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Autore: Inkie94    05/01/2018    1 recensioni
C'è un fenomeno per cui soggetti dalla psiche già fragile e disturbata vengono coinvolti in crimini orrendi, nel tentativo di imitare un assassino, un criminale, una figura che li fa sentire particolarmente ispirati, compresi.
Si tratta della perversa venerazione di un idolo.
Sono passati cinque anni dalla II Guerra Magica e una nuova minaccia si fa spazio nel Mondo Magico: qualcuno sta ripercorrendo i passi di Lord Voldemort e raduna seguaci nell'oscurità.
Harry Potter, il Prescelto, è di nuovo in pericolo. C'è chi vuole riuscire dove il Signore Oscuro ha fallito.
Genere: Avventura, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Fan Fiction
1. Back In Time

La scrivania di Harry era piena di scartoffie. L'inchiostro nero spiccava, magnetico, da ognuna di quelle dannatissime pergamene. 
Quanto ci avrebbe impiegato a leggerle? Tre ore? Due giorni? Probabilmente non gli sarebbero bastati sei mesi se non si fosse sforzato di  recuperare un minimo di concentrazione.
Sbuffò, svogliato. Leggere i rapporti dei suoi colleghi era la parte del lavoro che più detestava, ma era un male necessario, ne era consapevole.
Tuttavia, si rifiutava di iniziare dalla relazione di Frost: non aveva mai letto nulla di più irritante dei suoi rapporti. Si dilungava in descrizioni inutili e amava aggiungere battute ironiche a margine, battute che facevano ridere solamente lui e non gli donavano di certo un'aura di professionalità.
Harry allungò una mano - e fu uno sforzo quasi sovraumano - e scostò di lato una decina di relazioni, alla ricerca di quella più corta.
Ah, ecco... 
I rapporti di Roger Staines erano i migliori: brevi, concisi e lo stile di scrittura era semplice e scorrevole. Avrebbe iniziato da lui.
Si immerse nella lettura, cercando di estraniarsi da tutto ciò che lo circondava: dal chiacchiericcio che proveniva dal corridoio, dal ticchettio dell'orologio da polso, ma soprattutto dal pensiero, particolarmente piacevole, di come lui e Ginny si erano salutati quella mattina.
Sospirò, esasperato. Non aveva mai avuto tanta voglia di tornare a casa come in quel momento: di solito non gli pesava lavorare, nemmeno quando si trovava a sbrigare pratiche burocratiche per ore, senza vedere una via d'uscita. Percepire l'importanza di ciò che stava facendo gli consentiva di lavorare freneticamente, senza stancarsi mai. Quella, tuttavia, non era decisamente la giornata giusta. Le sue risorse erano tutte concentrate su un unico punto: la sua fidanzata e il loro letto.
"Quando siamo arrivati sulla scena l'animale era già deceduto..." Leggeva le parole senza comprenderne il reale significato, in una sorta di automatismo, mentre i suoi pensieri viaggiavano incontrastati per pianeti che sarebbe stato meglio restassero inesplorati, almeno per le successive tre ore. 
Adesso il suo sguardo era perso nel vuoto. Aveva abbandonato ogni tentativo cosciente di focalizzarsi sulle parole di Staines.
Quel giorno c'erano pensieri che il suo cervello non riusciva ad isolare, purtroppo o per fortuna. La sua mano sinistra scivolò distratta nella tasca dei suoi vecchi pantaloni da lavoro e sfiorò, quasi con venerazione, la scatolina di velluto che ormai vi abitava da qualche settimana. Quella, decise, sarebbe stata la sera giusta.
Era talmente distratto e isolato da tutto ciò che lo circondava che si accorse che qualcuno gli stava parlando solo quando una figura esile gli si parò decisa davanti, attirando prepotentemente la sua attenzione.
<< Ma insomma, Harry! Mi stai ascoltando? >> Hermione Granger aveva un'aria decisamente irritata, e non era mai una cosa buona. Fu questo, più di qualunque altra cosa, a riscuoterlo dal suo stato di sognante torpore. La guardò, sorpreso dal fatto di trovarla lì: era raro che Hermione facesse visita al Dipartimento Auror, dal momento che il suo si trovava parecchi piani più in basso.
<< Ciao Hermione, che ci fai da queste parti? >> Lei sbuffò, probabilmente aveva già cercato di motivare la sua visita mentre lui si trovava in stato di trance. Le sorrise sornione, in una muta richiesta di perdono.
<< Sono qui per la questione di quei due unicorni. Che ti succede oggi? >> Si accigliò lei, scrutandolo in volto. La conosceva abbastanza bene da sapere che probabilmente la sua mente aveva già messo in moto centinaia di splendidi ingranaggi alla ricerca di una risposta plausibile.
<< Nulla di cui preoccuparsi, davvero. Anzi, se può farti star tranquilla, ho una motivazione bellissima per il mio scarso impegno sul lavoro. >> Le sorrise apertamente e la vide rasserenarsi. << Comunque, stavo giusto leggendo il rapporto di Staines, ma non ho ancora avuto modo di approfondire. Ti hanno messo sul caso? >>.
<< Sì, mi hanno chiamato per una consulenza, o almeno era così inizialmente. Adesso sembra che mi vogliano fissa qui almeno per qualche giorno. Oggi uscirò tardissimo, dovrò avvisare Ron e rimandare la nostra cena. La prenderà malissimo. >> Sembrava parecchio afflitta e Harry la guardò confuso.
<< Merlino, ti vogliono fissa qui? Non pensavo fosse una faccenda così seria... Ma ancora mi sfugge perchè Ron dovrebbe prendersela così tanto per una cena. Rimandate alla settimana prossima, no? >> L'espressione che Hermione assunse in seguito a questo suo ultimo consiglio gli fece capire che probabilmente gli era sfuggito qualche importante particolare.
<< Oh, Harry, non è esattamente una cosa che possiamo "rimandare". Oggi è il nostro quinto anniversario. Certo, potremmo festeggiare in ritardo, ma non sarebbe esattamente la stessa cosa. >> Sospirò lei con aria sconfitta.
<< Capisco... Ti conviene avvisarlo allora, non usciremo di qui prima di altre tre ore, temo. Ma non ti preoccupare troppo, magari ci resterà un po' male, ma capirà. Ne sono sicuro. >> Lei gli sorrise, grata, e gli accarezzò dolcemente la testa. Harry si sentì mosso da un improvviso impeto d'affetto nei suoi confronti e sperò di aver avuto ragione.
Ti prego, Ron, non fare cazzate.
Ron e Hermione non avevano passato un periodo facile nell'ultimo anno: la gelosia di lui aveva messo in seria discussione il loro rapporto quando un collega di Hermione se ne era invaghito. Harry sapeva che l'amica non avrebbe mai fatto nulla che avrebbe ferito Ron o messo a rischio la loro relazione, ma l'insicurezza costante era un demone che Ron doveva ancora sconfiggere.
<< Beh, Harry, spero proprio che il tuo ottimismo mi porti fortuna. Allora, posso avere quel rapporto? >> Gli chiese lei con rinnovata energia.
<< Parli di Staines? >>
<< Dio, Harry, certo che parlo di Staines: ma dove hai la testa? >> Adesso Hermione rideva, palesemente divertita da quel siparietto.
<< Vorrei solo andarmene a casa. >> Replicò lui.
<< Non dirlo a me... e non dirlo a Ron! >> Hermione si avviò verso la porta, lo salutò con la mano e sparì chiudendosela alle spalle.
Harry rimase qualche istante a fissare preoccupato la maniglia e la superificie di legno chiaro.
Di nuovo, Ron, non fare cazzate.

