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Autore: Huilen4victory    09/01/2018    2 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.7


 


 

Ho un peso sul cuore, è il tuo amore.

Quelle parole erano rimaste impresse in Namjoon per un lungo tempo. Si ricordava vagamente di averle lette in qualche suo vecchio libro e sebbene la trama fosse rimasta una massa nebulosa nello scafandro della sua memoria, non lo erano invece quelle parole, che erano state marchiate a fuoco in qualche anfratto della sua mente.

E quelle stesse parole, che lui aveva trovato affascinanti pur comprendendo quanto fossero al di là della sua portata, tornavano a tormentarlo ora, colpendolo a ondate che lo ferivano ogni volta. Lungo il breve tragitto nel campus per spostarsi tra una lezione e l'altra, nel trovarsi da solo in cucina, quasi come se qualcuno si divertisse a fargli lo sgambetto e privarlo del suo senso di equilibrio.

Le aveva pensate per la prima volta, come una sorta di illuminazione, quella tarda mattina quando, dopo aver adempiuto ai suoi compiti alla velocità della luce per essere in grado di tornare da Seokjin quanto prima, era giunto dal maggiore solo per trovare il letto di camera sua vuoto. E fu sempre allora che ne aveva – infine - capito la portata, il peso specifico.

Namjoon infilò malamente il libro nel suo zaino, rischiando di far fare una brutta fine a entrambi perché il primo non ne voleva sapere di entrare e il secondo sembrava non collaborativo. Poteva anche essere che Namjoon stesse esagerando con la forza, ma tanto poteva sempre sostituirli, si disse con una smorfia. La sua frustrazione invece, quella sarebbe sarebbe rimasta tale e quale.

La verità era che non si era sentito mai così solo e smarrito come si era sentito in quei giorni, neppure quando aveva messo piede per la prima volta nella villa dei Kim. Seokjin infatti non si era limitato a evitarlo, era direttamente sparito e Namjoon era sicuro che mancasse dalla villa da giorni e, per quanto lui volesse risentirsene, era anche in grado di comprenderne il motivo e anche di immaginare, piuttosto accuratamente, quanto dovesse essere difficile per il maggiore.

Aveva amato Namjoon sin dall'inizio, così aveva detto Seokjin e per quanto Namjoon stesso non se ne raccapacitasse non credeva affatto che il maggiore gli avesse mentito, non era possibile mentire su una cosa del genere. Seokjin aveva amato lui, quindicenne e infinitamente smarrito Namjoon, sin dalla loro introduzione e lui non aveva avuto neanche la decenza di riconoscere i suoi sentimenti, non per davvero, tanto meno aveva pensato di ricambiarli, anime gemelle o meno. Forse soprattutto a causa di questo.

Eppure Namjoon non era ingenuo, per quanto avesse provato a tenerlo nascosto anche a se stesso, era perfettamente cosciente del fatto che c'erano dei sentimenti per la sua anima gemella li ingarbugliati da qualche parte dentro di se che aspettavano solo il momento che lui avrebbe infinito trovato il coraggio di dipanarli. Tuttavia, il suo dolore, il suo terribile senso di smarrimento che rischiava di inghiottirlo e che era così forte che era quasi un male fisico cercare di comportarsi in modo normale, derivava dalla paura di non esserne capace. Di non poter ricambiare Seokjin non perché non ne fosse in grado, ma perchè non poteva. Ho un peso suo cuore, è il tuo amore.

Per quanto drammatico potesse suonare anche alle sue stesse orecchie sentiva che amare Jin sarebbe stata l'ultima cosa cosa che avrebbe fatto e temeva fosse un prezzo troppo alto da pagare, eppure l'idea di non averlo, di non avere Jin quando lui non aveva chiesto neppure di essere amato, ma già lo faceva, era inconcepibile. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire il peso del corpo di Seokjin sulle sue braccia, la testa del maggiore appoggiata sulla sua spalla.

Quella sera quando Seokjin era svenuto Namjoon era andato completamente nel panico. L'idea di abbandonare Seokjin sul freddo pavimento della terrazza non gli piaceva affatto ma non avrebbe saputo come chiedere aiuto altrimenti. Per sua fortuna le guardie del corpo, accortosi della loro assenza, erano andate a cercarli e li avevano trovati nell'arco di pochi minuti, togliendo Namjoon dal suo dilemma.

Non appena avevano visto Seokjin tra le sue braccia, lo staff si era affaccendato intorno al maggiore facendolo stendere sul pavimento mentre uno di loro gli sollevava le gambe mentre un altro gli controllava i battiti del polso. Seokjin aveva aperto gli occhi, con grande sollievo di Namjoon, pochi istanti dopo ma era parso così mortalmente pallido e debole che lo staff aveva avuto paura che avrebbe potuto perdere di nuovi i sensi da un momento all'altro. Le guardie del corpo non avevano perso tempo allora e dopo poche parole scambiate con il capo dello staff dei Kim, discorso che Namjoon si era perso perché il suo sguardo non aveva lasciato un attimo il volto di Jin le cui ciglia tremolanti erano l'unico sintomo del fatto che lui fosse di nuovo sveglio, lo avevano caricato di peso in macchina quasi fosse un fagotto.

