il mio odore su di te, e tento di cancellare tutto ciò che non mi piace, il tuo “amico” che si è avvinghiato come un polipo voleva solo mandare un chiaro messaggio al suo rivale: “se hai intenzione di corteggiare Marinette, è fuori mercato. Adesso potete uscire, divertirvi, prendere un gelato e ridere e scherzare, anche abbracciarvi e stare a braccetto, ma romanticamente parlando non è disponibile”. — finì con un colpettino di tosse. La ragazza lo guardava irritata e supponente.
— Romanticamente parlando io sono disponibilissima! — sibilò indignata. — Certo, sono innamorata, ma non sto con nessuno! Quindi non c’è necessità che tu o Adrien mandiate messaggi opposti! — affermò con vigore battendo un pugno sul letto e l’altro sulla coscia del gattone. Questi di nuovo rise divertito ma scosse la testa in segno di resa. Se Marinette non capiva, avrebbe capito quando Chloé si fosse spinta un po’ troppo oltre i soliti abbracci e bacini innocenti sulla guancia. Proprio quando Chat Noir era sul punto di aprir bocca per cambiare discorso, la ragazza decise che sarebbe stata meglio fuori, sul terrazzo, con una bella boccata d’aria fresca. Si issò attraverso la botola, e una volta fuori, si lasciò cadere sulla sedia a sdraio nell’angolo. L’eroe la seguì e si sedette a terra accanto a lei, in silenzio, semplicemente beandosi della sua presenza. Era ancora presto e solitamente veniva via da casa della ragazza a notte inoltrata, quindi avevano ancora tempo anche per tornare dentro e magari addormentarsi insieme come capitava spesso.
Tikki si era accoccolata sulla spalla della sua protetta e sonnecchiava serenamente. I suoi piccoli respiri solleticavano il collo di Marinette piacevolmente, e la ragazza si ritrovò ad accarezzare la sua piccola compagna senza pensarci.
Il silenzio era calmo e piatto, e si estendeva tra loro come un’ampia vallata priva di pericoli. La notte era serena e tranquilla, le stelle e la luna brillavano alte e si riflettevano nei profondi occhi blu della ragazza. Chat Noir la guardava incantato, e proprio quando stava per aprir bocca e fare un commento sulla meraviglia del creato e della sua Lady, uno scoppio risuonò molto vicino a loro.
I due ragazzi si guardarono con determinazione, Chat Noir pronto a saltare e lei subito in piedi pronta a trasformarsi ma, prima ancora che qualcuno potesse fare qualcosa, una voce risuonò nell’aria e una figura imperiosa fece la sua comparsa. — MARINETTE! Prima hai l’ardire di irretire il mio Adrienuccio e poi osi tradirlo con questo gattaccio insulso?! Sei una lurida mentecatta!
Chat Noir fece appena in tempo a prendere Marinette tra le braccia e saltare sul tetto di fronte che una serie di enormi cosi dalla forma più o meno conica, che sembravano tanto pungiglioni, si abbatterono con forza laddove un momento prima si rilassavano i due eroi.
 
***
 
Tornata da scuola, Chloè si chiuse in camera a rimuginare sugli eventi a cui aveva assistito. Distesa sul letto e abbracciata a Mr. Cuddly, pensava a quanto avesse sopportato negli ultimi mesi a causa di Marinette. Quella ragazza era una piaga, la rovina della sua esistenza, e non riusciva a capire come la misera figlia di un pasticciere fosse diventata così intima col suo Adrianuccio. Adrien era suo amico di infanzia, era stato con lei quando sua madre l’aveva abbandonata, sono sempre stati insieme fin dalla nascita e lei era ammessa in casa sua anche senza aver bisogno di avvisare anticipatamente che sarebbe passata a salutarlo o per fermarsi a cena. E lui per lei era lo stesso, aveva tutto il diritto anche di piombare nella sua stanza in piena notte e nessuno l’avrebbe fermato. Ma da quando Adrien aveva cominciato ad andare a scuola, lentamente la loro amicizia era stata messa in secondo piano. Era diventato amico di quel DJ da quattro soldi, era amichevole con quella giornalista stalker di Ladybug e Chat Noir ma, soprattutto, ciò che più di tutto la mandava in bestia, era che Adrien aveva un debole per quella Marinette, un’insulsa, imbranata, sciatta figlia di pasticcieri, che da sempre era stata la sua spina nel fianco. Erano anni che le due ragazze si beccavano e si accapigliavano, ma con la situazione di Adrien in mezzo il loro reciproco astio era ben oltre i limiti consentiti dalla pacifica convivenza in termini d’odio. Il ragazzo poi negli ultimi mesi si era avvicinato troppo a quella ragazza!
