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Autore: Myra11    08/01/2018    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 29
 
-E l’ansia che gli stritolava il cuore faceva reagire la magia nelle sue vene.-
 
 
Noctis sospirò, massaggiandosi piano il petto.
Era uno dei rari attimi di pausa tra un ambasciatore e l’altro, tutti giunti per portare omaggi al nuovo erede al trono.
«Stai bene?»
Sorrise inconsapevolmente mentre si voltava a guardarla, al suo fianco con – gli riusciva ancora strano pensarlo – suo figlio tra le braccia. «Si, sono solo stanco.»
«Immagino. È difficile sorridere sempre.» Lo provocò lei, divertita, e gli strappò una breve risata, che si spense presto quando un pensiero illogico gli balenò in mente.
«Mi chiedo come ci riesca Nyx.»
Lei non ebbe nemmeno bisogno di chiedere spiegazioni, e abbassò lo sguardo sistemando meglio il pargolo tra le stoffa. «Nyx sta peggio di quanto lasci intendere. Sorride perché deve farlo, e quando pensa che nessuno lo guardi, i suoi occhi diventano…» Rabbrividì, incapace di finire la frase.
Era successo per caso, il giorno prima, quando Lunafreya aveva annunciato a tutti di aspettare un bambino durante il pranzo. Tra i mille complimenti e le congratulazioni, lei aveva incrociato gli occhi del generale, fissi sulla moglie.
In quel momento si era trovata a sperare che il detto secondo il quale gli occhi sono lo specchio dell’anima fosse falso, perché quella era un’ anima in pezzi.
La mano di Noctis sul viso la strappò a quel ricordo cupo. «Devo ammetterlo, sono in una brutta situazione. E Nyx la sta affrontando meglio di quanto mi aspettassi. Non so cosa farei io, se sapessi di dover guardarti morire, un giorno, sapendo di dover vivere per sempre.»
Victoria arrossì lievemente, e allo stesso tempo si sciolse dalla commozione.
«So cosa farei io.» Sussurrò, perdendosi in quello sguardo color della notte. «Non potrei sopportarlo.»
Rimasero per un istante così, e poi la porta si spalancò di nuovo, lasciando entrare una nuova delegazione. Si allontanarono in fretta, e Victoria ricacciò indietro quelle sensazioni di sofferenza e amore mescolate nel suo cuore. Strinse Regis a sé, e lo cullò dolcemente quando iniziò a piangere per il troppo rumore.
«Sorridi, mio re. Ti stanno guardando tutti.» Mormorò, con un breve sorriso incoraggiante, e Noctis sorrise.
 

