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Autore: bittersweet Mel    07/01/2018    1 recensioni
The World è una grande città spezzata a metà, da una parte le ville e il lusso, dall'altra le palazzine malfamate e la povertà.
Roxas vive nella sua splendida casa, il giardino perfetto e una famiglia all'apparenza perfetta; Axel convive con due amici e fatica a pagare l'affitto, ma continua a coltivare il sogno di diventare un attore.
Il giorno in cui si incontreranno tutte le problematiche della grande città si fonderanno e inizieranno a farsi pian piano sempre più pressanti.
[ Axel/Roxas ]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Demyx, Roxas, Ventus
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Altro contesto
Capitoli:
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IX


 
 
 
“ Hola, sono Axel, in questo momento non posso parlare, lasciate un messaggio e vi richiamerò alla velocità di  3 × 108  m/s”
Era una bugia bella e buona.
Roxas aveva provato a chiamare Axel dal giorno precedente, ma non aveva ricevuto nessuna risposta e, quanto meno, nessuna chiamata alla velocità della luce.
Con uno sbuffo spazientito Roxas gettò il cellulare sopra al letto, trattenendosi a forza dal non gettare il telefono contro al muro.
Axel se n’era andato due giorni prima da casa sua e ancora non si era fatto sentire.
Certo, non era passato poi così molto tempo, ma Roxas era ugualmente preoccupato; temeva che il fulvo potesse sparire del tutto, era nervoso al solo pensiero che quella notte sarebbe stata l’ultima trascorsa insieme.
Aveva un ricordo vivido del teatro, delle labbra di Axel contro le proprie, ma quello che sfolgorava nella sua mente con maggiore intensità era il barlume di colpevolezza che era passato sul volto di Axel non appena Naminé li aveva visti vicini.
Roxas non riusciva a levarsi dalla testa l’immagine del ragazzo che se ne andava via di tutta fretta, e quel ricordo lo rendeva inquieto.
Da quella notte, c’era anche da dire, che di tempo per pensare e piangersi addosso ne aveva avuto a sufficienza.
Naminé l’aveva messo in “ punizione” – per quanto Roxas le avesse urlato contro che non era più un bambino- e non era riuscito a mettere un solo piede fuori dalla camera da letto.
Mangiava solamente quando sua madre gli diceva di scendere e cercava in tutti i modi di evitare lo sguardo compassionevole di Ventus.
Il gemello aveva provato a sgattaiolare in camera sua un paio di volte, ma prontamente Roxas aveva girato la chiave nella toppa e aveva ignorato le sue domande.
Non aveva voglia di parlare con Ventus e quantomeno di rispondere alle sue domande.

«  E’ vero quello che mi ha detto Terra? »
«  Chi era quel ragazzo? »
«  Come mai la mamma si è arrabbiata? »
Tutte domande a cui Roxas non aveva voglia di dare una spiegazione, per quanto ovvia che fosse.
Terra aveva ragione, quello era il ragazzo con cui passava il tempo e sua madre era arrabbiata perché non accettava la più semplice delle situazioni.
Ma la cosa che premeva maggiormente a Roxas, alla fine, non era la sua famiglia, tutt’altro.
Era Axel.
Axel che non rispondeva nemmeno ad un dannatissimo messaggio!
Con rabbia il biondo afferrò nuovamente il cellulare e tentò per l’ennesima volta a digitare il numero del fulvo, sperando di sentire la sua voce e non quella pre-registrata di quella stupida segreteria telefonica.
Ovviamente non ebbe successo nemmeno questa volta.
Roxas si lasciò scappare un sospiro esasperato e si lasciò scivolare sopra al letto sfatto, gli occhi che sorvolavano sopra al soffitto azzurro.