Chloè non ricordava bene di preciso quando tutto quello cominciò, ma ricordava perfettamente quando un giorno il padre di Marinette era a scuola a fare una dimostrazione di pasticceria e di come lei sabotò la lezione chiamando i vigili del fuoco. Quando la piccola pasticciera era uscita dalla classe per mettere a posto il composto del padre, Chloè vide l’opportunità per dare a lei la colpa quando poi il preside Damocles cercò il colpevole. Fu Adrien che protesse Marinette, e fu Adrien che, quando il preside diede a tutti una punizione, affrontò Chloè dicendole che stava sbagliando a comportarsi così meschinamente e che avrebbe dovuto essere più gentile per continuare a essere sua amica. La ragazza accettò. Avrebbe fatto di tutto per continuare ad essere amica del suo adorato Adrienuccio, sarebbe stata gentile coi suoi compagni e con le altre persone, e gli promise anche di tollerare Marinette e di non fare più troppo chiasso contro di lei.
Ma poi Marinette e Adrien sono diventati così amici, così intimi, che il ragazzo aveva addirittura passato il Natale da lei anziché dalla sua amica di infanzia, e le aveva regalato una collana bellissima e, Chloè sospettava, anche il fermaglio per capelli che indossava spesso, e il braccialetto in onore di Ladybug e Chat Noir che le vedeva sempre al polso. Insopportabile! Impossibile! Non doveva andare così!
E poi, quando il destino aveva finalmente deciso che doveva darle qualche gioia apparandola con Adrien per il progetto di letteratura inglese, che cosa succede? Il ragazzo le dà buca! E come? Nel peggiore dei modi! Prima fa di tutto per mettersi da solo in imbarazzo avvinghiandosi alla ragazza mentre parlava con Nathaniel, e poi le dice che sarebbe passato la sera dopo che l’amico se ne fosse andato. Poi aveva piantato in asso Chloè sfrecciando verso la sua magione a tutta velocità. Adrien era geloso di Marinette. Adrien stava corteggiando Marinette. Adrien era innamorato di Marinette!
Ad ogni nuovo pensiero l’umore di Chloè diventava sempre più nero e, anche se si ripeteva continuamente “sii buona, sii gentile, fallo per Adrien!”, a nulla valeva quel pensiero e, prima che se ne rendesse conto, il gelo e lo strano senso di pace che aveva provato quando era diventata Antibug la avvolse nuovamente. Chloè accolse quel vuoto come fosse una manna dal cielo e quasi ringraziò Papillon per averle finalmente spento il cervello e tutto ciò che provava.
Ma Chloè sapeva che doveva resistergli. Non poteva di nuovo dare fastidi alla sua migliore amica Ladybug! L’aveva già delusa diventando Antibug, poi di nuovo assecondando Warlady sempre a causa di Marinette! Non doveva assolutamente cedere di nuovo al controllo mentale di quell’insettaccio, soprattutto non a causa di Marinette! Ma per quanto Chloè si sforzasse e si dimenasse per sfuggire all’akuma che era entrata nella sua collana, a nulla valse tutto ciò che fece e così la voce di Papillon si insinuò per la seconda volta nella sua mente e tutto le sembrò attutito e ovattato come in un mondo fatto di nuvole e zucchero filato.