 
Nove mesi più tardi, quando il cielo era di nuovo oscurato dalla neve, Nyx fu svegliato in piena notte da una morsa di ferro al braccio. In un istante fu perfettamente sveglio e lucido, e si trovò a guardare il viso contratto di dolore della moglie.
«Nyx…dobbiamo…» Mormorò, ma la sua frase si trasformò in un gemito quando l’ennesima contrazione la spinse a piegarsi in due dal dolore.
Il generale, con il cuore in gola, balzò giù dal letto, le passò un braccio intorno ai fianchi e la sorresse lungo i corridoi, portandola quasi di peso quando le contrazioni la inchiodavano sul posto.
«Resisti, ci siamo quasi.» Continuava a ripeterle, cercando di consolarla, ma alla fine le cedettero le gambe. Nyx la prese fra le braccia con delicatezza, e percorse l’ultimo tratto fino all’ala infermieristica del palazzo con le unghie della moglie che gli si piantavano nel collo ad ogni spasmo.
Fortunatamente, nonostante il periodo pacifico, c’erano dottori di turno anche la notte, e quando lui spalancò la porta con un calcio che quasi la scardinò, gli si affollarono intorno.
In tempo record, sua moglie era su una branda diretta alla sala parto, e lui la stava seguendo con ansia. «Resti qui, la faremo entrare dopo se lo desidera.»
Non gli diedero tempo di replicare, e gli chiusero la porta in faccia.
Iniziò a camminare avanti e indietro per il corridoio, cercando di scaricare la tensione, ma quando il primo urlo echeggiò nel corridoio si pietrificò sul posto come trafitto.
Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, e vide le scintille danzargli tra le dita, sul palmo, e sparire sotto le maniche. «Maledizione Bahamut non adesso.»
Imprecò, ma sapeva benissimo che non era colpa della dea.
Lei era solo la fonte della sua magia, non il controllo.
E l’ansia che gli stritolava il cuore faceva reagire la magia nelle sue vene.
Al secondo urlo, si appoggiò alla porta e chiuse gli occhi, ogni muscolo teso e dolorante dal nervoso. Ora più che mai, il suo angelo aveva bisogno di lui.
«Nyx! Vi prego, Nyx…»
Irrigidì la mascella, sentendola implorare di averlo al suo fianco, e non lasciò ai medici nemmeno il tempo di venire a chiamarlo. Entrò a passo di marcia mentre uno di loro si stava avvicinando alla porta. «Generale, dobbiamo chiederle di indossare…» Iniziò uno, e poi si rese conto dei fulmini sulle sue mani.
«Taci.» Ordinò Nyx, affianco la moglie. I fulmini svanirono come se non fossero mai esistiti appena le loro mani entrarono in contatto. «Sono qui amore, sono qui.»
All’ennesima contrazione, lei gli stritolò la mano con una forza che non avrebbe mai pensato di poter associare a qualcosa di così delicato, e non poté fare a meno di ridere quando lei iniziò ad insultare tutti e quattro gli dei rimasti.
Bahamut gli inviò un pensiero fugace, e lui si sorprese di quanto fosse una cosa umana da parte sua.
«Mi chiedo cosa avrebbe detto se non fosse stata l’Oracolo.»
«Si sarebbe inventata qualcosa di peggio.» le rispose, divertito, e la stretta sulla sua mano s’intensificò.
«Che cosa…»
«Bahamut.» Le disse semplicemente, e la vide accigliarsi. Respirava pesantemente, e velocemente, eppure trovò lo stesso la forza di parlare.
«Dì a Bahamut di mettersi le sue considerazioni su per…»
Nyx non seppe mai dove Bahamut avrebbe dovuto mettere le sue idee, perché Luna urlò di nuovo, e lui iniziò a perdere sensibilità alla mano.
Quattro ore dopo il sole invase la stanza, rendendo inutili le luci.
Nyx si accigliò, entrambe le mani strette intorno a quella della moglie; Luna sembrava sul punto di svenire, pallida, sudata e tremante.
Sforzandosi di staccare lo sguardo da lei, notò i medici sussurrare a bassa voce.
Notando quanto sembravano nervosi, gli si strinse il cuore. «Che sta succedendo?»
Loro evitarono di guardarlo, e la cosa lo fece preoccupare. Si voltò a baciare la mano della donna sofferente sul letto, poi la lasciò e si alzò. Senza una parola e ignorando gli altri, afferrò un medico per il colletto del camice e lo trascinò lontano, sbattendolo contro il muro opposto alla stanza.
L’uomo si affrettò a sollevare le mani tremando, cercando in ogni modo di evitare il suo sguardo.
«Parla.» Gli ordinò Nyx, sentendo ogni gemito e ogni urlo appena trattenuto alle sue spalle come ferite sul suo stesso corpo. Il dottore deglutì un paio di volte, a fatica. «Il…il parto si sta rivelando complicato. Se peggiora…» Esitò, e Nyx seppe cosa stava per dire quando si accorse che i suoi erano gli occhi di un uomo che avrebbe preferito morire piuttosto che trovarsi lì, davanti a lui, a dargli una notizia del genere. «Dovrai scegliere chi salvare.»
Fu come se la sua mente avesse staccato la spina. Serrò una mano attorno al collo dell’uomo e strinse abbastanza da farlo diventare livido. Quando parlò, lo fece con una voce gelida, in un sussurro inudibile alla donna dietro di lui.
«Tu salverai entrambi. Non importa come, non importa quanto ci vorrà, ma li salverai.»
Osservando le gocce di sudore che scivolavano sul viso sempre più rosso dell’uomo, Nyx sorrise.
E fu un sorriso sgradevole, freddo e crudele. «Se non lo farai, brucerò questo posto fino alle fondamenta, e ti ridurrò così male che il tuo cadavere sarà irriconoscibile pure a tua madre. Sono stato chiaro?»
Allentò la presa e il medico inspirò profondamente, massaggiandosi la gola, ancora terrorizzato.
Annuì freneticamente e superò l’uomo che l’aveva appena minacciato, più determinato che mai.
Nyx riprese il suo posto accanto alla moglie come se non fosse successo nulla.
Quando lei lo guardò, chiedendogli spiegazioni tra il dolore, lui si limitò a scuotere la testa con un sorriso confortante. Non c’era bisogno che lei sapesse.
 