A Namjoon non era stato permesso di andarsene dalla festa con la motivazione che una sua assenza sommata a quella improvvisa di Seokjin sarebbe parsa allarmante, e avrebbe fatto apparire l'episodio più grave di quello che era. “Potrebbero iniziare a spargersi voci sullo stato di salute dell'erede dei Kim,” gli aveva intimato il capo dello staff e Namjoon non gli aveva ringhiato contro solo perché Hyosang, probabilmente messo al corrente di quanto avvenuto, si era materializzato al suo fianco ed era intervenuto a sistemare la faccenda, una sua mano che pesante si era poggiata sul braccio di Namjoon per trattenerlo mentre con tono calmo parlamentava un ritorno alla villa anche per lui. Fu l'ora più lunga della sua vita, e gli sembrò ridicolo che lui dovesse trovarsi li seduto al tavolo a mantenere le apparenze.

Quando i sessanta minuti furono infine scoccati Namjoon non aveva neppure aspettato che lo staff gli facesse un cenno, ma si era alzato dal tavolo senza salutare nessuno ed era corso in corridoio, al diavolo le buone maniere e i Kim. Non si era accorto che Hyosang lo aveva seguito se non quando aveva sentito nuovamente la sua presenza al suo fianco in corridoio.

Namjoon lo aveva guardato in cagnesco temendo che fosse venuto con l'intento di fermarlo, ma Hyosang invece, imperturbabile a ogni sua occhiataccia, si limitò a indicargli la strada.

“Andiamo verso l'entrata sul retro, ti ho fatto preparare una macchina,” Namjoon, che non aveva idea di dove fosse il retro, si rese conto allora che l'altro era li per aiutarlo e che doveva essergli grato una seconda volta. Osservando il profilo del suo cugino acquisito capì che questi probabilmente era l'unico membro della famiglia Kim che si preoccupava sinceramente per Seokjin. Non si erano scambiati neppure una parola durante il breve tragitto e Namjoon quasi se ne pentiva perché col senno di poi c'erano tante cose che l'altro poteva sapere e Namjoon invece ignorava e che poteva quindi chiedere.

Una volta arrivato in villa aveva appreso che a Seokjin era stato fatto un rapido check up e una volta che era stato stabilito che si era trattato di un semplice calo di pressione, gli era stato ordinato di andare a riposare e così aveva fatto. Le parole dello staff sembravano suggerire che fosse meglio lasciare il giovane erede in pace, ma naturalmente nessuno si sarebbe opposto se Namjoon avesse deciso altrimenti. Non dissero nulla infatti quando lo videro andare via e dirigersi chiaramente verso la camera di Seokjin, ma Namjoon non avrebbe osato disturbare, voleva solo controllare che Jin stesse bene. In qualche modo doveva placare l'inquietudine che aveva dentro e che stava strabordando da ogni parte e fu solo quando i suoi occhi si posarono sulla figura addormentata dell'altro che Namjoon sentì una ondata di sollievo invaderlo mentre contemporaneamente il suo stomaco faceva le capriole per via di un qualche sentimento per comodità Namjoon classificò come nervosismo.

Era scappato in camera sua alla fine, ma non dopo essersi assicurato con le cameriere di essere avvertito quando Seokjin si fosse svegliato. Purtroppo per lui un tale accorgimento si rivelò inutile, perchè Seokjin se ne andò prima che lui avesse fatto in tempo a tornare.

Da allora erano trascorsi parecchi giorni da quando Namjoon lo aveva visto l'ultima volta e il più giovane stava cominciando a temere che le cose sarebbero rimaste così anche se e quando Seokjin fosse tornato.

Rotte, irrisolte, un muro impenetrabile tra loro due.

Namjoon aveva desiderato tante cose e non ne aveva desiderate altrettante, eppure sembrava fosse accaduto esattamente l'opposto di qualsiasi cosa si fosse augurato da ragazzino. Ciò che gli era chiaro però, con una certezza che era quasi bruciante, era che rivoleva Jin, anche se ammetterlo significava accettare che la sua vita complicata sarebbe rimasta tale, anche se non sarebbero mai stati che una coppia di ali spezzate.

Era un sentimento strano quello di desiderare qualcuno e allo stesso tempo non sapere come. Namjoon sospirò. L'irritazione si era un po' dissipata per lasciare il posto a uno strano senso di malinconia, mentre camminava da solo nel patio del campus per giungere in mensa. In quei giorni si era trovato spesso a oscillare tra queste due emozioni e aveva ripreso a prendere le sue pillole per il mal di testa che oramai lo tormentava quasi giornalmente, la sua mente, sempre così laboriosa, era spesso un peso quando non gli riusciva di trovare soluzioni.

Namjoon arrivò infine alla mensa ma non appena vi mise piede, non poté fare a meno di scuotersi di dosso la sensazione di essere osservato. Dal momento che Jin era sparito e lui non aveva amici, Namjoon girava spesso da solo e di conseguenza pranzava anche da solo. Coloro che lo conoscevano perché erano con lui nei suoi stessi corsi o coloro che lo conoscevano per fama (non erano molti ma alcuni sembravano aver intuito fosse lui il numero uno dell'erede dei Kim), non facevano caso a un individuo solitario, tuttavia alcuni studenti di facoltà diverse alla sua, non riuscivano a fare a meno di guardarlo come se fosse una creatura rara perché nessuno, neppure i numeri zero, passeggiava isolato.

