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Autore: Cantafiabe    07/01/2018    0 recensioni
In questo anime/manga di certo il trambusto non manca e in mezzo a tutto questo caos e canzoncine demenziali, un personaggio come Kevin Mask sembra non entrarci nulla. Allora adesso vi propongo un'alternativa, ma prima spostiamoci in una delle città più affascinanti e umide del mondo: Londra. Ed è proprio qui che comincia la nostra storia, una storia in cui il wrestling va a intrecciarsi con la danza, le tenebre che avvolgono la vita di Kevin si scontrano con una luce nuova, a lui totalmente estranea che ha come portatrice una giovane ragazza, dai lunghi capelli biondo cenere e gli occhi scuri come il cioccolato fondente. Pronti a farvi (s)travolgere da una storia d'amore in un mondo dove l'unica cosa che conta è vincere? Bene, allora sono lieta di presentarvi questo mio piccolo delirio, hope you'll enjoy it.
Genere: Romantico, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kevin Mask, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Okay. Ora entro. Si ora entro e gliene dico quattro, anzi otto. Quella storia doveva finire, non ero disposta a sopportare oltre. Presi un profondo respiro e mi approntai ad aprire la porta della sala, ma il corpo non rispondeva ai comandi. Non ero mai stata una gran coraggiosa, ma nemmeno una codarda e di certo chiunque fosse stato lì dentro non sarebbe riuscito ad intimorirmi visto che di solito i palestrati che venivano lì erano dopati a livelli allucinanti e con dei muscoli bestiali, ma alti quanto un porta ombrelli; per questo non riuscivo a capacitarmi del fatto che sentissi continue scariche di brividi sulla schiena. Si quello era decisamente il mio sesto senso, (pressoché infallibile) che mi consigliava di fare dietro front, nascondermi negli spogliatoi femminili e restarmene buona finche quel tizio non se ne fosse andato da lì lasciando il solito macello. No! Forza Annika, puoi farcela, sei arrivata anche quindici minuti in anticipo per affrontare questo scontro, tu che hai sempre avuto grandi problemi con la puntualità e poi non dimenticarti del tuo bel metro e ottantatré di altezza che, a detta di Nena accompagnato da uno sguardo serio metteva non poca ansia. Ecco in quel momento avrei voluto davvero essere la mia amica dai capelli rossi, lei si che sapeva come inveire contro ad una persona, io preferivo le conversazioni civili e rilassate, pur avendo un bel caratterino e, sempre a detta di Nena, una lingua biforcuta niente male. Presi un altro respiro. Tre, due, uno… ed ecco che la porta davanti a me si spalancò. Il punto era che io non avevo mosso un muscolo. Mi si strozzò un attimo il fiato in gola. Figura del cavolo fatta, bravissima Annika, ora se magari riesci a riprenderti potresti non passare per l’idiota della situazione. Sollevai lo sguardo ed incrociai due occhi gialli che mi scrutavano attentamente, in modo severo anche se indifferente. Il tipo che avevo davanti non era esattamente come me lo ero immaginato, anzi, non era assolutamente come me lo ero immaginato. Per poterlo guardare negli occhi, o meglio nelle due fessure gialle dello strano elmo blu che portava, incredibilmente familiare, dovevo piegare la testa indietro. Ma quanto era alto?! E perché non portava la maglietta, diamine. Ero abituata a vedere uomini senza maglia, lavorando in una palestra, ma non ne avevo mai visti di così.. così.. ben fatti ecco. ‹‹Ragazzina, hai intenzione di levarti dai piedi o vuoi restare lì impalata per ancora del tempo?›› d’un tratto la sua voce, incredibilmente virile, mi riscosse dal mio stato di trance e mi tornò alla mente il mio scopo. Dirgliene quattro, anzi otto. Inoltre il tono scocciato che aveva usato mi aveva leggermente infastidito, ma cercai di restare indifferente. ‹‹Scusami, ma avrei da dirti alcune cose, sei solo qui giusto?