 
Aveva perso il conto del tempo, e l’unica cosa che gli indicava la sua prolungata permanenza nella stanza era la tensione alla schiena.
La situazione sembrava essersi calmata ora, e Luna stessa sembrava stare meglio, nonostante lo sforzo l’avesse fatta diventare quasi più bianca delle lenzuola sulle quale stava. Continuava ad artigliare la sua mano come se fosse la sua unica salvezza, e Nyx non si lamentava del fatto che la sua morsa gli aveva ormai fatto perdere la sensibilità.
Gli saltò il cuore in gola quando lo stesso medico che aveva minacciato si allontanò dalla branda sorreggendo qualcosa tra le mani. Era una figura piccola e insanguinata, immobile, e non si mosse nemmeno durante il taglio del cordone ombelicale.
La voce fievole di Luna fu l’unico suono udibile. «Sta…sta bene?»
Silenzio, e Nyx vide il panico emergere negli occhi della moglie, mentre lui stesso era assordato dal suo stesso, incontrollato battito cardiaco.
Non era possibile, pensò.
Non poteva succedere, non a lui, non a lei.
«Nyx…» Luna aveva gli occhi invasi dalle lacrime, ormai, e la mano tremante nella sua stretta.
Si limitò a guardarla. Non sapeva cosa dire, non riusciva nemmeno a pensare a qualcosa che non fosse quella piccola creatura tra le braccia del dottore. Lui non si lasciò scoraggiare: avvolse la figura in un panno pulito e la immerse nella vasca d’acqua calda che gli era stata portata.
Nyx dovette trattenersi dal staccargli la mano quando vide che la stava colpendo piano, sulla schiena e sul viso e, quando il neonato spalancò la bocca e urlò a piena potenza, decise che l’uomo meritava di vivere.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella figura.
«Congratulazioni. È una femmina.»
La bambina, la sua bambina, aprì gli occhi, rivelando che erano identici ai suoi, di quel colore misto tra grigio e blu, continuando a piangere.
E Luna svenne.
L’equipe di medici, sebbene stanca, si attivò immediatamente.
«Esca per favore.» Lo invitò una dottoressa dal viso coperto di rughe.
«Ma…»
Lei non si lasciò intimidire da chi era, né da cosa poteva fare, e gli indicò la porta. «Fuori. La sua presenza non è più necessaria, e noi dobbiamo occuparci sia della bambina che della madre.»
Incrociò i suoi occhi, e il suo tono autoritario si addolcì. «Staranno bene, Generale, non si preoccupi. Ma ora ho veramente bisogno che si tolga dai piedi.»
E Nyx, per una volta, obbedì, sebbene controvoglia, e si trascinò fuori dalla stanza massaggiandosi la mano. Quando le porte si chiusero alle sue spalle, il pianto di sua figlia continuò a rimbombargli nelle orecchie.
Si lasciò cadere sulla sedia adiacente alla porta, stordito, gli occhi fissi sulle proprie mani.
Lui, un rifugiato di Galahd, un reietto della cittadella e un uomo che conosceva solo sangue e lotte, era diventato padre. E la sua piccola, meravigliosa figlia aveva i suoi stessi occhi.
Scoppiò a ridere, stranito ed entusiasta, ma una voce che ben conosceva interruppe il suo sfogo.
«Questo sì che ti fa sembrare fuori di testa.» Commentò Ravus, sedendosi davanti a lui.
Per una volta, però, la sua era una semplice battuta, non una provocazione, e Nyx ridacchiò divertito. «Ravus. Che ci fai qui?»
L’uomo si strinse nelle spalle, ma i suoi occhi continuavano a saettare alla porta chiusa. «Quando, stamattina, ho scoperto che le guardie reali erano senza istruttore e nessuno sapeva dove fossi, ho intuito la situazione. Una semplice telefonata all’ospedale mi ha confermato dov’eravate.»
Nyx decise di essere totalmente fuori di testa quando s’intenerì al tono di Ravus, e alla silenziosa domanda che non riusciva a porgli.
«Femmina.» Gli rispose senza che lui chiedesse, e vide i suoi occhi spalancarsi in un misto di incredulità e gioia.
«Congratulazioni, zio Ravus.» Terminò con un sorriso, e quando i loro sguardi s’incrociarono, tutto ciò che c’era stato fra di loro svanì in una comprensione silenziosa.
Potevano litigare, infuriarsi, rifiutarsi a vicenda e perfino cercare di uccidersi ma restavano, alla fine, una famiglia.
 