«  Cos’ho fatto di male?», domandò al cemento sopra di sé, come se si aspettasse una vera risposta, «  era solo un bacio. »
Socchiuse gli occhi, cercando di cacciare via il bruciore che sentiva scivolargli nel naso.
Piangere non era la soluzione giusta. Non aveva versato una lacrima alla morte del nonno, non aveva singhiozzato quando il loro cane era sparito da un giorno all’altro, non avrebbe pianto perché Axel non gli rispondeva al cellulare.
Doveva solamente uscire da quella stanza e andare da lui, lì non avrebbe più potuto ignorarlo e allora Roxas gli avrebbe detto le cose come stavano.
Demyx e Zexion avevano detto la verità, quella mattina a casa loro: non aveva senso negare qualcosa, quando si era sicuri di provarla.
A Roxas piaceva Axel, il biondo lo sapeva. Aveva ignorato quei sentimenti, un po’ spaventato e un po’ indeciso, ma ora che rischiava di perdere ogni cosa era pronto ad andare dall’altro ragazzo e dirgli tutto.
Voleva dirgli che gli piaceva la sua voce, gli piacevano le sue mani, il suo profumo – sì, anche quando puzzava di patatine fritte e disinfettante-, gli piaceva parlare con lui e aveva scoperto che gli piaceva anche baciarlo.
Eccome se gli piaceva.
Sua nonna aveva dato una svolta decisa ai suoi pensieri e gli aveva fatto ammettere a voce alta, alla fine, qualcosa che non era mai riuscito a pronunciare prima in vita sua.

«  Nonna, mi piace una persona »
Era rimasto al telefono con Tatty quella stessa mattina, ascoltando la voce soffusa della nonna dall’altro capo del telefono, felice anche solo di sentirla parlare, con quella voce che sembrava balsamo per le sue ferite.
Tatty gli aveva detto di non preoccuparsi, che la vita era fatta di alti e bassi, ma che prima o poi tutto si sarebbe aggiustato. Roxas non ne era tanto sicuro, ma aveva sorriso alle sue parole e l’aveva lasciata tornare ai suoi dolci alla cannella.
Roxas si passò la mano destra sopra al volto, massaggiandosi le tempie, quando il bussare alla porta lo distrasse dai suoi pensieri.
Toc toc toc.
Non rispose e i colpi ritornarono a risuonare nella stanza.
Con un sospiro esasperato Roxas si sollevò sopra al materasso, gettando a terra col piede due confezioni vuote di cioccolato.

«  Che vuoi Ven? Sono occupato. »
Dall’altro capo della porta non rispose nessuno, solo un colpo di tosse.
Roxas sbuffò, spazientito, e scalciò nuovamente a terra dei fogli di carta spiegazzati.
Aveva una gran voglia di prendere a pugni tutto e tutti, al momento.

«  Davvero, che cosa diavolo vuoi? Non ho voglia di stare qui a parlare con la porta. »
Finalmente la voce del gemello si fece sentire, leggermente più fioca del solito, quasi stanca.
«  Rox … mi vuoi dire che sta succedendo? »
Ecco, era questo il vero problema! Non era successo niente, tutto era perfettamente normale, eppure tutte le persone che lo circondavano erano convinti che fosse successo qualcosa di orribile.
Anche Ventus era uscito un paio di volte con una ragazza, e allora? Nessuno ne aveva fatto una tragedia.

«  Non c’è niente da dire, va via », rispose semplicemente il biondo, serrando le labbra e guardando la porta come se fosse Ventus stesso.
Incrociò le braccia al petto e rilassò leggermente le gambe sopra al materasso, continuando a guardare la porta.

«  Posso entrare? »
«  Solo se io posso uscire. »
Ventus non rispose e Roxas digrignò appena i denti.
Quante volte Roxas aveva violato le regole della madre per fare felice Ventus? Quante volte si era beccato ramanzine su ramanzine perché aveva coperto il gemello?
Ora invece Ventus se ne rimaneva immobile a guardare quell’ingiustizia senza fare nulla.
Roxas si alzò dal letto con un balzo e raggiunse la porta in pochi passi, picchiando il pugno contro il legno duro.
Più tardi sarebbe spuntato fuori un bel livido, ma al momento non gliene importava proprio nulla.

«  Cazzo Ventus, fammi un favore, solo uno, per una volta! Fammi uscire di casa senza fare la spia. »
Dall’altra parte della porta il gemello temporeggiò, prima di guardarsi intorno con una certa paura.
«  Ma la mamma ha detto … »
«  Cosa? Che sono in punizione? Davvero? Vorrei proprio capirne il motivo », sibilò Roxas di fronte la porta, trattenendosi dal prenderla a pugni per davvero.
Il biondo serrò gli occhi e appoggiò la fronte contro il legno, strofinando il capo per qualche secondo.