— Reine des Abeilles, — la incoronò il supercattivo con voce suadente — ci incontriamo ancora! La tua esistenza non mi delude mai, ma tu invece vieni continuamente delusa. Tu sei una Regina, ma il controllo del tuo alveare ti sta sfuggendo di mano e ti senti impotente. Le promesse infrante, la gelosia. Ti do il potere che si confà ad un’Ape Regina, va e vendicati! Ma prima, sai già cosa fare, petite reine. — Chloè non ebbe tempo di rispondere. Il miasma purulento di gas purpurei la avviluppò nelle sue spire impalpabili e lei fu trasformata nella seconda versione akumizzata di se stessa.
I biondi capelli stretti nella sua solita coda di cavallo che le ricadevano in boccoli sulle spalle, una corona meravigliosa e piena di pietre preziose che le sormontava il capo. Due piccole antennine nere e delicate. Un lungo abito imperiale color dell’oro, un maestoso mantello nero con un morbidissimo collo di pelliccia. Il collier che aveva al collo aveva la forma delle cellette degli alveari e sul viso aveva una maschera sottile e delicata che le incorniciava appena gli occhi con la sua trama a nido d’ape.
Chloè era meravigliosa. Una vera regina. Un’ape regina, Reine des Abeilles. Così regale e splendente, non si sarebbe detta una vittima di Papillon, eppure mentre si avvicinava alla finestra per colpire nella notte, tutta la sua pericolosità veniva mostrata ad ogni passo.
Il suo obbiettivo era Marinette. Gliel’avrebbe fatta pagare una volta per tutte.
Uscendo fuori al suo balcone, da sotto al mantello spuntarono due belle ali che la librarono in volo e la diressero verso la sua meta.
Quando fu nel quartiere della pasticceria, Reine cominciò ad attaccare. Muovendo il mantello come fosse quello di un prestigiatore, materializzava enormi pungiglioni pieni di veleno che si conficcavano in qualunque cosa con cui venissero a contatto. Si sentiva potente, lo era, e così, con rinnovata sicurezza, raggiunse il balcone dell’aspirante fashion designer. Fortunatamente, non dovette attirare la sua attenzione perché lei era lì, in compagnia con nientedimeno che Chat Noir!
Chloè era adirata. — MARINETTE! Prima hai l’ardire di irretire il mio Adrienuccio e poi osi tradirlo con questo gattaccio insulso?! Sei una lurida mentecatta! — urlò sventolando il suo mantello. I pungiglioni stavano finalmente per colpire la sua vittima ma Chat Noir ovviamente fu più veloce e subito la prese in braccio per portarla in salvo. — Questa è gelosia, Milady! — disse lui riferendosi al discorso che stavano facendo poco prima che si mettessero comodi sul balcone. Marinette grugnì, sia perché il gatto aveva ragione sia perché decisamente Chloè era stata akumizzata in seguito alla gelosia che aveva ribollito in lei per tutto il giorno dopo quanto accaduto a scuola. Nella sua testa la ragazza imprecò una decina di volte contro la sua sfortuna. Lei era Ladybug, non poteva essere davvero così sfortunata!
Chat Noir intanto continuava a tenerla tra le braccia e a portarla al sicuro. Finchè fossero stati inseguiti da Reine des Abeilles, Marinette non avrebbe potuto trasformarsi e la situazione rischiava di farsi pericolosa. Quei pungiglioni sembravano davvero letali, ed era sempre più difficile evitarli. Reine era davvero veloce con le sue ali potenti, e il povero supergatto poteva solo contare sulle sue gambe e il suo bastone.
Alla fine, sfruttando il buio, riuscì a trovare una via sicura e da qui raggiunse un vicoletto privato che avrebbe riparato perfettamente la trasformazione di Ladybug. Mise la ragazza a terra e guardò con trepidazione come la Magia della Creazione la avvolgeva e la trasformava, ne rimase estasiato e senza parole. Aveva visto, tempo addietro, come la trasformazione si scioglieva velocemente e in un piccolo turbine di scintille magiche, argentee e rosate, ma non l’aveva ancora mai vista trasformarsi dinnanzi ai suoi occhi perché non era mai stato con lei durante un attacco. E quella visione era davvero spettacolare. La luce era calda e spendente, il sole in confronto sarebbe sembrato buio. Avvolgeva Marinette come una coperta gentile e potente e la trasformava nel suo alterego che esprimeva la stessa forza e gentilezza. Tutto in quella trasformazione gli ricordava lei, dai colori, alla forza che avvertiva, ai sentimenti gentili che avvolgevano anche lui come a proteggerlo fintantoché che lei fosse stata vulnerabile durante il cambiamento.