C'era qualcosa nella singletudine che metteva le persone, cui il concetto di coppia era stato marchiato a fuoco nella loro mente sin dalla nascita, a disagio, quasi non riuscissero a concepire che qualcuno potesse volontariamente scegliere di muoversi in autonomia. Sicuramente l'aria malinconica che aleggiava su di lui, e che doveva essere visibile da un chilometro di distanza, non aiutava il suo caso, essendo credo comune che un numero due non potesse essere altro che felice e soddisfatto.

In un universo alternativo Namjoon avrebbe riso loro in faccia per la loro imbarazzante cecità ma siccome non era così, non aveva altra scelta che fare finta di nulla e tirare dritto. Camminò rapidamente verso un tavolo appartato, gettando con malagrazia lo zaino su una delle sedie per occupare il posto, anche se dubitava comunque che qualcuno si sarebbe seduto volontariamente vicino a lui, dopodiché si diresse verso il carrello con i vassoi, e procedette verso i banconi con il cibo per farsi riempire il vassoio dalle cuoche quanto più poteva, perché almeno il cibo lo avrebbe tenuto occupato per un po'.

Namjoon non era mai stato una persona particolarmente espansiva e la consapevolezza di essere più giovane rispetto ai compagni di classe gli aveva instillato un senso di timidezza e disagio che non gli avevano reso le interazioni facili. Se non fosse stato per Yoongi che gli aveva fatto scoprire il suo amore per la musica aiutandolo così ad essere più spavaldo, non sarebbe mai uscito dal suo guscio probabilmente.

Mangiò il suo cibo con lentezza cercando di guadagnare tempo, la triste verità era che nonostante avesse sempre pensato di potersela cavare perfettamente da solo, ora persino in momenti banali come il mangiare al tavolo della mensa gli apparivano strani, senza Jin. Il maggiore senza pressioni e senza averci neppure provato troppo insistentemente, aveva finito col ritagliarsi un posto in Namjoon, solo che lui era stato troppo ingenuo per rendersene conto. Era un disastro ambulante, Namjoon si disse, a cosa gli serviva avere un cervello superiore se si lasciava sempre sfuggire simili dettagli?

Fu mentre sbocconcellava una mela con fare annoiato e al contempo si lambiccava penosamente il cervello nel tentativo di trovare una soluzione al problema Jin, che infine l'occasione di scoprire qualcosa di più e di avvicinarsi quindi alla soluzione gli si presentò davanti nella forma di nientemeno di Kim Hyosang. Namjoon quasi rovesciò per terra il vassoio nella fretta di alzarsi e provare a raggiungerlo.

Era sembrato logico a Namjoon che Hyosang fosse probabilmente la persona che più di ogni altri avrebbe potuto dargli un consiglio o comunque fornirgli qualche informazioni in più in qualità di unico Kim approcciabile ma, soprattutto, in qualità di migliore amico di Seokjin, e Namjoon si era pentito più volte di non aver sfruttato la possibilità di interrogarlo già quella sera in cui Seokjin si era sentito male. Purtroppo per lui era stato troppo sconvolto per pensare in modo funzionale allora e per questo motivo non appena vide la silhouette di Hyosang in lontananza nell'atto di mettere sul carrello il suo vassoio vuoto, Namjoon non esitò.

Si liberò del suo vassoio alla velocità della luce e, dopo essersi caricato lo zaino in spalla alla rinfusa, con uno scatto felino che quasi lo fece inciampare camminò velocemente in direzione dell'altro che si stava dirigendo in quel momento verso l'uscita. Probabilmente aveva una lezione diversa dal quella dei suo giro di amici chiassosi di cui era solito circondarsi perché il suo cugino acquisito si stava infatti spostando miracolosamente da solo, risparmiandogli quindi il penoso compito di doverlo dividere dagli altri nel chiedergli di parlare in privato.

“Hyosang!” Namjoon chiamò non appena lo ebbe raggiunto mentre contemporaneamente gli metteva una mano sulla spalla per fermarlo. L'altro, preso alla sprovvista, sussultò leggermente al tocco ma appena realizzò che si trattava di lui, il suo sguardo da sorpreso si fece guardingo, come se si fosse aspettato quell'incontro ma non fosse sicuro fosse una buona idea.

“Namjoon,” Hyosang disse inclinando la testa di lato e Namjoon trovò profondamente snervante quel suo atteggiamento valutativo.

“Possiamo scambiare due parole?” Chiese ma sebbene le sue intenzioni fossero buone, Namjoon si rese conto che le sue parole erano suonate come una richiesta a cui era impossibile dire no più che una vera domanda.

“Certamente,” rispose l'altro con la stessa condiscendenza che un insegnante userebbe verso un allievo difficile. Namjoon dovette trattenersi dal rispondergli male perché un Hyosang disponibile e collaborativo era di vitale importanza, si limitò quindi ad annuire e lo seguì fuori dalla mensa. Come quella notte in cui avevano camminato per un breve tratto insieme, Namjoon qualche passo dietro di lui, se ne stettero in totale silenzio almeno finché non arrivarono in un punto sul sentiero esterno che riconduceva alle aule, che non era affollato.