«  Per favore Ven, devo andare via un attimo, dopo … ti giuro che ti dirò tutto.»
Ventus tirò verso il basso la maniglia e senza aspettare il permesso di Roxas – che tanto non l’avrebbe mai fatto entrare nella sua stanza- aprì la porta.
Il biondo indietreggiò non appena sentì i cigoli stridere leggermente e se ne rimase fermo davanti all’uscio, le braccia incrociate e lo sguardo rancoroso.
Ventus nemmeno lo guardava in faccia.

«  Non mi dirai niente, già lo so, ma questo non vuol dire che non ti voglio bene e che ti lascerò qui dentro a marcire», poi sollevò lo sguardo, incrociando il volto ostile del gemello, «  ci sono Hayner e Xion qua fuori, non li ho fatti entrare perché la mamma ha detto che non puoi ricevere visite, ma farò finta di non averli nemmeno visti.»
“Perfetto”, pensò Roxas, “l’ultima persona che voglio vedere è l’unica con cui posso parlare.”
Il biondo ci mise un po’ prima di rispondere a Ventus, prendendosi del tempo a guardare l’espressione leggermente colpevole sul volto del gemello.
Sembrava dispiaciuto, certo, ma al tempo stesso credeva di dare una mano a Roxas lasciandogli vedere quelli che secondo lui erano suoi amici.
Per un secondo Roxas sospirò, poi cercò di sembrare leggermente più felice.
Un’impresa, ma le labbra si sollevarono leggermente verso l’alto, a fatica.

«  Grazie », disse semplicemente a Ventus, superandolo e uscendo dalla camera.
Solo fare le scale gli diede una leggera sensazione di libertà che gli alleggerì il petto.
Ora doveva solamente parlare con Hayner o Xion per qualche secondo, tenere sotto controllo Ventus, e andarsene al momento migliore.
Il gemello, mentre Roxas congetturava una possibile via di fuga, l’aveva accompagnato giù dalle scale ed era corso alla porta a chiamare gli altri due.
Roxas si fermò nell’atrio, guardando la porta socchiusa e subito dopo il candeliere appeso, che scintillava ai fasci di luce solare.
Accennò ad un leggero sorriso.
Dall’ingresso apparve solamente la nuca scura di Xion, i capelli lucenti sotto la luce del sole.
Roxas non riuscì a non accennare un leggero sorriso nel vederla, ricordandosi perfettamente cos’era successo l’ultima volta che aveva posato lo sguardo sopra al suo viso.
Era rigato dalle lacrime, ma in un certo senso molto più sereno di quanto non fosse ora.
La ragazza indossava il suo sguardo più stizzito, accentuato dalle braccia strette al petto e le labbra assottigliate.
Ventus se ne andò poco dopo, lasciandoli da soli con un solo sguardo incuriosito, e sparì verso la cucina.
Si udì solamente il rumore della porta del frigo che si apriva e si richiudeva, poi nient’altro.

«  Quindi …», incominciò Roxas, non sapendo nemmeno dove andare a parare, «  come mai sei qui? »
Forse suonò un po’ più rude di quello che avrebbe dovuto essere, ma il biondo non aveva seriamente idea del perché la ragazza fosse andata a trovarlo. Credeva che l’avrebbe rivista solamente nei corridoi scolastici, magari a qualche lezione in comune, ma nulla di più.
Invece Xion era lì, a guardarlo malamente, come se non volesse affatto essere lì. Ecco perché la domanda era uscita dalle labbra di Roxas così spontaneamente.

«  Sono venuta solamente per farti le mie congratulazioni. »
Roxas corrugò leggermente la fronte, mentre gli occhi scivolavano dal volto della giovane fino alla porta socchiusa.
Aveva solo una gran voglia di spingerla di lato e andarsene via, ma ancora una volta non riuscì a trattenere le parole che gli solleticavano la lingua.

«  E per che cosa, si può sapere? »
Lo sguardo di Xion si stizzì ancora di più, arrivando quasi a dardeggiare nella direzione del biondo.
Roxas la vide schiudere le labbra, per poi serrarle nuovamente.
Solo le braccia della ragazza si erano mosse, portando una mano ad aggiustarsi una ciocca ribelle di capelli.