Quando la luce si spense si sentiva in adorazione, la sua perfetta dea era davanti ai suoi occhi e Chat Noir provò un esagerato senso di gratitudine verso l’universo intero. Essere toccato fin dentro l’anima dalla luce che Marinette sprigionava durante la magia che la cambiava in Ladybug lo aveva riempito di tutti i sentimenti che lei stessa provava e che compongono ogni singola fibra del suo cuore e del suo essere, perché Marinette è come quella luce, calda, avvolgente, travolgente e assolutamente delicata e tenera, forte e determinata.
Quando lei fu pronta, il partner le fece un profondo inchino con tanto di baciamano. Ladybug non si ritrasse. Non c’era tempo ma Chat Noir avrebbe comunque eseguito il suo saluto tradizionale. — My Lady, nessuna regina potrebbe mai eguagliare la tua forza e bellezza. Mia adorata Lady du Coeur, unica e sola luce dei miei occhi.
— Sei sempre così drammatico, mon chaton. — rispose lei scuotendo la testa fra le mani. Rise e si preparò a combattere, yoyo alla mano. — Andiamo, micetto, abbiamo una regina da spodestare dal trono! — e così dicendo uscì allo scoperto e si li librò in aria grazie alla sua stringa magica. Il ragazzo sospirò e la seguì sul suo bastone.
Reine des Abeilles sorvolava Parigi cercando Marinette, seminando il panico coi suoi pungiglioni letali. Fortunatamente, nessuno ne fu colpito, almeno per il momento.
Quando arrivarono i due eroi, la battaglia cominciò.
Chat Noir caricò Reine col suo bastone ma lei tirò fuori dal mantello un pungiglione abbastanza grande da sembrare uno scettro e parò il suo colpo. Ladybug osservava per capire la tecnica di combattimento e dove fosse nascosto l’akuma. Dopo una breve occhiata all’insieme, decise che l’akuma si trovava nel suo collier e partì all’attacco per tentare di sfilarglielo.
Lanciò il suo yoyo e tentò di immobilizzare le sue ali ma queste sembrava fossero fatte di seta perché sfuggirono la stringa in un fruscio delicato. Provò a tirarla per il mantello per atterrarla, non potevano continuare una battaglia aerea, non erano preparati, ma Chloè era più forte di quanto avessero immaginato e riusciva a bloccare tutte le loro strategie prima ancora che loro potessero pensare di attuarle.
Ladybug non voleva usare subito il Lucky Charm. Sentiva che avrebbero potuto resistere un altro po’ prima di affidarsi alla Luce della Creazione, magari l’avrebbero stancata, perché solo cinque minuti per usare l’oggetto non sapeva se le sarebbero bastati.
Il Miracoloso Duo continuava ad attaccare incessantemente Reine ma l’akumizzata usava il mantello come uno scudo oltre che per attaccare e i ragazzi erano decisamente in difficoltà.
A un certo punto provarono a cambiare un’altra volta strategia, con Ladybug davanti ad attaccare in prima linea e Chat Noir come supporter, quando fino a un momento prima Ladybug faceva la supporter con attacchi a lunga gittata col suo yoyo e Chat Noir in un corpo a corpo. Questo risultò abbastanza efficace e fece indietreggiare il nemico. I due ragazzi si guardarono per sostenersi a vicenda, poi ripresero ad attaccare simultaneamente. L’Ape Regina batté in ritirata, fuggendo in direzione Tour Eiffel. I due eroi alle calcagna, Reine in testa molto più veloce grazie alle ali. Chat Noir divise ini due il bastone e lanciò entrambe le metà come due giavellotti, colpendo finalmente l’akuma che precipitò a terra. Ladybug affiancò il suo partner con lo yoyo mulinante in una mano e un pugno alzato.