Fu allora che Hyosang rallentò il passo facendosi che Namjoon si fermasse a sua volta, a qualche spanna di distanza da lui.

“Di cosa volevi parlarmi?” Hyosang chiese con un sorriso cortese che fece accapponare la pelle al più giovane. I Kim, non c'era voluto molto a capirlo, erano strani.

“Sai di cosa voglio parlare,” Namjoon replicò, raddrizzando le spalle. Non aveva intenzione di andarsene senza avere delle risposte appropriate ed era bene che Hyosang la smettesse con pantomima e iniziasse a prenderlo sul serio.

“Non so ancora leggere nel pensiero quindi dovrai essere un po' più eloquente di..”

“Voglio delle risposte. So che sai sicuramente dove si trova Seokjin e scommetto che sai un sacco di altre cose e a dirla tutta ti confesso di essere stufo marcio dei segreti quindi ti conviene dirmi tutto. So che probabilmente, anzi sicuramente, c'ho messo del mio, avrei dovuto infischiarmene dei Kim e fare di testa mia sin dall'inizio ma come potevo prevedere anche metà di tutto questo? Perciò smettiamolo di girarci intorno e...” Hyosang si lasciò sfuggire una mezza sorriso allora, che Namjoon trovò insultante a molti livelli, tuttavia il suo sdegno doveva essere evidente sulla sua faccia perché il suo cugino acquisito parve capire al volo il pericolo che stava correndo e fu svelto quindi a mettergli una mano sulla spalla in modo amichevole, per placarlo. Namjoon non si sentì affatto placato e si irrigidì al suo tocco. Hyosang non mollò la presa però.

“Ti chiedo profondamente scusa, è solo che tanta genuina franchezza è così rara, specialmente se hai vissuto sotto il tetto dei Kim tutta la vita, che non riesco a fare meno di sorridere. Capisco ora perché Seokjin faccia cosi tanta fatica a...”

“A?” Namjoon interloquì sempre più sospettoso. “A resistere. A farne a meno.” Namjoon se possibile si sentì ancora più confuso.

“Sai, quando sei cresciuto in un certo modo alcune cose che dovrebbero essere normali appaiono così rare,” Hyosang concluse scrollando le spalle e togliendo finalmente la mano dalla spalla di Namjoon. Quest'ultimo quindi si concesse un momento per studiare l'altro. Hyosang appariva più disinvolto e meno altezzoso e quando voltava la testa e sorrideva, la parentela con la sua anima gemella appariva lampante. Namjoon sospirò internamente. Le parole di Hyosang gli apparivano strane e nebulose, perché cosa poteva avere lui che Kim Seokjin non avesse? Tuttavia sorvolò sul quel mistero in favore di più pressanti verità.

“Metà di quello che hai appena detto non ha senso per me, io voglio sapere di Seokjin,”

“Cosa vuoi sapere?” incalzò l'altro e Namjoon capì in quel momento che Hyosang lo stavo mettendo alla prova di proposito, voleva sentirglielo dire. Qualsiasi legame ci fosse tra i due cugini risultava evidente che si erano abituati a coprirsi le spalle l'uno con l'altro.

“Come sta tanto per iniziare? Dov'è e perché non vuole parlare con me? Cosa c'è dietro?” Chiese infine lasciando da parte ogni remora. Se l'essere diretti era quello che avrebbe pagato, anche a costo di inghiottire il suo imbarazzo, Namjoon lo avrebbe fatto.

“Posso dirti riguardo al dove, come probabilmente sospettavi già, Seokjin è da me, anche se credo non ci rimarrà a lungo, gli voglio bene ma è un po' troppo cresciuto per darsi al melodramma. Per quanto riguarda il parlare con te immagino lo farà presto, Jinnie non affronta argomenti spinosi solo per paura di ferire gli altri, ma non si negherà a un confronto, non quando è evidente che il silenzio è una peggiore alternativa. Quanto a quello che c'è dietro.... questa è una domanda complessa e neanche io so tutta la verità.”

“Ma sapevi della mia età,” Namjoon buttò là e dallo sguardo di Hyosang capì che aveva fatto centro.

“Si, lo sapevo me ne aveva parlato mio padre ma non pensavo che mio zio avrebbe provato a tenerlo nascosto a Seokjin, ma i Kim sembra che abbiano un talento nel fare la scelta sbagliata quando si tratta della loro famiglia,” Hyosang disse per poi lasciarsi sfuggire un grosso sospiro che allertò Namjoon. Era la prima volta che l'altro tradiva un po' di tensione. “In realtà credo che tutto questo caos sia anche colpa mia, sono stato io ad aver svelato il tuo segreto anche se indirettamente. Il resto è stato tutto consequenziale.”

Namjoon cercò di digerire le parole dette da Hyosang chiedendosi con orrore sin da quanto Seokjin era stato a conoscenza del suo segreto. Non voleva chiederlo a Hyosang però, per quanto l'attesa sarebbe stata penosa, voleva chiederlo a Seokjin prima o poi, se ne aveva la possibilità.