«  Per non avermi detto niente, per avermi fatto sprecare tempo a venirti dietro», parlò alla fine Xion, sollevando le labbra in un leggero sorrisetto ironico, «  se l’avessi saputo non mi sarei nemmeno avvicinata ad uno come te.»
Roxas sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rispondere alle sue parole.
«  Uno … come me? E che diavolo dovrebbe significare?», le chiese, scuotendo la testa, fingendo di non capire.
In fondo già lo sapeva, dove voleva arrivare a parare la ragazza; Roxas sentiva un leggero senso di timore nel petto, un masso nello stomaco.
Xion schioccò le labbra e lo guardò da capo a piedi, arricciando le labbra.

«  Se avessi saputo che baciavi i ragazzi, con quelle labbra, non me le sarei mai sognata la notte.»
Esattamente a questo, ecco dove voleva arrivare Xion.
Roxas sospirò amaramente e scosse la testa, cercando di levarsi dal petto quell’orribile sensazione di ansia che sembrava mangiarlo vivo.

«  Non sai nemmeno di cosa parli, andiamo.»
«  Terra me l’ha detto, l’ha detto a tutti, sai? A me, a Ventus, ad Acqua, a tutti quanti. »
«  Terra non c’era nemmeno e tutti voi gli date retta?», sbottò prontamente Roxas, infastidito dalla piega della conversazione.
Certo, era vero, aveva baciato Axel, l’avrebbe rifatto volentieri, ma non apprezzava affatto l’idea di essere guardato in quel modo. Con sottile ribrezzo e compassione gratuita.
Fece un passo avanti, non tanto per raggiungere Xion quanto la porta, ma la ragazza indietreggiò, come se temesse perfino di essere toccata.

«  Non lo neghi però, vero? Non mi dici che si sbaglia, non mi dici che sei etero, non dici proprio nulla!», la voce di Xion rimbombò nell’ingresso, infrangendosi contro le pareti.
Roxas si fermò di colpo, come se l’eco delle parole della ragazza stessero ancora risuonando nella stanza.
Impallidì leggermente, portando prontamente lo sguardo verso la cucina, poi dietro di sé, lungo le scale.
Sollevò la mano, nella speranza di zittire l’altra.

« Non c’è bisogno di urlare, se vuoi parlare allora d’accordo, ma non qui e non adesso.»
Xion indietreggiò, continuando a sorridere amaramente, scuotendo la testa.
I capelli corti e lisci ondeggiarono da una parte all’altra, qualche ciocca riuscì a sfuggire dalla presa delle forcine bianche.

«  Perché non qui? Per caso hai paura che qualcuno ci senta? Ma che importa, sto dicendo solamente la verità. Sei gay, gay! Nemmeno me lo dici in faccia! »
«  Ti ho detto di star zitta!», tuonò Roxas un secondo dopo, esplodendo a voce alta come mai aveva fatto. Non urlava mai, il biondo, non l’aveva mai fatto in vita sua.
Non da piccolo, quando Ventus gli rubava i giochi, e nemmeno da adolescente, quando in classe lo prendevano in giro.
Non urlava mai, eppure adesso la voce era uscita dalle sue labbra con talmente tanta forza da parere un ruggito.
Con le mani strette a pugno fece un altro passo avanti, mentre la nuca di Ventus spuntava fuori dalla cucina, senza avanzare oltre.

«  Ma che cazzo di problemi avete tutti, si può sapere? Cosa c’è che non va nelle vostre teste?», domandò a voce alta, guardandosi intorno come se ci fosse anche sua madre lì con loro, «  spiegami cosa c’è di sbagliato? Cosa rende una persona inferiore, se vuole stare con qualcuno del suo stesso sesso?»
Xion non rispose, si limitò a sibilare un: “ che schifo” prima di dargli le spalle e andarsene via, aprendo del tutto la porta socchiusa.
Roxas osservò la luce proveniente dalla strada e poi si voltò verso Ventus.
Si specchiò nei suoi occhi – talmente simili ai suoi che temette di trovarsi davanti ad uno specchio- e non trovò altro che delusione.
Era così che stavano le cose, allora? Anche suo fratello lo disprezzava per una cosa del genere?
Roxas serrò le labbra e scosse piano il capo, osservando la porta aperta e avanzando senza esitare.
Non gli importava di essere messo in punizione per un anno, non gliene fregava nulla se sua madre l’avrebbe preso a schiaffi ancora una volta, ora voleva uscire.
E così fece.
Spinse del tutto la porta contro al muro e uscì fuori, all’aria aperta, sotto al sole caldo dei primi giorni d’agosto.
L’estate sorgeva rigogliosa davanti ai suoi occhi, con il caldo accecante del sole e le lucertole sopra ai marciapiedi, ma Roxas – il corpo ancora tremante di rabbia e umiliazione- andò dritto lungo il vialetto del cortile, senza gettare un solo sguardo al mondo attorno a sé.
Ignorò anche la voce di Ventus, fermo sulla porta, che chiamava il suo nome.