Pensavano di avere messo l’akuma con le spalle al muro ma purtroppo Chloè si alzò in piedi e alzò il suo scettro—pungiglione verso il cielo. Non vedendo accadere nulla, i due eroi si guardarono scettici ma qualche secondo dopo il ronzio di migliaia di insetti si sentì in lontananza. Il colore drenò via dalle loro facce e i due si scambiarono un’occhiata di orrore prima di guardare intorno a loro: da ogni direzione, per quanto lontano riuscissero a guardare, miliardi di api stavano sciamando nella loro direzione, veloci e pericolose, pronte a pungere e ad attaccare per difendere la loro Regina.
— Questa è decisamente una situazione molto pungente, Milady. — tentò di ironizzare Chat Noir ma Ladybug espresse il suo disappunto con un lamento e si preparò a proteggersi da tutte quelle api impazzite. — Mi domando perché non ho anche io le ali, Chat, dopotutto sono una coccinella, no? — chiese con una punta di isteria, deglutendo a fatica. Le api li avevano accerchiati e ora si ritrovavano a scegliere se badare alle miriadi di punture che ne avrebbero ricavato oppure puntare direttamente verso la grande regina di fronte a loro. — Lucky Charm, My Lady? — arrivò la domanda di Chat.
— Certo! Se riusciamo ad uscirne tanto quanto basta per evocarlo! — rispose lei colpendo la prima ondata di api attaccanti. Non le andava molto a genio di dover colpire tutte quelle povere apine ma sarebbero morte comunque anche pungendoli quindi o rischiare uno shock anafilattico per le troppe punture e quindi lasciare che Reine des Abeilles continuasse a seminare panico e distruzione per Parigi, oppure passarsi una mano sulla coscienza e abbattere quante più api possibili prima di soccombere.
Reine girava intorno alla scena come se supervisionasse la battaglia del suo piccolo esercito contro i due invasori, ma quando le api iniziarono visibilmente a diminuire di numero iniziò a tornare in scena anche lei. Il suo scettro—pungiglione aveva una doppia funzione oltre quella di chiamare a sé tutte le api di Parigi: fungeva da spada, che usava per combattere contro Chat Noir, e secerneva tipica cera d’api, che usciva in veloci getti diretti verso Ladybug. L’eroina fu colpita varie volte dal getto di cera d’api, l’attacco meno pericoloso della Regina, che creava una specie di celletta attorno alla vittima e che veniva fortunatamente distrutta con un paio di colpi di yoyo. Più che altro era un colpo per guadagnare tempo, ottima scelta visto che Ladybug continuava ad attaccare da lontano e quindi doveva essere tenuta a bada il più a lungo possibile altrove, mentre continuava a lottare con Chat Noir e il suo bastone.
Delle campane in lontananza segnarono la mezzanotte. L’unico altro akuma che avevano affrontato in notturna, e non così tardi, fu Audimatrix in prima serata, e l’idea di rimanere fuori a combattere così tanto tempo non era per niente allettante.
Ladybug si allontanò un po’ per riuscire a evocare il Lucky Charm ma proprio quando stava per lanciare in aria il suo yoyo, le arrivò una stilettata dietro la schiena e si ritrovò col viso per terra. Alzando lo sguardo, si ritrovò faccia a faccia con la spada—pungiglione a un palmo dal suo naso. — E’ finita, Ladybug. Dammi il tuo Miraculous, dimmi dove hai nascosto quella palla al piede di Marinette e almeno ti risparmierò la vita! — minacciò la Regina. Ladybug non aveva alcuna intenzione di cedere alle insensate richieste di Chloè in condizioni normali, figurarsi cedere a quelle di una Chloè sotto lavaggio del cervello! Proprio quando stava per rispondere e attaccare, con la coda dell’occhio vide il bastone di Chat Noir che si allungava a gran velocità per colpire Reine e così, in simultanea, lei lanciò lo yoyo e, proprio quando il bastone impattò con la vittima di Papillon, la stringa magica si legò attorno a Reine e lei cadde a terra, incapace di muoversi.