“Io vorrei solo parlargli, ” Namjoon ammise con semplicità, infilandosi le mani in tasca improvvisamente timido. Non sapeva perché lo stava dicendo, perché non era come se Hyosang potesse risolvere per lui il problema, ma per quanto questa persona fosse strana e diversa da lui, sentiva di potersi fidare, se non altro perché amava Seokjin e quest'ultimo lo amava a sua volta.

“Lo so.” Hyosang rispose non in modo non gentile. “Posso capire che non sia facile Namjoon, perché non ci dicono questa è la tua anima gemella, ci dicono solo siamo i Kim, e prima che ce ne rendiamo conto ci hanno scaricato una valanga di aspettative e per te è peggio per via della tua età e del fatto che Jin è l'erede. I Kim sono riusciti nell'intento di sopraffare, e rovinare, il concetto di numero due, dovrebbero essere fieri di loro stessi, immagino.” Hyosang concluse con un sorriso amaro.

Namjoon avvertì allora lo stesso brivido che ogni tanto sentiva quando Seokjin faceva dei commenti sulla sua infanzia o parlava delle sue sensazioni, parole sfuggite casualmente dalla sua bocca e piccole rare finestre sul suo cuore, ma c'era lo stesso profondo senso di solitudine che emanava il tono di Hyosang, che faceva male Namjoon il solo immaginarselo.

“Devi capire che Seokjin tutta la vita ha aspettato quasi con ingenuità infantile di incontrare la sua anima gemella e di essere felice. Ma poi ha incontrato te.”

“La cosa peggiore che potesse capitargli,” Namjoon commentò non senza una certa amarezza.

“Non peggiore, solo diversa. Tu sei diverso Namjoon,” Hyosang disse sorridendo ma poi il suo sorriso svani e il suo viso si trasformò in una espressione seria. Guardò Namjoon dritto negli occhi come a volersi assicurare che lui non si perdesse neanche una parola.

“Se davvero ci tieni a Seokjin, non mentire più. Quali che siano le circostanze, lui è la tua anima gemella. Forse siamo numeri due solo per istituzione Namjoon, ma mi piace pensare che il vero significato di venir appaiati è il poter contare su qualcun altro. ”

“Non lo farò,” promise Namjoon.

Non sapeva chi avesse ragione, se Hyosang con la sua temperata positività o Yoongi col fatalismo della sua realtà, ma forse - a dirla tutta - non importava.

Forse alla fine non era una questione di avere ragione o di corrispondere agli standard perché se ci pensava bene loro non li avevano rispettati sin dall'inizio. Forse era solo una questione tra due persone, tra lui e Jin.


 


 


 

Namjoon aveva molto su cui riflettere al suo ritorno alla villa Kim che ancora non gli riusciva di chiamare casa. La residenza era sempre spaventosamente vuota visto che Seokjin ancora non era tornato, ma sapere dov'era lo faceva sentire meglio e le parole di Hyosang per quanto avessero causato più domande che risposte, erano state stranamente confortanti.

Sin dall'inizio aveva decisamente affrontato la cosa in modo sbagliato, si era barricato dietro un muro di silenzio per paura di affrontare la stranezza delle loro circostanze, e invece di rendere le cose sopportabili avevano finito col costruire un muro che aveva fatto loro più male che bene. Non importava che cosa avessero intimato i Kim, Namjoon aveva mancato di coraggio, tuttavia se c'era qualcosa che lui sapeva fare bene era imparare in fretta e non avrebbe commesso lo stesso errore una seconda volta. Lo doveva a se stesso ma soprattutto a Jin, che era stato al gioco pur di non mettergli pressione.

L'amore ti fa fare cose strane, Yoongi gli aveva detto e se erano state parole vere per Yoongi lo erano anche per Seokjin. Namjoon sentì caldo salirgli alle guance come ogni volta che ricordava le parole di Jin. Non aveva risolto quella parte dell'equazione e sapeva che non poteva evitare ancora lungo di guardare dentro quella parte di se stesso che aveva sentimenti per Jin.

Hyosang gli aveva chiesto di non mentire più e Namjoon in qualche modo sentiva che si riferiva anche a questa parte, ma sebbene fosse pronto a essere più sincero col maggiore riguardo al resto non sapeva se sarebbe stato in grado di esserlo anche per quanto riguardava questo.

“Namjoon,”era stato così sovrappensiero che non si era nemmeno accorto che qualcuno era entrato nella biblioteca. Questo posto infatti era diventato una delle stanze della villa preferite di Namjoon. Era rifornita di numerosi libri dei più svariati generi letterari e non, e sebbene avesse usufruito spesso di quello spazio per studiare il materiale che la signorina Choi gli dava, la biblioteca era così ben fornita da permettergli di non usare quella dell'università perché poteva trovare quello che gli serviva per i suoi studi anche lì.

Tuttavia quando, alzando la testa dal libro, si accorse chi esattamente lo avesse chiamato, Namjoon si sentì violato della privacy del suo piccolo santuario. Ma, in effetti, era stato proprio il signor Kim a introdurlo in quel particolare spazio.