«  Roxas, ti prego, non –»
Ma non disse altro. Ventus rimase fermo, le mani aggrappate alla soglia come se temesse di mettere un solo piede fuori casa.
Roxas non si voltò nemmeno a guardarlo, ora i suoi occhi erano calati sopra Xion e  Hayner poco distanti da lì, che camminavano lungo il marciapiede.

«  Hey», iniziò ad urlare, «  Hey!»
Entrambi si voltarono, osservando il biondo mentre gli si avvicinava. Xion teneva ancora le braccia incrociate al petto, mentre l’altro ragazzo le lasciava ciondolare lungo i fianchi.
«  Non ci parlare, Lys.»
Roxas si fermò davanti ad Hayner, scuotendo il capo, osservandolo con rabbia; per qualche secondo rimasero in silenzio a fissarsi, a pochi centimetri di distanza, gli occhi che dardeggiavano rabbia.
«  Adesso sono Lys, non Roxas?», domandò alla fine, il capo sollevato a fronteggiare quello dell’altro, «  molto intelligente, non c’è che dire.»
«  Sta zitto », gli sibilò contro Hayner, sollevando la mano destra e spingendo leggermente Roxas all’indietro, allontanandolo da sé, «  non starmi così vicino, finocchio.»
Roxas rise leggermente, con disprezzo, mentre un leggero rossore di vergogna gli colorò le orecchie e il collo.
«  Davvero? Sei serio?», gli domandò solamente, scuotendo il capo, «  non ti toccherei nemmeno con un dito, non preoccuparti.»
La mano di Hayner tornò a spingerlo all’indietro, questa volta con un colpo un po’ più forte.
Xion al loro fianco non emise nemmeno un fiato, sembrava paralizzata e immobile, con gli occhi fissi sopra la scena.
Roxas sentì la rabbia montare in corpo ancora di più.

«  E’ così allora? Quando va bene a voi dovrei essere vostro amico, non è vero? Roxas, il ragazzo silenzioso che solo voi potete capire, ma quando gira una voce su di me nemmeno pensate di venirmi a parlare, almeno a chiedermi cosa ne potrei pensare?!», gli occhi del biondo saettarono prima sopra al volto della ragazza, poi su quello di Hayner, prima di abbassarsi nuovamente, «  siete voi a farmi schifo, non io a voi. E’ ridicolo, davvero … ridicolo.»
«  E’ ridicolo il fatto che il mio compagno di classe sia una checca. Ci siamo cambiati insieme, nella stessa classe! Che schifo.»
Non fingeva.
Il volto di Hayner pareva contratto nell’orrore, disgustato come se si trovasse davanti ad una carcassa di animale, piuttosto che al ragazzo che aveva più volte chiamato “ amico”:
Era questo che faceva ribollire il sangue a Roxas, questo che lo spingeva a riavvicinarsi a lui e fronteggiarlo.
Hayner era l’unico in tutta la classe che si era proclamato suo amico e aveva continuato ad invitarlo ad uscire, anche se ogni volta Roxas rifiutava.
Hayner era sempre stato l’unico gentile, che non lo lasciava mangiare da solo durante l’intervallo; era il ragazzo che la mattina gli chiedeva di fargli copiare i compiti, che a mezzogiorno divideva il suo panino con lui, era il ragazzo che il pomeriggio lo invitava a giocare ai videogame e sorrideva ai suoi no.
Non erano mai stati amici, non nel vero senso della parola, ma vedere le sue labbra contrarsi in quel modo e sibilare quelle offese era terribile.