Pensando di aver messo finalmente fine a quella battaglia, i due ragazzi si avvicinarono alla figura tutta corrucciata per terra. Ladybug si accovacciò per sfilarle il collier ma Chloè era riuscita a sfilare di nuovo le ali dalla presa (la supercoccinella pensò che fossero fatte apposta per sfuggire alla sua stringa magica senza nemmeno un graffio) e si librò in aria, l’eroina al seguito attraverso lo yoyo.
L’akuma volava a zig zag tentando di far cadere Ladybug, pur senza riuscirci. Con Chat Noir alle calcagna si vide costretta a prendere misure estreme: dirottò il volo in uno molto più irregolare di un semplice zig zag e, quando Ladybug fu costretta a sganciare lo yoyo per evitare di farsi male sul serio, finalmente libera, Reine attuò quello che doveva essere il suo attacco più potente. Alzandosi di quota nel suo volo, aprì il magnifico mantello come fosse un sipario, e iniziò a roteare su se stessa. Più roteava e più pungiglioni si materializzavano e cadevano al suolo come piccoli bolidi, e più accelerava e più questi diventavano pericolosi. Alla fine, l’Ape Regina era diventata una sorta di trottola lancia pungiglioni. La pioggia letale era così fitta che ormai anche moltissimi civili ne stavano venendo colpiti. I due eroi tentavano di schivare tutti i colpi ma qualcuno li colpiva sempre, seppur di striscio. A un certo punto però, Ladybug inciampò per evitare due pungiglioni consecutivi, e non si accorse di un terzo, molto più grande, che stava per trafiggerla. Come un fulmine, Chat Noir si precipitò a salvarla, e il pungiglione si conficcò nella sua spalla sinistra attraverso l’armatura magica. — Chat… Noir…?
Ladybug non capiva perché il compagno che l’aveva appena salvata sembrava svenuto inerme addosso a lei. Quando però le sue mani toccarono il pungiglione nella spalla capì e subito si comportò di conseguenza.
La pioggia di bolidi velenosi continuava ma stava calando di intensità. Ancora impegnata nel suo intenso vorticare, Reine des Abeilles non avrebbe visto fuggire i due e questo avrebbe dato a Ladybug abbastanza vantaggio e fortuna per raggiungere qualche posto per mettere al sicuro Chat Noir.
Si issò il ragazzo sulle spalle e lanciò lo yoyo.
Corse e saltò fin quando non arrivò nella periferia di Parigi, dietro un vecchio capannone industriale dove avrebbero avuto abbastanza tempo per tentare di mettere su una strategia prima che la follia dell’akuma tornasse a mostrarsi.
Il ragazzo non era totalmente incosciente, anzi, era piuttosto vigile seppur quasi paralizzato dal veleno nel pungiglione. Una volta messo a terra a pancia in giù, Ladybug ispezionò la ferita e il corpo estraneo per capire come toglierlo meglio. Il pungiglione era penetrato per diversi centimetri nella spalla e aveva diversi uncini che si ancoravano perfettamente alla pelle e alla suit. Sarebbe stato impossibile estrarlo senza fargli provare atroci sofferenze ma era l’unico modo. Ladybug, che era in ginocchio accanto al partner, si abbassò al suo livello per guardarlo in volto. — Chat, i casi sono due: o te lo lascio dentro e tu resti qui a soffrire l’effetto del veleno che penetra in ogni angolo del tuo corpo, e fidati, ne so qualcosa, non è per niente piacevole, mentre io vado a combattere; oppure ti levo il pungiglione, tu soffri come un gattino bastonato perché per toglierlo sarà tremendo, e dopo soffri le pene dell’inferno perché probabilmente ci sarà una minima emorragia che almeno mitigherà gli effetti del veleno. Oh, ovviamente io andrò comunque a combattere, ma mi assicurerò che tu sia abbastanza incosciente da non seguirmi. A te la scelta. — disse. Chat Noir la guardò instupidito per qualche secondo, il tempo necessario alle sue parole di venir registrate dal suo cervello e poi ridacchiò. Che il veleno avesse anche effetti esilaranti? — My Lady, io ti seguirei comunque, paralizzato o no.
