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Autore: _armida    06/01/2018    1 recensioni
Si tenevano per mano su di una scogliera a picco sul mare, un bambino ad una bambina intenti a osservare il cielo azzurro sopra le loro teste.
“Cosa faremo se la Galassia fosse in pericolo?”, chiese lei in un mormorio incerto, timoroso quasi.
L’espressione sul viso del piccolo Poe si fece sicura. “Se la Galassia avrà bisogno, noi ci saremo”, rispose.
I loro eroi avevano combattuto per la libertà, perché loro non avrebbero dovuto farlo?
...
“C’è stato un risveglio nella Foza”, rivelò il Leader Supremo.
Sotto la maschera, gli occhi color pece di Kylo Ren ebbero un guizzo.
“Fonti certe mi hanno informato che la mercante di rottami ha raggiunto Skywalker, sai questo cosa significa?”, continuò il Leader Supremo.
“L’addestrerà e ne farà un Jedi e noi saremo in minoranza…”. Ren alzò il viso su Snoke, sotto la maschera, quindi non visibile, un ampio sorriso faceva capolino. “…almeno che non trovassimo questo nuovo detentore della Forza e lo convincessimo a stare dalla nostra parte”
Anche il Leader Supremo sorrise, un ampio e sadico sorriso che avrebbe messo i brividi a chiunque. “Ti affido dunque il compito di trovarlo e portarlo da me, mio fedele apprendista"
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kylo Ren, Nuovo personaggio, Poe Dameron, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II
 
Un casco sopra la testa, la visiera completamente abbassata, le cinture di sicurezza chiuse saldamente a premere sul torace e i comandi stretti tra le dita. C’era una sensazione più meravigliosa di quella per un pilota? 
Le mani si muovevano agili sulla cloche, le ali dell’X-Wing che si chiudevano per cercare maggior velocità e l’inebriante sensazione di sentirsi finalmente liberi. No, non c’era nulla di meglio. 
Il droide, nel proprio vano, cinguettava allegro mentre l’aria ne fendeva la parte superiore, solleticandolo piacevolmente. 
Pensava spesso che se il suo droide fosse stato un Tooka*, in quel momento avrebbe fatto le fusa. 
Stava andando tutto bene, meravigliosamente bene…
Non lo vide. Non vide il velivolo che aveva in scia. Si accorse solo di un raggio verde con la coda dell’occhio. Troppo tardi per schivarlo. Troppo tardi per fare qualsiasi cosa. 
Una lunga serie di spie e dei fischi insistenti annunciarono quello che già sapeva sarebbe accaduto: stavano precipitando. 
Osservò il suolo avvicinarsi velocemente: era bianco come la neve ma screziato di rosso, come se dei grossi fiumi di sangue ne scorressero sulla superficie. 
Un forte odore di salsedine impregnava l’aria…
 