“Vedo che ti sei ambientato bene,” il signor Kim commentò rimanendo tuttavia sull'uscio e Namjoon sperò che questo fosse un indicativo del fatto che non sarebbe rimasto a lungo. Seppure avesse constato che col tempo i suoi sentimenti verso Seokjin si erano mitigati e di molto, non poteva dire lo stesso per quanto riguardava la sua famiglia.

“Mi piace questo posto,” Namjoon ammise in mancanza di qualcosa di più intellegibile da dire. Che cosa diamine voleva il signor Kim da lui?

Il signor Kim annuì con quel suo modo noncurante di fare ogni qual volta non era lui a parlare e che faceva sentire il suo interlocutore come un perfetto idiota. Namjoon si chiese se fosse qualcosa di studiato oppure se si trattasse di autentico talento naturale. “Stavo cercando Seokjin in realtà, ma già che sei qui posso chiederlo direttamente a te,” il signor Kim disse giovale e Namjoon dovette trattenersi dal deriderlo apertamente. Essere anime gemelle non voleva certo dire che Namjoon possedesse un radar che gli diceva dove si trovava l'altro sempre e comunque, ma oltretutto come aveva fatto il signor Kim a non accorgersi che era da giorni che suo figlio non metteva piede nella villa?

“Seokjin non è qui, è da Hyosang,” Namjoon rispose serio non cercando neppure di nascondere il suo disappunto.

Ma il signor Kim sorrise bonario come se la cosa non lo toccasse. Namjoon si chiese se ci fosse qualcosa in grado di far vacillare quell'uomo anche solo un po'. Si disse che se un giorno avesse avuto il piacere di assistere a tale scena si sarebbe potuto ritenere soddisfatto.

“Ah già, ogni tanto Seokjin lo fa,” ripose lui come se quello di Seokjin fosse un capriccio futile che lui però nella sua grande magnanimità permetteva. “Grazie, vorrà dire che parlerò con lui in un altro momento,” concluse con semplicità lasciando Namjoon senza parole, non riuscendo a raccapacitarsi del fatto che il signor Kim non si sentisse neanche un minimo turbato dalla cosa. Era vero che se suo figlio fosse stato davvero in pericolo lui ne sarebbe stato informato, dopotutto non pagava tutto quel numeroso staff per la sicurezza per niente, tuttavia la sua noncuranza era tale che Namjoon si sentì oltraggiato al posto di Seokjin.

Non poteva lasciarlo andare così, voleva vedere se riusciva a rovinare il suo umore, era snervante saperlo l'unico soddisfatto tra quelle mura.

“Un momento signor Kim, volevo chiederle una cosa. Lo avrei chiesto alla signorina Kim ma visto che lei è qui, immagino non ci sia persona più al corrente sull'argomento,” Namjoon ripetendo le sue parole.

“Ma certo,” il signor Kim rispose con un sorriso affabile, quasi paternale.

“Ho difficoltà a trovare del materiale di riferimento, persino in questa biblioteca che è quasi meglio fornita di quella universitaria, non c'è niente che ne parli. Sono confuso infatti sul termine parametro dell'algoritmo. Mi chiedevo se lei potesse illuminarmi a riguardo.”

Il sorriso del signor Kim si fece, se possibile, più ampio. “Ottima domanda Namjoon,” disse come se Namjoon fosse un allievo che aveva appena risposto a una domanda particolarmente difficile. Namjoon si morse l'interno della guancia per trattenersi ma sapeva non doveva star facendo un ottimo lavoro nel tenere a bada le sue espressioni facciali.

“C'è un motivo per cui il parametro dell'algoritmo non è approfondito in nessun documento in libera circolazione, e la ragione è che si tratta di un segreto di stato e in quanto tale, secretato. Persino parlarne tra queste mura non sarebbe prudente, pertanto mi dispiace non poterti dire di più al riguardo,” disse il signor Kim anche se a Namjoon non appariva affatto dispiaciuto. “ A tempo debito e solo dopo quando avrai imparato di più sull'istituzione consolare,” concluse infine e la sua sembrò terribilmente una minaccia più che una promessa. Namjoon non sapendo bene cosa dire si limitò ad annuire lasciando che il signor Kim uscisse dalla stanza ancora con quel suo irritante sorriso sul suo volto.

Doveva pur esistere qualche fonte sfuggita al controllo governativo che potesse fornirgli qualche lume riguardo l'argomento, segreto di stato o meno, e se così era Namjoon avrebbe fatto di tutto per trovarla. Si chiese distrattamente se Seokjin fosse al corrente di tale segreto e se era lecito per lui chiedere al maggiore. Poi si disse che di tutte le cose che doveva chiedere a Seokjin l'algoritmo fosse dopotutto il problema meno pressante e che prima doveva riuscire ad aggiustare la loro relazione. Aveva posto quella domanda solo nel tentativo di mettere in difficoltà il padre di Seokjin ma era servito solo a dargli un altro pensiero su cui riflettere.

Namjoon si massaggiò le tempie indolenzite, la vista improvvisamente sfocata. Con un sospiro si alzò dalla scrivania per andare in cucina a prendersi un bicchiere d'acqua con cui bere il suo antidolorifico.