— Bene, allora è deciso. Ti lascerò paralizzato qui per tutto il tempo. Sperando di far presto prima che il veleno paralizzi anche i tuoi polmoni e il tuo cuore! — ribatté. Lui rise ma fece una smorfia di dolore. Tentò di alzarsi ma non ce la faceva. La ragazza sospirò. — Chat, ti estraggo questo coso, ma tu rimarrai comunque qui perché il veleno ormai è penetrato. Non facciamo altri danni.
— Ma Milady—
— ADRIEN! — interruppe Ladybug con tono imperioso. Questo sembrò interdire talmente tanto il gattone che si zittì subito. Era rimasto a bocca aperta, sconcertato e assolutamente esterrefatto. Ladybug non voleva che lui venisse a sapere che lei sapeva in quel modo. In realtà lei l’aveva sempre pensato ma non aveva mai trovato una sola prova tangibile se non il fatto che fossero caratterialmente e fisicamente uguali. Più andavano avanti con la loro amicizia in entrambi i modi, con o senza maschera, e più lei notava le similarità. Occhi, capelli, voce e corporatura in primis. Non avrebbe mai scambiato il corpo di Chat Noir per quello di qualcun altro. Lo conosceva abbastanza bene per tutto il tempo passato insieme a proteggersi a vicenda e anche perché lo aveva osservato benissimo dato che lui gliene dava ampiamente la possibilità. E conosceva abbastanza bene anche quello di Adrien perché insomma, era di dominio pubblico se non altro per la sua vita da modello, oltre che per tutte le volte che lo aveva abbracciato e aveva sentito sotto le mani quei muscoli che si contraevano alla stessa maniera di quelli di Chat Noir. Si era accorta anche della fossetta sulla guancia sinistra e anche del modo in cui guizzava le sopracciglia. Della strana piega che prendeva la sua bocca quando non voleva ridere dopo aver detto una battuta, o anche di come si toccasse imbarazzato la nuca quando non sapeva dove mettere le mani, letteralmente. C’era troppo per non accorgersene, ma Ladybug poteva dire che la conferma l’aveva avuta durante quella stessa giornata, quando Adrien ringhiava e si strusciava come un gatto per marcare il territorio, e di come Chat Noir fosse arrivato al suo balcone neanche dieci minuti dopo che Nathaniel era andato via. C’era così tanto per rimanere ancora all’oscuro che ormai non c’erano più scuse per non affrontare quel discorso. Ma, semplicemente, lei non voleva dare un senso di ufficialità alla cosa solo perché aveva paura per il suo cuore. Ma in quel momento, in quel capanno, Chat Noir, Adrien, doveva rimanere al sicuro e, se l’unico modo per farlo fosse stato metterlo al corrente del fatto che sì, Marinette sapeva che sotto la maschera del suo migliore amico c’era la sua cotta di lunga data, il suo amore impossibile, allora sì, Marinette avrebbe affrontato il problema e avrebbe accettato che i suoi due grandi amore della sua intera esistenza erano la stessa persona e che entrambi l’avrebbero rifiutata con un solo corpo e una sola voce.
— Tu… tu lo sapevi? — chiese Chat Noir con voce flebile. Lei annuì. — Ma… come…?
— Non sei molto subdolo, Adrien. — rispose lei dolcemente, accarezzandogli i capelli. Ma non disse altro. La sua espressione si indurì a guardò il pungiglione nella sua spalla. — Io te lo levo, Adrien. Ma ti conviene sciogliere prima la trasformazione perché altrimenti non avrai niente per tamponare la ferita finchè non userò il Lucky Charm. Il ragazzo annuì. Si prepararono insieme.
Ladybug si posizionò in maniera agevole alla sua sinistra, afferrò il pungiglione e aspettò che Chat Noir rilasciasse la trasformazione. La luce verde e nera durò qualche istante e Ladybug osservò con solennità quel momento. Le trasformazioni erano una loro cosa intima e condividerle, sia per mettere che togliere la maschera, era un po’ come rimanere nudi e farsi osservare da molto vicino.