›› meglio essere sicuri che fosse veramente lui l’ultimo a lasciare la palestra la sera, altrimenti avrei raddoppiato la figuraccia. ‹‹Non ho tempo da perdere, si sono solo, pensi di riuscire a farcela entro i prossimi due minuti?›› disse in tono sarcastico, incrociando le braccia al petto imperlato di sudore e appoggiandosi allo stipite della porta. Lo superai entrando nella stanza, mantenendo la testa alta, ma continuando a torturarmi le pellicine delle mani. Mi voltai verso di lui che sembrava essere ancora più scocciato di prima e gli indicai tutta la sala. ‹‹Non ho intenzione di essere scortese, ma vorrei farti notare lo stato pietoso in cui lasci questa sala ogni volta da due settimane a questa parte. So benissimo che voi super palestrati credete di poter fare come vi pare e di avere il mondo ai vostri piedi.. solo che io non ho tutti i vostri muscoli e sebbene questo comprenda una parte del mio lavoro, ti chiederei di avere per favore un po’ più di rispetto almeno per gli attrezzi che usi e di rimetterli al loro posto…›› gli dissi cercando di essere il più cordiale possibile. Non ero solita lamentarmi del lavoro, ma la palestra era grande e quel periodo ero sola a pulire visto che Sara, la ragazza che mi aiutava, si era fatta male ad una gamba il mese scorso. Ogni sera tornavo a casa non prima di l’una. Speravo che riuscisse ad essere comprensivo. Ma il mio sesto senso continuava a inviarmi scariche di brividi lungo la schiena e capii presto che quella era una speranza vana. Fece un risolino sarcastico ‹‹Fammi capire, te fai la donna delle pulizie qui e ti lamenti del tuo lavoro mh? ›› mi disse avvicinandosi tenendo sempre le braccia conserte ‹‹Io non mi sto lamentando, ti ho solo chiesto una gentilezza, non di fare il lavoro al posto mio..›› risposi decisa ignorando il fatto che era a pochi centimetri da me e ancora una volta mi ritrovai a pensare che quella maschera mi fosse terribilmente familiare. ‹‹Stammi bene a sentire ragazzina, io non mi prendo nessuna predica da te, nemmeno se fai la gentile e sbatti le ciglia, non mi incanti, questo lavoro ti sei scelta e questo fai, addio.›› mi disse mantenendo un tono di voce basso e quasi minaccioso. Stavo per ribattere che non ero una ragazzina e che non avevo cercato di incantarlo, ma lui era già sparito oltre la soglia lasciandomi sommersa dal caos, sia nella in testa che intorno a me. Sbuffai e strinsi i pugni. Bene avevo solo perso tempo, meglio rimboccarsi le maniche. Anche quella sera avrei rinunciato ai miei esercizi. Non so come, ma nell’arco di due ore ero riuscita a finire e alle 23:30 ero fuori da lì. Ma che stronzo che era quel tizio?! Certo però che anche io, ero rimasta impalata come uno stoccafisso, ma perché? La strana sensazione di averlo già visto da qualche parte mi inquietava e non poco. Arrivata a casa ringraziai la nonna per aver tenuto Lysander e la salutai. Mi dispiaceva farla restare così a lungo, ma non potevo lasciare la peste da sola a casa. Per fortuna che nonna Judy abitava nella casa accanto. Andai in camera del bimbo per controllare che fosse tutto apposto e lo vidi che dormiva beatamente, così salii in camera mia, mi cambiai di corsa rimandando la doccia alla mattina dopo e crollai subito in un sonno profondo, quasi totalmente privo di sogni, tranne che per due, freddi, occhi gialli.

 

N.d.A.

Eccomi qui con il primo vero capitolo della storia, che come vi avevo anticipato è un po’ noioso, ma in qualche modo doveva cominciare. Allora ecco qua la nostra protagonista, la giovane Annika. Chissà che ci combinerà… e Kevin? Cosa penserà di quella “ragazzina”? Vedremo di scoprirlo al più presto.

Spero di avervi incuriosito almeno un po’, a presto con il secondo capitolo,

Angel.

   
 
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