«  Hayner, io …»
Io non sono gay.
Avrebbe voluto pronunciare quelle parole, ma non riuscì a continuare. Non sapeva cosa l’avesse portato a provare certi sentimenti per un uomo, ma nemmeno gli importava.
Axel,  d’altronde, era qualcosa di diverso.
A Roxas non piaceva solamente perché era un uomo di per sé, avrebbe anche potuto essere una ragazza e nulla sarebbe cambiato.
Axel gli piaceva per com’era, per la sua essenza, non per il suo fisico. Forse molte altre persone si sarebbero schifate all’idea di provare dei sentimenti per qualcuno dello stesso sesso, ignorando i propri desideri, sotterrandoli sempre più a fondo, Roxas aveva solamente fatto il contrario.
Non era corso via da quello che provava e non se ne pentiva.

«  Forse mi piace un ragazzo, ma non sono affari vostri », disse alla fine Roxas, rilassando leggermente le braccia, che fino a quel momento erano rimaste rigide e tese lungo i fianchi.
Hayner scosse la testa e come se niente fosse sollevò la mano destra.
Le nocche si scontrarono contro la guancia di Roxas e lo fecero indietreggiare di un passo solo, mentre gli occhi azzurri si sollevavano con stupore verso il ragazzo.

«  Hayner, fermo!», la voce di Xion spezzò quei pochi secondi di silenzio, ma non fermò affatto il ragazzo.
Hayner aveva lo sguardo puntato contro il volto di Roxas, la rabbia che gli faceva tremare ancora la mano stretta a pugno.
Il ragazzo si avvicinò a Roxas e strinse prontamente il bavero della maglia del biondo, così da tirarselo vicino, mentre Roxas lo fissava in un misto di disprezzo e spavento.

«  Volevo essere tuo amico e tu non mi hai detto nulla», gli sibilò contro, il volto talmente vicino che Roxas riuscì a sentire il profumo di frappé al cioccolato sotto al naso.
Il biondo scosse la testa, boccheggiando leggermente.

«  Non dovrebbe importarti.»
«  Invece mi importa eccome! »
Arrivò un altro colpo, più forte di prima, che fece strizzare gli occhi a Roxas.
Poi un altro e un altro ancora, finché il biondo non sentì il sapore di sangue in bocca e il volto in fiamme. Tossì il sapore ferroso e si divincolò dalla presa dell’altro, finché non si ritrovò a terra l’attimo dopo, quando la mano di Hayner mollò la sua maglietta.
Per qualche secondo rimase steso sopra al marciapiede, la testa che girava e la guancia bollente che pulsava al ritmo del suo cuore.
Poi aprì gli occhi e vide Hayner con il braccio alzato, la mano ancora stretta a pugno, e Xion lì affianco che gli tratteneva il braccio.

«  Ti prego, andiamo via, lascia stare », supplicava la voce della ragazza, mentre l’altro continuava a fissare Roxas in un misto di incredulità e rabbia.
Gli occhi castani scesero sopra il volto pesto del biondo, sullo zigomo arrossato, sopra il taglio ben visibile sulla guancia, e poi si allontanò.
La rabbia era svanita di colpo e il volto di Hayner si rattristò in un secondo, fiacco e molle come quello di un vecchio; abbassò il braccio e guardò Xion al suo fianco, mormorando qualcosa che Roxas non riuscì a sentire.
Semplicemente gli diede le spalle e iniziò a camminare, senza guardarsi indietro nemmeno una volta.
Xion temporeggiò per qualche secondo, osservando Roxas a terra e poi la schiena del suo amico.
Alla fine serrò le labbra e corse dietro ad Hayner, al suo fianco, finché entrambi non svoltarono la via.
Il biondo si portò la mano sopra la guancia, serrando le labbra nel sentire lo zigomo sporco di sangue e gonfio.
Si voltò di lato e sputò a terra un po’ di saliva rosata e socchiuse gli occhi, cercando un fazzoletto di carta nella tasca dei jeans.

«  Roxas…»
Ventus era ancora là, sulla porta di casa oltre il giardino recintato, sotto una piccola scia di luce che lo illuminava a metà,  e lo fissava.
Non fece un solo passo per raggiungerlo, non disse altro.
Roxas si alzò a fatica da terra e, barcollando leggermente, proseguì per la sua strada.
 