 


 


 


 

Namjoon si era concentrato tanto in quei giorni per trovare un modo per approcciare Seokjin una volta che fosse tornato alla villa ed ogni volta che ci pensava, avvertiva uno sfarfallio allo stomaco e al tempo stesso aveva la terribile sensazione che avrebbe fallito clamorosamente nonostante i suoi sforzo proprio quando più desiderava non farlo.

Avrebbe dovuto immaginarlo che non ne avrebbe avuto bisogno, che Seokjin potendo avrebbe fatto il passo anche per lui.

Il giorno dopo al suo spiacevole incontro con il signor Kim, Namjoon aveva deciso di non gironzolare per la villa e aveva optato per rimanere in camera sua. Aveva preso con se il libro statistica e si era seduto sul letto a gambe incrociate perché a Namjoon piaceva scrivere su una scrivania ma si trovava meglio a studiare nei posti e posizioni più improbabili. Tuttavia si era ben presto distratto, non perché fosse difficile ma perché non ci trovava nulla di stimolante, e aveva quindi finito con lo scribacchiare sui margini con la matita invece di sottolineare i concetti più importanti, come invece avrebbe dovuto fare.

Gli sembrò di vedere un'ombra con la coda dell'occhio ma non aveva pensato che sollevando lo sguardo avrebbe incrociato quello di Jin. Naturalmente Seokjin era sempre lo stesso, aveva gli stessi occhi di un castano caldo, le stesse labbra carnose che si erano stiracchiate in un sorriso appena accennato, dio se Namjoon chiudeva gli occhi poteva ricordarne benissimo la loro consistenza, nulla era cambiato riguardo il suo aspetto, capì allora che forse non era Seokjin quello diverso ma era lui, e la cosa gettava luce su quegli angoli oscuri della sua mente che ancora non aveva avuto il coraggio di esplorare.

"Seokjin!" Esclamò Namjoon allora, cercando di non arrossire non appena lo vide lì fermo sulla soglia, ma poi ricordandosi la sua promessa a Hyosang e a se stesso di abbandonare ogni tipo di finzione, aggiunse in fretta un, "hyung." Suonava così estraneo alle sue orecchie, ma Namjoon si costrinse a dirlo sebbene sottolineasse l'immensa bugia che avevano continuato a dirsi fino a poco tempo fa, tuttavia se avevano intenzione di fare le cose nel modo giusto dovevano iniziare a chiamare le cose con il loro nome.

Seokjin fece un movimento impercettibile con la testa ma a parte questo non diede segno di disagio alcuno al sentire la parola.

Namjoon lo vide avvicinarsi lentamente a lui come se volesse dargli il tempo di protestare se voleva, fino a quando infine si sedette sull'altro lato del suo letto. Namjoon si disse che avrebbe fatto del suo meglio per sistemare il tutto. Se avesse avuto più coraggio si sarebbe avvicinato al maggiore e lo avrebbe preso per mano, ma Namjoon ancora non sapeva cosa voleva, sapeva solo che rivoleva Jin e perciò rimase dov'era, farfalle nello stomaco mentre cercava di ricordare tutti i discorsi che si era preparato e trovando invece la sua testa spaventosamente sgombra.

"Eri occupato? Ti disturbo?" Seokjin gli chiese rompendo il ghiaccio.

"Affatto. Come ti senti hyung? Meglio?" Chiese Namjoon, agitandosi leggermente sul posto.

"Sto bene," Seokjin rispose con un sorriso che però appariva leggermente teso. Namjoon ebbe l'impulso di toccargli il braccio nel tentativo di rassicurarlo, tuttavia il maggiore quasi intuendo le sue intenzioni si irrigidì e Namjoon ritirò la mano che si era sollevata dal suo libro.

Namjoon sentì le farfalle trasformarsi in un nodo allo stomaco ma decise che avrebbe rispettato qualsiasi cosa Jin volesse per loro fino in fondo perchè era lui quello che era venuto meno, e in tanti modi.

"Mi dispiace,” sentì se stesso dire, labbra che si muovevano per conto suo e che gli venivano in soccorso proprio quando credeva che non sarebbe riuscito a dire quello voleva dire. “Sono così dispiaciuto. Vorrei non aver detto quelle parole, hyung. Veramente. Sono venute fuori in malo modo, sono sempre stato un tale disastro nell'esprimermi con le parole il che è ridicolo considerando che aveva sognato di scrivere testi di canzoni. Mi dispiace, sto blaterando. Volevo solo scusarmi con te, io... "avrebbe voluto dire più e tutto ciò non era abbastanza per coprire in modo lontanamente soddisfacente quello che lui sentiva per Jin ma la voce gli morì e Namjoon si trovò ad annaspare.

"Non c'è bisogno di essere dispiaciuto Joonie. Non per come ti senti,” Seokjin disse nel suo tono più gentile che ruppe qualcosa dentro Namjoon perché non si meritava sempre tanta gentilezza, eppure ancora una volta era lui a ricevere dall'altro senza essere in grado di dare nulla. "Dispiace anche a me, comunque. Per averti evitato,” Seokjin continuò distogliendo lo sguardo per la vergogna.