Hermione percorse spedita il corridoio, seguita da parecchi sguardi curiosi. Tutti sapevano chi era e tutti si chiedevano che cosa ci facesse lì.
Cercò di ricambiare con un sorriso sereno qualcuna di quelle ispezioni, ma iniziava comunque a provare un leggero senso di nervosismo. Il Dipartimento Auror non era l'ambiente per lei e non fu mai contenta come in quel momento di aver rifiutato l'offerta di un posto lì subito dopo la guerra.
Sapeva che Harry adorava il suo lavoro e che si trattava di una sezione davvero importante per il Ministero, ma non riusciva a tollerare la smodata competizione che si era insediata nel Dipartimento immediatamente dopo la caduta di Voldemort. Era una gara continua a chi scovava più Mangiamorte, a chi riusciva ad accusare più persone in un colpo solo: catturare chi aveva messo in pericolo la pace era una cosa giusta, certo, ma non doveva trasformarsi in un gioco perverso e infantile.
Con una lieve fitta di nervosismo, Hermione varcò la soglia del piccolo ufficio che le era stato assegnato in quanto consulente.
Doveva avvertire Ron.
Si avvicinò alla scrivania, impiegandoci un tempo incredibilmente lungo, come se stesse cercando con tutte le sue forze di congelare quell'istante. Avrebbe dato tutto pur di non dover mettere quelle parole nero su bianco.
Aveva così tanta paura... paura di litigare di nuovo, paura che Ron si sentisse rifiutato, che la immaginasse a fare chissà cosa con quell'idiota di Collins. Sospirando, cercò di calmarsi e, prima di avere altro tempo per riflettere, afferrò con uno scatto nervoso un foglio di pergamena dalla scrivania.