 
***
 
 
Il tavolo era talmente lucido da portercisi specchiare sopra.
Axel riusciva a vedere il proprio riflesso sopra al tavolo numero 15 del Jimbo’s eppure continuava a muovere ritmicamente la mano sopra la superficie con un movimento meccanico.
Spruzzava lo spray, appoggiava il contenitore di lato, e riprendere a pulire quell’unico punto con una cura quasi maniacale.
Poco gli importava degli sguardi incuriositi di Marluxia o delle lamentele di Larxene, il fulvo continuava a pulire lentamente, concentrandosi su ogni piccola macchia di unto.

«  E’ il mio lavoro, devo farlo bene.»
Continuava a ripetersi, lo sguardo corrugato, le labbra serrate e le mani indolenzite.
I clienti non gli facevano neppure caso, aggirandolo con un sorriso tra le labbra e i propri pensieri per la testa.
Axel riusciva solamente a sentire il chiacchiericcio dei ragazzi, le risate che scrosciavano verso i tavoli in fondo, e si chiedeva come mai lui non potesse permettersi la stessa frivola felicità: uscire con i suoi amici, andare a mangiare un panino, ridere e scherzare.
No, la vita così non faceva per lui.
Axel era attratto da tutto ciò che era complesso e impossibile da avere.
Prima la sua idea del teatro, poi i soldi, infine Roxas; tre cose che non sarebbe mai riuscito ad ottenere.
Chi voleva prendere in giro? Era un ventenne senza un soldo, oramai troppo vecchio per poter entrare nel giro della recitazione, e Roxas era troppo piccolo per lui, ancora un ragazzino.
Aveva visto lo sguardo ferito del biondo, la sera in cui sua madre l’aveva visto insieme a lui, e si era detto che così non poteva andare.
Non poteva permettersi di rovinare la vita di Roxas in quel modo, allontanandolo dalla sua famiglia senza sentirsene nemmeno in colpa.
Allora aveva iniziato ad ignorare i suoi messaggi e le sue chiamate, dedicandosi ad intense giornate di lavoro.
Erano due giorni che aveva chiesto a Marluxia di mettergli un doppio turno nella speranza di tenere la mente occupata e il portafoglio più pieno.
Se non altro a fine mese la busta paga sarebbe stata più gratificante del solito, certo, ma per quanto riguardava i suoi pensieri ...
Axel serrò le labbra, abbassando nuovamente lo sguardo sopra al tavolo lustro.
Osservò la forma sbiadita della sua faccia, un riflesso distorto e confuso, prima di sospirare.
“ Intenti pulire ancora per molto?”, gli domandò Marluxia, comparso improvvisamente al suo fianco.
Il giovane uomo strofinò l’indice sopra al tavolo e si voltò verso Axel, sollevando un sopracciglio.

«  E’ talmente pulito che potrei leccarlo.»
« Sarebbe ugualmente disgustoso», si limitò a dire il fulvo, arricciando le labbra in una falsa smorfia disgustata.
Sollevò lo strofinaccio e se lo sbatté sopra la spalla destra, dove lo lasciò ciondolare leggermente verso la schiena.
Marluxia scrollò le spalle e incrociò le braccia al petto.

«  Allora ...», cominciò a parlare, schiarendosi la voce, «  tutto bene, Raggio di Sole?»
Axel storse maggiormente le labbra a quel soprannome – uno dei tanti, che cambiavano settimanalmente- e incassò il collo tra le spalle, come a voler dire un: “ che diavolo ne so?”
Marluxia si schiarì la voce ancora una volta, tossicchiando leggermente in cerca delle parole da dire.

«  Oggi sono portatore di buone notizie », dichiarò alla fine, sbattendo il palmo della mano destra sopra la spalla di Axel.
Lo strofinaccio cadde a terra, facendo sbuffare il giovane. Axel si chinò a terra per afferrarlo mentre Marluxia gli dedicava un altro sorrisetto.

«  Hai finito il turno, sei libero di andare! Felice? Niente più Jimbo’s e schifezze da pulire fino a domani.»
Dal largo sorriso che incorniciava le labbra del suo capo, Axel si rese conto che per Marluxia quella doveva seriamente essere una “ buona notizia.”
Non era lo stesso per il fulvo, invece, dove l’idea di uscire dal lavoro significava solamente ritrovarsi da solo con il proprio cervello.