Si svegliò urlando, scattando improvvisamente a sedersi e scaraventando lontano coperte e cuscini. 
Un rumore, il tempo di guardarsi intorno e di rendersi conto che si trovava nella propria camera da letto.
Gli infissi erano in parte aperti e la luce del sole filtrava gentile, attenuata anche dalle leggere tende che svolazzavano libere trasportate dalla brezza mattutina. 
Lys spostò lo sguardo nel punto in cui aveva udito un suono e vide una serva osservarla ad occhi spalancati, immobile come una statua di sale; la lunga veste bianca monospalla, fermata da una spilla a forma di orchidea blu, il simbolo di Iranja, screziata da un liquido nero e ai suoi piedi un vassoio in argento finemente cesellato era riverso a terra, il contenuto sparpagliato sulle pregiato pavimento di marmi policromi. 
“Mi dispiace”, mormorò, la voce appena udibile e che quasi stentava a riconoscere come propria e il respiro ancora affannato. 
Si alzò con l’intento di aiutarla, ma l’apertura delle porte che conducevano agli altri ambienti dell’appartamento la distrasse. Un cenno della nuova arrivata e la serva se la svignò a testa bassa, richiudendo alle spalle il portale in legno scuro e materiali preziosi. 
La nuova arrivata indossava la medesima divisa, ma con le braccia coperte da uno scialle che lasciava intravvedere alcuni sottili bracciali d’oro sull’avambraccio, indice che non si trattasse di una semplice serva. Si trattava di Mara, la sua istitutrice, nonché zia della persona a lei più cara al mondo: Poe. 
Quella donna si era presa cura di lei da quando era in fasce ed era come se le avesse fatto da madre, dal momento che la sua era morta di parto mettendola al mondo. Anche suo padre se ne era andato diversi anni prima, quando lei era poco più che un’adolescente. Ufficialmente si parlava di un incidente, una disgrazia causata forse da un meccanismo difettoso. Ufficiosamente, tra le file della Resistenza, si mormorava che fosse stato il Primo Ordine ad abbatterlo. Ed era per questo che da quel giorno non aveva più messo piede sopra a qualsiasi cosa fosse in grado di volare. 
Anche Poe era nella sua stessa situazione: padre morto combattendo per la Ribellione quando lui era ancora neonato e madre spenta da un male incurabile alcuni anni prima. 
Mara la osservò apprensiva, non potendo fare a meno di notare il contorno viola delle sue occhiaie, così in contrasto con l’ovale pallido del viso. 
“Un’altra notte in bianco?”, chiese preoccupata. 
“Continuo a fare incubi. Sempre lo stesso incubo”, mormorò Lys. Nonostante la temperatura fosse già calda, avvertiva freddo sul corpo completamente esposto. Tentò di risparmiare un po’ di calore stringendo le braccia intorno al corpo, ma ottenne scarsi risultati. 
Non faceva una dormita decedente da… quando era stata l’ultima volta che aveva potuto dormire tra le braccia di Poe? Doveva tornare al più presto, altrimenti lei sarebbe impazzita. 
Aveva provato a distrarsi in altri modi, per esempio la notte che era appena passata…
“Hai dipinto tutta la notte, cara?”, chiese Mara, notando le macchie di colore che le incrostavano le mani. 
Negli altri luoghi della Galassia si era persa da millenni la consuetudine di produrre arte, ma non lì: Iranja era una piccola enclave per tutti quei piccoli lavori manuali che erano stati dimenticati. C’era persino una cartiera e un antico monastero in cui ancora si copiavano e rilegavano libri, quei piccoli rettangoli fatti da tante pagine di un materiale bianco e poroso, oggetti sconosciuti o considerati fin leggendari dai forestieri. 
Un piccolo sorriso si fece strada sulle labbra di Lys, una rarità in quel periodo. Si osservò le mani su cui intere strisce di pigmenti variano dal giallo, al blu e al verde brillante, per poi passare ad altre sfumature indefinite e tonalità impossibili da riconoscere. 
“Un regalo per Poe”, disse, abbassando lo sguardo per non mostrare il diffuso rossore che aveva preso piede sulle guance. “Per festeggiare la vittoria sulla Base Starkiller”
Il Primo Ordine aveva subito un duro colpo in quell’occasione e da allora il controllo sulla Galassia si era fatto ancora più stretto, le repressioni ancora più intense e feroci. Per la Resistenza la vita si era fatta ancora più dura.
Aveva visto Poe forse un paio di volte da allora, ma si era sempre trattato di attimi, manciate d’ore, di minuti addirittura. Il tempo di caricare a bordo di un’anonima astronave merci di prima necessità per la Resistenza ed era già in partenza. 
Lei non poteva lasciare il pianeta, né schierarsi apertamente con i ribelli dal momento che suo zio, Re Nestor, aveva sottoscritto un’alleanza con il Primo Ordine, ma poteva fare altro, rendersi utile quando possibile. E quel rendersi utile per lei significava reperire dalle scorte di palazzo tutto ciò di cui la Resistenza necessitava e che il pianeta offriva. Nessuno le avrebbe mai fatto domande sulle quantità ingenti di parti di ricambio, alimentari e medicine che prendeva. Nessuno l’avrebbe mai scoperta. 
“Se è rimasto un minimo di discernimento in quel ragazzo, temo non si farà vedere da queste parti per un po’”, disse Mara, riferendosi all’arrivo imminente di alcuni pezzi grossi del Primo Ordine, previsto per quel pomeriggio. Scosse la testa, prima di indicare con l’indice alla sua pupilla il bagno: non poteva di certo ricevere gli ospiti sporca di colore. 
Nel mentre estrasse un abito dal grande armadio a muro che troneggiava sulla parete opposta all’entrata. 
“Sai che giorno è oggi?”. A scanso di equivoci era meglio chiedere, nel caso in cui la giovane se ne fosse scordata. 
Silenzio. Anche l’acqua aperta dei rubinetti aveva smesso di scrosciare. 
“Poe!”, la udì urlare. 
L’istitutrice non fece in tempo a ribattere che la ragazza uscì dal bagno in tutta fretta, le strappò il vestito dalle mani e lo indossò con foga, per poi prendere un paio di sandali alla schiava usurati abbandonati in un angolo e dirigersi di corsa alla porta. 
“Lys!”, la chiamò. 
“Credo che sia atterrato Poe, o che stia per atterrare… un’intuizione”. Doveva già essere ormai arrivata al portale di uscita dai propri alloggi a giudicare la lontananza dalla quale la sua voce giungeva. Se la immaginò ad indossare i sandali senza fermarsi, saltellando su una gamba sola come suo solito. 
“Fortuna che ho fatto riempire i magazzini segreti giusto ieri, anche se credo che i medicinali non siano abbastanza”, la sentì aggiungere. 
Fortuna che dentro e fuori al palazzo c’era chi appoggiava la causa della Resistenza e cercava di coprire i movimenti della giovane, pensò Mara.
Un sorriso malinconico comparve sul suo volto al pensiero di quanto la giovinezza rendesse impulsivi ed iperattivi, ma esso lasciò ben presto spazio di timore: e ora lei come lo spiegava al re che la principessa non sarebbe stata presente al ricevimento degli ospiti?

Nda 
*i Tooka, citando Javapedia (sia ringraziata la Forza che esiste), a quanto pare sono delle sottospecie di gatti. Non intendendomene ("Come è possibile che non esistano i gatti? Quanto sarebbe triste un mondo senza gatti?" si lamenta la mia gattara interiore), incrocio le dita che sia così. Se avete idee migliori, sono tutta orecchie! 

 
   
 
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