"Ho immaginato che fosse così e ho capito anche che era per colpa mia. Non sai quanto mi dispiace," Namjoon tentò di nuovo ma il maggiore posò un dito sulle sue labbra per zittirlo, sopracciglia corrugate in leggero disappunto. Era un gesto intimo, guidato dall'impulso e Namjoon lo guardò sorpreso tanto quanto Seokjin del resto, ma era servito allo scopo a quanto pareva perchè Namjoon non era riuscito a dire un'altra parola. Non scusarti, Seokjin sembrava dire mentre la sua fronte si distendeva. Namjoon si dispiacque del fatto che il maggiore ritirò la mano quasi subito.

"Potremmo discutere le nostre circostanze all'infinito. Non è questo quello voglio, io voglio solo che cerchiamo di non nasconderci più le cose, non importa quanto terribili pensiamo che siano. Forse questa casa è lungi dal poter essere considerata un paradiso, ma potremmo avere almeno un rapporto sano ed essere onesti l'uno con l'altro.”

Sentì uno strano calore liberarsi per tutto il corpo quando infine tutta la tensione che andava accumulandosi da settimane, no da mesi, infine si sciolse. Poche parole, erano bastate poche semplice e oneste parole da parte di Seokjin per farlo sentire meglio.

"Ok," Namjoon riuscì a dire dopo un po'. “Essere onesti l'uno con l'altro. Mi piace l'idea," e nel dirlo cercò di metterci tutta la sua sincerità.

"Questo significa che non potrai fare a meno di continuare a chiamarmi hyung d'ora in avanti,” disse Seokjin, e Namjoon che si era aspettato che dicesse questo in modo perentorio fu piacevolmente sorpreso nel vedere il maggiore sorridere, quasi malizioso. Era contagioso, il sorriso di Seokjin, la sua positività era come una ventata di piacevole aria calda.

"Per me va bene, hyung." Namjoon rispose, sorridendo a sua volta, incontrando per ennesima volta lo sguardo di Jin. Fu come quella volta all'introduzione in cui Namjoon sebbene impaurito, sebbene contrariato, nel momento in cui lui e Seokjin si erano incontrati, l'uno di fronte all'altro per la prima volta, era stato come se Namjoon venisse trasportato altrove.

Ho un peso sul cuore. E' il tuo...

"Perfetto!" Seokjin esclamò allora, entusiasta, interrompendo la piccola bolla di ritrovata quiete tra loro due e il treno di pensieri torbidi del più giovane. Namjoon sbatté le palpebre come risvegliandosi da un sogno."Così siccome abbiamo inaugurato l'era dell'onestà,” proseguì Seokjin, “racconta a questo hyung dei tuoi testi e di cosa ti piacerebbe fare con essi."

Namjoon si sentì preso alla sprovvista, ma Seokjin sembrava fare sul serio e forse non era nel suo stile non vivisezionare ogni singolo dettaglio di ogni cosa, ma, in fondo, non dovevano dirsi tutto in una volta e subito, forse potevano farlo con gentilezza, prendendosi il giusto tempo per conoscersi, da capo.

Come se fosse di nuovo la prima volta.

"So quello che fai su quei margini Namjoon, me l'hai detto tu stesso. E pensare che tu sei quello con la super memoria e il super cervello,” Seokjin lo prese in giro e Namjoon cercò di rilassarsi. Era strano essere se stesso di fronte a Jin ma voleva provare perché era importante.

“Posso essere goffo anche io, sai. Ma pensi che sia davvero una buona idea parlare di questo?" Namjoon chiese tra il serio e il faceto. La musica era stato l'unico dei segreti che aveva svelato a Jin. Chissà, magari potevano iniziare da lì.

Seokjin si avvicinò allora, gli appoggiò la mano sul suo ginocchio e Namjoon capì che desiderava tutta la sua attenzione.

"Ci è permesso parlare di questo. Credo sia nostro diritto. Poter condividere le nostre speranze e i nostri sogni, questo non ce lo può togliere nessuno," Seokjin disse serio, guardandolo dritto negli occhi e Namjoon seppe che stava dicendo la verità, che Jin intendeva ogni parola e il più giovane sentì qualcosa, sentì qualcosa a cui non riusciva a dare un nome ma ce l'aveva sulla punta della lingua. Poteva aspettare però, prima veniva Jin.

"Prometto che se mi dici una cosa io ricambierò con un mio segreto, sempre.” Seokjin incalzò e il suo sforzo era così evidente che Namjoon doveva ricambiarlo.

"Fatta!" Namjoon rispose provando una eccitazione improvvisa, come non gli era mai capitato sotto quel tetto.

"Hyung tu ascolti hip hop?" Chiese allora Namjoon.

E' il tuo amore.


 


 


 


NdA: ci sono tante cose che potrei dire ma in realtà sono troppo contenta di essere riuscita ad aggiornare ;-; un po' di respiro, namjin avrà un po' di respiro perchè se lo meritano. Godiamocelo finchè dura :3 un grazie di cuore ai lettori e recensori <3
ps: ho scritto una jikook oneshot. Se avete tempo e voglia dateci un'occhiata!


 


 


 

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