«  Potresti anche sorridere un po’, così mi allontani tutti i clienti »
Axel serrò ancora di più le labbra, mentre gli occhi verdi si sollevavano verso l’altro e andavano a squadrare l’uomo davanti a sé.
Non aveva affatto voglia di scherzare, non in questi giorni.
Probabilmente se n’erano accorti tutti, a partire dai suoi coinquilini fino ad arrivare a Larxene, che stranamente non gli aveva rivolto nemmeno una parola sgarbata.

« Tanto ho finito di lavorare », mormorò poco dopo, notando che Marluxia lo stava guardando già da un po’ in attesa di una risposta.
L’uomo sorrise appena e sbuffò, prima di scuotere il capo.

«  Però sei ancora qui. Ti vedono e si spaventano.»
Axel mimò una risata secca, totalmente priva di gioia, e si sfilò il cappellino rosso dalla testa.
Con un sospiro si passò la mano tra i capelli e se li ravviò all’indietro, socchiudendo gli occhi.

«  Domani vengo anche di mattina, d’accordo? »
«  Cos’è, vuoi superare il record di ore che faccio io? », gli domandò Marluxia, afferrando il cappellino dell’altro e prendendo a passarselo di mano in mano come se fosse una pallina.
Axel osservò il suo berretto e poi nuovamente l’alto.

«  Ho solo bisogno di qualche soldo in più », si limitò a dire, tutt’altro che intenzionato a rispondere alle domande che di tanto in tanto l’altro gettava lì come se niente fosse.
Erano due giorni che Marluxia gli si avvicinava di soppiatto e bum, come un tuono a ciel sereno gli avvolgeva le spalle con un braccio e gli domandava con voce seria: 
«  amico, tutto bene? Come stai?»
Axel non aveva intenzione di rispondere ad una sola delle sue domande, perché era abbastanza ovvio che l’altro sapesse già la risposta.
Marluxia aveva solamente voglia di sentirsi dire in faccia che Axel stava male e che, dio, la sua vita faceva proprio schifo.
“ Tutto per colpa di un ragazzo”, pensava Axel con rammarico, ricordandosi poi che non si trattava affatto di un ragazzo qualunque.
Era un bellissimo, splendido, simpatico, intelligente, ragazzo.
Non uno che puoi trovare tutti i giorni in giro per strada, no, era uno su un milione, un diamante tra i sassi, era Roxas.
E l’idea di doverlo lasciare aveva ricordato ad Axel quante altre cose non era stato in grado di tenere o raggiungere.
Una vita fatta di fallimenti, si poteva dire.
Il fulvo sospirò affranto a quei pensieri, mentre Marluxia lì di fronte aveva preso a parlare su quanto, effettivamente, i soldi facessero la felicità.
Ecco un altro dei motivo per cui Axel non poteva dirsi felice: era talmente povero che non poteva nemmeno permettersi una nuova catena per la bicicletta e ora quella giaceva davanti al condominio, legata alla bella e meglio con un catenaccio.
Entro notte sicuramente qualcuno se la sarebbe fregata, poco ma sicuro.

« Senti, visto che qua ho finito ora vado, d’accordo?», Axel decise di interrompere il monologo di Marluxia, strappandogli dalle mani il proprio capello e consegnandoli in cambio lo strofinaccio e il detergente.
L’uomo fece una smorfia nel ritrovarsi tra le mani lo straccio umido e si lasciò andare ad un: “ ugh, schifo” leggermente acuto.
Axel sollevò appena le labbra, in un mezzo sorriso quasi caritatevole.

«  A domani, Zuccherino », esclamò Marluxia, sollevando la mano libera per poterla muovere in direzione di Axel.
Il ragazzo lo ignorò totalmente, passandogli affianco per raggiungere l’uscita.
L’aria tiepida della sera lo fece sospirare ancora di più, l’idea di dover tornare a casa, invece, gli fece solo venir voglia di accendersi una sigaretta e scappare il più lontano possibile.










***
Le feste sono finite e io sono riuscita a tornare a scrivere qualcosa, quindi " BENTORNATA MEL", me lo dico da sola così risparmio tempo.
Quindi quindi eccoci qui, un bel capitolo pieno di cosucce simpatiche, quindi non perdiamo tempo!
1) Xion è dispiaciuta oppure no?
2) Ventus farà qualche mossa prima o poi?
3) Roxas troverà Axel e riuscirà a parlarci?
Al prossimo capitolo, con qualche risposta in più!


Mel.

 
   
 
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