Ron,

Ti chiedo di perdonarmi, dobbiamo rimandare la nostra cena. Mi tratterranno al Ministero per altre tre o quattro ore.

Purtroppo è successo qualcosa di abbastanza grave, te ne parlerò appena riuscirò a rientrare a casa.
Sono davvero dispiaciuta, spero che capirai.
Ti amo,
Hermione

Rilesse brevemente il messaggio, tremante di nervosismo. Probabilmente aveva ragione Harry: Ron avrebbe capito e tutta quell'ansia si sarebbe dimostrata immotivata. Tuttavia, i ricordi dell'anno appena passato erano ancora troppo freschi perchè lei potesse sentirsi totalmente tranquilla. Non voleva vivere nuovamente quella situazione orrenda.
Ripensò con un brivido a quella sera in cui, esasperata, gli aveva detto che non era più così sicura che fossero fatti per stare insieme: lo aveva visto crollare sotto quelle parole, pesanti come macigni. L'immagine di lui che faceva velocemente i bagagli, in silenzio, e scompariva nel buio di una fredda notte di gennaio ancora la perseguitava.
Avevano rischiato di perdersi e lei non era mai stata più sicura di una cosa: non avrebbe permesso che accadesse ancora.
A passo spedito, tornò nel corridoio, alla ricerca di Frederik, uno dei gufi del Dipartimento. Erano stati così gentili da permetterle di usarlo per mandare messaggi, anche a scopo personale. Hermione ringraziò silenziosamente il cielo per questo, non avrebbe retto un confronto diretto con la metropolvere.
Codarda...
Codarda era e cordarda si sentiva.
Svoltò un angolo e trovò il gufo appollaiato su un trespolo nei pressi dell'ascensore. Allungò una mano per accarezzare dolcemente la testa dell'animale.
<< Cerca di essere tenero con lui, magari gli farai passare il malumore. >> Frederik la fissò, gli occhi attenti e vispi: sembrava aver compreso perferttamente il messaggio.
Quando tornò nel suo ufficio, qualche minuto più tardi, si sentiva già più serena: era stato come togliersi un cerotto. Inviato il messaggio, in lei si era fatto spazio un leggero senso di ottimismo. Ron avrebbe capito e lei avrebbe saputo come farsi perdonare.
Più tranquilla, decise che era il momento di mettersi al lavoro. Il rapporto di Staines la fissava ostinatamente dalla scrivania di mogano, quasi sbeffeggiandola. Sì, adesso che aveva sbrigato le sue faccende personali, era arrivato il momento di rendersi operativa, se non voleva essere ripresa.
La relazione era abbastanza breve, ma chi l'aveva redatta sapeva come fare il suo mestiere: la scrittura era chiara, precisa, tutti i dettagli più importanti erano stati riportati senza fronzoli e quello stralcio di pergamena era in grado di riferire un quadro molto completo della situazione.
Ad un certo punto, però, la lettura di Hermione di interruppe bruscamente. Tornò sulla stessa riga più volte, angosciata, mentre un formicolio dietro alla nuca le comunicava una sensazione di profonda inquietudine. In quel rapporto era riportato qualcosa di incredibilmente disturbante.
Per recuperare il sangue freddo fu costretta ad andare a cercare un bicchiere d'acqua. Credeva che nulla l'avrebbe più turbata così tanto, non con quello che aveva già affrontato nella vita. Eppura eccola lì, tremante, mentre immagini confuse risalenti a circa undici anni prima le scorrevano davanti agli occhi.
Si sentiva mancare il respiro, non avrebbe retto un altro minuto lì dentro, ma non aveva alternative. Doveva rimanere.
Quando rientrò nel minuscolo ufficio, trovò Frederik appollaiato sulla scrivania, un messaggio legato alla zampa. Il volatile addocchiò con desiderio il bicchiere d'acqua che teneva stretto tra le mani e, dopo aver dato un ultimo piccolo sorso, Hermione lo appoggiò sulla superificie di legno lucido, così che anche l'uccello potesse dissetarsi.
Ancora scossa, liberò la zampa di Frederik dal messaggio e srotolò il piccolo pezzo di pergamena. Quello che vi trovò scritto non le fu di particolare conforto, ma nemmeno la turbò: Ron non era solito dilungarsi nei messaggi, quindi quelle poche parole significavano tutto e niente.