 

 
Era ora di pranzo, come aveva scoperto poco prima, quando il cognato gli aveva portato da mangiare. Aveva appena terminato quando le porte si aprirono di nuovo, lasciando uscire il medico.
Ravus inarcò un sopracciglio verso Nyx con aria divertita quando notò il modo estremamente cauto e timoroso con il quale lui lo guardava, e lui si limitò a fare un ghigno sarcastico.
«Può entrare, Generale. Sua moglie sta bene.»
«Mia figlia?» Domandò, sentendo un feroce istinto protettivo verso quella piccoletta che aveva appena intravisto. Era la sua bambina, la sua principessa.
«È con la madre. Prego.» Si fece da parte lasciandolo passare, e Nyx non sentì cosa disse a Ravus, perché il suo mondo iniziava e finiva in quella stanza.
Per la prima volta in tutta la vita, pensò che le gambe l’avrebbero abbandonato mentre avanzava, che l’emozione gli avrebbe fatto scoppiare il cuore.
Era possibile morire di gioia?
«Ciao.» Luna gli sorrise in un modo che illuminò tutta la stanza. Era pallida, con profonde occhiaie sul volto, eppure a lui non era mai sembrata più bella. Si abbassò a baciarle la fronte, sfiorandole i capelli con delicatezza. «Come stai?»
Lei gli sorrise, amorevole. «Bene. Tu?»
L’uomo sorrise, scuotendo piano la testa. «Non ha importanza. Lei…» Non riuscì ad andare avanti, perché sua figlia lo stava guardando in silenzio dalle braccia della madre.
«Nyx…Prendila. Prendi in braccio tua figlia.» Lo incitò Luna, allungando le braccia verso di lui.
Mentre lo faceva, la bambina agitò le braccia con un mugolio di gioia, come se non vedesse l’ora di conoscere suo padre. Nyx l’accolse tra le braccia, e gli sembrò ancora più piccola, un diamante in mezzo alla sua devastazione.
«Ciao…»
«Crowe. Il suo nome è Crowe.» Completò Luna per lui, guadagnandosi una esterrefatta occhiata di gratitudine da parte del marito prima che lui fosse nuovamente assorbito dalla figlia.
«Ciao Crowe.» La neonata accolse il suo nome con un verso soddisfatto e poi, insolitamente per una bambina, si raggomitolò tra le sue braccia e chiuse gli occhi. Ben presto si addormentò, e Nyx sollevò lo sguardo sulla moglie.
Luna si asciugò una lacrima, e la cosa lo fece innervosire. «Che succede?» Le chiese, preoccupato, e lei scosse la testa.
«Niente.» Mormorò, sorridendo tra le lacrime di gioia. «Va tutto bene, è tutto così…perfetto.»
Nyx si rilassò impercettibilmente e, mentre il piccolo cuore di sua figlia gli batteva contro il petto e Luna lo guardava come se fosse la cosa migliore che esistesse, capì.
Tutti i millenni del mondo non gli avrebbero portato via il ricordo di quel momento.
  
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