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Autore: annalisa93    07/01/2018    0 recensioni
Questa storia non è mia, ma di una mia amica, il suo profilo ufficiale lo trovate su wattpad : https://www.wattpad.com/user/ChiBa93
GENERE: sentimentale, thriller, mistero, psicologico, urbanfantasy.
Diciassette ragazzi.
Diciassette anime diverse, ognuna con il proprio passato, con le proprie fragilità e con le proprie aspettative per il futuro.
Diciassette cuori destinati ad incontrarsi e a scontrarsi.
Diciassette persone che si ritroveranno ad indagare su una serie di misteriose scomparse e sull'inquietante morte di una giovane liceale, avvenuta quarant'anni prima.
N.B: Questa storia è una light novel, ovvero un romanzo con illustrazioni in stile manga
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Salve a tutti! Scusate se ieri non ho aggiornato... 
Allora come avete passato queste feste? Tutto bene? Spero di sì :) 
Come sempre vi auguro una buona lettura :)

 

Bright lights, big city

She dreams of love.

Bright lights, big city

He lives to run.  

(Da Bright Lights, Thirty Seconds To Mars)

 

Dopo un quarto d'ora di attesa alla stazione di Lucca, finalmente l'altoparlante annunciò la partenza del treno che lo avrebbe condotto a Ponte a Moriano. Raccolse la chitarra e il piccolo trolley che si portava appresso e salì sul convoglio. Gettò uno sguardo ai vagoni a destra e a sinistra, optando poi per quello di destra, praticamente vuoto. Prese posto vicino al finestrino, in modo da poter seguire il percorso del treno, visto che non sapeva con precisione a quale stazione sarebbe dovuto scendere. Per l'ennesima volta, contemplando il suo riflesso sul vetro del finestrino, Jared si domandò se avesse fatto la scelta giusta. E per l'ennesima volta non seppe darsi una risposta. Ma il fatto che il simbolo dei Guardiani marchiato sul suo addome fosse tornato a risplendere, gli suggeriva che forse, in fondo, si trovasse al posto giusto nel momento giusto. Era partito senza pensarci troppo, seguendo il suo istinto. Non si era neppure preoccupato di trovarsi una sistemazione per il tempo che sarebbe rimasto a Lucca. «Cavolo, adesso mi toccherà pure dormire sotto un ponte.» Sospirò irritato. L'unico risvolto positivo di tutto quel viaggio era che, alla fine, l'avrebbe ritrovata. L'avrebbe rivista, avrebbe risentito la sua voce. Alla fine di quel viaggio ci sarebbe stata Sakura.

Con quel pensiero in testa ad animarlo, lasciò che gli occhi si abbandonassero all'osservazione del paesaggio, fiocamente illuminato dalla Luna, che iniziò a scorrere accompagnando il movimento del treno. Sotto il suo sguardo assente passò un cartello che pubblicizzava una serata alternativa di musica rock al teatro di Ponte a Moriano, mentre la sua mente pensava alle parole che avrebbe dovuto usare con Sakura. 

                          ****

Appena il treno ebbe lasciato la stazione di Lucca, le mani di Luke iniziarono a sudare copiosamente. Era agitato, emozionato. Finalmente dopo tanti anni avrebbe incontrato nuovamente il suo maestro, il suo modello, la sua fonte di ispirazione: il dottor Stevenson. Certo, non era la prima volta che lo incontrava, visto che era un amico dei suoi genitori, ma era la prima volta che ci parlava da quando aveva preso consapevolezza dei propri sogni e di ciò che sarebbe voluto diventare in futuro. Aveva tanta voglia di imparare da uno dei neonatologi più rinomati d'Europa e tanta voglia di mettersi alla prova. Probabilmente agli occhi del dottore lui era rimasto ancora il ragazzino scapestrato e ostinato che aveva poca voglia di studiare, e voleva dimostrargli che ormai era cambiato, che era cresciuto e stava maturando. Si torturò nervosamente le mani per una decina di minuti, cioè per tutta la durata del viaggio, finché non udì la voce registrata dell'altoparlante.

«Siamo in arrivo a Ponte a Moriano.» Recitò, poco dopo che il treno ebbe superato l'Esselunga di Marlia.

Luke si alzò, si preparò e, trascinando la valigia, raggiunse il corridoio. Jared fece lo stesso. Attesero che il convoglio frenasse e che i portelloni si aprissero per farli scendere. Scesero. Ad accoglierli a braccia aperte ci furono un vento gelido e un silenzio spettrale, interrotto ogni tanto dal sibilo inquietante dei neon che illuminavano il piccolo e tipico edificio delle stazioni di provincia. Si mossero di qualche passo e, solo allora, si accorsero l'uno della presenza dell'altro. Si voltarono, i loro sguardi sorpresi s'incrociarono.