Non preoccuparti.
Ron

Mai come in quel momento Hermione aveva percepito la bruciante necessità di averlo vicino, di stringersi nel suo abbraccio rassicurante. 
Realizzando quanto tempo ancora la separasse dal rientro a casa, si sentì sola e triste. 
La verità, però, era che aveva paura, una paura terribile.

Erano le dieci e mezza di sera quando finalmente si materializzò sul vialetto di casa. La sola vista della muratura rosa pallido e della cigolante sedia a dondolo posta all'angolo di un minuscolo portico contribuì a farla sentire un po' più al sicuro, meno esposta all'orrore.
Lei e Ron abitavano in quella piccola villetta a schiera nel cuore di Londra da circa due anni, una scelta non del tutto approvata dalla Signora Weasley che avrebbe preferito vederli prima sposati.
Con il cuore un po' più leggero, Hermione si avviò verso l'entrata, sperando di trovare Ron ad accoglierla con un sorriso e non pronto alla battaglia. Aveva bisogno di lui.
Girò la chiave nella toppa e, appena messo piede nell'ingresso, si stupì nel sentire la ventata di profumo che la raggiunse. L'intera casa odorava di ragù, probabilmente il suo sugo preferito nel mondo intero. Incuriosita, si diresse verso la cucina e, quando vide la scena che le si presentava davanti fu per un attimo incerta se scoppiare a ridere o a piangere per la tenerezza.
Ron le dava le spalle, la testa china su una pentola traboccante di sugo e un grembiule blu e giallo allacciato in vita. Era abbastanza sicura che non si fosse minimamente accorto del suo arrivo, visto che continuò a canticchiare disinvolto un motivetto osceno più adatto ad una partita di Quidditch che ad una cena romantica.
<< Ciao. >> Lo salutò. Lui sobbalzò, colto di sorpresa e si girò di scatto, con aria colpevole.
<< N-non ti ho sentita arrivare! Io ho preparato la cena... per noi. >> Bofonchiò imbarazzato, le orecchie che iniziavano a tingersi leggermente di rosso.
Hermione gli sorrise dolcemente. Le sorprese romantiche non facevano decisamente per lui, si imbarazzava da morire, nonostante stessero insieme ormai da cinque anni, ma questo non faceva che aumentare il suo amore per lui.
Lo sguardo le cadde anche sulla tavola, per una volta apparecchiata con piatti, bicchieri e posate coordinate, e decorata da una sola candela rossa. Notò anche un mazzo di fiori appoggiato su un ripiano.
Senza dire nulla, intenerita, si avvicinò a Ron e gli diede un bacio sulla guancia. Lo guardò intensamente negli occhi, cercando di comunicargli tutto il suo amore e la sua gratitudine. Per tutta risposta, lui la coinvolse in un bacio un po' troppo passionale, soprattutto se volevano riuscire ad arrivare almeno al dessert.
Hermione si separò da lui ridacchiando, scostandogli una ciocca di capelli rossi dietro all'orecchio.
<< Scusa. >> Sussurrò. Lui non disse nulla, ma si limitò a stringerla ancora.
<< Non ti devi scusare, dovevi lavorare. >> Aggiunse dopo qualche istante di silenzio. << Comunque spero di aver fatto tutto per bene, la mamma mi ha dato la ricetta per il ragù... la pasta invece l'ho comprata. >>
<< Grazie Ron. E' tutto perfetto... E' stata una giornata così orribile... >> Mormorò, nascondendo la testa nell'incavo del collo di lui. Ron la guardò preoccupato, accarezzandole dolcemente i capelli.
<< Cosa è successo? >>
<< Hanno trovato degli unicorni, nei terreni di Hogwarts... dissanguati. >>





   
 
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