— Non sei stata molto giusta ultimamente con il ragazzo, Ladybug. — la ragazza alzò gli occhi e si ritrovò faccia a faccia col Kwami del suo compagno che la guardava con aria severa.
— Lo so. — rispose — Ma avevo i miei buoni motivi, seppur egoistici. — confessò. E poi — Mi dispiace. — e abbassò lo sguardo. Il Kwami avvertì tutto il rimorso della ragazza e scrollò le spalle, andando a sedersi sulla testa del suo protetto. — Basta che dopo che tutto questo sarà finito, e una bella dormita, vi chiariate perché sono altamente irritato dal continuo blaterare da malato d’amore di questo bambino! — concesse Plagg. Ladybug rise poi tornò concentrata sulla missione che aveva letteralmente tra le mani. Lasciò solo una mano sul pungiglione e con l’altra provò a sfilare una delle maniche della giacchetta bianca di Adrien ma non ci riuscì. — Plagg? Potresti reggere tu il pungiglione? Mi serve la giacca. — il Kwami annuì e prese il suo posto a reggere quella specie di pugnale mentre Ladybug prese a strappare la giacca bianca di Adrien. Con un primo pezzo ne fece un fagotto abbastanza grande che avrebbe premuto sulla ferita una volta estratto il corpo estraneo, e con l’altro pezzo ne fece un fagottino più piccolo che spinse nella bocca del ragazzo. Avrebbe urlato, tanto, e loro dovevano rimanere in incognito quindi serviva qualcosa per smorzare le grida.
In sincronia, quando lei stava riprendendo il suo posto sul pungiglione Plagg ne volò via per rimettersi sulla testa di Adrien. Il modello sembrava tranquillo anche se sapeva che di lì a poco avrebbe sofferto da matti.
Ladybug strinse forte quell’arma letale conficcata nella spalla dell’amore della sua vita e tirò con forza. Adrien urlò con quanto fiato aveva in gola, fortunatamente smorzato dal fagottino della giacca che aveva in bocca. Il pungiglione non riuscì ad estrarsi subito. Gli uncini lungo tutta la lunghezza dell’aculeo rendevano difficile l’estrazione e ci vollero tre tentativi e tre urli disperati per riuscire a toglierlo tutto. Alla fine, il ragazzo svenne dal dolore e fu un bene perché non avrebbe sentito dolore fintantoché fosse rimasto nel mondo dei sogni.
Il sangue usciva caldo e copioso, macchiando la suit magica di Ladybug e gli abiti di Adrien. Spinse il fagotto di stoffa contro la ferita e fece segno a Plagg di tenerlo premuto in qualunque modo riuscisse a farlo. Il piccolo Dio della Distruzione la assicurò che con lui il giovane sarebbe stato in buone mani e lei annuì perché sapeva che diceva il vero.
Alzandosi in piedi, la ragazza si guardò le mani guantate sporche di sangue e si sentì ribollire di rabbia.
Mentalmente, contò quanto tempo avrebbe impiegato a raggiungere Reine des Abeilles da dove si trovava in quel momento, decidendo se attivare subito il Lucky Charm oppure aspettare e potersi trovare nella situazione in cui le sarebbe risultato impossibile farlo.
Guardando il viso addormentato e sofferente di Adrien, Ladybug ripensò a quando lui dovette affrontare da solo l’akuma di ghiaccio quell’inverno, quando lei fu colpita dal raggio gelante e dovette letteralmente scongelarsi ed uscire dall’ibernazione prima di ritornare in battaglia, e si sentì determinata a combattere senza di lui. Lei non aveva potuto portarlo all’ospedale perché tutti quelli che poteva raggiungere senza allontanarsi irrimediabilmente troppo dalla battaglia sarebbero stati tutti pieni dei feriti a cui era toccata la stessa sorte di Chat Noir, nessuno avrebbe mai aspettato impotente che la battaglia finisse e che Ladybug usasse il Lucky Charm quindi aveva dovuto affrontare la situazione da sola, aiutata da un Kwami e una giacca di cotone bianco fatta a pezzi e che si stava velocemente riempiendo di sangue.
Strinse lo yoyo. Inspirò profondamente e urlò — Lucky Charm!
   
 
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