«Tu... che ci fai qui?» Sussurrò Luke.

«Fiorellino...?» Domandò Jared, riconoscendo la voce.

Senza dargli nemmeno il tempo di salutarlo come si deve, Luke gli andò incontro e, con una rabbia inaudita, lo colpì con un destro sul volto. Jared, in un primo momento, spalancò gli occhi per lo stupore, poi si tastò la guancia dolorante. Subito, però lo stupore lasciò il posto ad un ghigno beffardo, che andò ad illuminargli il viso. Non si sarebbe aspettato niente da meno da parte di Luke. Attendeva di ricevere quel pugno da ormai due anni, da quando aveva lasciato Margareth in quel modo orrendo. «Un pugno degno di un fratello davvero incazzato. Bravo, Fiorellino.»

«Bastardo! Come ti sei permesso di trattare Meg in quel modo?! Sai quanto ha sofferto per causa tua?» Gli inveì contro, prendendolo per il bavero della giacca.

«Posso immaginarlo. Ma ti assicuro che avrebbe sofferto di più se fossi rimasto con lei.» Disse freddamente, guardando l'amico dritto negli occhi.

«Ma che diavolo stai dicendo?! Voi due eravate chiaramente innamorati. Siete fatti l'uno per l'altra! Perché mai Meg dovrebbe soffrire con te al suo fianco?

«È inutile parlare con te, non capiresti.» Rispose Jared scrollandosi dalla presa di Luke e avviandosi al cancelletto che consentiva di uscire dalla stazione, trascinando il trolley a cui aveva saldamente legato la custodia della chitarra.

«Mi stai dando dello stupido, forse?» Domandò raggiungendolo e spintonandolo ad una spalla, in segno di provocazione. Jared, che ormai stava per perdere la pazienza, lo allontanò in malo modo. «No, ma in ogni caso, è una questione che non ti riguarda.»

Luke, che odiava essere trattato così, si fiondò su di lui, spingendolo a terra​, e cominciando a colpirlo. «Certo che mi riguarda! Lei è mia sorella e tu sei il mio migliore amico! Tutto ciò che può turbare il nostro rapporto diventa anche affar mio!» Esclamò fra un pugno e l'altro.

«Ti ho detto che non voglio parlarne, con te soprattutto!» Replicò Jared fuori di sé, reagendo e mettendo l'amico con le spalle sul pavimento e posizionandosi su di lui. «Perciò, smettila di insistere!» Disse, con la mano a mezz'aria pronta per sferrare un ultimo pugno.

«Che sta succedendo qui?» Domandò all'improvviso una voce grave, mettendo fine alla rissa.

I due ragazzi si voltarono. Dalla loro posizione poterono osservare due scarpe perfettamente lucidate a pochi passi da loro. Lentamente sollevarono lo sguardo e scorsero la figura di un uomo sulla sessantina, che li stava squadrando con un'espressione severa dipinta sul volto.

«Dottor Stevenson!» Esclamarono Jared e Luke, staccandosi l'uno dall'altro e mettendosi in piedi. «Ci scusi...» Mormorarono avviliti, tentando si ricomporsi.

L'uomo, senza parlare, fece saettare lo sguardo, duro come la pietra, da uno all'altro. Sorpreso, si soffermò su Jared. «E tu che ci fai qui? Io aspettavo solo Luke.»

«Ehm...» Jared non si era assolutamente preparato una possibile spiegazione che giustificasse la sua presenza nella cittadina Toscana. Non poteva certo dire al dottore che era arrivato a Lucca per vedere la figlia. «Io e Luke ci siamo incontrati per caso. Io sono qui perché mi è stato chiesto di esibirmi nel teatro di Ponte a Moriano per la serata rock di domenica.» Disse, rammentandosi del cartellone pubblicitario che aveva visto mentre era sul treno. Era la prima scusa verosimile che gli fosse venuta in mente.

«Capisco.» Convenì Konstanz. «Visto che sei qui perché non vieni anche tu? Elena sarà contenta di vederti.» Gli propose. «Così potrete disinfettarvi quelle brutte ferite che vi siete procurati.» Aggiunse con una nota di rimprovero nella voce, afferrando la maniglia del trolley di Jared. «A quanto pare il tempo passa, ma voi siete sempre gli stessi. Sempre a bisticciare come quando eravate piccoli.» Commentò, accennando un sorriso divertito.

A quelle parole Luke non poté che sentirsi scoraggiato. Avrebbe voluto dimostrare al dottore che era cresciuto, che era maturato, ma era riuscito solo a confermare l'immagine che probabilmente aveva di lui, quello di un ragazzo impulsivo e immaturo. 

   
 
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